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    Capitolo XV. What I know about you

    - E adesso? – Reid fissava Prentiss che era appena rientrata nella stanza dopo aver accompagnato Morelli.
    - Adesso, cosa? – interloquì Jack dal divano – Siamo ancora tutti sospesi, il fatto che ora loro ci chiedano aiuto non cambia il casino con la disciplinare.
    - Ma il fatto che Chris non sia più sospettato dovrà valere qualcosa – Puka, completamente digiuna di tali faccende li guardava perplessa.
    - Loro non ci hanno messo sotto inchiesta perché Reid era sospettato – JJ si allenava con una molla stringimano – Non credo che si risolverà tutto così facilmente, la Harper ci ha messi in un bel casino.
    - Fatemi fare un paio di telefonate – Emily entrò nello studiolo e chiuse la porta dietro di sé.
    - Sapete chi è il procuratore che si occupa di questo caso? – Isabel cercava di essere pratica – Non vorrei finire fra le grinfie di uno peggio della Harper.
    - Per quello ci sono io! – Puka si girò e cominciò di nuovo la danza delle mani sui monitor.

    Prentiss era seduta alla scrivania dello studio e si reggeva la testa con le mani. Aveva chiesto un grosso favore, un favore immenso e probabilmente con questo aveva tracciato una linea rossa sui possibili nomi da chiamare in caso di necessità. Non avrebbe potuto chiedere ancora a quella persona di cercare di tirarli fuori dai guai e non era neanche sicura che lei riuscisse a risolvere qualcosa.
    Sbuffò indispettita e decise che era ora di raggiungere i ragazzi, essendo inutile rimanere lì nell’attesa di una chiamata che forse non sarebbe arrivata. Meglio tuffarsi nel lavoro e togliersi dalla mente tutto quel gran casino, almeno finché non avesse ricevuto risposta al suo S.O.S.
    Erano tutti chini sui rispettivi I-pad, rimuginando sul caso, mentre Puka era tutta presa da chissà quale ricerca. La ragazza sembrava particolarmente concentrata nel ciberspazio e incurante di quello che le avveniva intorno. Emily sorrise, ripensando alla prima volta che Puka era entrata nella sede dalla B.A.U.
    All’epoca Derek era ancora supervisore dell’unità e lei gli faceva da secondo. Jack e Chris ancora non erano stati arruolati, della vecchia squadra oltre loro due era rimasta solo Garcia che era pronta a mollare gli ormeggi per seguire più da vicino i gemelli (che davano non pochi problemi, vista la loro natura curiosa e avventurosa). Era stata propria Penelope a scovare quell’abile hacker che riteneva il meglio del meglio, ma Prentiss ricordava fin troppo bene la faccia del marito alla comparsa dell’eccentrica informatica.
    Garcia in confronto sembrava una modella di Chanel. Puka si era presentata con i capelli viola, piena di piercing e con un completino in latex che aveva fatto rabbrividire persino l’informatica uscente. Eppure aveva preso subito in simpatia quella ragazza strana e vitale, sempre presa dietro qualcosa ma ligia al dovere e di una professionalità che a volte rasentava una forma maniacale.
    Le cene del venerdì che avevano reso tutti loro una famiglia, più che una squadra, erano già un lontano ricordo. Questo era il maggior rimpianto di Emily, non conoscere le vite private dei “suoi ragazzi”, non essere partecipe delle loro scelte. Avrebbe voluto essere per loro quello che Sarah e Rossi erano stati per la vecchia squadra. Gioire delle vittorie, consolare delle sconfitte, rallegrarsi della felicità della loro vita fuori dall’ufficio.
    Tante cose di loro le era venute a sapere per vie traverse. Che Jack e Lizzie si frequentavano era stata una sorpresa (anche se ricordando come lei lo guardava adorante da piccola, c’era da aspettarselo); il fatto che Chris avesse messo la testa a posto grazie a Irons lo sapeva perché era tutto avvenuto sotto i suoi occhi; che JJ fosse gay l’aveva sempre sospettato, ma che addirittura avesse una relazione stabile e convivesse era stata una vera sorpresa; di Puka, sfortunatamente, non sapeva niente, anche il passato della punk era avvolto nel mistero.
    Se fossero usciti sani e salvi da tutta quella storia, si ripromise di riprendere lei la tradizione che aveva instaurato Sarah e che era andata perduta nel tempo. Quei ragazzi erano “suoi” in molti sensi, si considerava una specie di mamma surrogata per alcuni di loro e per gli altri provava un affetto che le ricordava i bei tempi andati.
    Derek sarebbe stato d’accordo con lei, anzi sarebbe stato entusiasta di avere quei ragazzi in giro per casa una volta alla settimana. Lontani dall’ufficio avrebbero trovato il modo di aprirsi reciprocamente, di conoscersi meglio e di fidarsi gli uni degli altri. Annuì convinta decisa ad accantonare quel proposito e tornare a concentrarsi sul caso, in attesa che il telefono squillasse.

    - Trovato! – Puka si girò verso gli altri con un’espressione soddisfatta stampata sul volto.
    - Trovato, cosa? – chiese Emily all’oscuro di quello che la ragazza stava cercando.
    - Il procuratore che si occupa di questo caso – rispose la ragazza con un’espressione del tipo “non è ovvio?” – Dobbiamo sapere in mano a chi siamo, no? Allora eccoci qui!
    Tutta contenta fece apparire sullo schermo una foto a mezzo busto di un attraente uomo sulla cinquantina. Un uomo decisamente affascinante e dal sorriso rassicurante, vestito impeccabilmente e dall’aria distinta.
    - Malcom J. Blaire, la J sta per Junior – cominciò ad esporre – Cinquantadue anni, sposato e padre di tre figli, un maschio e due femmine. Famoso per il suo temperamento calmo e razionale, è un tipo composto che gioca secondo le regole. Nell’ambito giudiziario è conosciuto soprattutto per la sua capacità di ammaliare le giurie e di portarle dalla sua parte, ha all’attivo un sacco di cause vinte. Si occupa sempre e solo di omicidi, il resto lo lascia ai suoi sottoposti.
    - E la Harper allora? – Isabel sollevò un sopracciglio.
    - La Harper prende l’iniziativa di occuparsi dei casi di omicidio in via preliminare, chiudendo il caso prima di arrivare al processo con un patteggiamento. Cosa che non piace molto al nostro procuratore visto che ha chiesto più di una volta il trasferimento della suddetta in un’altra divisione, possibilmente non penale, ma le sue richieste sono cadute nel vuoto. A quanto pare non siamo gli unici a non far parte del fan club della principessina bionda.
    - Quindi il caso di Chris è stata una sua iniziativa? – indagò ancora Jack.
    - A quanto pare la notizia è arrivata prima a lei che al procuratore e quindi ha deciso di sguinzagliare i suoi scagnozzi per fare bella figura. Stavolta ha fatto il passo più lungo della gamba – Cassandra sembrava gongolare del passo falso del vice procuratore – Altra cosa interessante, il procuratore, spesso e volentieri, le toglie i casi. Qualcosa mi dice che fra quei due non scorra buon sangue.
    - Non mi meraviglia, Blaire è una persona tutta d’un pezzo – constatò Emily – La Harper deve avere qualche santo in paradiso se lui non riesce a mandarla via dal suo ufficio.
    - Ho fatto altre ricerche… beh, la Harper ha più di qualche santo in paradiso. Su un sito di gossip, gira voce che abbia ottenuto il posto grazie al suo ex amante, un senatore…
    - Personcina tanto a modo, questa signorinella – JJ aveva incrociato le braccia ed assunto un aria da cane da caccia – Muoio dalla voglia di rivederla… un incontro informale, per chiarirle cosa ne penso dei suoi metodi.
    - Buona JJ – Emily si voltò verso il telefono che aveva preso a squillare – Forse stanno arrivando buone notizie, mi raccomando non perdiamo di vista il nostro obiettivo.
    - Prendere il maniaco di Dupont Circle – le fece eco Chris.

    Continua…
     
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    Capitolo XVI. What friend are for

    Prentiss era concentrata sulla voce dall’altro capo del telefono, improvvisamente si voltò verso Puka e le fece cenno di accendere la TV. Le immagine del telegiornale scorrevano veloci sullo schermo, il tema del giorno era il maniaco a cui davano la caccia e che aveva già ucciso cinque giovani donne.
    Il cronista era fermo davanti alla sede di Quantico e parlava concitatamente, mentre sullo schermo scorrevano i nomi ed i dati delle vittime accertate. Prentiss staccò la cornetta dall’orecchio e fece cenno di alzare il volume.
    - … la polizia di Washington D.C. ha formalmente chiesto l’intervento dell’Unità Analisi Comportamentali. Voci non confermate ci informano che l’F.B.I. non ha ancora risposto alla richiesta del dipartimento di polizia. La squadra dell’agente supervisore Emily Prentiss è famosa per aver risolto molti casi simili, ma, a quanto pare, il bureau non ha la minima intenzione di inviare questo team di esperti per fermare quello che è ora noto come il “maniaco di Dupont circle”. C’è da chiedersi se la sicurezza dei cittadini non sia tenuta in scarsa considerazione da questi burocrati, visto che non sembrano intenzionati ad aiutare nella cattura del killer che, ricordiamo, ha già ucciso cinque volte. Il panico si sta diffondendo nella popolazione femminile, così come…
    Prentiss spense l’apparecchio con un sorriso compiaciuto, mentre tornava a parlare con il suo misterioso interlocutore.
    - Mi rendo conto benissimo della situazione… le posso assicurare che nessuno di noi ha parlato con la stampa – altro sorriso furbo – Siamo a vostra completa disposizione per risolvere questo increscioso… “incidente”. Sì, posso contattarli tutti nel giro di pochi minuti. Certo signore, senz’altro.
    Riattaccò il telefono e si voltò verso la sua squadra, i ragazzi la guardavano stupiti e con gli occhi sgranati.
    - Ma come diavolo…? – cominciò Chris non trovando le parole.
    - Sapete che gli agenti di collegamento hanno buoni rapporti con i reporter? – rispose Emily strizzando l’occhio.
    - JJ! – esclamò Jack con un sorriso luminoso.
    - Non potremo chiedere altri favori in futuro, però il capo dell’agenzia mi ha appena chiamata informandomi che la vostra sospensione è stata temporaneamente revocata. Potremo affrontare quelli della commissione interna dopo aver risolto il caso. Non vorremo mica mettere in imbarazzo il bureau dando conferma a queste “voci non confermate”?
    - Quando si comincia? – chiese JJ impaziente.
    - Ci vuole tutti alla stazione di polizia il prima possibile. Quindi direi che è il caso di muoverci, visto che dobbiamo passare prima a ritirare i vostri tesserini e le vostre pistole.
    Puka poggiò una mano sulla spalla di Prentiss e le regalò un sorriso luminoso.
    - Capo, te l’ho mai detto che sei la migliore?
    - E’ inutile che continui con le lusinghe, tanto non se ne parla di quell’aumento di stipendio – le rispose Emily tra il serio e il faceto.
    - Peccato, ci speravo – sospirò Cassie con aria drammatica.

    Erano seduti in sala riunioni, tutti visibilmente nervosi. Nonostante la telefonata del capo dell’F.B.I. che revocava la loro sospensione, erano stati informati che prima di riavere i tesserini e le armi dovevano aspettare qualcuno. Morgan non si era fatto vedere, mentre loro aspettavano di sapere cosa stava succedendo ancora.
    Improvvisamente la porta si aprì lasciando entrare Derek seguito da un uomo moro vestito con un tailleur e dall’aria professionale, stringeva in mano una valigetta ventiquattrore e sorrise all’indirizzo di Chris e Jack.
    - E’ stato dato l’ordine che veniate tutti assistiti da un avvocato, dovrete rilasciare delle dichiarazioni davanti alla commissione prima di poter tornare al lavoro – Morgan si mise a sedere e guardò ognuno di loro negli occhi – Non voglio che vi facciate illusioni, la situazione è piuttosto delicata e l’inchiesta interna è ancora in atto. Questo è l’avvocato Henry LaMontagne, alcuni di voi lo conoscono già, si è offerto di difendervi e mi sembra un’ottima cosa vista la sua specializzazione in cause di lavoro. Ognuno di voi parlerà da solo con l’avvocato e poi vi recherete uno alla volta nella sala della commissione. Domande?
    Sei teste fecero un segno di diniego per poi tornare a concentrarsi sull’ultimo arrivato, che prese il posto lasciato libero da Morgan e tirò fuori una serie di cartelle con un block-notes.
    - Comincerei con Chris se non vi dispiace – disse il bel ragazzo moro dagli occhi azzurri – Potete aspettare nell’openspace mentre finisco di parlare con lui.
    La squadra lasciò da soli i due che si guardavano sorridendo.

