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Rabb-it

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    Capitolo 15


    “Hotch, abbiamo un problema.”
    Hotch stava entrando nel suo ufficio, Dave era seduto sul divanetto all’interno, una serie di cartelline in mano, ed un aria lugubre sul viso.
    “Uno solo?”
    “Sai non sono sicuro che la versione umoristica del mio capo mi piaccia, proprio per niente!”
    “Rientro ora da una riunione, in cui la sola bella notizia era la meritata promozione di JJ, per cui ora potremo finalmente informare gli altri, ufficialmente.”
    “Cosa ti fa pensare che lo siano già in via ufficiosa?”
    “Lo sai vero che non dovresti fare domande di cui non potrebbe piacerti la risposta.”
    “Ma il motto da avvocato non era: Non fare domande di cui non sai la risposta?”
    “Ah era una domanda retorica, non avevo colto. Qual è il problema?”
    Dave ritornò serio di colpo, come se per alcuni secondi avesse scordato la ragione per cui da oltre due ore si rileggeva la serie di rapporti che mostrò al collega.

    “Quattro uomini assassinati, tutti con condanne per abusi su minori adolescenti. Tutti usciti di prigione dopo la condanna da poche settimane. Nel corso degli ultimi mesi.”
    “Maledizione, il classico giustiziere…”
    “Forse, li uccide con un colpo di fucile alla gola.”
    “Scusa ma è come… No dai non può essere.”
    “Ti ricordi vedo.”
    “Siamo rimasti in contatto.”
    “Lo so, io sono persino andato al battesimo dei suoi figli.”
    “Senti, il fatto che vengano uccisi con una fucilata non vuol dire niente. Hai fatto verificare dove stava quando ci sono stati gli omicidi?”
    “Sì, non ho coinvolto Garcia per evitare domande, l’ho chiamato con la scusa di voler passare dalle loro parti, chiacchierando ho scoperto che negli ultimi mesi va via da casa per convegni. E sì, era nelle città dove si sono verificati tre dei casi. Se non ci fossero state queste coincidenze non avrei pensato che…”
    “Io non riesco a crederci, dopo tutti questi anni, ce ne saremmo accorti.”
    “E come? Per una visita una volta l’anno o anche meno? Comunque anche io non ci voglio credere, ma dobbiamo indagare e sai che nessuno collegherà mai… la scena del crimine primaria.”
    “Era stata legittima difesa.”
    “Che io ho coperto, devo sapere.”
    “Troveremo il colpevole.”
    “Non dare per scontato che non sia lui.”
    “E tu non dare per scontato il contrario. Come lo spieghiamo agli altri?”
    “Direi di non influenzarli con quello che sappiamo noi, iniziamo ad analizzare i delitti, e poi decideremo, mano a mano che le cose verranno fuori. Io andrò a trovarlo, e indagherò meglio su…un suo eventuale alibi.”
    “Credi sia saggio, sa che lavoro fai. Se è lui mangerà la foglia.”
    “Dopo la mia telefonata se non vado mangerà l’intero albero, devo farlo. E poi, in mia assenza sarà più facile spiegare se ce ne fosse la necessità. Mi eviterò le occhiatacce.”
    “Dave, era stata la decisione più giusta vista la situazione.”
    “Per chi? Per lui, o per la mia carriera?”
    “Per entrambi, e lo sai.”
    “No, non lo so. Sai vero che stavolta non potrai lasciare Derek fuori?”
    “La settimana non è terminata, forse dovrei farlo.”
    Dave si prese qualche secondo per cercare una frase che non facesse infuriare il suo capo.
    “Senti, lui e Reid si sono chiariti giorni fa, deve poter tornare in attività, o chiederà di andare con un’altra unità, sicuro di voler rischiare di perdere un altro agente?”
    “JJ per questa volta verrà ancora con noi, se quello che temiamo fosse vero, con i media ci servirà tutto l’aiuto possibile, si scatenerà un inferno.”
    “Volendo essere ottimisti. Rimetti Derek in servizio attivo, digli che hai cambiato idea. Se ti chiede come mai, ma non lo farà, puoi sempre dire che solo gli idioti non mutano mai opinione su una cosa e tu non sei un’idiota.”
    “Chi è che esagera con il senso dell’umorismo adesso?”
    “Vantaggi dell’anzianità di servizio.”


    Continua...
     
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  2. rabb-it
     
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    Capitolo 16


    Anzianità di servizio.
    Le ultime parole che aveva detto ad Hotch gli riecheggiavano nella mente.
    Da diverse ore ormai. Si stava dirigendo dalla persona di cui aveva parlato con lui.
    Ricordava bene quando loro due si erano incontrati.
    Hotch all’epoca era un giovane che aveva lasciato la procura legale e si stava facendo le ossa nel bureau, lui era già l’agente anziano allora.
    L’agente anziano con uno scheletro nell’armadio.
    Di cui Hotch era venuto a conoscenza, ma aveva capito.
    E gli dava ragione ora come allora, solo lui non era più tanto sicuro di meritarsela quella ragione.
    A meno che…
    …Non sia la ragione degli asini o dei folli e io devo solo scegliere in che categoria mettermi.
    I ricordi.
    Alcuni anni prima di quell’incontro lui stava inseguendo un soggetto ignoto che abusava di minorenni adolescenti. C’era una lunga scia di omicidi che portavano tutti la medesima firma.
    Un maschio ed una femmina. La bambina veniva molestata, ed uccisa, il bambino solo – per modo di dire – ucciso.
    Erano riusciti a capire dove si stava nascondendo, grazie alle sue ultime vittime, la bambina aveva permesso la fuga del bambino. Si era salvato. Ma lei era morta.
    Lui si sarebbe suicidato tempo dopo, il senso di colpa era stato più grande dell’aiuto che non avevano saputo dargli. E la morbosità della stampa per il superstite non aveva certo aiutato.
    Aveva trovato l’abitazione. Ma lui non c’era.
    Lo aveva cercato nei paraggi, poi un colpo.
    Era stato un singolo colpo di fucile. Si diresse nella direzione da cui proveniva lo sparo, sembrava lontano. Nella boscaglia.
    Una piccola capanna, ed eccoli.
    Un bambino, teneva stretta tra le braccia una bambina, impedendole di guardare dove invece lui stava fissando.
    Davanti a loro un fucile a terra, dello stesso tipo che aveva lui, poco discosto un uomo si teneva convulsamente le mani sul collo cercando di fermare l’emorragia.
    Ma era troppo tardi, il proiettile gli doveva aver lacerato la carotide, roteò gli occhi all’indietro e soffocò nel suo stesso sangue.
    Si assicurò che i bambini non fossero feriti, la bambina credette che a sparare fosse stato lui, teneva gli occhi chiusi da prima che il suo compagno di sventura facesse fuoco. E lui le aveva poi impedito di guardare.
    Dave in una frazione di secondo prese una decisione. Proteggerli.
    Si prese la responsabilità della morte dell’assassino. O il merito. Erano settimane che la stampa li tormentava perché non fermavano quel folle.
    Come avrebbero distrutto la vita di quei bambini con la loro morbosa curiosità sui dettagli se avessero saputo che era stato il ragazzino a sparare?
    Li avrebbero aiutati lo stesso, ma senza la stampa a fare da cassa di risonanza.
    Avevano bisogno di tranquillità.
    Li avrebbe protetti. Lo fece. Ma non potè mai avere la certezza di non averlo fatto anche per se, per non far sapere che non era arrivato in tempo.
    Se il bambino non gli avesse sparato forse sarebbe scappato ancora.
    Quello gli diceva per rincuorarlo del fatto che aveva preso la decisione giusta nel fare fuoco.
    I bambini andavano da uno psicologo infantile, c’erano due rapporti all’Efbiai, uno ufficiale, con la versione data da Dave e confermata dai bambini, l’altro ufficioso.
    Con la versione di Dave e del ragazzino.
    Quando lo psicologo gli aveva spiegato che secondo lui il ragazzo non gli diceva tutto, Dave aveva iniziato ad andarlo a trovare.
    Per aiutarlo a scendere a patti con quello che era successo, per farsi dire quello di cui non voleva parlare con un estraneo. Con il tempo si era creato un rapporto di fiducia e stima reciproca, i genitori del ragazzo erano grati a Dave che aveva evitato che il figlio finisse sulle prime pagine della cronaca.
    Il ragazzo era cresciuto, aveva studiato veterinaria.
    La frase preferita: Più conosco l’uomo e più mi piacciono gli animali.
    Hotch gli sentì dire esattamente quella frase, una volta che era passato a salutarlo, e si incuriosì.
    Quando trovò il suo nome inerente a quei vecchi casi, mise alle strette il suo istruttore, sui rapporti tra di loro.
    Venendo meno alla prima regola dell’Unità.
    Mai farsi il profilo a vicenda.
    Ma forse anche Dave aveva bisogno di sapere che non aveva sbagliato.
    Voleva un altro parere.
    Hotch fece il suo lavoro di profiler con discrezione, in qualità di ex-procuratore poteva essere a conoscenza di alcuni dettagli e il ragazzo, ormai un giovane uomo, non si sorprese alle sue domande.
    Rispose ad Hotch, domandando in seguito a Dave come mai ci erano voluti tanti anni perché qualcun altro a parte lui gli ponesse delle domande su quella vecchia storia.
    E Dave si limitò a spiegargli che l’Efbiai non ci teneva a far sapere che se non era per un dodicenne un pericoloso killer poteva essere ancora a piede libero.
    La risposta lo aveva soddisfatto e non sarebbero più tornati sull’argomento.
    A volte si domandava se non avesse sbagliato nel tenere i contatti, come rivangare sempre una vecchia ferita. Ma aveva visto che aveva creato un rapporto amichevole anche con Aaron, una delle persone più schive e restie al dialogo che lui conoscesse, chi si somiglia si piglia, anche in amicizia.
    Poi lui aveva lasciato il bureau, era in pensione, portava il suo cane da caccia a visitare da lui, e la bozza del suo primo libro in veranda, chissà se qualcuno aveva mai notato che parlava di se in terza persona quando descriveva la fine di quel particolare SI?
    Sì che lo avevano notato, e lo avevano definito un borioso pompato ed altre cose poco simpatiche.
    Nessuno che pensasse che era in terza persona perché non era stato lui ad ucciderlo.
    Meglio così.
    Dopo le settimane di interrogatori a San Quintino, era passato a trovarli, e gli era stata messa a disposizione la stanza per gli ospiti e gli avevano chiesto se avrebbe fatto da padrino per il loro bambino.
    La moglie sapeva quanto fosse importante il legame con Dave. Le aveva detto tutto.
    “Non posso certo chiederle di sposarmi e tenermi un segreto del genere. Non credi?”
    No, non poteva.
    Aveva ragione Aaron, erano solo coincidenze la sua presenza in alcune delle città colpite dal soggetto ignoto attuale.
    Deve essere così.


    Continua...
     
