Chimera

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    Capitolo XXII: Frammenti

    Erano tutti stretti intorno a Spencer, nella sala d’attesa dell’ospedale. Sarah era in sala operatoria di più di due ore. Hotch andava di tanto in tanto a chiedere se c’erano novità, ma le infermiere gli rispondevano sempre di attendere che il dottore uscisse.
    Derek stringeva a se Emily che aveva la testa poggiata sulla spalla di lui. Sul suo volto, oltre le lacrime, erano visibili i segni delle percosse ricevute. Kevin stringeva a se Penelope che non faceva altro che piangere. Rossi guardava fisso di fronte a se perso nei suoi pensieri, avrebbe voluto essere rassicurante ma non trovava parole di consolazione per il team. Jason era seduto vicino al ragazzo e continuava a sfregare fra loro le mani senza proferire parole, il suo era lo sguardo di un uomo perso.
    JJ era seduta di fronte a Spencer e teneva in mano un bicchiere di caffè ormai vuoto da cui non staccava gli occhi, come se contenesse le risposte a tutte le domande.
    La Strauss apparve sulla porta della sala d’attesa e senza proferire parola si era seduta accanto a Reid. Aveva gli occhi lucidi, sembrava sul punto di crollare. I membri della squadra si resero conto di non averla mai vista in quelle condizioni, ma loro la vedeva solo sul posto di lavoro.
    Spencer dal canto suo sembrava non accorgersi di nessuno di loro. Il suo volto era inespressivo. Sembrava non riuscire a trovare la forza di reagire in quella situazione. Si alzò e si diresse verso i bagni. Nessuno voleva seguirlo, perché nessuno sapeva bene cosa dirgli.
    Il primo che si decise ad andare a vedere come stava fu Derek, il suo migliore amico.

    Entrò nel bagno degli uomini e trovò Reid in piedi davanti al lavabo. Riusciva a vedere la sua espressione attraverso il riflesso dello specchio. Non c’erano lacrime nei suoi occhi, solo il vuoto. Si avvicinò e gli poggiò una mano sulla spalla.
    - Reid, non riesco neanche ad immaginare come tu debba sentirti adesso,ma… so una cosa. Sarah è una donna forte e ce la farà.
    - E se non ce la facesse? – Spencer non aveva neanche alzato gli occhi per guardarlo.
    - Ce la farà!
    Solo allora alzò gli occhi ad incontrare quelli di Derek. Quello che Morgan vi vide gli fece paura, era lo sguardo di chi aveva perso tutto.
    - E se non ce la facesse? – ripeté Reid.
    Morgan afferrò il ragazzo per tutte e due le spalle e lo scosse leggermente.
    - Devi essere forte per lei! Sarah non vorrebbe mai vederti in questo stato! Adesso è il momento di reagire!
    Reid abbassò di nuovo lo guardo e si incamminò verso la porta liberandosi dalla stretta di Derek come se niente fosse.

    Spencer si appoggiò alla parete di fronte all’uscita della sala operatoria. Per tutta la vita aveva cercato di fermare il suo cervello in costante movimento e si rese conto che solo quella tragedia era riuscita a congelare tutti i suoi pensieri. Non riusciva a pensare a niente. Alzò gli occhi verso la porta, desiderava che si aprisse e che il dottore dicesse che erano riusciti a salvarla. Ma qualcosa dentro di lui gli diceva che stavolta non ci sarebbe stato il lieto fine.

    Jason prese la mano della Strauss.
    - So come ti senti adesso.
    - Non credo, Gideon. Se io non l’avessi fatta tornare dall’Europa tutto questo non sarebbe mai successo! Sono responsabile – aveva la voce rotta dal pianto trattenuto cosi a lungo – Io non avrei dovuto darle ascolto. Anche se lei era contraria l’avrei dovuta far mettere sotto protezione!
    - Lei non te lo avrebbe permesso. Quando vuole sa essere testarda in una maniera irritante – Jason sorrise al ricordo di tutte le discussioni che aveva avuto con Sarah.
    - Già, proprio come me.
    Ma Jason lesse qualcos’altro negli occhi di Erin, una frase non pronunciata che gli fece abbassare lo sguardo. Anche lui era responsabile di quella situazione, non avrebbe dovuto lasciarle fare a modo suo, avrebbe dovuto insistere. Ora l’unica cosa che poteva fare era stare lì e aspettare, pregando che lei combattesse abbastanza per farcela.