    - Allora, Chris, sempre nei guai per colpa delle gonnelle, eh? – esordì Henry appena restarono soli.
    - Prima che tu possa farti un’idea sbagliata, ti avverto che con l’agente Irons è una cosa seria. Non rischierei il posto per la storia di una notte – tenne a puntualizzare lui, mentre guardava l’amico di infanzia – Ci sono dei precedenti: i miei genitori, Morgan e Prentiss…
    - Sì, conosco la storia. Ho cercato di prendere tutte le informazioni utili prima di venire qui… Ora parliamo seriamente, non hai davanti il bambino con cui giocavi da piccolo, ma il tuo avvocato. C’è qualcosa che dovrei sapere?
    - Hai detto di aver già preso informazioni, cosa potrei aggiungere?
    - Da quanto tempo va avanti?
    - Due mesi – Reid cominciò a picchiettare sul tavolo nervoso.
    - Quindi era passato solo un mese da quanto la Irons era entrata nell’Unità… questo non gioca molto a nostro favore, ma dobbiamo giocare la mano anche con queste carte. Ci sono stati episodi in cui il vostro legame ha interferito con il lavoro?
    - No, assolutamente – il ragazzo assunse un’espressione convinta – C’è una netta separazione tra la nostra vita privata e il nostro lavoro. Non permettiamo che i nostri sentimenti personali interferiscano nelle indagini.
    - Cerca di ricordartela a memoria questa risposta, la commissione ti farà senz’altro domande simili. Perché eri fra i sospetti per questo caso?
    - Conoscevo una delle vittime e abbiamo discusso la sera in cui è stata uccisa. Ci sono dei testimoni e io… credo che una delle cose che le ho detto possa essere considerata una minaccia.
    - Hai un alibi?
    - Ero con Isabel. Sono stato scagionato.
    - Solo grazie alla parola della tua ragazza?
    - No. La notte dell’ultimo omicidio i detective incaricati dell’indagine mi tenevano sotto sorveglianza, ho passato a casa tutta la notte e loro possono testimoniarlo.
    - Eri solo?
    - No – ammise lui in imbarazzo.
    - Ancora Irons?
    Chris annuì incerto. Le domande che gli stava rivolgendo erano fatte con un tono inquisitorio che non gli piaceva per niente. Si chiese da che parte stesse Henry.
    - L’ex agente Hotchner ha dichiarato di essere il tuo avvocato e ti ha assistito durante l’interrogatorio della polizia e del vice procuratore. E’ corretto?
    - Sì. Nonostante io avessi chiesto più di una volta di fare una telefonata, gli agenti non mi lasciavano chiamare nessuno. Hotch era stato avvertito da Jack ed è corso in aiuto.
    - Quindi sei rappresentato già da lui, corretto?
    - Solo nell’inchiesta della polizia, non ho mai avuto bisogno di un avvocato di fiducia… e poi, se proprio ne devo scegliere uno, credo che quel ruolo sia tuo di diritto – sorriso all’amico.
    - Ti tirerò fuori dai guai, fidati vecchio mio – Henry chiuse il fascicolo e lo guardò dritto in volto – Ricordati: risposte brevi e coincise, ancora meglio solo un sì o un no. Non strafare e non lasciarti innervosire, se ti sembra che una domanda sia poco chiara dillo chiaramente e loro saranno costretti a riformularla. Se dovessi accorgermi che fanno domande che esulano dal seminato ti metterò una mano sul braccio e tu dovrai tacere. Se farò obiezioni tu non mostrarti sorpreso, faccia da poker e non parlare se non direttamente interpellato. Tutto chiaro?
    - Cristallino.
    - Andiamo.

    Continua…
     
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    Capitolo XVII. Arrogance

    Chris sedeva rigido di fronte alla commissione affari interni dell’F.B.I., cercando di sembrare tranquillo e di trasmettere una sensazione di sicurezza. Aveva ancora ben chiare le indicazioni di Henry circa il modo di rispondere, si fidava di lui, l’aveva visto all’opera in diversi processi e sapeva che era un ottimo avvocato.
    Le persone sedute dall’altra parte del tavolo erano due uomini e una donna, tutti agenti con anni di servizio alle spalle, il più giovane aveva all’incirca cinquant’anni. Sapeva che il suo futuro all’interno del bureau dipendeva da quell’intervista “informale”, tutto quello che sarebbe seguito non sarebbe stato altro che una mera formalità. La decisione sarebbe stata presa quel pomeriggio da quelle tre persone che non lo conoscevano ed ignoravano tutto della sua vita.
    La donna dai capelli neri, visibilmente frutto di tintura, fece scattare la sua penna e poi sollevò gli occhi sull’agente Reid.
    - Credo possiamo cominciare – esordì aspettando un cenno affermativo dagli uomini seduti al suo fianco – Come sicuramente sa, questa è soltanto la fase preliminare dell’indagine in corso su di lei e i suoi colleghi. Sicuramente l’agente Jefferson vi avrà reso edotti sui motivi che hanno condotto all’apertura dell’inchiesta. Ha qualcosa da aggiungere, agente?
    - No – forte e deciso, rammentò il suggerimento di risposte brevi e che non dessero adito ad altre interpretazioni.
    - Vuole cortesemente fornire i suoi dati per il verbale?
    - Agente speciale Christopher Reid, membro dell’Unità Analisi Comportamentale sotto la diretta supervisione dell’agente speciale Emily Prentiss.
    - Agente Reid – esordì l’uomo seduto alla destra, stempiato e con occhiali dalla montatura antiquata – Ci è stato reso noto che lei intrattiene rapporti “non professionali” con una sua collega, l’agente speciale Isabel Irons. E’ corretto?
    - Sì – contò mentalmente fino a dieci per non aggiungere altro, sorrise pensando che non era così difficile.
    - Di che natura sono i suoi rapporti con il citato agente? – intervenne l’uomo moro e con una vistosa pancetta, seduto alla sinistra della donna.
    Henry gli batté leggermente una mano sul braccio, come ad avvisarlo di essere onesto ma coinciso.
    - Siamo fidanzati.
    - Devo dedurre che abbiate già parlato di matrimonio… - la donna mora sollevò un sopracciglio.
    - E’ una domanda? – Henry si sporse in avanti.
    - No – rispose la donna, sbuffando indispettita – Ma questa lo è: agente, il suo supervisore era al corrente della sua relazione impropria con la sua collega?
    - Obiezione – Henry scarabocchiava svogliato sul block-notes – Non credo che “relazione impropria” sai un termine corretto, visto che il mio assistito ha chiarito il fatto che sono fidanzati.
    - Riformulo – sospirò la donna – L’agente Prentiss era al corrente del vostro fidanzamento?
    - Sì.
    - Quando l’avete informata? – chiese l’uomo stempiato.
    Chris rimase in silenzio fissando Henry che gli fece segno di proseguire con la risposta.
    - Appena la nostra relazione è cominciata, seguendo il protocollo abbiamo avvisato tempestivamente il nostro diretto superiore.
    - Parlando di protocollo – riprese la donna – Lei sa che il protocollo dell’agenzia vieta di fraternizzare con i colleghi?
    - Sì – di nuovo LaMontagne gli fece segno di proseguire – Ma so per esperienza che questo divieto va incontro a molteplici interpretazione e, soprattutto, che sta alla discrezionalità del superiore tollerare o meno tali situazioni. Naturalmente, sempre che questo non interferisca con il lavoro degli agenti.
    - Non crede che una relazione come la vostra interferisca con il vostro lavoro? – l’uomo moro si sporse verso di lui, cercando di farlo cadere in contraddizione.
    - No.
    - Che prove può portare a suffragio di questa sua affermazione? – l’uomo non demordeva.
    - I miei genitori, inoltre il capo sezione Morgan è sposato con l’agente supervisore Prentiss, anche loro erano colleghi all’epoca dell’inizio della loro relazione.
    - Quindi secondo lei è una prassi normale intrattenere questo genere di rapporti con i propri colleghi?
    - Il mio cliente ha già risposto ad una domanda simile. Se non avete altro, direi che abbiamo finito – Henry fece il gesto di chiudere il block-notes.
    - No, non abbiamo finito – disse la donna, guardando il giovane avvocato con astio – Cosa sa dirmi della relazione fra sua sorella e il suo collega, l’agente Jack Hotchner?
    - Questo esula dal motivo della nostra conversazione – Henry si alzò in piedi di scatto – Il mio cliente è qui per rispondere delle accuse che gli sono state mosse, non come testimone in un’altra procedure. Se volete risentirlo in quella veste, dovrete convocarlo di nuovo dichiarando sulla convocazione che verrà ascoltato come testimone.
    Henry afferrò Chris per il braccio e lo trascinò fuori dalla sala. Percorse il corridoio a passo spedito senza mai voltarsi a guardare l’amico che camminava al suo fianco. Decisamente sapeva il fatto suo ed era riuscito a tirarlo fuori da una situazione piuttosto imbarazzante.

    La commissione aveva già ascoltato Jack, JJ e Puka. Mancava solo Isabel, che ora sedeva a fianco di Henry che cercava di metterla a suo agio con domande poco impegnative. Non le staccava gli occhi di dosso un momento e continuava a sorriderle, cosa che lei trovava estremamente irritante.
    - Ti interrogheranno sulla tua relazione con Chris – continuò lui tranquillo – Lui ha sostenuto che siete fidanzati, tu lo confermi?
    - E’ una relazione seria – rispose lei senza scomporsi.
    - Bene, ottima risposta. Cerca di essere breve e coincisa e vedrai che andrà tutto bene. Se ti dovessero chiedere se avete informato l’agente Prentiss della situazione…
    - Mi limiterò a dire la verità.
    - Cioè? – chiese lui tornando a sorriderle.
    - Il nostro supervisore ne è stato informato appena c’è stato qualcosa di cui informarlo.
    - Risposta troppo lunga, opta per qualcosa come “da subito” oppure “tempestivamente”.
    - Non ho due anni, so parlare da sola senza che gli altri mi mettano in bocca le parole – decisamente Henry non era in cima alla sua lista di preferenze maschili – Vorrei ricordarle, avvocato, che sono un esperta in tecniche di interrogatorio.
    - Ma di solito sei tu ad interrogare non il contrario – le batté una mano sul braccio in segno di incoraggiamento – Se dovessero farti domandi che non riguardano il tuo rapporto con Chris, non dire niente.
    Camminavano lungo il corridoio fianco a fianco, lui aveva un sorriso da bravo ragazzo stampato in faccia e finalmente Isabel capì cosa l’irritava così tanto. Gli ricordava Mac, il suo ex ragazzo, con cui Chris aveva avuto un “vivace scambio di opinioni” nel garage, pochi piani più sotto. Aveva imparato a diffidare da chi sembrava così bravo e perfetto, una cosa che si poteva dire di lei era che non commetteva mai due volte lo stesso errore.
    Entrarono decisi nella sala riservata alla commissione e Irons prese posto senza esitazioni. Sembrava rilassata e a suo agio, cosa che costrinse i membri della commissione a guardarsi perplessi. Henry sorrise compiaciuto, decisamente la ragazza ci sapeva fare.
    - Vuole fornire i suoi dati? – la donna mora sembrava nervosa.
    - Agente speciale Isabel Irons, B.A.U. sotto la supervisione dell’agente Prentiss – riuscì persino a sorridere conciliante mentre lo diceva.
    - E’ stata informata del motivo per cui si trova qui?
    - L’agente Jefferson ha precisato che sono sotto inchiesta perché fidanzata con l’agente speciale Christopher Reid, mio collega presso l’Unità Analisi Comportamentale. La cosa violerebbe il protocollo, se non fosse che il nostro diretto superiore è stato avvisato tempestivamente della situazione e che il nostro lavoro non ha mai risentito della nostra relazione.
    Il fatto che lei avesse risposto già a qualsiasi domanda che loro potevano farle aveva spiazzato i tre esaminatori, che si guardarono stupiti e chiesero una piccola interruzione, allontanandosi dalla stanza per qualche momento.
    Isabel unì le mani sul tavolo e cominciò a far cozzare i pollici l’uno contro l’altro, mentre canticchiava sotto voce e si guardava in giro con l’aria di una ragazzina innocente in gita scolastica. Henry la guardò ammirato, dicendosi che sicuramente la ragazza aveva carattere e che non si vantava di essere un esperta di tecniche di interrogatorio, lo era proprio.
    I tre rientrarono con piglio deciso e ripresero posto. La donna si schiarì la voce un paio di volte e poi la guardò mordendosi le labbra, segno che qualsiasi cosa stesse per chiedere era solo un modo per prendere tempo e non farla andare via senza che le fosse stata rivolta almeno un’altra domanda.
    - Cosa pensa il suo supervisore della faccenda?
    - Questo credo proprio che lo dovreste chiedere a lei – ignorò volutamente la mano di Henry sul suo braccio e sgranò gli occhi in un’espressione di puro stupore – Non leggo nel pensiero.
    - Non ne avete mai parlato? Non le ha mai accennato che la cosa poteva causare problemi?
    - Se ci fossero stati problemi, sono certa che l’agente Prentiss ci avrebbe convocati e avrebbe esposto le sue perplessità. Ciò non è mai avvenuto.
    - Cosa sa della vita privata degli altri membri del suo team?
    - Questo esula dal motivo della mia presenza qui – di nuovo ignorò il suo avvocato.
    - Si rifiuta di rispondere?
    - Risponderò quando mi convocherete come testimone, in quel caso sono sicura che la citazione dichiarerà espressamente che non sono stata convocata per l’inchiesta che coinvolge il mio nome.
    - Credo che la mia cliente abbia risposto a tutte le vostre domande, con permesso.
    Come si allontanarono abbastanza dalla sala, Henry l’afferrò e la fece cozzare contro il muro.
    - Dì un po’, ragazzina, cosa ti sei messa in testa.
    - Non ti ho scelto io come avvocato, non so niente di te e non vedo perché dovrei affidarti la mia difesa. Tanto più che sono in grado di difendermi da sola.
    - Sei arrogante, indisponente e da che ti conosco mi prudono le mani – si staccò dal muro e la guardò assorto prima di sorridere ironico – Capisco perché Chris ha perso la testa per te.
    Si allontanò lasciando lì spiazzata. Il tono con cui le aveva detto quelle cose… che fosse un complimento?

    Continua…
     
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    In ritardo mostruoso, lo so (si cosparge il capo di cenere).