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    Capitolo 17



    “Così posso rientrare? Che cosa…”
    La domanda rimase sospesa, l’occhiata di Hotch era molto esplicativa, non fare domande.
    “… abbiamo?”
    Hotch fece finta di non essersi accorto dell’esitazione ed invitò l’uomo a raggiungerli in sala riunioni.
    Rossi non c’è. Ma forse ci raggiungerà al jet, non sarebbe la prima volta.
    Si disse Derek.
    Gli altri si scambiarono delle occhiate rapide e furtive, finalmente Derek tornava in squadra a tutti gli effetti, e non solo come consulente in contatto da Quantico.
    “Abbiamo un probabile giustiziere da identificare. Le vittime…”
    La vittimologia era anche troppo evidente.
    Tutti pedofili, tutti condannati.
    “I sei anni sono passati… ma la penso come allora.”
    Fu una delle frasi che uscì detta a Reid.
    Emily domandò a cosa si riferisse.
    “Sei anni fa andammo a New York, la vittimologia non era evidente come questa volta, ma presto apparve chiaro che il nostro SI voleva farsi giustizia da se. Io dissi che doveva esserci un processo. Un addetto al tribunale mi dette sei anni di questo lavoro, per iniziare a pensare che forse aveva ragione.”
    Hotch ripensò per qualche istante al caso a cui si riferiva Reid, anche lui aveva un ricordo personale.
    Stava parlando della cosa con Gideon, se avesse mai pensato di farsi giustizia da solo, e lui gli aveva detto che quello avrebbe voluto dire che invece di entrare lui nella testa dell’SI era successo il contrario.
    Quello che è successo a me con Foyet, ad un certo punto… lui è stato dentro di me.
    Raddrizzò la testa con un profondo sospiro. Nello sguardo un profondo disgusto alla sola idea di paragonarsi a quel mostro. Ma non ci sta accusatore più feroce della coscienza che alberga nel cuore di ognuno. Mai citazione fu più azzeccata.
    Riprese il controllo, di se stesso e della conversazione.
    “Concentriamoci su questo caso. Stessa vittimologia, identico modus operandi, città differenti.
    Come rintracciarlo?”
    Nessuno parve essersi accorto del momento di estraneità avuto dal loro capo, iniziarono a fioccare ipotesi.
    Dal rappresentante spesso in giro, al free lance che gira l’intero paese.
    Ma tutti concordi su una cosa.
    Di sicuro aveva avuto in passato un’esperienza traumatica, o l’aveva avuta qualcuno della sua famiglia, e su quello incentrò le ricerche Garcia. Oltre che su ferite da arma da fuoco alla gola, precisazione di Hotch. Non spiegò come mai, sperava ci fosse almeno un caso simile. Se lo augurava per Dave, ma anche per se stesso, pensare di aver sbagliato così tanto a giudicare una persona proprio facendolo di mestiere era preoccupante.
    La donna si mise subito al lavoro.
    Intanto loro si dirigevano nella città dell’ultimo delitto.

    Una volta al jet fu chiaro a tutti che Rossi era assente, ma stranamente Hotch non ne aveva ancora spiegata la ragione.
    Mentre erano in volo lo videro concentrato sui rapporti, e nessuno osò far domande.
    Per i primi minuti almeno.
    “L’assenza di Rossi? Questa mattina era in ufficio, poi è uscito di filato prima che ci riunissimo, è successo qualcosa?”
    Hotch smise di leggere e portò la sua attenzione sui colleghi.
    JJ lo guardava sicura che avrebbe dato loro delle spiegazioni.
    “Dave è andato a controllare una cosa, non sappiamo se inerente al caso o meno, e non vogliamo portarvi fuori strada nello stilare il profilo di questo SI.”
    “Un vecchio caso?”
    “Esattamente.”
    La domanda di Derek non poteva essere più perfetta, gli permetteva di dire la verità senza omettere dettagli. Certo se si fosse limitato a quella domanda.
    “Se sospetta di qualcuno dovremmo saperne di più, non credi?”
    “Non è ancora un sospetto. Per adesso è solo una coincidenza.”
    Si appoggiò allo schienale ed alzò le mani, i palmi in avanti ad altezza del busto, a chiedere una tregua, quando si accorse che Derek aveva altre domande.
    L’uomo rimase di stucco. Hotch non era tipo da gesticolare, la cosa doveva essere proprio grave per agitarlo a tal punto.
    Decise di rimandare il resto delle domande, in fondo era appena tornato in servizio attivo; meglio non irritare il capo.

    JJ lesse i comunicati stampa sul caso, nei primi due casi nessuno aveva colto un nesso, erano avvenuti ad un certa distanza sia di tempo che di luogo, ma al terzo avevano iniziato a mettersi in allarme, come l’Efbiai, ed al quarto caso niente li aveva fermati.
    Stavano nascendo i primi comitati di difesa del assassino, alla frase: “Finalmente qualcuno difende i nostri bambini.”
    Era una situazione difficile, la pietà verso le vittime, quando queste prima sono state carnefici, è spesso assente. E non è difficile comprenderne la ragione. Ma aveva ragione Reid, non si può farsi giustizia da soli.
    Non senza rimanerne in qualche modo sconvolti. Aveva visto lo sguardo assente di Hotch alla riunione mentre Reid parlava di farsi giustizia da sé, non serviva un profiler per capire a cosa era andato a pensare.
    L’idea che quello sarebbe stato il suo ultimo caso con la squadra le metteva ansia.
    La sua promozione era effettiva, aveva ricevuto le congratulazioni da tutti, un ultimo caso e poi le loro strade si sarebbero separate.
    Si sarebbero incontrati ancora, mai più lavorando insieme però.
    Aveva un sapore amaro questa promozione.

    Emily osservò lo scambio tra Hotch e Derek, le scappò un mezzo sorriso, le sembravano tornati i vecchi tempi, il gesto delle mani in avanti di Hotch la diceva lunga sul suo nervosismo.
    Il sorriso le morì sulle labbra quando incrociò lo sguardo triste di JJ, proprio non sembrava una persona che era appena stata promossa di grado. E la capiva benissimo.
    Erano stati anni intensi, lavoravano con delle belle persone, era un peccato doverci rinunciare.
    Ma rifiutare una promozione? Derek lo aveva fatto una volta, ma era diverso.
    Lui all’epoca era in rotta con Hotch – ma guarda che caso strano – e voleva anche dimostrargli che sarebbe stato capace di cambiare. Non troppo però.
    JJ invece non aveva niente da dimostrare a nessuno di loro, nessun conto in sospeso.
    Sembrava passata una vita. Erano stati solo pochi anni. Riportò l’attenzione sui rapporti, doveva esserci qualcosa in quelle vittime che aveva fatto scattare il soggetto ignoto, dovevano scoprirlo.
    Prima possibile.


    Continua...

    SPOILER (click to view)
    visto che il capitolo 18 è praticamente già scritto... ma non prendeteci gusto ad un capitolo al giorno!


    Edited by rabb-it - 25/7/2010, 18:44
     
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    Capitolo 18



    “Possibile? Dave Rossi è veramente passato da queste lande?”
    “Smettila di fare lo spiritoso, sapevi che sarei passato.”
    “No, avevi detto che forse saresti passato, ma la certezza di un tuo arrivo ce l’ho avuta solo quando ti ho visto scendere dall’automobile.”
    Disse l’uomo, invitando l’amico ad entrare in casa.
    “Non è stagione di caccia, cosa ti porta da queste parti?”
    “Ehy, un interrogatorio? Non si può voler staccare un poco dal lavoro e passare da un amico? O a trovare il mio figlioccio? A proposito come stanno i ragazzi?”
    “Stanno bene, ora sono a scuola. Tania è di sopra a riposare.”
    “Non sta bene? È successo qualcosa di cui non ti andava di parlare per telefono?”
    “No, sta bene, solo che questa notte sono stato chiamato una mezza dozzina di volte, ed ogni volta lei si svegliava con me. Dovrei imparare a dormire nella stanza degli ospiti quando sono di turno alla notte.”
    “Ma un veterinario chiamato di notte? Credevo capitasse ai medici…o agli agenti.”
    “Capita anche ai veterinari, fidati, anche se di solito non con la frequenza di stanotte, sei chiamate sono effettivamente un record.”
    “Tu non sembri stanco però.”
    “Tutta apparenza, in realtà sto dormendo in piedi, a proposito vuoi un caffè? Se preferisci andarti prima a cambiare la stanza è a tua disposizione.”
    “Credo approfitterò un attimo del gabinetto. Tu scalda quel caffè, arrivo subito.”
    E così dicendo l’uomo si diresse verso la stanza per gli ospiti che ben conosceva, avrebbe voluto chiedergli dove era stato tre giorni prima, ma sapeva che troppe domande in una volta lo avrebbero insospettito.
    Se non era lui non voleva fargli capire che lo avevano sospettato.
    Se era lui, non voleva nemmeno pensarci.
    Si sciacquò le mani a lungo, pensando a come andare in argomento.
    Scusa hai un fucile per caso? Non mi sembra l’approccio giusto.
    Forse ho trovato.

    Mentre David Rossi si arrovellava per trovare un modo discreto di impicciarsi della vita privata del suo amico, quest’ultimo leggeva il giornale mentre si scaldava il caffè.
    Un aria seria in viso, la netta sensazione che Dave non fosse passato per caso.
    Il giornale portava la data del giorno precedente, e uno dei titoli in grassetto citava.
    “Finalmente qualcuno protegge i nostri bambini!”
    Senti l’acqua scorrere in bagno e mise il giornale sul tavolo in bella vista.
    Poi versò il caffè nelle tazze.
    Ed aspettò, per vedere se la sua sensazione era pura paranoia o meno.

    Continua...


    SPOILER (click to view)
    Visto che sono un filo scaramantica... meglio non rischiare, e passarvi subito anche il capitolo numero 18.


    Edited by rabb-it - 3/11/2010, 21:42
     
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    Capitolo 19



    “Meno male che siete arrivati.”
    Furono accolti con quell’esclamazione dall’investigatore incaricato delle indagini, che li aveva chiamati appena intuito il collegamento con il precedente caso.
    Non era certo la prima volta che i poliziotti locali coglievano bene l’arrivo dell’Efbiai, ma forse tanta sollecitudine nei loro confronti era più la fretta di scaricare loro la patata bollente, per molta parte dell’opinione pubblica fermare questo giustiziere non sembrava una necessità, se lo facevano i federali, la polizia locale non poteva che essergliene grata.
    I malumori della gente si sarebbero dirottati su di loro e non sui poliziotti di quartiere.
    Tanto sollievo pareva strano anche per un’altra ragione, chi uccideva poteva anche essere nella polizia, visto che conosceva i precedenti penali delle vittime che sceglieva.
    Ma le diverse città, stando al profilo geografico su cui stava lavorando Reid, la rendevano una probabilità remota.
    Ma da tenere comunque in considerazione.
    I punti in comune tra le varie vittime erano la recente scarcerazione e il reato commesso, e c’erano molti modi in cui uno poteva scoprire determinati dettagli, ma il più semplice era avere accesso ai dati sui processi. Che non era cosa poi così facile se non si aveva a che fare con l’ambiente penale.
    Quindi una delle probabilità vagliate era che, come nel caso di New York di sei anni prima, questo individuo avesse libero accesso a dati sensibili sui detenuti.
    Troppa gente da controllare, ma contavano di scremare di molto la lista grazie ai dati raccolti da Garcia.
    Il dettaglio della fucilata al collo suggerito da Hotch fece scoprire a Garcia due casi, un seria killer fermato molti anni prima da un giovane David Rossi, e un ex secondino assassinato nello stesso modo.
    Il secondino aveva lavorato in un carcere minorile, ed era stato processato per molestie su minori, uscito assolto dal processo, per sospetta intimidazione dei testimoni, era stato freddato dal padre di uno dei ragazzini.
    Che ora stava scontando una pena per omicidio, quindi non poteva essere lui il soggetto ignoto.
    “Praticamente quel secondino era come l’aguzzino di Sleepers, gli avrei sparato anche io al posto del padre.”
    “Garcia…”
    “Scusa Derek, ma certe cose mi fanno andare in bestia, era evidente che i testimoni avevano paura e lo hanno assolto. Capisco il padre, non lo giustifico, ma lo capisco. Posso?”
    “Va bene, ma non quando sei in vivavoce.”
    “Capito.”
    “Comunque è strano, salta fuori il nome di Rossi e lui non è lì con voi, Hotch cosa dice?”
    “Che è andato a controllare il vecchio caso, cosa sai dirmi sulle vittime e sui parenti?”
    “Tre superstiti, oh no… solo due, il primo si è ucciso pochi mesi dopo il fatto.
    Un ragazzo e una ragazza, oramai adulti, pensi che Dave sia andato a controllare se erano in zona ai momenti dei delitti?”
    “Tu puoi verificare?”
    “E me lo domandi? Sto già cercando. OhOh…”
    “Che succede?”
    “L'uomo aveva un giro di conferenze per la clinica veterinaria presso la quale lavora. In tre delle città.”
    “Ecco cosa è andato a controllare Dave, e la quarta.”
    “No sulla quarta niente, ma non è molto lontano da dove abita, se non ha un alibi…”
    “Potrebbe essere il nostro uomo, trovo strana la reticenza di Hotch e Dave a parlarne, è chiaro che è un sospettato.”
    Emily fecce un cenno a Derek, ma era tardi, Hotch era entrato nella stanza ed aveva sentito le ultime frasi.
    “Perché non abbiamo ancora un profilo preciso, e la persona che tu e Garcia avete trovato corrisponde solo per una parte. La sua presenza in città può essere una mera coincidenza, prima di rivangare vecchie ferite io e Dave vogliamo essere certi che… non abbia un alibi.”
    A nessuno di loro sfuggì l’esitazione.
    Dave non era andato solo a controllare un eventuale alibi, era anche là per arrestarlo nel caso i loro dubbi trovassero conferma.
    Da solo.
    “Hotch, ma è una pazzia, dov’è finito il lavoro di squadra?”
    “Derek, cosa sappiamo del nostro SI? Che sa cosa sono quelli che uccide, e quando escono di prigione li va a cercare. Ora secondo te come fa un veterinario ad avere certe informazioni? Se lo scopri insieme al fatto che era nelle città allora diventa un sospettato. In caso contrario, aspetto notizie di Dave.”
    “Innocente fino a prova contraria, hai ragione.”
    “Esattamente.”