    Derek rientro in sala d’attesa.
    - Dov’è Spence? – chiese JJ allarmata.
    - Fermò lì davanti alla porta delle sale operatorie – rispose il ragazzo con sguardo triste.
    Sapeva che non poteva fare niente per lui. Si sentiva responsabile. Se avesse premuto prima il grilletto… Se avesse avuto i riflessi più svelti… Si rese conto che ora era inutile stare lì a rimuginare. Prese Emily per mano e si diressero verso la cappella dell’ospedale. Sentiva la necessità di pregare per la sua amica.

    JJ si alzò e raggiunse Spencer. Le faceva tenerezza e pena, lì tutto solo a guardare quella porta nella speranza e nel dimore che il dottore si decidesse ad uscire di là.
    - Spence, la colpa non è tua, non è di Morgan, non è di nessuno. Sappiamo che il nostro lavoro comporta dei rischi – JJ si fermò per riprendere fiato ma vedeva che le sue parole non sortivano alcun effetto su Reid – Sai, Sarah forse aveva ragione.
    - Su cosa? – si voltò lui stupito.
    - Io… credo di averlo fatto a posta a mettermi fra voi due. Non fraintendermi, tu per me sei un amico, ma… ero gelosa. Voglio dire… prima che lei entrasse nella tua vita tu ti confidavi con me… poi dopo la sua comparsa tutto è cambiato, io e te non parliamo quasi più. Sono stata egoista, io rivolevo il mio amico… non pensavo che ti stavo facendo del male. Perdonami.
    Spencer si girò e l’abbraccio.
    - Ho paura JJ. E se le non ce la facesse? Io non so immaginare una vita intera senza di lei.
    - Andrà tutto bene, Spence.

    Il tempo scorreva a rilento, sembravano passati secoli di attesa. Finalmente dopo più di quattro ore di sala operatorie il dottore uscì.
    - Chi è qui per Sarah Collins?
    Si alzarono e si avvicinarono tutti insieme. Sui loro volti un misto di speranza e paura.
    - Ci sono dei parenti?
    - Io sono sua zia – si fece avanti la Strauss.
    - Signora… sua nipote ha perso molto sangue, per il momento siamo riusciti a stabilizzarla però le prossime ventiquattrore saranno cruciali. Non sappiamo se abbia riportato anche danni cerebrali dovuti alla carenza di ossigeno. Questo lo sapremo solo se e quando si sveglierà.
    - Se e quando? – chiese Spencer sconvolto.
    - Non voglio darvi false speranze. E’ in terapia intensiva. La situazione è critica… potrebbe non farcela a superare la notte.
    Un silenzio di piombo cadde fra quelle persone. La paura aveva avuto il sopravvento sulla speranza.
    - Posso vederla? – chiese Spencer.
    - Veramente… può entrare solo una persona. Presumo che la zia voglia vederla.
    La Strauss guardò il giovane, combattendo una lotta interiore. Alla fine si girò verso il medico.
    - Lui è il fidanzato, credo che sia più giusto che entri lui.
    Per la prima volta in vita sua la Strauss aveva lasciato l’intera squadra a bocca aperta, ma non in senso negativo.

    Spencer entrò titubante e si accostò al letto. Sarah era molto pallida e era intubata. Lui le strinse la mano e si mise a sedere. Rimase in quella posizione per più di un’ora. Le parlò dei progetti che aveva per loro due. Di come sognava che sarebbe stato il giorno del loro matrimonio. Di quanti figli avrebbe voluto. Parlò dei sogni di qualsiasi ragazzo innamorato. Ma sentiva che quei sogni non si sarebbero mai realizzati. Alla fine decise di dirle l’unica cosa che sentiva veramente.
    - Sarah, ti ho amato tanto. Mi hai riempito la vita più di chiunque io abbia mai conosciuto. Grazie del tempo che abbiamo trascorso insieme – detto questo si sollevò e le bacio delicatamente la fronte – Spero di sbagliarmi ma credo che questo sia un addio.
    Pianse come un bambino mentre cercava la forza di staccarsi da lei.

    Finalmente uscì dalla stanza. Erano tutti lì fuori e gli si fecero intorno. Non c’erano parole da dire. Improvvisamente sentirono un allarme provenire dalla terapia intensiva e un’infermiera gridare “Codice blu”. Spencer sapeva cosa significava, lei lo stava lasciando per sempre. Tutto si fece nero intorno a lui e Derek lo prese al volo prima che toccasse terra.

    Continua…
     
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