    Capitolo XVIII. Old friends

    Isabel batteva il piede nervosa mentre scrutava il volto di Prentiss, che dopo averle esposto il suo piano la guardava con una faccia da poker. Mille pensieri diversi le affollavano la mente, l’idea era ottima ma non era sicura che lei fosse la persona giusta per metterla in pratica. Inoltre c’era il problema più grosso… Chris.
    Sapeva che lui non avrebbe preso bene la faccenda, ma se volevano dimostrare che il loro legame non interferiva minimamente con il lavoro avrebbe dovuto accettare la cosa senza fare scenate. Decise che gli avrebbe parlato in privato, ma prima doveva chiarire un paio di cose con il suo superiore.
    - Il piano potrebbe funzionare, ma non credo di essere la persona più adatta.
    - Perché? Non te la senti di rischiare? – Prentiss la guardò in modo strano, come cercando di valutarla.
    - Ehi, sono qui, mi vede? Le sembro in qualche modo anche vagamente simile a quelle ragazze? – Irons si alzò in piedi di scatto e batté una mano sul tavolo – Non sono una ragazza di classe e non sono bella, come pensa che potrei attirare quell’uomo?
    - Il tuo problema è la scarsa autostima, la non esperienza nello scegliere i vestiti e una totale mancanza di trucco – Emily ammiccò divertita – Lascia fare a me e in un giorno ti trasformerò completamente. Certo, se tu non te la sentissi di rischiare io ti capirei… anche se la squadra non ti perderebbe di vista un solo istante.
    - Riuscirebbe a trasformarmi? Cos’è, agente Prentiss, la fata di Cenerentola sotto mentite spoglie? Credo abbia lasciato a casa la bacchetta magica – la ragazza era volutamente ironica e impertinente.
    Il suo aspetto fisico era stato un cruccio fin dai tempi delle superiori. Per quanto si sforzasse, non riusciva a ottenere nulla usando cosmetici e reggiseni imbottiti, era un disastro e nessuno era mai riuscito a renderla anche vagamente attraente. Ora il suo superiore, una donna bella e di classe, le proponeva di fare da esca e le diceva che sarebbe riuscita a trasformarla. Era una cosa che decisamente la lasciava perplessa e che la metteva in conflitto diretto con tutti i timori che si portava dietro dai tempi dell’adolescenza.
    Sospirò mentre si massaggiava le tempie, con gesti lenti e circolari, per alleviare l’emicrania che sentiva arrivare. Persino Kathy aveva provato a renderla più “interessante”, gettando la spugna dopo un pomeriggio infruttuoso chiuse nel bagno a provare acconciature e make-up diversi. Si chiese cosa aveva da perdere a lasciare fare il suo superiore e trasformarsi in un manichino, una bambola a grandezza naturale che qualcuno si sarebbe divertito a rendere passabile.
    Aveva paura che l’esperimento di Prentiss risultasse un fiasco, ma si rese conto di avere ancora più paura che la donna riuscisse nell’intento. Come sarebbe stato essere diversa esteriormente? Avrebbe cambiato anche il suo modo di essere interiore? Avrebbe creato problemi nel suo già teso rapporto con Chris? E come avrebbe reagito il suo ragazzo alla prospettiva di un’Isabel diversa, più femminile e bella? Decise che era ora di scoprirlo.
    - Ci sto – guardò il suo capo diritto negli occhi, cercando di trasmettere quella sicurezza che in realtà non provava.
    - Per quanto riguarda Reid…
    - Preferisco parlargli io, sarà più facile – da brava attrice era risultata convincente, anche se temeva che quella conversazione sarebbe stata tutto fuorché “facile”.
    - Allora lascio a te l’incombenza… cerca di parlargli il prima possibile, perché domattina ti passo a prendere nel tuo appartamento – Emily si alzò ad indicare che il colloquio era finito.
    Isabel scese nell’openspace, dove Jack e JJ stavano parlando mentre sfogliavano ancora una volta il dossier. Due paia di occhi la guardavano curiosi, mentre lei cercava Chris con lo sguardo. Del ragazzo nessuna traccia e la cosa la mandava in bestia, specialmente perché era sicura che dopo la “conversazione” sul piano di Prentiss avrebbero litigato di brutto. Dubitava seriamente che stavolta la lite sarebbe finita in camera da letto, aveva la nitida immagine di Chris che usciva dal suo appartamento sbattendo la porta.
    - Se cerchi Reid, sei sfortunata – la prevenne Jasmine – Il suo avvocato lo ha portato fuori per un drink.
    - E’ fuori con Lamontague?
    - Sì – ammise Jack distogliendo lo sguardo.
    - C’è qualcosa che dovrei sapere, Hotch?
    - Beh, ecco… - il ragazzo non trovava il coraggio di formulare una spiegazione.
    Puka, che aveva assistito alla conversazione appoggiata alla porta, si avvicinò ad Isabel togliendo l’incombenza a Jack.
    - Prima che ti conoscesse… insomma… - prese un respiro e decise che non c’era un modo carino per dirlo – Quei due andavano sempre a caccia insieme.
    - Vuoi dire quel tipo di caccia? – Isabel sentì la rabbia montarle dentro.
    - Esattamente quello a cui non si è più dedicato da quando state insieme – annuì decisa Puka – Ma questo non vuol dire che…
    - Ti prego, non trattarmi come una ragazzina – Irons afferrò la sua giacca – Domani non verrò in ufficio, se qualcuno di voi lo vede può dirgli di chiamarmi? E’ importante ed urgente.
    Detto questo si allontanò con passo deciso all’ascensore. Così l’avvocato spaccone era il compagno di bisbocce di Chris, di bene in meglio! Si chiese cosa stessero facendo in quel momento quei due, poi si rispose che era anche troppo ovvio. Sentiva di non dovere più alcun genere di spiegazioni a Reid, se il bel moro voleva tornare alla vita di prima lei non avrebbe fatto scenate. Avrebbe agito di conseguenza concentrandosi sul lavoro e al diavolo quel dongiovanni!

    Chris guardava ostentatamente il fondo del suo bicchiere, mentre Henry si guardava in giro sorridendo alle procaci ragazze sedute al bar. Si sentiva in imbarazzo nel trovarsi in quel posto con Henry, dopo che si era messo con Isabel non gli aveva mai fornito spiegazioni circa i suoi continui rifiuti di andare in giro a rimorchiare.
    Ora il suo vecchio amico, nonché figlioccio di suo padre, era seduto davanti a lui con l’atteggiamento tipico delle loro serate fuori. Il moro dagli occhi azzurri aveva la chiara intenzione di divertirsi e Chris si trovava in difficoltà. Quel giorno Isabel non aveva fatto mistero di provare antipatia profonda per Henry e non sapeva niente dei loro trascorsi, figuriamoci se avesse saputo che loro due si davano man forte quando uscivano alla ricerca di qualche bella ragazza vogliosa di intrattenerli.
    Sospirò, indeciso su come affrontare l’argomento e porre un freno alle possibili intenzioni del suo vecchio socio. Alzò finalmente gli occhi e si ritrovò lo sguardo dell’avvocato piantato nel suo. Il ragazzo, di poco più grande di lui, lo guardava con aria seria come se avesse aspettato quella spiegazione per tutta la serata.
    - Henry…
    - Lo so, vecchio mio, lo so – afferrò il bicchiere e bevve tutto d’un sorso.
    - Cosa credi di sapere esattamente? – un sorriso divertito piegò le labbra di Reid.
    - Secondo te? Sarai tu il profiler tra noi due, ma io non sono sciocco…
    - Mai sostenuto il contrario.
    - Allora perché non me lo hai detto e basta? E’ stato brutto venirlo a sapere solo perché vi siete cacciati nei guai.
    - Non sapevo come l’avresti presa… nessuno sembrava convinto del mio cambiamento. Tu poi mi conosci anche troppo bene.
    - E proprio per questo, forse, sarei stato l’unico a crederci da subito. Certo, dopo che ho conosciuto lei, non ho più dubbi a riguardo.
    - Cosa vuoi dire? – Reid era allarmato, c’era qualcosa che non gli piaceva nel tono dell’amico.
    - Ti invidio. Come te, mi sono sempre buttato in mille avventure passeggere perché non trovavo quello che cercavo.
    - Con Isabel non è tutto rose e fiori – si stava mettendo sulla difensiva, non sapeva neanche lui perché.
    - Lascia che ti dica una cosa: sei fortunato, quella ragazza è unica nel suo genere. Se decidessi che non la vuoi più…
    - Henry, siamo amici da una vita, ma tu prova solo a guardarla e…
    - Mi rifai i connotati – sorrise mentre faceva cenno alla cameriera di portargliene un altro – Amico, torno a ripeterti che non sono uno sciocco. Se fossi in te non mi lascerei scappare un tipo come Irons, quella ragazza ha il fuoco nelle vene.
    - Tu cerca di stargli lontano, altrimenti ci penso io a farti bruciare – si guardarono e scoppiarono a ridere all’unisono.

    Continua…
     
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    Capitolo XIX. The end?

    Isabel era seduta sul divano, aveva tirato fuori una bottiglia di vino ed era intenzionata a finirla entro la serata. Troppo informazioni sul passato di Chris, tutte nell’arco di pochi giorni, troppe da digerire. Tutti i dubbi che l’avevano assalita prima di cominciare una storia con lui, tornavano più prepotenti che mai.
    Sapeva di essere innamorata di Reid e sapeva di non essere mai stata così felice come in quei due mesi insieme. Eppure una parte di lei le continuava a ripetere che era tutto troppo bello per essere vero e per durare, il fatto che lui fosse uscito con LaMontagne senza avvertirla confermava i suoi sospetti.
    Aveva sempre pensato che lui non fosse pronto ad una relazione monogama, che prima o poi i vecchi impulsi sarebbero tornati a farsi sentire. Forse era per quello che non riusciva a lasciarsi andare completamente, ad abbandonarsi alla loro storia. Sapeva che ne sarebbe uscita con il cuore a pezzi e con un pugno di mosche.
    Rischiava anche la sua carriera, ora che erano finiti nel mirino della disciplinare. Era sicura che se fosse stato necessario, l’avvocato-amico d’infanzia avrebbe sacrificato lei per permettere a Reid di continuare a lavorare all’Unità. Quel ragazzo non le piaceva, le aveva dato vibrazioni negative fin dal loro primo incontro.
    Per non parlare del fatto che non tollerava che le avesse messo le mani addosso e l’avesse rimproverata, nonostante lei si fosse difesa lasciando quelli della commissione interna senza nulla di concreto in mano. Cominciava a pensare che il disappunto di Henry fosse dovuto proprio al fatto che con la sua performance non gli aveva lasciato spazio di manovra nel caso avesse deciso di scendere a patti.
    La testimonianza era video registrata, nessuno avrebbe potuto trovare da ridire su nulla. Questo la metteva a riparo da possibili conseguenze e non lasciava spazio a possibili manovre per farla fuori. Quindi, il caro avvocatino non avrebbe avuto nulla con cui contrattare la salvezza di Reid.
    Non che pensasse che Chris fosse al corrente di un’eventuale piano del genere, sicuramente si sarebbe rifiutato di salvarsi sacrificando lei. Però era anche vero che quei due erano amici e che forse in quel preciso istante stavano trascorrendo la serata in compagnia di due procaci ragazze, disponibili a lasciarsi spupazzare da due bei tipi del genere.
    Era arrivata alla fine della bottiglia quando sentì la chiave della serratura girare, mandò giù quello che restava nel bicchiere e prese la sua decisione. Era la cosa migliore, almeno finché le cose non si fossero chiarite in un modo o nell’altro. Inoltre quell’inchiesta era troppo “delicata” e la posta in gioco troppo alta, non poteva permettersi distrazioni di alcun tipo. Si disse che quello che stava per fare, lo faceva per il bene di tutti.
    - Ciao piccola – il ragazzo moro chiuse piano la porta e le si accostò.
    - Posa le mie chiavi sul tavolo – non si alzò e non si voltò verso di lui.
    - Come scusa? – Chris era disorientato.
    - Ti ho detto di lasciare le chiavi del mio appartamento sul tavolo – finalmente si girò verso di lui con uno sguardo furente – Poi vattene e non tornare.
    - Di che diavolo stai parlando? – l’afferrò per un braccio e la costrinse ad alzarsi.
    - Spero che stasera tu abbia rinforzato la tua amicizia con LaMontagne, non vorrei saperti solo a piangere… non che tu abbia bisogno di lui per trovare consolazione.
    - Isabel, non mi piace questo scherzo.
    - Non è uno scherzo. Voglio che tu te ne vada – lo scostò da se con decisione – Ho rischiato la mia carriera per te… non sono disposta a correre rischi. Vattene e da oggi in poi siamo solo colleghi.
    - Isabel…
    - Per te sono l’agente Irons e non voglio tornare più sull’argomento – cominciò a spintonarlo verso la porta.
    - Smettila immediatamente! – in un attimo invertì le parti e la spinse contro la parete.
    - Non capisci vero? – il volto di lei era rigato di lacrime.
    - Sei confusa e impaurita, lo capisco benissimo – le carezzò piano il viso – Vedrai che si sistemerà tutto.
    - Ho bisogno di tempo, ho bisogno di stare per conto mio – chiuse gli occhi per non vedere il dolore che stava causando all’uomo che amava – Ti prego, vai via.
    - Non me ne vado, non rinuncio a noi.
    - Se vuoi che in futuro ci sia ancora la possibilità di un noi, vattene. Per una volta rispetta le mie scelte, anche se non le capisci.
    - Isabel – posò la propria fronte su quella di lei e le carezzo il viso con le nocche – Ti prego…
    - Chris, ho accettato di fare una cosa, una cosa che tu non approverai. Se noi due fossimo solo colleghi non ci troveresti niente di strano, ma stando così le cose finiremmo con il dare ragione a quelli della commissione. La nostra relazione interferisce con il lavoro.
    - Di che stai parlando? – si scostò da lei allarmato.
    - Farò da esca.
    - Sei impazzita? Chi te l’ha proposto?
    - Il nostro capo.
    - Ora Prentiss mi sentirà.
    - No! Non provarci neanche. Lo vedi?
    - Cosa pretendi, io arrivo qui e tu blateri che me ne devo andare, che siamo solo colleghi. Poi come se niente fosse mi sbatti in faccia che vogliono farti fare da esca. Come dovrei reagire?
    Irons lo spostò con entrambe le mani e si incamminò verso la sua camera da letto.
    - Io ora me ne vado a dormire e domani farò quello che Prentiss mi ha chiesto. Tu hai solo una possibilità: accettare la cosa e comportarti come un vero professionista.
    L’abbracciò da dietro e la strinse a sé con tutte le sue forze. Il pensiero che lei lo lasciasse lo stava facendo impazzire.
    - Accetto questa follia e ti proteggerò come farei con una qualsiasi altra collega. Ma solo ad una condizione.
    - Forse non hai capito. Questa non è una contrattazione – non cercò di divincolarsi.
    - Non dire mai più che vuoi che me ne vada. Non ci credo che tu possa volere una cosa del genere.
    - Sei sempre il solito presuntuoso.
    - No, non è presunzione – affondò il viso nei capelli di lei – Ti conosco, Isabel, so cosa provi per me. Non può essere una finzione.
    - Ora va. Per favore non rendere tutto ancora più difficile.
    La fece voltare e le scostò i capelli dal viso bagnato di lacrime. Con il pollice le asciugò gli occhi e poi le sorrise dolcemente, prima di chinarsi e baciarla. Non le avrebbe mai permesso di scappare così da quello che c’era fra di loro, era testardo almeno quanto lei e glielo avrebbe dimostrato.