    Continua...
     
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    Capitolo 20



    “Esattamente come mai con un caso del genere in corso a meno di trenta miglia da qui, tu sei passato da me?”
    Con quella frase Sam mise fine al silenzio con cui Rossi aveva reagito quando sedendosi al tavolo per bere il caffè aveva visto il giornale e il titolo ben evidente che stava in prima pagina.
    Dave guardò fissò l’uomo di fronte a lui.
    Non riusciva a non pensare che si erano fatti giocare da Foyet che non conoscevano, era parso solamente una vittima. E lui non voleva pensare che l’affetto che provava per il ragazzino spaventato che si ricordava decenni prima lo portasse a sottovalutare qualsiasi segnale.
    Ma davanti a lui non c’era un ragazzino, c’era un uomo con una domanda.
    E non aveva distolto lo sguardo da lui nemmeno per un istante.
    Impossibile mentirgli.
    “Esattamente per quello che pensi. Ma avrei preferito non pensassi…”
    “…che mi reputeresti capace di un assassinio? Troppo tardi, era meglio se me le facevi al telefono le domande. Ti saresti risparmiato il viaggio.”
    “Sam… dov’eri tre giorni fa, verso le 22.”
    “Non so se devo rispondere, potrei ficcarmi nei guai in assenza di un alibi, e non immaginavo me ne servisse uno. Forse dovrei chiamare un avvocato.”
    “Non sei in arresto e non sono qui in veste di agente, sono tuo amico e spero di sbagliarmi.”
    “Ti sbagli. Io non c’entro niente. Tre giorni fa verso le 22 ero impegnato, ma la mia unica testimone è mia moglie, temo potrebbe non essere attendibile in quanto tale, vero?”
    Un involontario sospiro di sollievo distese le spalle di Dave, si fidava, voleva credergli.
    Ma aveva ragione, sua moglie come alibi non era un granché, sarebbe stato meglio se fossero stati a cena fuori, in presenza di testimoni.
    Ma rimanevano le altre tre città.
    “Sam, ci sono stati altri delitti.”
    “Lo so ho letto il giornale, quello che mi incuriosisce e sapere come mai hai pensato a me, insomma ci saranno decine di persone che girano per le medesime città.”
    “Sui giornali cosa dicono degli omicidi?”
    “Uccisi con un colpo di arma da fuoco.”
    “Un fucile per la precisione.”
    “Uh… inizio a capire, fammi indovinare: alla gola?”
    “Era meglio se non indovinavi, ma sì. Alle conferenze a cui sei stato…”
    “… quando terminavano me ne rientravo a casa, niente prenotazione in albergo o altro, viaggiavo di notte.”
    “Dannazione!”
    “Dave? Ma credi veramente che mi sia messo a giustiziare la gente? Pensavo che un po’ mi conoscessi.”
    “Sai come si dice: non si conosce mai veramente nessuno fino in fondo.”
    “Dimmi che è ironia targata Rossi. Non ho ucciso nessuno, l’unico fucile che possiedo è quello che a volte dobbiamo usare per iniettare l’anestetico. E non spara da almeno sei mesi. E se posso faccio a meno di prenderlo in mano, tranne che per la manutenzione per tenerlo in funzione.”
    “Io ti credo, va bene? Ma sicuramente finirai tra i sospettati, ci metteranno poco a… Sam? Che ne è stato di Julie, la hai più sentita?”
    “No, ci siamo persi di vista.”
    A Dave venne un colpo.
    Così concentrato a pensare a chi materialmente aveva sparato, da scordarsi che erano in due e che la seconda poteva aver reagito allo stress in modo diverso.
    Doveva chiedere a Penelope dove poteva essere quella donna oggi.
    Vide Sam scuotere la testa.
    “Che c’è?”
    “Se non sono io è lei? Andiamo, ci avete fatti seguire da degli psicologi per anni, non credi che qualche disturbo si sarebbe manifestato già da un pezzo?”
    “Sam, ognuno reagisce allo stress in modi e tempi differenti, e se non hai più avuto contatti non puoi sapere come sia andata la sua vita finora.”
    “No, non posso, ma dubito che sia passata da pacifista convinta, che non ammazzava nemmeno le zanzare ad omicida seriale.”
    “Nemmeno le zanzare? Sul serio?”
    “Quasi, va bene forse le zanzare le uccideva senza pietà, ma dubito oltre. Odiava le armi, più di me.”
    “Era solo una bambina, quando la conoscevi tu.”
    “Non mi importa, non è stata lei.”
    “Cosa ti rende tanto sicuro?”

    Continua...

    Edited by rabb-it - 13/8/2010, 15:57
     
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  7. rabb-it
     
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    Capitolo 21


    “Sicuro non ci sia altro?”
    “Sì, per risalire alle vittime e ai loro precedenti in tutti e quattro i casi solo queste erano le strade.”
    Hotch era con Reid davanti all’ipotetico profilo, e tutte le strade avevano in comune uno studio legale. Su cui era meglio indagare.
    Squillò il cellulare. Era Dave.
    “Ciao, novità?”
    “Ciao, ha un alibi per l’ultimo delitto, sarà imbarazzante verificarlo, ma gli credo. Sugli altri non può era in viaggio per rientrare a casa, in auto, mi serve Garcia.”
    “Sanno già del vecchio caso, chiamala e dalle i dettagli che ti servono per la ricerca.”
    “Sanno tutto?”
    “No.”
    “Farò controllare anche Julie Green, non ho minimamente pensato a lei.”
    “Quando pensi di raggiungerci?”
    “Pensavo di dirigermi nella città del primo omicidio, per vedere se trovo qualcosa.”
    “Va bene, mando Morgan e Prentiss sulla seconda e vado con Reid alla terza, JJ terrà a bada la stampa, sperando che non ci sia un quinto delitto.”
    “Sarebbe utile se la smettessero di scarcerare certi individui.”
    Hotch non rispose all’ovvietà del collega, era veramente difficile non pensare che forse lo si poteva lasciare fare, cercava di ripetersi la frase di Gideon.
    “Vorrebbe dire che è stato il soggetto ignoto ad entrare nella mia testa e non io nella sua, e questo non va bene.”
    “Hotch tutto bene?”
    Era stata JJ a parlare, lo aveva visto assentarsi di nuovo. Ed era al telefono, cosa gli stava succedendo?
    “Sì, sto bene. Devo solo… recuperare concentrazione.”
    “Sai continuo a domandarmi, e se uno di questi vermi che ora noi stiamo cercando di salvare un domani dovesse fare del male ad Henry. Li facevo anche prima di essere madre certi pensieri, ma ora Henry non è più solo un ipotetico figlio che avrei potuto avere un giorno, è il mio bambino e farei qualsiasi cosa per difenderlo. Non riesco ad essere obbiettiva.”
    “Ti capisco, ricordo che quando Jack era appena nato la mia paura maggiore era che tu ci presentassi un caso che coinvolgeva bambini, ma poi è successo ed abbiamo lavorato comunque. Dobbiamo farlo. Grazie JJ.”
    “E di cosa?” Sorrise la donna. Che aveva colto benissimo lo stato d’animo del suo capo.
    Lo vide trasalire.
    Poi prendere il telefono e chiamare in fretta qualcuno.
    “Garcia controlla se Julie Green ha avuto un figlio nell’ultimo anno.”
    “Stavo appunto facendo una verifica proprio su di lei, come mi è stato chiesto da Rossi, e sì: è diventata madre l’anno scorso, una bambina. Ma come lo sapevi?”
    “Una madre farebbe qualsiasi cosa per difendere il proprio figlio. Verifica dove stava nei giorni dei delitti.”
    “Hotch, non poteva stare da nessuna parte. È in coma dal momento del parto a causa di un aneurisma.”
    “Dannazione, un altro vicolo cieco.”
    Hotch e JJ misero al corrente gli altri di quello che avevano scoperto.
    Emily pose una domanda.
    “Abbiamo pensato al marito di Julie? Voglio dire lei gli avrà detto qualcosa di quello che le era capitato, forse lo stress di seguire la moglie in coma ed una bambina piccola…”
    “Se segue la moglie e la figlia difficilmente ha tempo per organizzare una cosa complessa come controllare le scarcerazioni.”
    La interruppe Derek.
    “E se non agisse da solo?”
    Ad Hotch continuava a venire in mente la particolarità della ferita.
    Uno sparo in gola, soffocare quegli uomini nel loro stesso sangue, era una firma.
    Mandò Derek ed Emily nella seconda città come detto a Dave e si diresse con Reid nella terza, lasciando JJ alla stampa.
    Sapeva che se la sarebbe cavata, ma mentre usciva non riuscì a fare a meno di pensare che nei prossimi casi la sua assenza sarebbe pesata come un macigno, come era successo mentre era a casa in maternità, ma da quella sarebbe rientrata, era stata una cosa breve, ora sarebbe stato un addio.
    E non gli piaceva la cosa, per niente.

    continua...

    SPOILER (click to view)
    Mancano ancora un bel po' di capitol...etti alla fine.
    Giusto per tranquillizzare una mia lettrice. Mi spiace per l'altra che non vede l'ora di sapere come finisce ^_^
     
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  8. rabb-it
     
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    Capitolo 22




    “Niente, è solo una sensazione.”
    Quello aveva risposto Sam a Dave quando gli aveva chiesto come mai era tanto sicuro dell’innocenza di Julie.
    Anche lui a volte si affidava a delle sensazioni, e in quel momento aveva la netta sensazione che Sam gli stesse nascondendo qualcosa. Ma non aveva modo di andare a fondo, una volta parlato con la moglie di Sam, il colloquio imbarazzante cui aveva accennato ad Hotch, si diresse dove era stato commesso il primo delitto, mentre aspettava le informazioni che aveva chiesto a Garcia.
    Aveva trovato un pieno di carburante fatto con la carta di credito da parte di Sam che lo posizionava ben distante dal luogo del secondo delitto, quindi lui non era.
    Julie non poteva essere; il destino, o chi per lui, sembrava avere qualcosa contro quella giovane donna. Non bastava il trauma che aveva subito da bambina, no ci voleva anche l’accanimento .
    Aveva ragione Pennac: Se Dio esiste, sarà bene che abbia una buona scusa.