    Continua…
     
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    Capitolo XX. I don’t like it

    Aveva fatto quello che gli aveva chiesto. L’aveva lasciata sola nel suo appartamento ed era tornato a casa, solo e sconfortato dall’atteggiamento deciso di lei. Era rischioso fare da esca, Isabel lo sapeva bene. Allora perché si era prestata a quel gioco? Perché gli aveva detto che era meglio considerarsi solo colleghi?
    Camminava nervosamente avanti ed indietro nell’openspace, sotto lo sguardo preoccupato di Jack e JJ. Ogni volta che sentiva il campanello dell’ascensore, si voltava con la speranza e la paura che fosse lei. Temeva che Prentiss la cambiasse e lui voleva la sua Isabel com’era sempre stata.
    Non si sentiva pronto ad affrontare una donna nuova, magari più consapevole del suo fascino e che si rendeva conto dell’effetto che faceva su certi uomini il suo carattere forte e fiero. La paura che lei potesse lasciarlo lo stava logorando dentro, così come la paura che potesse succederle qualcosa.
    Il suo pensiero tornò alla zia Ronnie. Anche lei doveva essersi sentita protetta e al sicuro sotto lo sguardo attento della squadra, eppure nel caso Hamilton era rimasta uccisa. Cosa avrebbe fatto se la stessa cosa fosse successa di nuovo? Non riusciva neanche ad immaginare come si sarebbe sentito se gli avessero strappato via Irons.
    Dovevano comportarsi da professionisti, dimostrare che il loro legame non era un impedimento al loro lavoro. Provò ad immaginare suo padre in quella situazione, si chiese come avrebbe reagito lui. Il suo pensiero si sposto su Morgan, il suo padrino, l’uomo che gli aveva insegnato a giocare a football, che gli aveva insegnato come conquistare una ragazza. Come si sarebbe sentito lui se l’esca fosse stata Prentiss o, addirittura, la sua adorata figlia Meredith?
    Sbuffò esasperato da quell’attesa snervante e si incamminò con passo furente verso i corridoi interni. sentiva la necessità di sfogarsi con qualcuno e l’unica persona che in quel momento avrebbe potuto essere la voce della ragione era Puka.
    La trovò come al solito impegnata a battere sulla tastiera, mentre le informazioni e le immagini scorrevano alla velocità della luce sui monitor che occupavano tutte le pareti del piccolo ufficio. Non c’erano finestre né visuali che potessero distoglierla dal suo lavoro, lì dentro si sentiva sempre oppresso da un senso di claustrofobia. Si chiese come potesse passarci tutte quelle ore Cassandra.
    Eppure lei non sembrava risentire minimamente dell’ambiente chiuso e asfittico, sempre troppo presa dal suo lavoro per notare chi entrava od usciva.
    - Allora, mio bel dongiovanni, cosa ti porta nella tana del bianconiglio? – non si preoccupò neanche di voltarsi.
    - Sai cosa ha in mente Prentiss? – ricominciò a passeggiare avanti ed indietro aprendo e chiudendo i pugno.
    - Vuole che Irons faccia da esca… bisogna vedere se riuscirà a trasformarla nel prototipo della vittima ideale del nostro S.I. – mentre diceva così, le foto delle vittime cominciarono ad apparire in successione sul monitor principale.
    - Quindi lo sapevate tutti eccetto me, giusto? – sentiva di essere sul punto di esplodere.
    - Sei troppo coinvolto emotivamente. Se fossimo io o JJ a fare da esca tu ti limiteresti a chiedere dove devi appostarti.
    - Parli bene, mica è la tua ragazza!
    - Prima di tutto è un agente federale, poi è un ottima profiler e un’eccellente tiratrice. Ti ricordo inoltre che era fra le prima del suo corso di autodifesa. Solo in ultima battuta è la tua donna.
    - Potresti guardarmi mentre dici queste stronzate?
    - Se proprio ci tieni – Puka si girò ad osservarlo poggiando la testa sul pugno chiuso – Sembri un bambino. Smettila di agitarti, tutta la squadra la terrà d’occhio ogni secondo. Cosa vuoi che succeda?
    - Qualcosa potrebbe andare storto – sferrò un pugno contro la parete.
    - Perché questo improvviso timore? – Cassie lo guardò stupita sollevando la testa.
    - Cameron Leane – lo disse in un sussurrò, ammettendo per la prima volta quale era il suo timore più recondito.
    - Chris, non permetteremo che le succeda niente. Inoltre, Leane agì da sola senza avvertire nessuno. Non sono riusciti ad arrivare in tempo, perché non sapevano esattamente cosa avesse in mente l’agente Leane. Questa è una cosa del tutto diversa.
    - E se…
    La punk si alzò e lo abbracciò da dietro, cercando di consolarlo. Capiva cosa passasse per la mente di Reid in quel momento. Aveva letto tutti i fascicoli e sapeva che dopo quell’incidente la squadra si era lentamente, ma inesorabilmente, sgretolata. Anche lei nutriva lo stesso timore, ma con motivazioni diverse. Si disse che l’unica cosa che poteva fare per lui era trasmettergli la sicurezza che neanche lei provava.
    - Non lo permetteremo, MAI! Siamo una squadra e ci prendiamo cura gli uni degli altri. Ti giuro che faremo in modo che non le succeda niente. Ti fidi di noi?
    - Devo… Isabel non mi ha lasciato scelta – afferrò le esili braccia dell’informatica e se le strinse ancora più addosso, quel contatto lo rincuorava.

    Entrò nell’openspace seguendo Puka. Alzò lo sguardo sentendo il fischio di ammirazione di JJ e i suoi occhi cercarono la fonte di quell’approvazione così esplicita. Sentì lo stomaco che gli si chiudeva, mentre osservava quella giovane donna così estranea. Non era lei, le avevano portato via la sua Isabel.
    I capelli, di solito disordinati, ricadevano sulle spalle in morbidi boccoli che incorniciavano quel viso che tante volte aveva tenuto fra le mani. Gli occhi erano messi in risalto da eye-liner, mascara e ombretto scuro. Quella combinazione la faceva assomigliare ad una cerbiatta, ma con un che di malizioso. Le morbide labbra, che aveva assaporato anche la sera prima, erano messe in evidenza da un’abile lavoro di matita e rossetto. Decisamente era un’altra persona, non la ragazza trasandata che lui conosceva.
    Il tutto era corredato da un vestito che metteva in risalto le sue gambe lunghe e dritte, mentre il corpetto si stirava leggermente, frutto evidente per lui di un reggiseno imbottito. Era il genere di ragazza che non sarebbe passata inosservata in un bar. Sicuramente più di un deficiente le avrebbe messo gli occhi addosso da Carlo’s. Chris strinse i pugni e serrò la mascella, non voleva vederla conciata in quel modo.
    Sembrava una delle bamboline che erano entrate ed uscite dal suo letto. Ragazze insulse che non avevano niente di intelligente da dire. Si poggiò al muro ed incrociò le braccia, mentre il suo sguardo si faceva ancora più torvo mano a mano che sentiva i commenti dei suoi colleghi.
    - Ehi, ragazzina, se lo avessi saputo che eri così… - JJ le diede un’occhiata troppo esplicita – Vi prego non ditelo a Michelle, altrimenti le scenate di gelosia si sprecherebbero.
    - Scommetto che se ti vedesse ora, anche Lizzy mi darebbe il tormento – scherzò Jack con un sorriso furbo.
    - Decisamente sei uno schianto – rincarò la dose Puka – Mi congratulo con Chris, è l’unico che si è accorto di chi ci passava sotto il naso tutti i giorni.
    Isabel era in evidente imbarazzo per tutta l’attenzione che stava ricevendo e per le occhiate che le lanciavano gli impiegati che entravano ed uscivano dalla sala. Non era abituata a quel tipo di sguardi e la cosa la metteva in agitazione. Si rendeva conto che in realtà non era lei, non si sentiva a suo agio in quella veste.
    Con gli occhi cerco Reid, speranzosa di vedere quello sguardo anche in lui. Invece lui era appoggiato al muro evidentemente seccato da tutta la situazione, per non parlare dello sguardo di biasimo misto a rimprovero che gli leggeva in quel momento. L’unica persona che voleva la guardasse come un qualcosa di appetitoso la fissava come se non gli piacesse minimamente quello che vedeva.
    Non c’era il solito calore negli occhi di lui, ora erano freddi come il ghiaccio. Girò il viso verso Prentiss per non dover fare i conti con l’uomo che amava, cercò di concentrarsi sul piano che stava esponendo il suo capo. Il problema più grande era che non riusciva a mandare giù quel groppo alla gola che le stava togliendo il fiato.

    Continua…
     
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    A Purisuka: ogni promessa è debito... in bocca al lupo per l'esame ;)

    Capitolo XXI. Do you ever think of me?

    Niente! Si sentiva frustrata e delusa. Aveva seguito i consigli di Prentiss e del resto della squadra: ignorare e trattare male qualunque uomo le si fosse avvicinato, il rifiuto era la causa scatenante dei raptus del maniaco. In tutta la serata solo tre uomini avevano tentato di abbordarla e lei aveva seguito il copione, li aveva liquidati con poco parole fredde e taglienti facendo capire di essere troppo superiore a loro per poterci anche solo parlare.
    Ad un certo punto della serata, aveva avvertito un brivido lungo la schiena, ma non era riuscita a dare un volto a quella sensazione di cattiveria e astio. Aveva notato Prentiss e Jack che si confondevano fra gli avventori del ristorante e la sorvegliavano da lontano, ora sapeva che la macchina che la seguiva era guidata da JJ che aveva il compito di assicurarsi che tornasse a casa sana e salva. Di Chris neanche l’ombra.
    Probabilmente non era così preoccupato come aveva fatto credere la sera prima. Forse aveva ritenuto che la sorveglianza di tre membri dell’unità bastasse a tenerla al sicuro. Sentì di nuovo quel groppo in gola, aveva la sensazione di stare per perderlo e non poteva fare nulla per impedirlo. Doveva concentrarsi sul lavoro, non poteva pensare alla sua vita privata.
    Parcheggiò, stando bene attenta che nessuno la stesse osservando. JJ aveva accostato dietro di lei ed aspettava con il motore acceso, facendo finta di parlare al cellulare. Si affrettò ad aprire il portone, fece le scale di corsa e armeggiò con la porta d’ingresso cercando di fare il prima possibile. Si sentiva inquieta, aveva paura che il maniaco l’avesse notata ed ora stesse solo aspettando l’occasione migliore per aggredirla.
    Sprangò la porta prima ancora di accendere la luce, solo una volta inserito l’antifurto si lasciò andare ad un sospiro di sollievo. Fece scattare l’interruttore e sobbalzò rendendosi conto di non essere da sola.
    Lui era seduto sul divano, con le braccia mollemente abbandonate sulle ginocchia e guardava davanti a sé. Si alzò di scatto, avvicinandosi alla finestra. Fece un rapido movimento con le tendine e si assicurò che JJ ripartisse indisturbata. Solo allora si girò a fronteggiarla.
    - Passata una bella serata?
    - Mi hai spaventata – riuscì a dire lei ancora appoggiata alla porta.
    - Prentiss ha pensato che fosse meglio che qualcuno ti aspettasse a casa. Giusto nel caso che il maniaco decidesse di aggredirti qui – Chris prese di nuovo posto sul divano e tornò a guardarsi le mani – Ora sarà meglio che tu vada a riposare, resterò per assicurarmi che vada tutto bene.
    - Mi hai aspettata qui tutto il tempo? – quell’idea parve rincuorarla.
    - Vai a dormire – serrò i pugni continuando a non guardarla.
    - Chris…
    - Non preoccuparti io dormirò sul divano – si allentò la cravatta.
    - Forse dovremmo parlarne – provò lei.
    - Di cosa? Non ci tengo a vederti conciata in quel modo, sembri una sgualdrina.
    Fu come ricevere un pugno in pieno stomaco. Non era solo la frase in sé, ma il rancore che traspariva dalla sua voce. Si chiese perché lui si comportasse in quel modo, non riuscendo a capire cosa lo spingesse a cercare di ferirla.
    - Così sembro una sgualdrina? Certo, non sono bella come quelle che frequentavi tu! – sentiva le lacrime avvicinarsi – Io non posso provare ad essere bella, non è vero? Ti faccio più comodo quando sembro un disastro ambulante che gli altri prendono in giro. Ti fa sentire superiore.
    - Non dire cazzate! – si alzò di scatto a fronteggiarla – Sei semplicemente ridicola conciata in quel modo. Sembri un pagliaccio.
    - Non sarò mai come loro, è questo che vuoi dire, giusto? – le lacrime erano arrivate, le sentiva scendere sulle gote.
    - No, non sarai mai come loro – chiuse gli occhi e si passò una mano fra i capelli spettinati – Tu sei meglio di loro e del loro mondo fasullo. Non capisci? Io non voglio una bambola senz’anima.
    - E allora cosa vuoi? – fece qualche passo avanti fino a fronteggiarlo.
    - Voglio te, voglio la vera Isabel. Non questo… manichino pitturato! – la prese per le braccia e se la tirò contro – Capisci che inferno ho passato chiuso qui ad aspettarti? Con la paura che ti potessero fare del male o…
    - O cosa?
    - Lascia stare, vai a dormire. Devi essere stanca – delicatamente le tolse le mani dalle braccia e le carezzò piano il viso – Promettimi che una volta finita l’indagine butterai via tutta questa roba.
    - Non ti piaccio? – si sentiva ferita dal comportamento di lui – Tutti mi hanno detto che così sono molto bella, ma a te non piaccio.
    - Non è questo – le prese il viso fra le mani e le poggiò la fronte contro la sua – Io… sei bellissima, anche più del solito, ma…
    - Ma? – ora le loro labbra erano pericolosamente vicine.
    La risposta gli mori in gola, mentre il cellulare prese a suonare insistentemente. Si allontanò da lei mentre rispondeva, chiuse gli occhi mentre ascoltava le notizie che gli stava comunicando Puka. Chiuse la comunicazione e si girò verso Isabel.
    - Ne hanno trovata un’altra. Questa sera era nel bar con te e il maniaco ha scelto lei – sospirò buttando il telefono sul divano in malo modo – Sei soddisfatta ora? Ti rendi conto che potevi esserci tu al posto di quella ragazza?
    - Se ci fossi stata io, ora lo avremmo arrestato – risposte stizzita alla provocazione di lui.
    - Oppure saresti in un vicolo con la gola squarciata. Possibile che tu non capisca il pericolo che stai correndo?
    - Gli altri mi proteggeranno.
    - E se qualcosa andasse storto – si avvicinò a lei con uno sguardo strano – Hai mai pensato alle conseguenze? Cosa farei se ti succedesse qualcosa?
    - Chris…
    - Fammi finire – le posò delicatamente le dita sulle labbra – Io ti amo e non so immaginare una vita senza di te. Hai pensato a questo? Hai pensato a me?
    - Se lo fermiamo… andrà tutto a posto, le accuse saranno ritirate e…
    - Non mi importa niente della commissione! – le strinse cosi forte i polsi da farle male – Non capisce che il lavoro non conta niente per me se tu non sei al mio fianco?
    - Chris non essere melodrammatico ora.
    La sbatté contro il muro con violenza, mentre la fissava con gli occhi pieni di lacrime.
    - HAI PENSATO A ME?

    Continua…
     
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    Capitolo XXII. The shape of my heart

    - Perché? – ormai stavano piangendo entrambi – Perché per noi è sempre tutto così difficile? Perché non riusciamo mai a capirci?
    Chris le lasciò i polsi e la guardò stupito di quella domanda. Si chiese quanti pensieri Isabel non avesse mai esternato, quante cose tenesse solo per sé. Si sentiva colpevole di non aver capito quanto per lei la loro storia fosse difficile, quanto la ragazza stesse vivendo male quella che doveva essere una cosa bellissima.
    La strinse in un abbraccio caldo ed avvolgente, avrebbe voluto tenerla al sicuro da tutti i mali e da tutte le sofferenze. Non gli piaceva vederla piangere, non gli piaceva quel senso di colpa che lo attanagliava ora che si rendeva conto che il dolore della ragazza era lui a provocarlo.
    - Ti amo… so di essere un’egoista, ma non voglio lasciarti andare – aveva immerso il viso nei capelli di lei, alla ricerca di quell’odore famigliare che ora la seduta dal parrucchiere aveva portato via.
    Isabel continuava ad essere rigida, le braccia abbandonate lungo i fianchi. Non sapeva cosa dire o cosa fare, sentiva che la loro storia era al punto di rottura anche per tutto quello che le frullava nella testa e non aveva mai condiviso. I dubbi e le incertezze che l’attanagliavano da sempre, quel senso di inadeguatezza, la voglia di scappare lontano da qualsiasi cosa potesse ferirla.
    Rivedeva costantemente la scena di Desiré che palpava la patta di Chris, era diventata un’ossessione per lei. In un gesto il riassunto di tutte le sue paure. Un giorno lui l’avrebbe lasciata per qualcuna più bella ed affascinante, qualcuna che fosse alla sua altezza. Il motivo per cui aveva accettato il piano di Prentiss era anche la segreta speranza che potessero trasformarla in un’altra persona, una donna attraente, qualcuna che Chris potesse sfoggiare al braccio sentendosi orgoglioso.
    Invece lui aveva detto chiaramente di non gradire quel cambiamento, che lei era ridicola nel cercare di cambiare. Si era sentita offesa e delusa, possibile che lui non avesse apprezzato il suo sforzo? Che non avesse capito perché si era prestata a quel gioco così pericoloso? E allora aveva reagito come al solito, l’aveva provocato per litigare. I loro litigi finivano sempre, invariabilmente sotto le lenzuola, ma stavolta era diverso… aveva cercato di ferirlo, di farlo sentire come si sentiva lei tutti i giorni della sua vita.
    La domanda di lui l’aveva spiazzata. Lei pensava mai a lui? Aveva pensato alle conseguenze? Non aveva messo in conto che le potesse succedere qualcosa, aveva troppo fiducia nel resto del team per pensare che qualcosa potesse andare storto. Non aveva calcolato i rischi, né cosa avrebbe provato lui dopo, se….
    Era stata egoista quanto lui, era innegabile. Invece di parlare, di provare a spiegare come si sentiva, aveva agito come un’adolescente ribelle. La sera prima l’aveva cacciato fuori di casa, dicendogli che voleva indietro le chiavi e che fra loro era tutto finito: perché l’aveva fatto? Semplice: sapere che LaMontagne era stato il compagno di caccia di Reid l’aveva fatta uscire dai gangheri. Aveva avuto paura che lui tornasse alle vecchie abitudini, quindi meglio giocare d’anticipo e mettersi al riparo…
    Non aveva neanche provato a chiedere cosa stesse succedendo, cosa si fossero detti e che intenzioni avesse il suo ragazzo. Era partita in quarta per l’ennesima volta senza valutare i sentimenti degli altri, ansiosa solo di proteggere sé stessa.
    Stasera, mentre lui le apriva il cuore e le diceva cosa lo preoccupasse, mentre lui cercava di spiegarle perché aveva reagito in quel modo a tutta la faccenda, lei… beh, lei l’aveva anche preso un po’ in giro. “Non fare il melodrammatico”… come diavolo le era venuta fuori una frase meno appropriata da dire ad un uomo che le aveva appena dichiarato tutto il suo amore? Si diede della stupida e decise che ora era il momento che lei aprisse finalmente il suo di cuore.
    Non era sicura di sapere da che parte cominciare, però sapeva che non voleva che tutto finisse così per mero orgoglio. Non voleva che quel ragazzo, così importante per lei, uscisse dalla sua vita perché non era mai stata in grado di aprirsi completamente con qualcuno. Si chiese se non ci fosse qualcosa di profondamente sbagliato in lei.
    Sapeva che c’era un'unica cosa da dire e un unico gesto da compiere per cominciare a far capire a lui cosa provava veramente e cosa la muoveva nelle decisioni, spesso sbagliate, che prendeva.
    - Perdonami, sono una stupida – lo strinse con quanta forza aveva – Ti amo, Chris, non voglio perderti.
    - E’ la prima volta… - lui le bisbigliava piano nell’orecchio.
    - Come? – sbatté le palpebre non riuscendo a capire cosa lui intendesse.
    - E’ la prima volta che mi dici ti amo – sorrise mentre le carezzava piano i capelli.

    Erano ore che parlavano seduti sul divano, Isabel era un fiume in piena. Sembrava che una volta cominciato non riuscisse più a finire, sentiva di dover dire tutto. Cosa la tormentava, le sue preoccupazioni, i suoi dubbi… e quell’incertezza che la stava accompagnando dalla famosa cena da Carlo’s.
    Chris si limitava ad ascoltarla ed annuire pensieroso, mentre le teneva una mano fra le sue e guardava il cammino spento. Non voleva interromperla, timoroso che lei potesse di nuovo chiudere quella porta così faticosamente aperta.
    - … e poi quando ho saputo che LaMontagne era il tuo compagno di baldorie, credo di aver completamente perso il controllo della situazione. Il fatto che foste usciti insieme a bere… non so, a volte neanche io riesco a capirmi. Sapevo solo che non volevo soffrire, non volevo aspettare che fossi tu a tirare in ballo la cosa e così sono partita per la tangente come al solito – riprese fiato, rendendosi conto di essere arrivata quasi alla fine di quel pozzo oscuro che erano i suoi sentimenti e pensieri – Non pensavo veramente quelle cose, credo fosse solo istinto di autoconservazione. Per quanto riguarda stasera, io… Non mi è piaciuto il tuo sguardo oggi pomeriggio, quel misto di disapprovazione e rimprovero non era esattamente quello che mi aspettavo. Voglio dire… gli altri hanno cominciato a farmi tutti quei complimenti e mi aspettavo… lascia stare, è stupido.
    - Continua – si girò finalmente a guardarla – Tutto quello che hai detto finora non è stupido, è quello che provi e che pensi. Cosa ti aspettavi?
    - Che tu mi guardassi… insomma…
    - Come avrei dovuto guardarti? – era incerto su cosa lei veramente volesse.
    - Volevo che tu mi guardassi come gli uomini normalmente guardano i tipi come Desiré… te l’ho detto: è stupido.
    - Io non ti guardo così? Credi di aver bisogno di tutto questo – disse indicando il vestito, il trucco e i capelli – per attirare la mia attenzione?
    - Voglio sentirmi bella, anche solo per una volta in vita mia.
    - E oggi ti sei sentita bella? – prese a giocare con una ciocca di capelli che le aveva sciolto dalla pettinatura.
    - No… ogni volta che un uomo mi guardava, pensavo alla tua reazione. Non mi sono sentita bella, mi sono sentita un pagliaccio – abbandonò la testa contro la spalla di lui.
    - Tu per me sei sempre bella, forse il problema sono io. Non ti faccio sentire quanto ti desidero?
    - Vorrei solo… non so… Anzi lo so fin troppo bene! Voglio entrare in un posto come Carlo’s e sentirmi gli occhi degli altri uomini addosso, voglio che tu sia geloso e possessivo!
    - Vuoi che prenda di nuovo a pugni Mac? – disse lui scherzando – Oppure potrei prendere a pugni Henry… lui proprio se lo merita.
    - Di cosa parli? – si strinse ancora di più a lui, per sentire il calore del suo corpo.
    - Tu gli piaci e la cosa… vuoi sapere come mi sono sentito? Geloso – Reid sospirò decidendo che era il momento che anche lui vuotasse il sacco – Io sono sempre geloso di te. Il solo pensiero che qualcun altro si accorga di quanto tu sia speciale… Vuoi sapere perché ho reagito così oggi? Cosa significava quello sguardo?
    Isabel annuì contro il petto di lui.
    - Avrei volentieri preso a pugni JJ, Jack e Puka. Sei bellissima e non voglio che gli altri ti guardino. Io ti amo e sono geloso e se tu non capisci questo… vuol dire che non sei questo granché come profiler…
    La ragazza si alzò di scatto e lo fulminò con gli occhi.
    - Come ti permetti, pallone gonfiato? Chi è che non sarebbe questo granché come profiler? – era furente, non sopportava che qualcuno mettesse in dubbio la sua abilità sul lavoro – Razza di cafone che non sei altro! Io me lo sono sudato l’ingresso nelle squadra, non mi è piovuto giù dal cielo.
    - Stai dicendo che per me è stato diverso – si alzò anche lui con fare minaccioso.
    - Il duro vallo a fare al bagno. Su di me quelle occhiate non hanno il minimo affetto, ormai dovresti saperlo! Stronzo!
    Chris strinse gli occhi a fessura e poi la guardò ancora un attimo con il fiatone. Sembrava pronto ad esplodere. Le afferrò un braccio e poi se la carico su una spalla.
    - Cosa credi di fare, energumeno? – Irons si dimenava, cercando di liberarsi.
    - Se dobbiamo proprio litigare, tanto vale che ti faccia vedere quanto posso essere stronzo – rispose lui scoppiando a ridere.
    La buttò sul letto fra le risate di lei.

    Continua…
     
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    Capitolo XXIII. Every morning

    Fu svegliato dai rumori che provenivano dal bagno e dall’eco di imprecazioni sommesse. Sbatté le palpebre un paio di volte e si volto, già aspettandosi di trovare l’altra parte del letto vuota. Isabel si era alzata piuttosto presto visti i suoi standard e il fatto che avevano fatto le ore piccole.
    Si alzò, cercando i suoi boxer. Si chiese dove erano finiti, quei maledetti dispettosi che sembravano essersi volatilizzati. Sbuffò alzando gli occhi al soffitto ed è proprio lì che si trovavano, attaccati ad una pala del lampadario a ventole. Sorrise, pensando che la sera prima si erano lasciati piuttosto trasportare durante la loro “litigata”. Decisamente non avevano il senso della misura, quando discutevano e decidevano di vedere chi avesse ragione…
    Si arrampicò sul letto e recupero l’indumento, dicendosi che avrebbe dovuto decidersi a chiedere un cassetto dove riporre le sue cose quando passava la notte da lei… non sarebbe stato male neanche liberare uno dei cassetti del mobile a casa sua. Non sia mai Isabel decidesse di voler lasciare qualcosa.
    Era assurdo che nonostante passassero così tanto tempo l’uno a casa dell’altra, nessuno dei due avesse ancora un posto dove mettere un cambio d’abito. A quel pensiero si bloccò, mentre stava andando verso la fonte di tutto quel trambusto. Era la prima volta in vita sua che avvertiva la necessità di lasciare dei vestiti in una casa che non fosse la sua… era una piacevole novità.
    Entrò in bagno e vi trovò Isabel che combatteva una guerra senza quartiere con il phon e una spazzola. Continuava ad imprecare, mentre era chiaro che i suoi capelli non intendevano collaborare. La ragazza tirò la spazzola contro la parete e batté un piede, visibilmente indispettita.
    - Problemi? – chiese Chris con aria noncurante.
    - Vorrei sapere come diavolo fanno le altre ragazze a sistemarsi i capelli senza l’intervento di un parrucchiere professionista! Possibile che io sia un tale disastro? – guardò il ragazzo con aria supplichevole.
    - Che vorresti fare a quei cattivi capelli ribelli?
    - Sistemarli in modo da non sembrare uno spaventapasseri, ecco cosa! Mi basterebbe averli lisci e poter fare… che so… uno chignon.
    - Hai provato a passarci la piastra? E’ più facile lisciarli.
    - Piastra? – la ragazza sembrava interdetta.
    - Non hai una piastra per capelli?
    Segno deciso di diniego e sguardo ancora più perso. Decisamente non era da lei preoccuparsi così tanto del proprio aspetto. Reid sospirò in modo teatrale e poi andò a recuperare la spazzola dal pavimento.
    - Ok. Vediamo di organizzarci – si sistemò alle spalle della ragazza e le prese il phon – Ora cerco di aggiustarteli io, ma dobbiamo assolutamente fare un salto in un negozio e comprarti una piastra. Almeno potrai fare da sola.
    Lavorando di spazzola e getto caldo, riuscì a sistemarle i capelli in pochi minuti sotto lo sguardo stupito di lei.
    - Sei anche un parrucchiere adesso? – sollevò un sopracciglio sconcertata dai mille talenti del ragazzo.
    - Sono cresciuto in una casa con tre sorelle e una madre, tutte molto attente al proprio aspetto – provò a spiegare lui – A forza di vederle armeggiare tutte le sante mattine, per non parlare delle ore che passavano in bagno il sabato sera, qualcosa impari. Per il trucco fai da sola o anche lì ti serve aiuto?
    - Sapresti anche truccarmi? Nel caso la commissione decida di buttarci fuori hai sempre un paio di lavori di ripiego – Isabel lo stava prendendo chiaramente in giro.
    - Ridi ridi, se non fosse per me avresti ancora quelle specie di cespuglio ornamentale in testa.
    - Odioso!
    - Vipera! Piuttosto, perché non vai a preparare la colazione mentre io mi faccio la doccia?
    - Schiavista!
    - Se non metto qualcosa sotto i denti, mi rifiuto di continuare a discutere con te – dicendo così la spinse fuori dalla porta e si infilò sotto il getto bollente dell’acqua.