    “Niente, per il momento non abbiamo novità rilevanti da riferirvi.”
    Era stata la risposta di JJ all’ennesimo giornalista che insisteva per avere maggiori dettagli sulle indagini.
    La squadra al completo era sparpagliata, come mesi prima.
    A lei non restava che aspettare notizie, aveva contattato il marito di Julie Green, che stava per arrivare a parlarle, dovevano sapere cosa sapeva di quello che era capito alla moglie quando era bambina.
    Spero che non sia lui, per la moglie, per la bambina. Ma dobbiamo esserne certi.

    “Niente, non sono state rilevate impronte utili per un identificazione.”
    Aveva detto Reid leggendo il rapporto sul caso mentre stavano guardandosi intorno nel vicolo dove era stato ritrovato il corpo della seconda vittima.
    “Lo so, volevo controllare una cosa.”
    Hotch raggiunse la strada, da dove era non poteva vedere Reid, che si era messo esattamente dove l’uomo era caduto quando era stato colpito.
    Osservò i palazzi che circondavano la zona, possibile che nessuno si fosse affacciato quando avevano sentito lo sparo?
    Tutti con la televisione o la radio ad alto volume, o menefreghismo? Forse non voglio sapere la risposta. Nemmeno i miei vicini si sono accorti di quello che era accaduto a me, e c’era stato uno sparo ed una lotta. Strano pensare che non avessero sentito niente.

    “Niente, cosa potevamo sperare di trovare?”
    “Non lo so, ma si doveva tentare.”
    Emily era scontenta quanto Derek della strana situazione, avevano molti elementi in mano per un profilo, ma c’era qualcosa che ancora non tornava.
    Tutti gli uomini sono stai portati in vicoli nascosti, cosa spinge una persona a fidarsi di un estraneo fino a seguirlo in un vicolo.
    No… non può essere! È troppo orribile anche solo pensarlo.
    “Derek? E se usasse un bambino come esca?”
    “Dici che potrebbe usarlo per attirarli qui, poi li uccide, avendo la conferma che sono pronti a farlo ancora.”
    Non è migliore di loro. Ma lo sapevamo già.

    Niente, i dati sullo schermo erano chiari. Penelope continuava a cercare.
    Non c’era niente che collegasse le vittime, reati a parte.
    Non si conoscevano, non erano stati nelle stesse carceri, solo quello studio legale era il punto in comune, ma erano stati avvocati diversi lo studio aveva molte filiali, a seguire le varie pratiche.
    Come trovare dei punti di contatto? Come ha fatto l’SI a scoprire tanto su di loro?

    Continua...

    SPOILER (click to view)
    Ecco l'antipasto a cui accennavo nei commenti, la spesa per il resto delle portate la vado a fare, forse per la fine della settimana vi arrivano una o due portate.
    Ma non faccio promesse.
     
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  9. rabb-it
     
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    Capitolo 23



    Loro non potevano fermarlo.
    Sapeva che sarebbero arrivati con le domande.
    Non potrò continuare a lungo, ma un ultimo bersaglio ancora.
    Un altro colpo di fucile e non sarebbe importato il poi, una volta raggiunto il suo scopo.
    Un verme in meno.
    Avrebbero capito troppo tardi dove cercare, e cosa.
    Non mi fermeranno!
    Quelli erano i pensieri nella mente dell’unsub che stava pulendo con cura un fucile, lo aveva smontato e ne stava lubrificando le singole componenti, smontare e rimontare, non era difficile, quando sapevi come farlo.
    Inserì le pallottole, un sonoro clack risuonò nella stanza, quando fece scattare l’arma.
    Era tempo di agire. Prima che capissero. Ora.

    Rossi ispezionò la prima scena, parlava al telefono con Garcia di quello che la donna aveva trovato sui dipendenti di quello studio legale.
    Nessuno con precedenti, o con storie di abusi alle spalle, ma sapevano bene che non tutte le vittime denunciano i loro carnefici e sono anche quelli che imparano meglio a fingere che non sia successo niente.
    “Qualsiasi riferimento a nostri conoscenti ed amici è puramente casuale.”
    E lo donna non gli chiese se stava parlando del suo amico, o se si riferiva a Derek; era meglio non approfondire certe volte. Forse si riferiva ad entrambi, forse a nessuno dei due ed era veramente solo un discorso generico.
    “Vorrei capire quale può essere il legame, che deve essere qui, davanti a me. Un momento!”
    “Che succede?”
    “Uno dei segretari dello studio della seconda città ha cambiato nome. E lavora nell’altro ora, nell’ultima città.”
    “E negli altri due? C’è stato per qualche ragione?”
    “Aspetta… era stato nella prima proprio lo scorso anno, aveva sostituito una collega in maternità.”
    “Julie!”
    “Esatto… poi ha cambiato nome ed è prima andato nella terza, per due settimane in prova.”
    “E infine nell’ultima! Forse lo abbiamo trovato.Controllami una cosa per favore.”
    “Cosa?”
    Sentì l’esitazione nella voce dell’agente. Poi la richiesta.
    “Verificami se ha qualche contatto o parentela con Sam, so che mi nasconde qualcosa, ma non capisco cosa.”
    Era tentata di chiedergli come mai non lo aveva messo alle strette, ma poi si disse che non doveva essere facile quando conosci uno dei sospettati e non vuoi crederci.
    Ricordava come l’aveva ripugnata fare ricerche su Derek anni prima, non doveva essere meglio per Rossi sospettare di una persona a cui era affezionato.

    Hotch ricevette sul cellulare gli aggiornamenti di Garcia, chiamò Derek ed Emily per metterli al corrente, era meglio andare subito a prenderlo, prima che capisse che erano sulle sue tracce.
    Non era ancora chiaro come mai avesse scelto proprio quel modus operandi.
    Forse avrebbero capito quando lo avessero avuto di fronte.
    Ma in casa non c’era.
    C’erano però i suoi effetti personali.
    E una fotografia, Julie Green che sorrideva mentre scompigliava i capelli ad un ragazzino, che non voleva essere fotografato e distoglieva lo sguardo.
    La foto era pulita come ogni cosa in quella casa, un piccolo appartamento con camera da letto, salottino con angolo cottura e bagno.
    Chi era il ragazzino della fotografia? Era lui o era qualcuno a lui caro?
    E soprattutto: dove era andato adesso?


    Continua...

    SPOILER (click to view)
    Dovevo aspettare ancora qualche giorno, ma...un piccolo regalo ad un amica.
    Buon Compleanno, Pur.
     
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  10. rabb-it
     
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    Capitolo 24



    “Adesso posso andare?”
    L’uomo aveva guardato impaziente JJ al telefono ed appena lei aveva riagganciato le aveva fatto la sua domanda.
    Aveva passato l’ultima ora a rispondere alle sue domande, la donna gli era parsa molto gentile e partecipe della sua situazione, l’aveva vista intenerirsi davanti a sua figlia che gorgheggiava nel passeggino, ma era stata anche implacabile e decisa nel porre le domande.
    Sapeva bene su cosa stavano indagando, era su tutti i giornali.
    E le aveva detto quello che lui sapeva, sì era al corrente della tragedia accorsa a sua moglie quando era piccola, ne avevano parlato, lo aveva superato e no, lui non si era messo a fare il vendicatore solitario, aveva una bambina di cui occuparsi non avrebbe mai corso il rischio di farle perdere anche il padre.
    Le sue risposte parevano averla soddisfatta, stava per congedarlo ed ecco una telefonata, gli aveva chiesto scusa e domandato di aspettare un momento, e si era messa a parlare con quello che sembrava essere un collega.
    Lei rinnovò le sue scuse e gli chiese se aveva mai conosciuto un certo Ronald Hunt.
    “Certo che conosco Ronnie, è mio cognato.”
    “Cognato?”
    “Una specie, Ronnie è stato affidato per alcuni anni ai genitori di Julie, non lo hanno adottato, ma lui e Julie sono rimasti in contatto e lei lo ha sempre considerato un fratellino minore. No senta, lui… No, non può essere.”
    “Sapeva cosa era accaduto a Julie?”
    “Lo ha saputo lo scorso anno, mi ha sentito parlare con la persona che era con lei quando è successo tutto. Sembrava tranquillo, un po’ scosso, ma tranquillo.”
    “Ha parlato con Sam Richards?”
    “Sì, lei voleva sapere come stava, e io l’ho rintracciato. Poco prima che lei entrasse in coma è venuto a trovarci e si sono parlati. Julie voleva sapere una cosa.”
    “Cosa?”
    “Ecco… non ho capito molto bene.”
    “Dobbiamo sapere cosa si sono detti Sam e Julie, qualcosa che deve aver sconvolto suo cognato.”
    “Io non sono certo di aver capito cosa si siano detti, lei gli ha chiesto se era stato lui a farlo, lui ha detto solo che non aveva importanza. Allora lei ha insistito dicendogli che voleva essere sicura di ringraziare chi le aveva salvato la vita e permesso di diventare madre. E lui ha semplicemente fatto segno di sì con la testa, ma non ha più parlato. Tranne prima di salutarla. Non sono certo di aver inteso, e non voglio mettere Sam nei guai.”
    “Lo ha più rincontrato?”
    “No.”
    “E suo cognato?”
    “Mi ha sentito parlare con lui quando lo stavo salutando, e ha colto il dettaglio del fatto che grazie a lui Julie non era stata violentata, ho dovuto spiegargli. Non ho avuto tempo per vedere come l’avesse presa, pochi giorni dopo condizioni di mia moglie si sono aggravate e lei e la piccola hanno assorbito tutte le mie attenzioni.”
    “La ringrazio, ora la lascio andare, se dovessi ancora aver bisogno…”
    “…ha il mio numero, chiami pure, ma spero che vi sbagliate su Ronnie.”
    JJ non rispose, doveva ancora chiarire alcune cose, anzi la squadra doveva farlo, ma era fin troppo facile unire i vari fatti. E quelli inchiodavano Ronnie.
    E mettevano Sam in una posizione quantomeno curiosa.
    Perché non ha detto a Dave che il marito di Julie era al corrente dei fatti?
    E perché dire che aveva sparato lui, i rapporti parlavano di un solo colpo sparato da Rossi.
    Dave… cosa nascondi?

    Dave era alle prese proprio con quello che aveva cercato di tenere nascosto.
    Aveva raggiunto Hotch e gli altri all’abitazione di Ronald Hunt, poi Torrence.
    Garcia aveva scoperto che Torrence era il cognome della madre dell’uomo, mentre Hunt era stato il nome della prima famiglia che lo aveva avuto in affidamento, sul padre ancora nessuna notizia, ma stava cercando.
    I Green erano stati gli ultimi ad occuparsi di lui prima della maggiore età, e i soli con cui avesse tenuto dei contatti, la sua sola famiglia era Julie. E quello che le era successo doveva averlo sconvolto in qualche modo.
    Aveva anche scoperto che il solo legame tra Sam e Ronnie era sempre lei, Julie.
    Stava mettendo Hotch al corrente di quanto scoperto, e lui aveva chiamato JJ per dirle di chiedere al marito di Julie se conosceva Ronald.
    Quando aveva riagganciato Derek aveva chiesto a Dave cosa gli faceva sospettare di Sam, che sì aveva visto uccidere un uomo, ma gli pareva poco per essere sospettosi.
    E Dave gli aveva spiegato cosa non c’era nei rapporti dell’efbiai.
    Derek rimase senza parole, aveva capito che Rossi e Hotch nascondevano qualcosa, ma non immaginava una notizia del genere, perlomeno non da uno come Hotch.
    Non si conosce mai qualcuno fino in fondo.
    Mentre l’uomo rimuginava Hotch si rivolse a Rossi e gli domandò come Sam avesse preso le sue domande.
    “Penso che – deluso - sia il termine più adatto. Non credo potrò tornare a trovarli molto presto.”
    Continua...
     