    Come al solito Irons aveva insistito per la parità dei sessi. Visto che lei aveva provveduto a preparare la colazione e il suo appartamento era sprovvisto di lavastoviglie, Chris si ritrovò a dover fare i piatti mentre la ragazza finiva di prepararsi.
    Sperava che lei decidesse di mettersi qualcosa di più sobrio rispetto al vestito mozzafiato della sera prima. Era decisamente troppo provocante e lui rischiava di dover prendere a pugni un paio di uomini prima di pranzo, se Isabel si fosse di nuovo presentata con quella mise in ufficio.
    Con sua somma soddisfazione la vide uscire dal bagno con uno dei suoi completi da battaglia. Jeans sbiaditi, scarpe da ginnastica e una maglia dolcevita. La soddisfazione durò pochi istanti, quando si rese conto che la ragazza aveva messo un reggiseno push-up e che si era truccata, anche se non in modo provocante come il giorno prima.
    - Non c’era bisogno del trucco e del reggiseno… andiamo in ufficio – dicendo così la superò diretto in camera.
    - Credo che continuerò a truccarmi così anche una volta finita l’indagine – si voltò verso di lui con aria seria.
    - Isabel…
    - Mi fa sentire bene.
    - Allora perché non l’hai mai fatto prima d’oggi? – si aggirava per la stanza raccattando vestiti.
    - Non avrei saputo da che parte cominciare – ammise lei incrociando le braccia e guardandosi i piedi.
    - Tua madre non ti ha insegnato? – la vide scuotere la testa – Neanche le tue amiche hai tempi del liceo?
    - Non avevo amiche… la prima vera amica che io abbia mai avuto è stata Kathy.
    - Beh, devo ammettere che sei carina così – tornò a guardarsi nello specchio per allacciarsi la cravatta.
    - Grazie – gli si avvicinò e lo abbraccio da dietro – A te da fastidio?
    - Se ti trucchi in modo leggero no… ma non provare a strafare come ieri.
    - Non mi ero truccata io, ci aveva pensato l’estetista da cui mi aveva portato Prentiss. Comunque non era mica un trucco volgare.
    - Non ricominciamo, ok? Non mi va di litigare stamattina.
    - Chris è geloso, Chris è geloso – cominciò a prenderlo in giro lei.
    Il ragazzo si girò di scatto e l’afferrò in malo modo per le braccia, tirandosela contro e guardandola in faccia.
    - Non puoi neanche immaginare quanto.
    - E non c’è niente che io possa fare per farti passare questa gelosia? – cominciò a lisciargli la giacca con fare provocante.
    - Beh una cosa ci sarebbe…
    - Ah sì? – avvicinò le labbra a quelle di Reid.
    - Andiamo a vivere insieme.
    - Quelli della commissione ci linciano perché ci frequentiamo e tu vuoi andare a vivere insieme? – si scansò per guardarlo bene in faccia.
    - Non sono loro che decidono delle nostre vite. Se si risolve tutto, cosa ci sarebbe di strano? In fin dei conti siamo “fidanzati”.
    - Ci frequentiamo da un paio di mesi!
    - Due mesi, un anno, che differenza fa? Voglio che tutte le mattine siano come oggi. Sì o no? – sé la tirò ancora più vicina.
    - Da me o da te? – chiese lei con un sorriso.

    Continua…
     
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    Capitolo XXIV. I’ll find you out

    All’interno della centrale di polizia era stata allestita una piccola sala per loro, dove si erano radunati per fare il punto della situazione. JJ continuava a percorrere la stanza a grandi falcate e si faceva scrocchiare le nocche in modo ossessivo, sbirciava di sottecchi Reid, sicura che prima o poi sarebbe esploso. Contro tutte le previsioni sue e di Hotch, il ragazzo stava seduto ed aveva l’aria più tranquilla ed innocente del mondo.
    - Facciamo il punto della situazione – esordì Prentiss – Ieri sera ha ucciso di nuovo, di nuovo era una ragazza bionda, alta, elegante e notoriamente “disponibile” al divertimento. Il mio piano di usare Irons come esca non ha funzionato… Voi cosa suggerite?
    - Proviamo ancora – disse Isabel sicura – E’ la nostra sola possibilità, visto che il nostro S.I. non lascia alcun tipo di traccia dietro di sé.
    - Sembra che abbia una profonda conoscenza delle tecniche investigative – rifletté a voce alta Puka, mentre continuava a giocare con i monitor – Mi domando come faccia…
    - Potrebbe essere qualcuno che ha avuto già a che fare con la legge – suggerì Hotch.
    - Oppure qualcuno che segue i serial polizieschi – fece notare JJ mettendosi finalmente a sedere.
    - Direi che fare una ricerca incrociata con quegli uomini che hanno avuto problemi con la giustizia non sarebbe male – Chris sembrava molto concentrato sui dossier – In fin dei conti deve aver cominciato da qualche parte. Sappiamo che non lascia niente al caso, è metodico e organizzato. Deve aver cominciato da ragazzo con infrazioni minori.
    - Tipo? Datemi qualcosa per restringere il campo – Puka si girò verso il resto della squadra.
    - Direi di cominciare con atti di voyeurismo – Prentiss si avvicinò ai computer – Alcuni individui che si dedicano a pratiche come il voyeurismo possono anche avere una propensione ad assumere comportamenti violenti che possono sfociare in gravi reati sessuali. Alcune ricerche hanno dimostrato che i voyeur sono suscettibili a mostrare alcune caratteristiche che sono comuni, ma non universali, nei reati sessuali più gravi come l'attenzione meticolosa per i dettagli e la metodica pianificazione dedicata alla selezione e preparazione delle attrezzature di spionaggio e osservazione. Per quanto riguarda i tratti della personalità del voyeur, questi soggetti tendono ad essere timidi nel corso dell'adolescenza e con qualche difficoltà ad iniziare o mantenere le relazioni.*
    - Chiaro – assentì l’informatica – Altre caratteristiche?
    - Cerchiamo un uomo tra i venticinque e i trent’anni – cominciò Reid – Ha un lavoro non soddisfacente che lo mette in secondo piano rispetto ai maschi alfa che frequentano quei bar. Traspare un forte istinto di vendetta e odio nei confronti di quelle donne, che, molto probabilmente, l’hanno snobbato. Direi che non deve essere un tipo molto affascinante.
    - Io direi che l’aspetto fisico non c’entra – Isabel si alzò e cominciò a camminare – Ho notato che molte di quelle ragazze badano più alla disponibilità economica che all’avvenenza degli uomini che le abbordano. Per esempio, c’era quell’avvocato che non faceva altro che offrire da bere a delle ragazze, ogni volta tirava fuori una platinum card. Era benestante, si vedeva dai vestiti e dall’orologio costoso, e questo attraeva quelle ragazze più del miele.
    - Quindi potrebbe essere anche di bell’aspetto, ma non economicamente all’altezza – interloquì Hotch – Direi che stiamo cercando un ago nel pagliaio. Potrebbe essere chiunque, anche il giovane associato di qualche studio legale.
    - Oppure uno dei camerieri – JJ si era messa a giocare con il suo stringimano a molle – Potrebbe essere anche quell’omuncolo insignificante del maître.
    - Concordo – assentì Prentiss – Puka controlla i file relativi al personale di Carlo’s.
    - Ma alcune vittime non frequentavano quel posto – fece notare Isabel.
    - Quando sono avvenuti quei due omicidi? – Prentiss prese in mano l’I-pad e cominciò a sfogliare nervosamente i file.
    - Gli omicidi sono avvenuti di martedì – disse sicuro Chris – La cosa interessante è che quello è il giorno di chiusura di Carlo’s.
    - Quindi potrebbe essere un cliente che frequenta entrambi i bar, oppure un dipendente con il doppio lavoro – Emily si girò decisa verso la punk – E’ abbastanza per restringere il campo?
    - Cominciò con le carte di credito e poi mi sposto sui dipendenti – annuì l’informatica – Datemi un paio di ore per incrociare i dati.
    - Il Freeway è un locale molto al di sotto degli standard di Carlo’s – Isabel cominciò a battersi un dito sul mento – Direi che potrebbero benissimo tenere qualche dipendente in nero, specialmente se lavora per loro solo una volta a settimana.
    - Giusto – Emily si girò verso JJ e Chris – Velocizziamo le cose. Reid e JJ andate immediatamente al Freeway e cominciate ad informarvi. Isabel, vai nel tuo appartamento e preparati per la serata. Hotch tu accompagnala e non perderla mai di vista.
    I quattro profiler scattarono in piedi e si diressero verso l’uscita, tutti visibilmente nervosi ed ansiosi di chiudere quel caso così complicato e controverso.

    Jack sedeva composto sul divano di Isabel, mentre quest’ultima era indaffarata a prepararsi. Cercavano di non parlare del caso per stemperare un po’ l’atmosfera. Il discorso convergeva sulle imminenti nozze di Hotch e Lizzy e sui preparativi per il grande evento.
    - Sarà una cerimonia in grande – la voce di Irons arrivava ovattata da dietro la porta chiusa.
    - Credo che ogni ragazza sogni un matrimonio da fiaba, inoltre non mi sembra che le richieste di Elizabeth siano così fuori dal comune… I nostri genitori ci daranno una mano dal punto di vista finanziario.
    - Altrimenti rischieresti la bancarotta – rise la ragazza.
    - Non è poi così in grande… ci saranno si e no un centinaio di invitati…
    - Quattro testimoni, quattro damigelle, la rolls, il ricevimento in un country club… Non è esattamente quello che io intendo con “matrimonio intimo”.
    - Perché, tu come vorresti organizzarlo il tuo?
    - Non ci ho mai pensato – ammise lei guardandosi nello specchio – Presumo che comunque vorrei qualcosa di semplice. Non sono fatta per la pompa magna.
    - Invece credo che Chris adorerebbe un matrimonio in grande. Più che altro perché sarebbe un evento vederlo mettere la testa a posto una volta per tutte – Jack scoppiò a ridere – Ne avete parlato.
    - No.
    - Forse è presto… - ammise il ragazzo afferrando una rivista.
    - Siamo ancora troppo giovani per pensarci. Voglio dire: io ho ventiquattro anni e lui solo uno di più. E’ prematuro.
    - Lizzy ha solo ventidue anni – ricordò il ragazzo.
    - Ma tu nei hai trenta… per te è arrivato il momento, no?
    - Allora a te mancano ancora tre anni.
    - Perché?
    - I genitori di Chris si sono sposati quanto lui aveva ventotto anni e lei appena ventisette.
    - Mica dobbiamo fare come loro per forza.
    - E quindi non intendete dare una svolta al vostro rapporto.
    - Credo che… insomma… noi… quando l’indagine sarà finita…
    - Eh? – Jack saltò su con una faccia sorpresa – Ti ha chiesto di sposarlo?
    - Figurati! Mi ha chiesto di andare a vivere insieme – disse lei affacciandosi dalla porta – In fin dei conti passiamo un sacco di tempo l’uno a casa dell’altro… che senso ha pagare due affitti? Tu non hai mai proposto a Lizzy di vivere insieme?
    - No, le ho chiesto direttamente di diventare mia moglie.
    - Uomo di altri tempi – Isabel sorrise e gli fece l’occhiolino – Quelli come te sono in via di estinzione.
    - Può darsi… ma Lizzy, ecco… lei…
    - E’ talmente speciale che non vuoi che qualcuno te la rubbi sotto al naso. Afferrato, socio.
    - Smettila di prendermi in giro. Comunque posso farti una domanda indiscreta?
    - Basta che non riguardi il sesso – disse lei chiudendo di nuovo la porta per nascondere il rossore.
    - Anche tu eri una delle allieve del dottor Reid?
    - Sì, era il mio professore.
    - Intendevo… diciamo che ha un nutrito gruppo di fan, ecco.
    - Beh, la cosa non mi sorprende. E’ un bell’uomo, intelligente, sensibile, dolce… Credo di aver avuto una cotta per lui come tutte.
    - E come te la sei fatta passare? – scherzò Jack – Hai visto il figlio e l’hai trovato più appetibile?
    - No… ho conosciuto la moglie e mi ha messo addosso una tale fifa che mi è passato qualsiasi pensiero sul dottor Reid – rise al ricordo del suo primo giorno all’accademia – Sa essere estremamente… terrorizzante!
    - Decisamente. Ricordo ancora quando seguivo i suoi corsi.
    - Non eri il cocco della maestra?
    - Credo che nessuno lo sia mai stato. Sarah è molto severe e rigida sul lavoro.
    - Non eri il primo della classe?
    - Neanche Chris è mai riuscito ad esserlo, figurati io che non ho il suo Q.I.
    - E’ molto alto, vero? So che è un genio, ma non abbiamo mai affrontato l’argomento.
    - A metà strada fra suo padre e sua madre.
    - Cioè? – si era affacciata di nuovo – Anche la professoressa Collins ha un Q.I. alto?
    - Vediamo, Reid senior ha 187, Sarah 178 e Chris…
    - No ti prego non dirmelo… mi sono fidanzata con Einstein!
    I due scoppiarono a ridere.