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  11. rabb-it
     
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    Capitolo 25



    Presto arriverà. Esattamente come gli altri quattro.
    Si aspetta di trovare una preda ed invece troverà una pallottola. Non meritano pietà.
    Nessuno di loro ne merita. Nessuno.

    L’uomo fece un ultima verifica al fucile che teneva in mano.
    Era pronto.

    Derek aveva messo il computer, trovato nell’appartamento, a disposizione di Garcia, lei lo stava scandagliando in remoto da Quantico alla ricerca di qualcosa che li mettesse sulle tracce di Ronald.
    E trovò qualcosa, un indirizzo mail tramite il quale Ronald aveva contattato le sue vittime.
    Presentando loro un ragazzino.
    Derek fissò Emily.
    “Avevi ragione.”
    Lei guardò le mail trovate da Garcia e la foto del ragazzino.
    “Quasi, non usa un bambino come vittima, usa sue fotografie di quando era piccolo.”
    Gli disse indicando la fotografia di lui che avevano visto appena entrati.
    “Almeno quello… un bambino come ulteriore vittima non avrebbe collimato con il profilo di giustiziere a chi fa loro del male.”
    “Non è cambia molto le cose, sapevamo che uccide chi considera colpevoli.”
    “Almeno sappiamo che tende loro una trappola, guarda… le mail non sono solo alle quattro vittime, alcuni lo hanno coperti di insulti e minacciato di denunciarlo.”
    “Avrebbero dovuto farlo.”
    “Sei appena uscito di prigione ed un tale ti manda fotografie di un bambino, sicura che la prima reazione sia correre alla polizia?”
    “Forse no. Insomma fa dei test in cui mette alla prova gli ex carcerati, se questi accettano è la loro condanna a morte.”
    “L’ultima mail inviata?”
    Chiese Derek all’informatica che stava seguendo interessata lo scambio tra i due profiler.
    Lei mostrò l’ultima.
    Poi uno dei suoi schermi mandò un bip e si aprì una scheda.
    “Ho trovato il padre di Ronald, ragazzi non ci crederete.”
    “Garcia, il nome.”
    Quando lo sentirono gli agenti si guardarono tra di loro consapevoli finalmente di aver scoperto cosa aveva fatto scattare Ronald. Dopo tutto quel tempo.
    “E poi dicono che le coincidenze non esistono.”
    Scappò detto a Rossi.
    “Dobbiamo scoprire dove si incontrerà con la prossima vittima, ho il sospetto che non sia scappato, ma che stia solamente portando a termine una specie di incarico.”
    “E visto il padre non sorprende. Che avesse molestato anche lui?”
    “Probabile.”
    “Non è detto, la madre se ne andò con il figlio quando lui era ancora molto piccolo, potrebbe averlo salvato.”
    “Non del tutto…”
    “… no non del tutto.”

    JJ intanto era alle prese con alcuni giornalisti.
    “Avete novità sul caso del giustiziere?”
    “Gli lascerete fare il lavoro sporco al posto vostro ancora per un po’?”
    “Perché non siete intervenuti prima?”
    E quelle erano solo le domande più facili.
    Quelle per cui un semplice:
    “Non abbiamo novità. Deve essere fermato. Siamo intervenuti quando ci hanno contattati.”
    Aveva sistemato i primi, ma poi partivano con le illazioni su precedenti casi, su insabbiamenti.
    E lì era difficile.
    Sapeva come mai Hotch l’aveva voluta in squadra, per proteggere Rossi se fosse saltata fuori la verità su quel vecchio caso.
    Perché era ovvio che Dave aveva mentito riguardo a quello che era capitato a Sam e a Julie, ma si fidava di Hothc, se lui copriva Dave doveva avere delle ottime ragioni.
    Che si sarebbe fatta spiegare una volta finita quella storia.
    Vide arrivare i suv dei colleghi, aspettò che scendessero e li seguì mentre entravano negli uffici della polizia, avevano un nome da controllare e da trovare, e capire dove si erano dati appuntamento Ronald e l’ultima sua vittima.
    Sulle mail non era mai specificato, il luogo dell’appuntamento veniva segnalato con un biglietto lasciato in qualche bar e simili, niente telefonate rintracciabili, niente mail.

    Al bar in questione erano andati Derek ed Emily, per vedere se il barista aveva notato qualcosa, o magari letto.
    Niente, si era fatto gli affari suoi.
    Per una volta che mi serviva un impiccione.
    Pensò Derek.
    Lui ed Emily perlustrarono i paraggi del bar con la squadra SWAT, avevano il sospetto fondato che potesse essere un posto nei paraggi.
    Ma la ricerca non ebbe l’esito sperato. Raggiunsero gli altri alla centrale.
    Vennero ragguagliati sulle domande della stampa.
    Poi il capitano della polizia andò da loro.
    “Abbiamo ricevuto una chiamata, un uomo ha notato un tale armeggiare con un fucile a questo indirizzo.”
    Disse porgendo ad Hotch un foglietto. Poi aggiunse:
    “Ho mandato là due pattuglie, mi hanno detto di averlo visto fuggire quando li ha visti, la descrizione combacia. Lo stanno inseguendo.”
    Hotch fissò l’uomo per alcuni istanti prima di sbottare:
    “E COSA ASPETTAVA A DIRCELO?”
    I colleghi trasalirono davanti alla reazione di Hotch. Non era tipo da mettersi ad urlare.
    L’uomo riprese immediatamente il controllo, e si scusò per aver alzato la voce.
    Si diressero dove era stato segnalato l’ultima volta Ronald, o almeno l’uomo che corrispondeva alla sua descrizione.
    Mentre cercavano di capire dove si fosse nascosto, sentirono chiaramente il rumore di un colpo di arma da fuoco a pochi metri dalla loro posizione.
    Senza por tempo in mezzo corsero nella direzione dello sparo.
    Una volta raggiunto il vicolo videro Ronald che teneva stretto il suo fucile.
    Davanti a lui un uomo steso a terra, probabilmente morto.
    “GETTI IMMEDIATAMENTE L’ARMA A TERRA!”
    Era quanto stavano gridando all’uomo che pareva sorpreso per la reazione delle forze dell’ordine.
    “Era necessario, cinque per cinque. Ora ho finito.”
    E mise l’arma parallela al suo corpo, con la canna puntata sotto il mento, pronto a fare fuoco.
    “Sappiamo di tuo padre, non devi finire come lui. Tu non hai colpa di quello che ha fatto.”
    “Ma ho ucciso. Devo comunque pagare.”
    “Non così. Pensa a Julie, cosa penserà se ti uccidi? Che lei per te non ha fatto niente.”
    “Lo penserebbe lo stesso, non sarebbe di certo fiera di me.”
    “Non lo so, hai letto i giornali, hai protetto i bambini, lei te ne sarà grata.”
    “No, non lo sarà, lei odiava la violenza. Ha sempre detto che la violenza ne genera altra, non avrebbe mai fatto quello che ho fatto io.”
    “No, non lo avrebbe fatto, ma se avesse saputo di tuo padre avrebbe capito, perché dovevi farlo. Metti giù il fucile.”
    “No, non avrebbe capito.”

    Continua...
     
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  12. rabb-it
     
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    Capitolo 26



    “Capito!”
    “Sicura? Io stesso facevo fatica a raccappezzarmici. Era un puzzle troppo complicato.”
    “La cosa che mi sconvolge è che tutto si sarebbe potuto fermare se uno solo dei pezzi del puzzle non avesse combaciato.”
    “Una serie sfortunata di coincidenze, Ronald che era profondamente disgustato da alcuni dei dossier che gli capitavano tra le mani, e l’idea di farne arrestare alcuni se cadevano nella sua trappola.
    Julie che si ammala, lui che poco tempo dopo scopre chi era suo padre, e l’arresto che non gli basta più.”
    “Il padre gli aveva insegnato a maneggiare le armi, vero?”
    “Sì, fin da piccolo.”
    “Ma il cambio del cognome, è stato quando ha scoperto chi era suo padre, giusto?”
    “Sì, credeva che gli Hunt lo avessero adottato alla morte della madre, invece era uno zio, fratello del padre e lui non voleva avere quel cognome.”
    “Ma perché suo zio non gli ha detto la verità?”
    “Per la stessa ragione del nonno di Matt Spicer, quando gli nascose che i suoi erano stati assassinati, per non sconvolgerlo dicendogli chi era il padre, come genitore adottivo poteva dirgli che non sapeva chi fosse, come zio, era ben difficile che non lo sapesse.”
    Garcia fisso a lungo Derek, sapeva quanto la morte di Spicer lo avesse lasciato sconvolto, era la prima volta che ne parlava riferendosi ad un caso.
    “Ma perché poi lo hanno mandato nella casa famiglia, dove lo hanno trovato i Green?”
    “Suppongo che temessero di non riuscire a tenere il segreto.”
    “Così lo hanno abbandonato, senza un passato, senza le sue radici.”
    “Un comportamento detestabile, ma forse credevano di fargli un favore.”
    “Poveretto, non riesco a non provare pena per quello che deve aver passato, so bene che ha ucciso ed è sbagliato, ma… non riesco a non pensare anche a chi ha ucciso, gente pronta a fare ancora del male a dei bambini.”
    “E se invece avesse ucciso qualcuno che come lui voleva far arrestare uno schifoso?”
    Garcia si porto le mani al volto.
    “L’ultima vittima.”
    “Esatto, la chiamata anonima alla polizia sull’uomo armato era arrivata proprio dal telefono della sua ultima vittima, voleva farlo arrestare… non immaginava che era finito nella rete del giustiziere.”
    “Ma ne parlavano tutti i giornali? Come faceva a non sospettare?”
    “Suppongo che non pensasse che mettesse alla prova le vittime prima di ucciderle, deve aver pensato di dare una mano al giustiziere.”
    “Ed invece… però era stato in carcere per pedofilia?”
    “No, era stato accusato, ma prosciolto. L’ultima vittima era una brava persona, che non ha pensato che era meglio rivolgersi alla polizia e segnalare la mail, temeva che lo avrebbero accusato di nuovo.”
    “Oddio…”
    “Già, Juile aveva ragione, la violenza genera solo altra violenza.”
    “Cosa gli accadrà ora?”
    “Verrà processato per i cinque omicidi, il suo avvocato si appellerà ad una probabile seminfermità mentale dovuta allo stress per le cose che aveva scoperto su suo padre, e l’accusa calcherà la mano sull’ultima vittima, perché la pietà della giuria per le prime quattro sarà quasi assente.”
    “Reid mi ha detto che sei stato tu a convincerlo a mettere giù il fucile, quando era praticamente pronto a spararsi.”
    “Già, spero di non dovermene pentire un giorno.”
    “Hai fatto la cosa giusta.”
    La donna gli mise una mano su una spalla, lui la abbracciò posandole un bacio in fronte.
    Erano rientrati e come prima cosa lui era andato da Garcia a sfogarsi.
    Quando parlarono di Julie e del suo coma gli era difficile non pensare a quello che Penelope gli aveva detto quando si stava rimettendo dal suo.

    Circa un mese fa…
    Era più di un mese faceva terapie, la parola era tornata, anche se a volte incespicava ancora se era molto agitato, lo avevano dimesso e stava recuperando autonomia anche in casa sua, Reid era passato in ospedale a scusarsi di averlo spinto.
    Lui gli aveva detto che manco se lo ricordava.
    Penelope, JJ ed Emily erano le più assidue, nelle visite.
    JJ portava Henry con se quando passava, così era impossibile per lui farle domande di lavoro, non si parla di quello che vedevano sul lavoro davanti ad un bambino di quasi due anni, sono dei piccoli registratori di tutto quello che gli capita intorno a quell’età.
    O almeno era quello che gli diceva JJ quando lui le domandava qualcosa.
    “No, dai, Henry è nell’età in cui inizia a ripetere tutto quello che sente, evitiamo che senta brutte cose, va bene?”
    Lui sospettava che non fosse proprio vero del tutto, ma non voleva rischiare di traumatizzare il piccolino.
    Stesso ragionamento quando passava Hotch. Rigorosamente con Jack, cosa anche logica visto che per lavoro stava fuori spesso almeno quando era in libera uscita lo teneva sempre con se.
    Ma Hotch era passato una, forse due volte, niente in confronto alle visite quasi giornaliere di Penelope.
    “Kevin rimpiangerà che io mi sia mai svegliato dal coma, se continui a passare a trovarmi.”
    “Non dirlo nemmeno per scherzo! Kevin sa che ti voglio bene e… alla sua gelosia penso io… confesso che mi spiacerebbe se non lo fosse nemmeno un poco.”
    “Davvero bambolina, non voglio causarvi problemi, sto molto meglio davvero.”
    “Sai qual’era la cosa peggiore mentre eri la in quel letto incosciente?”
    “Quale?”
    “Quando ho scoperto che avevi lasciato per iscritto che se il coma durava a lungo, se fosse peggiorato, non dovevano rianimarti nel caso avessi avuto un arresto cardiorespiratorio. Tremavo alla sola idea che ti lasciassero morire.”
    “Sono qui e sto bene. Quella cosa è… un assicurazione, di non finire i miei giorni attaccato ad un respiratore.”
    “Quando lo hai fatto?”
    “Anni fa, quando andai ad assistere un collega a cui avevano sparato alla testa, la moglie e i bambini passavano ogni giorno a trovarlo e lui era là… senza nessuna speranza di ripresa.
    Era uno stato vegetativo. Non respirava autonomamente.
    Un giorno chiesero alla moglie se potevano staccare il respiratore.
    Fu straziante, se lui avesse lasciato indicazioni lei avrebbe solo dovuto far eseguire la sua volontà e non sarebbe toccato a lei decidere, anche se sapeva cosa suo marito avrebbe voluto.”
    “E tu hai lasciato le indicazioni per un tuo eventuale incidente…”
    “… non voglio costringere nessuno a dover scegliere per me.”
    “Io ero atterita, se il coma fosse diventato più profondo se…“
    “…Hey sono qui”
    “Uno dei giorni in cui eri ancora grave mi ricordo che sentii Reid lamentarsi con uno dei medici che la situazione non stava cambiando e che era ancora come il giorno precedente. Gli urlai di smetterla di farsi sentire mentre lo diceva. E griadi a te di non ascoltarlo. JJ mi fece uscire dalla stanza, dovevano farti un elettroencefalogramma per verificare le reazioni cerebrali e mi sentivo morire.”
    “Ah… ecco spiegato…”
    Si bloccò preoccupato di cosa stava per dire.
    “Cosa?”
    Quella era Penelope avrebbe capito. Ne era certo.
    “Mentre ero in coma, ecco io… ebbi una serie di incubi. In cui io ero legato su una specie di lettiga e qualcuno mi tormentava. Una volta sentì chiaramente la tua voce gridare proprio quelle parole.
    E poi lampi di luce. Era l’elettroencefalogramma.”
    “Chi era a darti il tormento?”
    Un po’ vergognoso di quello che stava per dire l’uomo si fece coraggio.
    “Reid, per quello ero sconvolto quando al mio risveglio sembravate tutti convinti che fosse stato solo un incidente.”
    “Ah ecco perché Reid disse che lo avevi guardato in cagnesco al risveglio. Non era solo per lo spintone…”
    “…spintone che io non rammento!”
    “Eri furibondo perché ti aveva tormentato.”
    La donna mise una mano davanti alla bocca per trattenere un eccesso di risa.
    “Ehy, che ti ridi?”
    Ma nel dirlo stava ridendo anche lui, all’idea di Reid che effettivamente lo aveva tormentato per tutta la settimana.
    Solo non come ricordava.

    Continua...
     
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    Capitolo 27



    Ricordava ogni cosa.
    Era tutto lì davanti a lui. Il carcere a vita lo attendeva, probabilmente anche una serie di psichiatri a scandagliare la sua mente per capire cosa fosse scattato, per giustificare gli omicidi.
    All’inizio pensava con gratitudine dell’agente che lo aveva fermato, ma era prima.
    Prima di sapere.
    Prima di capire che una delle persone da lui uccise voleva fare quello che si era ripromesso lui quando aveva iniziato a raccogliere informazioni dagli schedari dove lavorava.
    Come ha fatto a sfuggirmi quel dettaglio? La fretta, ho letto solo che era prossimo alla scarcerazione e non ho badato a tutto l’insieme.
    E la gratitudine se ne era andata.
    Era meglio se mi avesse lasciato morire.
    Ora sarebbe dovuto vivere con il senso di colpa.
    Poteva farcela per quello che riguardava le prime quattro vittime, sapeva che il suo avvocato gli avrebbe consigliato di dimostrarsi pentito per tutti i suoi delitti, ma lui si pentiva solo dell’ultimo.
    Era l’unico vero senso di colpa.
    Ricordava come tutto era iniziato. Una mail mandata per errore, una minuscola al posto di una maiuscola e una delle sue fotografie della sua infanzia con Julie era finita nella casella di posta sbagliata. O era quella giusta?
    L’uomo risponde che la donna non lo interessa, ma il bambino sì.
    Va a controllare cosa ha scritto nella mail. Era uno dei soliti scherzi con Julie, lei gli aveva domandato se aveva qualcuna delle loro fotografie, e lui le aveva mandato quella con scritto semplicemente: Interessa il soggetto?
    Non c’erano intenti malevoli, ma l’indirizzo era sbagliato.
    Erano mesi che era schifato da alcuni dei casi di cui si occupavano nello studio per cui lavorava.
    Aveva fatto delle indagini e scoperto che l’uomo aveva precedenti. Voleva incastrarlo.
    Poi quando si stava avvicinando il momento in cui avrebbe dovuto rivolgersi alla polizia, la scoperta.
    Hunt non era il cognome dei genitori adottivi, era anche il suo, quelli erano i suoi zii.
    Suo padre era stato ammazzato da un colpo di fucile alla gola.
    Julie era stata aggredita e per difenderla un suo amico aveva sparato all’aggressore colpendolo alla gola, forse mirava alla spalla o alla testa, non lo sapeva e non glielo avrebbe chiesto mai.
    Non poteva essere solo un caso, era un segno.
    Era stato allora che aveva deciso, non ci sarebbe stato arresto per una persona che era pronta a distruggere la vita di un bambino.
    Indagine, sentenza, condanna.
    Cinque erano state le vittime riconosciute al padre, cinque sarebbero state le persone che lui avrebbe costretto a rivelarsi per i mostri che erano.
    Un mostro ucciso per ogni vittima.
    Invece ne mancava uno.
    Ma quello era meglio non dirlo allo psichiatra.
    Avevano già abbastanza dati sui suoi disturbi senza che intuissero che per lui la storia non era ancora finita.
    Se in prigione gliene fosse capitata l’occasione, non si sarebbe tirato indietro.
    Ma se avessero saputo, lo avrebbero per sempre tenuto in isolamento.
    Il marito di Julie gli aveva messo a disposizione un avvocato, lui aveva rifiutato, avrebbe preso un legale d’ufficio, non poteva permettere che la famiglia di Julie si indebitasse per aiutarlo, era stato perentorio.
    “Occupati di tua figlia, io so cavarmela da solo.”

    Solo, era così che si sentiva.
    Anche quando non lo era, come in quel caso.
    Stavano rientrando dall’ultimo caso.
    Era stato il loro primo caso senza JJ.
    C’erano state altre occasioni in cui lei non li aveva seguiti nei casi, rare, forse due.
    E per ora la sensazione era di estraneità, come se non fosse ancora accaduto niente, come se nel rientro in ufficio l’avrebbero trovata per il briefing sui prossimi casi, come sempre.
    Ed invece no.
    Non si era ancora parlato di un nuovo addetto alle comunicazioni con la stampa, per ora svolgevano lui e Rossi l’incarico lasciato vuoto, cercando di non pensare che lei se la sarebbe cavata molto meglio. Era naturalmente portata per la diplomazia.
    Il talento non lo impari, è innato.
    E lei in quel campo era la migliore.
    Reid era di fronte a lui, pareva perso nei medesimi pensieri, ma non osò far domande.
    Ognuno di loro era affezionato in maniera diversa a JJ, per tutti loro l’assenza aveva avuto un peso.
    Forse per Reid maggiore che per altri, era stato a lei che si era confidato dicendole che aveva fatto del male a Derek, e gli aveva permesso di capire cosa forse era accaduto prima di ritrovarlo a LasVegas.
    Derek li raggiunse con dei caffè per tutti.
    Spesso nei rientri si mettevano ognuno per conto proprio, lui a sistemare i rapporti, Derek ad ascoltare musica, Reid magari faceva qualche solitario, Emily e Rossi giocavano a carte.
    Quel giorno no.
    Lui era seduto nei sedili doppi, aveva a fianco Rossi e di fronte Derek e Reid, Emily era nel sedile di fianco ai loro, al di là del corridoio del jet.
    Guardava Reid e Derek con un espressione serena in volto, come felice di vederli ancora insieme.
    E nello stesso tempo aveva uno sguardo triste.
    Spesso sedeva di fronte a lei JJ e chiacchieravano.
    Quel posto vuoto e silenzioso pareva fare un baccano indicibile nella sua testa.
    JJ ci manchi era stampato sui volti di ognuno.
    “Avete saputo di Julie Green?”
    Era stato Derek ad interrompere il silenzio.
    Un cenno di diniego da parte dei presenti e lui iniziò a spiegare.
    “Sembra che la terapia sperimentale a cui l’avevano sottoposta stia facendo effetto, forse potrebbe riprendersi. Anche se mi domando… io ci ho messo mesi e sono stato in coma solo una settimana, potrà tornare come prima.”
    “No.”
    Tutti guardarono stupiti Reid e la concisione della risposta, era la prima volta da quando lo conoscevano che non partiva per la tangente con spiegazioni sulla chimica del cervello, o al sua fisiologia per spiegare il concetto, solo un no.
    “Dai Spencer, potrebbe anche farcela.”
    “Non ho detto che non potrà avere di nuovo una vita normale, ho solo detto che non potrà tornare come prima.”
    Sintetico. Anche troppo.
    “Ehy… sono io quello che si è fatto una settimana di coma e sarebbe dovuto cambiare, mica tu? Dove hai messo Spencer Reid?”
    Sorrisero tutti alla battuta, tranne il destinatario dell’ironia.
    “Dai Reid, scherzavo, ok?”
    “Sì… era che pensavo a quando ti sei svegliato ed ho detto a JJ che mi avevi guardato malissimo.”
    “Animo… ti ho spiegato, mi ricordavo degli incubi come se fossero cose accadute.”
    “Ma sì, ho capito. Incubi.”
    “Però caspita se sembrava vero!”
    “Ah grazie…”
    “Sapete, quando morì Haley facevo spesso lo stesso sogno, salivo le scale vedevo lei a terra, scorgevo le scarpe di Foyet sbucare da sotto la tenda e facevo fuoco.
    Solo che stavolta lui era morto. Niente inseguimento, niente lotta.
    Però quando voltavo il corpo c’era Jack, lo teneva all’altezza del petto e con una mano premuta sulla bocca così lui non aveva potuto gridare aiuto, lo avevo ucciso.
    Ed ogni volta che capitava questo incubo, per quanto razionalmente sapevo bene che Jack stava bene, dovevo accertarmene. Passavo spesso il resto della notte a guardarlo respirare e a chiedermi cosa avrei fatto se…
    I primi giorni, settimane, era stato più facile, lui voleva stare con me e averlo a fianco nel lettone era utile per calmare l’ansia, ma poi quando ricominciò a dormire nella sua cameretta, mi ritrovavo ad alzarmi e lo raggiungevo, ripetendomi quanto fossi stupido.
    Ed erano solo incubi.”
    Derek restò stupito della confidenza, era certo che a malapena con lo psicologo addetto alle valutazioni del personale lo avesse confidato.
    Doveva essersi preoccupato parecchio per lui, quando aveva saputo che credeva che Reid lo avesse torturato. Forse si spiegava meglio la sua reticenza a farlo tornare in piena attività.
    Hotch colse lo sguardo stupito di Derek, non era tipo da confidenze personali, ma aveva la sensazione di essersi liberato di un peso.