    Continua…

    *Wikipedia
     
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    Capitolo XXV. Meddlers

    Prentiss controllava ogni minimo movimento di Irons, era tesa e nervosa, sentiva tutta la responsabilità di aver messo quella ragazzi in una situazione di estremo pericolo. Reid e JJ non si erano ancora visti e non avevano dato notizie, sembrava che la loro indagine si protraesse troppo per i suoi gusti. Sicuramente, se come aveva ipotizzato Isabel, tenevano qualche dipendente al nero, il proprietario non sarebbe stato molto “cooperativo” nel dare quel nome all’F.B.I. e, conoscendo il carattere di Reid, questo voleva dire che lo stavano portando in centrale per mettergli una fifa blu addosso.
    Hotch era posizionato dall’altro lato del bar e aveva provato ad abbordare Isabel, per poterle dire qualcosa in modo da non destare sospetti. Come da copione, Irons aveva mostrato scarso interesse per il suo interlocutore, preferendo spostare la sua attenzione sull’uomo di mezz’età seduto accanto a lei. Il tipo sembrava un uomo di successo, vestito firmato, rolex e una carta di platino che continuava a tenere in mano giocherellandoci, mentre intratteneva la bionda agente sotto copertura.
    Sperò con tutta se stessa che il resto dell’unità si facesse vivo al più presto con notizie che potessero condurli alla cattura dell’S.I. prima della fine della serata. Jack ora era al suo fianco e sfoderò un sorriso affascinante mentre le chiedeva se il posto vicino a lei era occupato.
    - Una così bella donna tutta sola? – disse strizzandole l’occhio.
    - Sta attento ragazzino, potrei anche farti pagare quest’ironia.
    - D’accordo, d’accordo – disse il ragazzo facendo spallucce – Decisamente le donne della nostra squadra non subiscono il mio fascino.
    - Vuoi che riferisca questa conversazione a Elizabeth?
    - Non oseresti…
    - Mettimi alla prova – sorridendo tornò a scrutare Isabel e quello che vide non le piacque per nulla – Cosa diavolo ci fa lui qui?

    - Quindi si occupa di investimenti immobiliari? – Isabel era terribilmente annoiata dalla boria del suo interlocutore, ma cercava di essere affasciante e sorridente.
    - Un lavoro che da un sacco di soddisfazioni. Niente a che vedere con i rischi della borsa o della professione legale.
    - Le piace giocare sul sicuro, vero? – sfoderò un sorriso furbo e resistette alla voglia di mollare un pugno a quell’idiota, quando le coprì una mano con le sue.
    - Dammi del tu. Potrei fare molte cose per una ragazza giovane ed intelligente come te – l’uomo stava sfoderando tutto il suo repertorio di “viscideria”.
    - Non credo che la signora sia interessata ad uno come te, a lei piace giocare d’azzardo.
    Isabel si girò contrariata verso l’ultimo arrivato e si trovò davanti due occhi blu che la guardavano ammirati.
    - Avvocato LaMontagne… - Irons ritirò le mani dal bancone e guardò l’ultimo arrivato piena di ostilità – Non credevo che frequentasse questo posto.
    - Strano, stavo per dire la stessa cosa – il ragazzo si avvicinò all’uomo vicino a lei con uno sguardo torvo.
    L’agente immobiliare, capita l’antifona, si affrettò a lasciare libero il posto e a confondersi con il resto della clientela.
    - Quella non è decisamente la compagnia più adatta a te, credevo avessi più buongusto – Henry si mise a sedere a la guardò pieno di rimprovero.
    - Non sono cose che la riguardano. Abbiamo già affrontato l’argomento sul fatto che non è il mio avvocato e non vedo come possa entrare nella mia vita privata – la bionda distolse lo sguardo, preoccupata che il giovane mandasse a monte la sua copertura.
    - Non mi piace che si prende gioco dei miei amici – il tono era bellicoso.
    - Sentimi bene, impiccione che non sei altro… - la parola le morì in gola quando si rese conto di chi era appena arrivato alle loro spalle.
    - Agente Irons – la voce risuonò un po’ troppo alta, visto il posto – Che coincidenza.
    - Vice procuratore – disse la ragazza guardando disperata verso Prentiss e Hotch.
    - Credevo che la sua prima visita qui fosse stata un’eccezione. Non mi sembra il luogo più adatto ad una come lei… - la Harper stava facendo di tutto per metterla in difficoltà.
    - Io… devo andare – Irons si alzò di scatto, recuperò la borsetta e si diresse a passo sicuro verso l’uscita.
    Sapeva che Prentiss e Hotch l’avrebbero seguita, almeno uno dei due… Probabile che Prentiss cercasse di strozzare la Harper per aver fatto saltare un’operazione sotto copertura. Appena uscita si diresse verso la sua macchina e si sentì afferrare per un braccio.
    Si girò con la pistola già in mano, quando si rese conto di chi l’aveva trattenuta. Chris era visibilmente affannato, segno evidente che aveva corso. Sembrava preoccupato e continuava a guardarla mentre riprendeva fiato.
    - Che ci fai qui? Cos’è la serata del mandiamo a monte la copertura di Isabel?
    - Il barista… - ingoiò un paio di volte cercando di recuperare un respiro regolare.
    - Il barista? Che centra quel ragazzo?
    - E’ lui l’assassino.
    Con la coda dell’occhio, vide JJ entrare altrettanto trafelata all’interno del locale. Sicuramente stava correndo da Prentiss per comunicarle le ultime novità.
    - Lavora anche da Freeway? – chiese tornando a guardare Reid.
    - Non solo… Puka ha scoperto che è stato denunciato da adolescente per atti di osceni e perché era stato sorpreso a spiare più di una volta le sue vicine di casa.
    - Non potevate chiamarci? – Isabel face la mossa di tornare nel locale.
    - Ci abbiamo provato. Il cellulare di Prentiss risulta spento, quello di Hotch non da segni di vita e non ci sembrava il caso di chiamare il tuo…
    - Perché?
    - L’hai lasciato a casa – rispose il ragazzo prendendo un profondo respiro – Decisamente stasera era impossibile rintracciarvi.
    - Almeno per voi due…
    - Che vuoi dire?
    - La Harper ha appena fatto saltare la mia copertura chiamandomi “agente Irons” davanti a tutti e poi…
    - Che altro è andato storto?
    - Il tuo caro amico LaMontagne e il suo dover fare sempre il duro della situazione, ecco cosa è andato storto!
    - Henry è qui? Ci ha provato con te? – Chris si rabbuiò.
    - No, faceva la parte dell’amico che difendeva il tuo onore. Ma se si avvicina di nuovo… non mi importa se siete amici di infanzia! Io gli do una ginocchiata così forte che mando i suoi testicoli a fare compagnia alle tonsille!
    - Impossibile – rispose il moro con un sorriso.
    - Perché?
    - Ad Henry hanno levato le tonsille quando aveva cinque anni.

    Continua…

     
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    Capitolo piuttosto lungo... forza e coraggio gente! Ancora uno e poi vi lascio in pace :P

    Capitolo XXVI. Stuttering

    Isabel e Chris corsero all’interno del locale, cercando di raggiungere il resto del team. Videro JJ parlare concitatamente con Prentiss, mentre Hotch continuava a guardarsi intorno come alla ricerca di qualcosa. Irons puntò gli occhi sul bancone del bar alla ricerca del loro sospettato numero uno, notando immediatamente l’assenza del giovane ragazzo biondo.
    L’aveva visto tutte e tre le volte che era stata da Carlo’s senza mai notarlo veramente, non che fosse brutto. Semplicemente si tende a non notare le persone che lavorano in posti come quello, specialmente visto la marea umana piena di tipi “interessanti” che circolavano in posti come quello. Ora che ci rifletteva, ricordava vagamente di avergli sorriso dopo che lui le aveva servito il drink e di averlo ringraziato, il fatto che lui balbettasse leggermente era l’unica cosa che le era rimasta impressa di quel giovane.
    Si avvicinò a Prentiss che come Jack cercava qualcosa o qualcuno all’interno del locale, notando lo sguardo sconcertato del suo capo e del suo collega. Tornò a guardare verso il bancone, Henry era ancora dove l’aveva lasciato che sorseggiava il suo drink ed aveva attaccato bottone con una bella ragazza mora e formosa. Storse la bocca notando il classico atteggiamento dell’uomo alfa a caccia, decisamente il ragazzo non aveva perso tempo dopo la loro piccola “discussione”… aveva decisamente una faccia di bronzo che lei avrebbe volentieri spaccato.
    Si girò verso il resto della squadra quando si rese conto di quello che stavano dicendo.
    - Come sarebbe a dire che stava parlando con lui? – JJ si voltò di scatto verso il bar con gli occhi sgranati.
    - Il ragazzo le ha detto qualcosa e lei gli ha risposto in modo… direi imperioso – rese noto Hotch – Non aveva decisamente un atteggiamento amichevole nei confronti del ragazzo…
    - Di chi state parlando? – chiese Isabel non riuscendo a fare il collegamento.
    - Dopo che hai lasciato il locale, il barista a rivolto qualche parola alla Harper e lei l’ha trattato piuttosto male… - rese noto Prentiss – L’ho vista allontanarsi in direzione dei bagni, poi è sopraggiunta JJ con le ultime novità, ma ormai erano tutti e due fuori dalla nostra visuale.
    Chris prese l’iniziativa, avviandosi a passo sicuro verso il bancone.
    - Hotch, dietro i bagni c’è un’uscita di sicurezza. Corri a controllare – il ragazzo attraverso il locale a grandi falcate.
    - JJ vai con lui – Prentiss si voltò verso Isabel – Tu con me, usciamo dall’uscita principale e controlliamo i vicoli qui intorno.
    - Forse il maître a visto qualcosa – disse Irons poco convinta.
    - Chiederemo mentre passiamo… ci mancava solo questa – Emily si avviò verso l’ingresso principale seguita dalla giovane profiler.

    Erano in strada da circa dieci minuti, come supposto da Emily il maître all’ingresso non aveva visto ne la Harper ne il barista. Isabel sentiva il sudore colarle lungo la schiena mentre perlustrava i vicoli vicini al ristorante.
    Sentì dei passi correre nella sua direzione e si girò di scatto con la pistola spianata. Vide Reid alzare le mani in segno di resa per poi girarsi verso il loro capo.
    - Il barista ha staccato dieci minuti fa. Una volta arrivato il cambio si è diretto alla porta di servizio senza dire niente a nessuno.
    - Dobbiamo trovarlo – disse Emily estraendo la pistola – ma soprattutto dobbiamo trovare la Harper. Se gli ha risposto male…
    - Lei sarà il suo prossimo bersaglio – finì Chris estraendo l’arma a sua volta – Dobbiamo avvertire la polizia?
    - Ci penso io. Voi due continuate a perlustrare la zona.
    Si avviarono fianco a fianco lungo il vicolo buio, sperando di arrivare in tempo. Di JJ e Hotch neanche l’ombra, forse si erano incamminati nella parte opposta. Se il barista avesse seguito la solita procedura, alla Harper rimanevano si e no ancora dieci minuti prima di essere uccisa…
    Appena voltato l’angolo, notarono un movimento appena dietro i cassonetti dell’immondizia e poi un rantolo soffocato. Reid scattò in avanti con la pistola puntata, mentre Isabel lo aggirava lentamente per non incrociare il fuoco con lui.
    - F.B.I.! Lasciala andare – Chris teneva sotto tiro il giovane biondo che si faceva scudo dietro il corpo di Eilen Harper.
    Irons non riusciva a capire se la donna fosse solo svenuta o cosa, il corpo floscio era tenuto in piedi dall’S.I. che le teneva il braccio intorno al collo. Nel buio del vicolo non riusciva a notare se la donna respirasse ancora, nonostante tutto il male che aveva cercato di fare loro sperava che il vice-procuratore fosse ancora viva.
    - Hai sentito cosa ti ho detto? – Chris alzò ulteriormente la voce, forse nella speranza di essere sentito dagli altri – Lasciala andare. ORA!
    - E’ una d-d-d-d-donna ca-t-t-ttiva! Ma io le ho d-d-d-d-dato una b-b-b-bella lezione!
    - Lasciala andare – si intromise Isabel cercando di tenerlo sotto tiro – Possiamo aiutarti, ma tu devi lasciarla andare.
    - Aiutarmi? Io n-n-n-non ho b-b-b-bisogno di aiuto! Tutti mi temono! Io s-s-s-s-sono il m-m-m
    - Tu sei solo un patetico, piccolo insignificante barista – lo interruppe Irons – Senza neanche la spina dorsale di affrontare queste donne a viso aperto. Hai bisogno di nasconderti nel buio di un lurido vicolo per trovare la forza di avvicinarle.
    - Non è vero! – il ragazzo ora era furioso con lei e la sua balbuzie gli rendeva impossibile comunicare.
    - Balle! Se tu fossi veramente uno con le palle avresti provato ad adescarle nel ristorante, davanti a tutti… Fammi indovinare. Con lei hai usato la scusa di avere qualche informazione sul caso, vero? – lo schernì ancora Isabel – Solo una stupida come lei poteva cascarci.
    - I p-p-p-p-poliziotti…
    - Ti hanno interrogato? E tu credi di essere un vero duro solo perché non hanno capito chi avevano davanti? Scommetto che sono stati Lavigne e Morelli… due veri geni! Lavigne ha addirittura permesso alla figlia di venire qui perché tu potessi ucciderla… Non ti sei reso conto che sono solo due perdenti? – abbassò la pistola e si sforzò di ridere, sperando di essere convincente – Noi siamo quelli che prendono i malati come te, infatti ti abbiamo smascherato. Con i veri professionisti non hai scampo, puoi vantarti solo con quegli stupidi detective…
    Il ragazzo ormai era furioso, scaraventò lontano il corpo della Harper e si avventò contro la ragazza. Isabel perse l’equilibrio mentre Chris premeva il grilletto, la detonazione risuonò per tutto il vicolo.