    Continua...

    SPOILER (click to view)
    Come promesso altrove, ecco un altro capitolo prima di sera... la fine si avvicina.
    Ancora un po' di pazienza.
     
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    Capitolo 28



    Peso, costrizione, obbligo.
    Sinonimi.
    Aveva bisogno di una pausa. Era passata un altro mese, nell’ultima settimana era stata assegnata loro una nuova addetta alle pubbliche relazioni della squadra.
    Doveva essere presente, il capo non può assentarsi.
    Ma un capo deve saper delegare e lui in quel momento doveva prendersi una pausa, era troppo che rimandava. Gli era necessaria.
    Derek aveva già ampiamente dimostrato di essersi ripreso, poteva lasciargli l’incarico per qualche giorno. Aveva fatto presenti le sue intenzioni a Rossi, che gli aveva chiesto se aveva già una meta.
    “Devo portare Jack a trovare una persona, ha una promessa anche lui da mantenere e me lo ha detto giusto l’altra sera.”
    “Così piccolo ed ha già i suoi giri di amicizie, caspita.”
    Aveva scosso la testa sorridendo dell’uscita del collega, so avesse saputo dove sarebbe andato forse non sarebbe stato così divertito, ma Jack aveva veramente qualcosa da fare. Un appuntamento preso quasi 14 mesi prima, quando c’era ancora la sua mamma.
    Sapeva che doveva accontentarlo, era un piccolo legame con il ricordo di sua madre, un modo perché il suo ricordo fosse collegato a cose felici.
    E in quel posto lui ed Haley con Jack erano sempre stati felici, anche dopo il divorzio.
    Una settimana.
    Senza pensare al lavoro, tranne forse i primi momenti, quelli delle spiegazioni.
    L’ultima volta che li aveva visti, anche se non ricordava con precisione, era stato al funerale di lei, i primi momenti non sarebbero stati facili, ma sarebbero passati e sarebbero andati oltre.
    Lo doveva a Jack. Ad Haley.
    A se stesso.

    Derek rimase di stucco, non si aspettava di nuovo l’incarico di capo, anche se solo per una settimana. Era comunque felice di poter mantenere la promessa che gli aveva fatto mesi prima.
    “Se in qualche modo potrò aiutarti a passare più tempo con Jack ci sarò.”
    Ecco il momento era arrivato.
    Sapeva che potevano chiamarlo in caso di necessità, ma sperava che riuscissero a non disturbarli.
    Era conscio e consapevole di quanto importi non solo la qualità del tempo che si passa con i propri figli, ma anche la quantità.
    Sarebbero state giornate preziose per Jack, per sapere che lui non veniva dopo il lavoro.
    “Andrà tutto bene, anche per la novellina, meno pressione. Potrà ambientarsi.”
    “Io non le faccio pressioni!”
    “Certo come no, Hotch… l’hai chiamata JJ questa mattina.”
    “Ok la pausa mi serve.”
    Derek temeva che la sua uscita lo facesse irritare, invece lo aveva visto divertito.
    Cosa preoccupante.
    Sì la pausa gli serve.
    Ma era contento che l’avesse presa bene.

    Uno squillo.
    Un secondo, la cornetta che viene sollevata.
    “Ciao, sono Hotch, mi chiedevo se io e Jack possiamo passare a trovarvi, lui mi ha parlato di una promessa che avrebbe fatto ad Elise.”
    Rimase in ascolto della risposta, l’espressione seria in volto.
    “No, non porterei mai Jack con me in quel caso. Ma se preferisci che non vengo capisco.”
    Dall’altro capo della cornetta dovette arrivare una replica ironica, il volto si distese in un accenno di sorriso.
    “Va bene, allora ci vediamo domani. Ciao.”

    Continua...


    SPOILER (click to view)
    Sì ecco.... non è ancora finita.
     
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    Capitolo 29



    “Ciao Jack, sei venuto!”
    Con quel grido di gioia da parte di una sua coetanea vennero accolti i due Hotchner.
    Aaron non se la prese per essere stato palesemente ignorato dalla piccolina, era evidente che aspettava suo figlio con ansia.
    Poi la piccola alzò lo sguardo su di lui e sorridendogli lo salutò.
    “Ciao, io e Jack andiamo a vedere il puledrino.”
    “Calma signorina, prima diamo tempo a Hotch e Jack di riprendersi dal viaggio, il puledrino sarà ancora lì tra un oretta.”
    “Ma papà… Jack è venuto apposta!”
    “Lo so. Entrate, non date retta alla peste, per lei le cose vanno fatte…ieri!”
    “Chissà da chi ha preso?”
    “Uhm… mi appello al quinto, signor procuratore.”
    Hotch scosse la testa divertito dall’ironia dell’amico.
    “Non sono più procuratore da un pezzo, ma va bene accetto l’obiezione, assolto per insufficienza di prove. Ma mi riservo il diritto al controinterrogatorio.”
    Vide nello sguardo dell’amico un lampo di preoccupazione alla parola interrogatorio, ed ebbe la netta sensazione che fosse bene sbrigarsi a lasciarsi tutto alle spalle.
    Lui e Jack presero possesso della stanza degli ospiti, disfò i bagagli, fece cambiare il piccolo, e una volta assicuratosi che non aveva alcuna voglia di un riposino pomeridiano uscirono per raggiungere gli altri.
    La moglie del suo amico arrivò con la macchina in quel momento, dal lavoro, dall’auto scese un ragazzino sugli otto anni.
    Forse sono già nove ora che ci penso.
    Si disse Aaron vedendo quanto era cresciuto dall’ultima volta che lo aveva visto.

    Diverso tempo prima.
    Avevano appena chiuso un caso, aveva dovuto confessare agli altri che non avrebbe dovuto volare, e mentre stava rientrando a Washington D.C. con la macchina si era sentito con Haley, per tranquillizzarla del fatto che avrebbe preso una pausa dal lavoro.
    Lei si era subito preoccupata di sapere come stava e dov’era e le aveva spiegato del rientro non proprio veloce. E lei gli aveva chiesto se voleva stare un poco con Jack.
    Era andata da dei loro comuni amici, si era fermata un paio di giorni da loro, se lui voleva poteva dirigersi lì, era di strada, e gli avrebbe lasciato Jack se aveva voglia di passare del tempo con lui.
    Non gli capitava spesso di poter stare con suo figlio, e sapeva che grazie al suo lavoro sarebbero state rare certe occasioni, quindi non ebbe esitazioni ad accettare la proposta.
    Quando arrivò vide Jack giocare davanti alla veranda con Elise, Joseph stava imparando ad allacciarsi da solo le scarpe e i due discoli si divertivano a tiragli le stringhe.
    “Il prossimo che mi tira una stringa dovrà pulire la stalla!”
    “Siamo piccoli per la stalla!”
    Gli replicava la sorellina, scatenando l’ilarità di tutti i presenti.
    Hotch compreso.
    Lui ed Haley si salutarono, lei aveva già detto a Jack che sarebbe rimasto papà con lui e sarebbero rientrati insieme, al piccolo pareva una splendida avventura.
    Haley venne salutata anche dagli altri, erano amici di entrambi e non avevano mai detto una sola parola a favore o contro uno dei due, mai. E avevano fatto di tutto per conservare quell’amicizia.
    Riuscendoci.

    Tornò al presente, Elise gli aveva tirato una manica.
    “Adesso andiamo?”
    “Certo, se per i tuoi va bene. Ciao Tania, ciao Joseph.”
    “Ciao Aaron, Elise ti ha già sequestrato vedo.”
    “Ciao Hotch! Anche questa mattina mentre facevamo colazione era agitatissima all’idea che stavate venendo qui.”
    Sorrise alla precisazione del bambino sul caratterino della sorella, forse aveva smesso di slacciargli le scarpe, ma di sicuro non lo faceva annoiare.
    Arrivò anche il padre dei due discoli in questione.
    “Sarà meglio che andiamo, almeno non ci metterà fretta mentre ceniamo.”
    “Sbaglio o hai acceso una griglia là dietro.”
    “Non sbagli, più tardi costolette. Verdure grigliate e hamburger.”
    “Papà!”
    “Va bene, andiamo a vedere il puledrino.”
    In occasione di quella visita Elise aveva detto a Jack che di lì ad un anno circa sarebbe nato un puledrino, dato che la gestazione dei cavalli dura circa 13 mesi, e da li a breve la loro cavalla sarebbe stata in attesa.
    Il come era un dettaglio che ai bambini interessava poco, ma la piccola si era fatta promettere da Jack di tornare a vedere il puledrino.
    E Jack qualche giorno prima lo aveva ricordato al padre.
    Era stata l’ultima volta che Jack aveva visto lui e la madre insieme, se si esclude la visita in ospedale, decisamente quello era un ricordo migliore.
    Una cosa da conservare con cura.
    Temeva un po’ il momento, la percezione dell’assenza della madre ormai era evidente, e poteva anche prendere la cosa per il verso sbagliato, come quando alla cassa del supermercato il mese prima la cercava. Ma non poteva rimandare, avrebbe rivisto molte cose che avevano a che fare con sua madre, non poteva fare finta di niente.
    Dovevano andare avanti.
    Il puledrino si reggeva sulle lunghe zampe e li guardava curioso.
    Sam prese la cavezza della madre e la fece allontanare un poco, permettendo ai bambini di sfiorare il manto del piccolo senza rischiare che lei li mordesse.
    Lui si allontanò con Sam, lasciando a Tania il compito di tenere d’occhio i bambini, che parevano in estasi, Elise mostrava a Jack come carezzare la bestiola. Joseph lo dirigeva verso di loro.
    Vide l’amico carezzare la giumenta.
    “Ci sai fare, non sembra minimamente preoccupata per il suo piccolo.”
    “Ahem… te la cavi meglio coi profili ai bipedi. Le vedi il collo? È un fascio di nervi, sta ferma solo perché si fida di me, ma non vorrebbe. Guarda la coda! Fidati è estremamente preoccupata.”
    “Ah… e se decidesse di andare a riprendere il piccolo come la fermeresti?”
    “Non lo farei, per quello stanno accarezzando il puledrino al di là delle sbarre, Tania mi tiene d’occhio e se mi accorgo che sta per scapparmi le grido e lei fa scansare in fretta i bambini.”
    Hotch osservò la donna, effettivamente buttava sguardi ansiosi nella loro direzione.
    “So che ci sei rimasto male per David.”
    “Stava facendo il suo lavoro. Niente di male.”
    “Come hai detto tu a fare il profilo ai bipedi me la cavo, guarda che è normale che ti sia arrabbiato.”
    “Non sono arrabbiato con David. Sono solo… un po’ deluso ecco. Credevo mi conoscesse.”
    “Quando al telefono mi hai chiesto se era il secondo round mi sei parso arrabbiato, sapevi che avevamo arrestato il colpevole. E poi hai aggiunto - Jack va bene, solo non portarti dietro Dave.”
    “Va bene, sono anche un po’ arrabbiato. Posso smaltirla a modo mio o ci sta una qualche regola dell’Efbiai anche per quello?”
    “Abbiamo regole per quasi ogni cosa, dovresti saperlo, il fatto è che… sono un po’ curioso, perché non hai detto a Dave che avevi incontrato Julie e suo marito?”
    “Se dico che ero certo che marito non fosse, e sapevo che tanto lo avreste controllato lo stesso non basta vero?”
    “Me lo farò bastare. Ma poteva essere considerato intralcio alle indagini.”
    “Scusa, ma non è stato il cognato? Io non ci ho nemmeno parlato, arrivava quando me ne stavo andando.”
    “Lo so, ce lo ha detto il marito di Julie, ma tu avresti dovuto dirci la verità lo stesso.”
    “Per la serie, ora sta a vedere che è Dave ad essere arrabbiato con me.”
    “Non credo… un po’ deluso magari!”
    “Sai che non è per niente carino fare il verso al prossimo, vero?”
    I due uomini risero e Sam fece segno alla moglie che avrebbe lasciato andare la giumenta.
    Lei fece allontanare dalle sbarre i bambini che restarono a guardare il piccolino che si dirigeva deciso alla latteria.
    “Doveva avere un sacco di fame.”
    “E noi no?”
    La domanda fu colta da gridolini di entusiasmo.
    Sam prese in giro Hotch quando gli sentì dire al figlio:
    “Jack cosa facciamo prima di mangiare che non mi ricordo?”
    Il piccolo rispose deciso: “Ci laviamo le mani.”
    E mentre lui si dirigeva in bagno Sam lo canzonò così:
    “Scusa Hotch, ma se cominci già adesso a dirgli che non ti ricordi le cose, quando avrà dieci anni vorrà mandarti in una casa di riposo, alzahimer precoce.”
    “Davvero spiritoso!”
    Una volta che tutti si furono lavati le mani, Hotch e Sam si trovarono da soli davanti alla griglia.
    Meglio finire il discorso iniziato prima. Si disse Hotch.
    “Sai cosa è successo?”
    “A grandi linee, da quello che dicono i giornali.”
    “Posso andare nel dettaglio?”
    “Fai pure, ah…fino a che non ci ronzeranno intorno certi squaletti famelici.”
    “Ovviamente. Allora Ronald Hunt stava avendo un periodo di forte stess sul lavoro, voleva incastrare dei pedofili ed ha scoperto che suo padre era stato accusato di abusi sui minori, era un secondino in un carcere.
    La cosa lo ha sconvolto, il padre era stato assassinato, era venuto per sfogarsi con Julie ed ha scoperto quello che vi era capitato. Ed anche il vostro persecutore era stato ucciso, da un proiettile alla gola. Nel delirio lo ha interpretato come un segno, una coincidenza che voleva dirgli qualcosa. Poi Julie si è aggravata, lui non ha mai osato dirle nulla, ed è esploso.
    Il resto penso che lo sai, i giornali sono stati anche troppo dettagliati.”
    Sam era impallidito mano a mano che lui raccontava, anche per quello si era fermato.
    “Mi stai dicendo che se io avessi detto tutto a Dave, l’ultima vittima si poteva salvare?”
    “No, avremmo saputo chi cercare, ma abbiamo brancolato nel buio su dove fosse fino alla chiamata anonima che ci ha fatti andare nel luogo dell’incontro.”
    “Hotch, non mentirmi. Se io avessi detto a Dave…”
    “Sam, se pensassi che sei in parte responsabile non ti avrei evitato l’accusa di intralcio alle indagini, mi conosci, non guardo in faccia a nessuno per certe cose. Non sarebbe cambiato niente.”
    “Sai cosa mi ha detto Dave il mese scorso? Non si conosce mai nessuno fino in fondo.”
    “Uomo saggio quel Rossi.”
    Tania ed i bambini arrivarono nel giardino e i due uomini cambiarono discorso.
    La donna notò il volto pallido del marito, ma non fece domande. Un occhiata un sorriso e la cosa finì lì.

    Ed Hotch tornò di nuovo indietro, stavolta di un decennio abbondante.
    Lui aveva appena fatto il terzo grado a Sam, su quello che era accaduto, l’uomo era passato da Quantico per parlare con Dave.
    Erano usciti ed avevano trovato una sorpresa le rispettive consorti si erano incrociate mentre li aspettavano ed avevano fatto amicizia, così erano andati insieme a cenare.
    Hotch aveva trovato Sam simpatico, e l’amicizia era proseguita, su binari diversi da quella che aveva con Dave.
    Quando erano passati da Washington D.C. e Elise aveva deciso che lei nove mesi non aveva voglia di aspettarli.
    E casualità volle che Jack invece se la stesse prendendo anche troppo comoda.
    Nati lo stesso giorno, anche se la piccola Elise aveva passato diverso tempo in un incubatrice.
    Ed in quei mesi il rapporto tra le due donne si era arricchito.

    I due compagni di compleanno in quel momento stavano facendo un coretto per Joseph.
    Otto anni, ne ha otto.
    Ora ne era sicuro.
    “Hey, tutto bene?”
    “Sì, mi è solo venuto in mente quando sono nati quei due discoli.”
    “Sai una volta mi ricordo che Haley stava ricordando con Tania le tempistiche, Jack deve aver sentito una parte del dialogo e le ha interrotte: Mamma io non sono arrivato tardi, stavo aspettando Elise. Così d’emblée.”
    Hotch scoppiò a ridere, soprattutto pensando alle facce delle due donne, una che ricordava bene le settimane ferma a letto, e l’altra le settimane di angoscia per la troppa fretta della sua creatura.
    “Devono essere rimaste senza parole.”
    “Esattamente. Un vero comico involontario, direi che ha preso dalla mamma.”
    “Ah, grazie mille… però è vero.”
    Sorrise ricordando Haley.
    Aveva ragione JJ, con il tempo il ricordo farà soffrire un po’ di meno e si potrà anche ridere.


    La settimana era volata.
    Era ora di ripartire, era seduto in veranda nell’ultima notte prima di tornare al suo lavoro, Sam stava rientrando da una chiamata.
    Si sedette in veranda anche lui, Hotch gli passò una birra.
    Vennero raggiunti da Tania che aveva sentito l’auto del marito.
    “Tutto bene?”
    “Sì, tutto a posto. Vuoi una birra?”
    “Volentieri, avete discorsi da fare che è meglio che io non senta?”
    “No, quelli li abbiamo fatti al primo giorno.”
    “Oh, strano Hotch, tu a me non lo hai fatto l’interrogatorio?”
    “Ah no, mi è bastato il resoconto di Dave.”
    “Poveretto, si vedeva lontano un miglio che avrebbe preferito camminare sui carboni ardenti piuttosto di affrontare certi discorsi con me. Non penso di averlo mai visto così imbarazzato.”
    “Mi sarebbe piaciuto vederlo.”
    “A saperlo lo filmavo, potevi dirlo.”
    “Ti sei fatto scappare un occasione, Dave Rossi in crisi durante l’interrogatorio di un sospetto per verificarne l’alibi.”
    “Ah no, con me non è andato in crisi, solo con Tania.”
    “E ci credo!”
    “Torno a dormire, tu vedi di smetterla di andare a zonzo.”
    “Sì, capo.”
    Hotch osservò divertito lo scambio tra i suoi amici, ricordava bene una sera, prima del divorzio.
    Era stata la prima volta che lui ed Haley erano andati a casa loro con Jack, Sam era uscito svariate volte e Haley tenendolo stretto gli aveva detto che lei e Tania erano diventate così amiche proprio scambiandosi consigli su come gestire le telefonate nel cuore della notte.
    Solo che Sam non stava mai via dei giorni interi, o almeno gli capitava di rado.
    O forse era solo che Tania era diversa da Haley, e lui da Sam.
    Erano simili, non uguali.
    Era contento di essere passato a trovarli, ed era anche felice che non c’erano state telefonate, aveva chiamato lui, per sapere se andava tutto ok, erano su un caso, ma avevano già il profilo e si era scusato per l’intrusione.
    Jack gli aveva detto che voleva venirci ancora a trovarli, che lui ed Elisa da grandi si sarebbero sposati.
    Caspita figliolo, niente in contrario, ma calma!
    Rise tra se dei suoi stessi pensieri.
    Poi il solito pensiero, il lavoro che lo assorbiva troppo.
    “Tutto ok?”
    “Stavo pensando a quando mi hanno offerto il prepensionamento, forse avrei dovuto accettare.”
    “Scusa posso farti una domanda indelicata?”
    “Dimmi.”
    Gli disse stupito dalla richiesta, Sam di solito domandava e semmai si scusava dopo. Ma era prima della morte di Haley.
    “Mi hai spiegato che il verme ti aveva offerto un patto, giusto?”
    “Sì, se smettevo di dargli la caccia avrebbe…”
    “Ok, patto inaccettabile per ovvi motivi, ma tu pensa se tu accetti di andare in pensione, poi un domani Jack scopre la cosa, cosa dovrebbe pensare? Scusa papà… ma se ti licenziavi dall’Efbiai non era meglio… prima però. Dopo è tardi, meglio continuare a prendere i cattivi come dice Jack.”
    Hotch rimase un attimo assorto.
    “Sicuro di non aver seguito qualche corso di psicologia oltre a quelli di veterinaria?”
    “Ahem, non so come dirtelo, ma sai quanto bisogna averci un’infarinatura di psicologia per spiegare ad un bambino che Toby e Fufy stanno male e non è colpa loro? No perché ho alcuni colleghi che sono maestri di indelicatezza, io cerco di non imitarli.”
    “Non ci avevo pensato.”
    “Tranquillo, certe cose le so grazie a te e a Dave.”
    “Bella gente allegra frequenti!”
    “Già!”
    Risero finendo le birre e rientrando a dormire.

    La cena
    Erano tutti lì, non poteva mancare, JJ era stata promossa e lo aveva invitato a festeggiare con loro, voleva una piccola rimpatriata.
    Li aveva evitati per anni, poche scarne notizie, ma stavolta non aveva saputo dire di no.
    C’era persino Elle, tutta la sua vecchia squadra, più il collega della prima unità, Rossi.
    L’agente anziano, come aveva sentito scherzare Reid.
    Reid che scherza? Le persone cambiano.
    Vide una faccia sconosciuta, leggermente discosta, doveva essere la nuova che stava al posto di JJ.
    La vide uscire un attimo con una scusa.
    Gli venne in mente che se ne stava per andare.
    Uscì d’istinto per fermarla.
    “Aspetti. Dove va? La festa è dentro.”
    “Io… mi scusi è che non mi sento ancora parte del gruppo, e mi… ma lei è…?”
    “Per favore, là dentro sono praticamente estraneo quanto lei, non scappi via. Vedrà che presto riuscirà ad amalgamarsi al gruppo, dia loro del tempo e lo dia anche a se stessa. Si fidi, quando sarà parte da un po’ della squadra e ricorderà questa serata le spiacerà essersene andata via in uno dei rari momenti di gioia che questo lavoro concede insieme."
    “Jason ha ragione non ci si frequenta molto fuori dal lavoro, proprio perché ci porta via anche troppo, almeno quelle volte che si riesce ad avere momenti lieti è meglio approfittarne.
    Quando sarà passato un po’ di tempo sarai anche troppo coinvolta, e ti capiterà di rimpiangere il contrario.”
    Era stata JJ a parlare, aveva visto la novellina a disagio, ed aveva notato Gideon che la seguiva quando era uscita, intuì che forse poteva essere utile una mano per farla tornare indietro, ma Jason se la stava cavando alla grande.

    La novellina in questione tornò indietro.
    E dentro di se era grata al suo mito, perché Jason Gideon era un mito per i novellini, ed al suo capo, perché JJ era il suo capo, quando non rispondeva al capo dell’unità era a lei che doveva rendere conto. Era grata di tutto, ma specialmente di una cosa.
    Non hanno detto se ti amalgamerai alla squadra.
    Hanno solo detto quando.

    Fine

     
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