    La strada era illuminata dai lampeggianti della polizia e delle ambulanze. Prentiss stava parlando con i poliziotti, rilasciando una dichiarazione sugli ultimi avvenimenti. Isabel non la perdeva di vista un momento, visto che di lì a poco anche a lei avrebbero posto delle domande su quello che era successo.
    Era seduta sulla sponda di una delle ambulanza, mentre un paramedico che medicava la tempia. Nel tentativo di schivare l’attacco di Lawerence, il barista del Carlo’s, aveva perso l’equilibrio cadendo in malo modo e battendo la testa contro una grondaia. La ferita era superficiale, ma i paramedici insistevano perché andasse in ospedale per un anti-tetanica.
    Come l’uomo la lasciò sola, Reid si mise a sedere accanto a lei coprendole le spalle con la propria giacca. Irons si voltò verso di lui e gli sorrise, appoggiando poi la testa sulla sua spalla, mentre lui la stringeva con un braccio.
    In quel momento sopraggiunsero JJ, Hotch e il detective Morelli. Si fermarono a pochi passi da loro e il poliziotto cominciò a grattarsi la testa, in evidente imbarazzo.
    - E pensare che l’avevamo anche interrogato… Ce lo siamo fatti scappare da sotto il naso – ammise di malavoglia.
    - Cosa vi aveva detto? – Irons lo guardava insistentemente.
    - Beh, ecco…
    - Era il principale accusatore di Reid, vero?
    - Come fa a saperlo? – l’uomo la guardò stralunato.
    - Quello che ha fatto alla Johanson. Doveva aver assistito alla scena ed esserne rimasto colpito.
    - Già… - Morelli si schiarì la voce – Non l’abbiamo interrogato a fondo… io avrei voluto, ma…
    - La sua balbuzie irritava il detective Lavigne – finì per lui Chris.
    - E’ sempre così parlare con voi profiler? Finite sempre le frasi degli altri? – chiese un po’ indispettito.
    - Solo a volte – si intromise JJ con un sorrisetto soddisfatto stampato sul viso – E solo quando le risposte sono ovvie.
    - Come sta la Harper? – chiese Jack voltandosi verso Prentiss.
    - L’hanno portata in ospedale. Pare che l’abbia conciata piuttosto male. Ha una brutta commozione celebrare ed ha rischiato il soffocamento – il detective riportò di nuovo la sua attenzione sulla coppia seduta sul bordo dell’ambulanza – Uno dei camerieri a sentito Lawerence dire alla Harper che aveva delle informazioni sul maniaco. Credo che non sapremo mai tutta la verità su come abbordava le sue vittime… visto che è morto.
    - E così l’ha convinta a seguirlo in questo vicolo – constatò Reid con un sospiro – Decisamente la Harper è un tipo caparbio. Ha rischiato la vita pur di mettersi in mezzo.
    - Già… effettivamente lei è un po’… al diavolo! Tanto non lavorerò più con lei. E’ una vera stronza, di un’arroganza che rasenta il limite – sorrise soddisfatto di aver vuotato il sacco – Comunque dopo questa storia non penso che neanche i “suoi amici” riusciranno a tenerla fuori dai guai.
    - Cosa intende dire? – JJ corrugò la fronte.
    - E’ stata aperta un’inchiesta interna sul suo modo di lavorare ai casi… Dopo quello che è successo, persino Lavigne ha smesso di proteggerla. Abbiamo vuotato il sacco sul tipo di ordini che ci impartiva.
    - Passerete dei guai anche voi – fece notare Isabel.
    - A me mancano un paio di mesi alla pensione, probabile che mi mandino in pensione anticipata… Lavigne… dopo quello che è successo a sua figlia, dubito fortemente che gli importi qualcosa del suo lavoro. Agente Hotchner, agente Jordan… vi devo chiedere di seguirmi e rilasciare una dichiarazione. Per quanto riguarda voi due – disse indicando con il mento Reid e Irons – Potete andare in ospedale per l’anti-tetanica, uno dei miei verrà a raccogliere la deposizione con calma.
    - Grazie – Chris accentuò la stretta sulle spalle di Isabel.
    Appena rimasti soli il ragazzo punto i suoi occhi verdi sulla bionda seduta al suo fianco.
    - Ora mi dici come ti è venuto in mente di provocarlo in quel modo? – sembrava divertito.
    - Tuo nonno.
    - Mio nonno?
    - E il killer del sentiero.
    - Non ti seguo – ammise il ragazzo.
    - Quando il killer del sentiero prese tuo nonno… beh, il tipo era armato con un fucile a pompa, mentre Jason era disarmato. Sai come ha fatto a fermarlo?
    - Dovrei cominciare a leggere i vecchi dossier come fai tu – disse con una mezza risata – Come ha fatto?
    - Visto che soffriva di balbuzie, l’ha provocato fino a fargli perdere il controllo. In questo modo la balbuzie è aumentata e nel tentativo di concentrarsi su quello che doveva dire…
    - Si è lasciato distrarre – finì il ragazzo moro con un sorriso – Decisamente devo mettermi a studiare i vecchi casi.
    - Decisamente – Isabel gli sorrise, prima di sporgersi per baciarlo.


    Continua…

     
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    E anche questa è finita... possiamo dire addio a Chris, che rimarrà sempre nei cuori di alcune di noi... ROBIN HO DETTO NEI CUORI NON NELLE FANTASIE SESSUALI!
    Un grazie a tutte quelle che hanno seguito il mio ennesimo sclero. Vi adoro ragazze, siete le migliori!

    Epilogo

    - Ti rendi conto, spero, che qui dentro non c’è abbastanza spazio per i miei vestiti – Chris guardava con aria critica l’armadio a muro di Isabel.
    - Ma se è semivuoto! Cavolo, Chris, ma quanti vestiti hai? – la ragazza era seduta sul bordo del letto e continuava a massaggiarsi il braccio dove le avevano fatto l’antitetanica.
    - Ehmmm… - il ragazzo moro si girò storcendo la bocca – Mpf! Quelli che mi servono.
    - Sei più vanitoso di una ragazza. Io l’ho visto il tuo armadio. E’ stracolmo – lo sguardo della ragazza si era fatto torvo – Secondo te dove dovrei mettere la mia roba?
    - Ho un’idea. Visto che non c’è abbastanza spazio in nessuno dei due appartamenti, ne potremmo prendere uno più grande… magari con un armadio a muro degno di questo nome.
    - E dove li prendiamo i soldi? Ti ricordo che da domani saremo di nuovo sospesi e questo vuol dire niente stipendio chissà per quanto tempo.
    - Potremmo vendere il mio – propose il ragazzo – Con il ricavato ne prendiamo uno più grande e paghiamo un piccolo mutuo.
    - L’appartamento è tuo? Ma la tua famiglia quanti soldi ha?
    - Beh… per la mia laurea sia il nonno che i miei mi avevano regalato dei soldi… poi ho cominciato subito a lavorare. Avevo anche un po’ di risparmi.
    - Torno a ripetere che riesci sempre a stupirmi.
    Si chinò sul letto poggiando le mani sul materasso e risalendo con le labbra dall’angolo della bocca di lei fino all’orecchio.
    - Potrei sorprenderti ancora anche in altri campi.
    Isabel sentì le gote andarle in fiamme.

    Una settimana dopo, appartamento dei Morgan

    L’atmosfera era abbastanza rilassata, quando Chris e Isabel fecero il loro ingresso con un dolce che avevano comprato in una pasticceria piuttosto rinomata. Prentiss aveva aperto loro la porta e li scorto in salone, dove Morgan stava preparando degli aperitivi. Puka era comodamente sprofondata nella grande poltrona di pelle e continuava a rimirare il suo drink. JJ era in piedi dietro Michelle e la teneva stretta in un abbraccio, mentre Lizzy e Jack sedevano composti sul divano bianco.
    - Finalmente siete arrivati – biascicò la punk sollevando appena un sopracciglio – Stavo cominciando a preoccuparmi.
    - Sembri di umore nero – osservò Chris scompigliandole i capelli.
    - Sbornia triste… anche se siamo qui per festeggiare – rispose la ragazza sprofondando ancora di più nella poltrona.
    - Cosa festeggiamo? – chiese Isabel prendendo posto accanto a Lizzy.
    - Uno – cominciò a risponderle Derek stappando una bottiglia di vino – La Harper è stata rimossa dal suo incarico e la disciplinare le sta alitando sul collo… credo che non si trovi bene nella parte della perseguitata.
    - Anche perché di solito era le persecutrice – fece notare Emily prendendo un bicchiere.
    - Due – continuò il moro ignorandola – Mi ha chiamato la commissione interna poco prima che lasciassi l’ufficio. L’indagine si è conclusa e da lunedì ritornerete tutti al lavoro.
    I membri del team si guardarono l’un l’altro per poi scoppiare a ridere felici. Decisamente avevano molto da festeggiare. L’unica che non sembrava partecipare alla generale euforia era Puka, che rimaneva chiusa in un tetro silenzio.
    - Tre – continuò Emily, ignorando l’umore pestifero dell’informatica – Ci sono state accordate due settimane di ferie. Direi che abbiamo vinto su tutti i fronti.
    - Che bello – disse in tono sarcastico Cassandra.
    - Tu dovresti festeggiare più di tutti – le disse Morgan togliendole il bicchiere di mano.
    - E perché? – chiese la ragazza osservandolo dal basso – Il mio essere “quella che da più da pensare” non conta?
    - Conta… visto che ti hanno accordato l’aumento che mi chiedi da oltre un anno – disse Prentiss sedendosi sul bracciolo e lisciandole i capelli – Su col morale, Puka, si è risolto tutto per il meglio. E comunque non siamo qui per questo.
    - E allora perché siamo qui? – chiese JJ stringendo ancora di più la vita di Michelle.
    - Perché credo sia ora di riesumare vecchie tradizioni – rese noto Prentiss.
    - La cena del venerdì? – chiese Chris sorridendo.
    - Qui non è grande come dai tuoi, ma per il momento ci entriamo tutti…
    - Per il momento? – chiese Jack.
    - Dipende quanto ci metterete a mettere su famiglia – gli rispose Derek strizzandogli l’occhio – Basta blaterare! Io proporrei un brindisi.
    Si alzarono tutti in piedi, partecipando a quella piccola festa improvvisata.

    Puka camminava barcollando verso la sua autovettura, seguita da Isabel e Chris che si lanciavano occhiate eloquenti. Aveva bevuto per tutta la sera ed era rimasta sempre in silenzio… decisamente c’era qualcosa che non andava. Isabel prese l’iniziativa afferrandola per un braccio e togliendole le chiavi di mano.
    - Ehi! – sbottò la punk voltandosi di scatto e rischiando di perdere l’equilibrio – Le mie chiavi! Se non me le dai come ci torno a casa?
    - Ti portiamo noi – rispose la bionda allungando una mano vuota verso Chris – Dammi le chiavi, vado a prendere l’auto.
    Il moro annuì e mentre la sua ragazza si allontanava si girò di nuovo verso la sua amica, che sembrava avere dei grossi problemi.
    - Mi dici cosa ti sta succedendo?
    - Succede che sono patetica – sputò fuori l’informatica poggiandosi contro la portiera – Guardami! Sono l’unica dell’unità ad essere single… e non so neanche cosa io stia cercando.
    - Lo saprai quando lo troverai – la consolò Chris scostandole il ciuffo dal viso.
    - Non so neanche se cerco un uomo o una donna – mollò un pugno contro la carrozzeria dell’auto.
    - Beh… se alla fine scegli una donna… magari io potrei assistere.
    - Porco!
    - Scema! – l’abbracciò stringendosela contro – Un giorno incontrerai una persona speciale e non può essere altrimenti.
    - Perché?
    - Perché solo una persona speciale si merita di portarsi via la mia migliore amica – la scostò da se e le diede un bacio sulla fronte – Piccola teppista alcolizzata! Smettila di pensare a tutte queste assurdità, io vorrei sapere come ti viene in mente…
    - Quello che ha detto Jefferson.
    - Ancora? Non dare retta a quello che pensano certi sciocchi bigotti. Tu sei quella che sei, e io non cambierei neanche una virgola.
    - Ma tu non sei innamorato di me – la ragazza chiuse gli occhi – Io… vorrei solo… non voglio più tornare in una casa vuota.
    - Non fare l’errore di metterti con il primo che capita solo perché soffri di solitudine. Mi aspetto qualcosa di meglio da te. La Puka che conosco io non si arrende facilmente e non si accontenta mai.
    - Come è?
    - Cosa?
    - Avere una storia seria – la ragazza alzò gli occhi scuri su quelli verdi di lui – Come è avere qualcuno che si preoccupa per te?
    - Non voglio dirti bugie… a volte è bellissimo, altre… beh non è sempre tutto rose e fiori. Ma quando trovi la persona giusta sai che ne vale la pena.
    In quel momento arrivò Isabel con la macchina ed accompagnarono Puka a casa. La ragazza rimuginò a lungo su quello che le aveva detto Reid. Voleva anche lei qualcuno di speciale… e non si sarebbe accontentata mai. Alla faccia di quei quattro bacchettoni della disciplinare! Lei non dava da pensare, lei era solo ciò che era. Si addormentò soddisfatta, con il rumore delle fusa di Lollipop che le dormiva accanto.

    Fine
     
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