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    Capitolo XV. Find the first!

    Camera d’albergo, Biloxi
    Quando Spencer finisce di raccontare lei si imita ad accarezzargli i capelli senza dire niente, spenge la luce ed rimangono abbracciati in silenzio. Nessuno dei due riesce a riprendere sonno dopo l’incubo che li ha svegliati. Fuori comincia ad albeggiare e Spencer, anche se controvoglia, si scioglie dall’abbraccio e comincia a recuperare i propri vestiti.
    Deve tornare nella propria camera prima che gli altri si sveglino. Sarebbe imbarazzante essere beccato da Hotch mentre esce dalla camera di Sarah. Non vuole che il capo torni a comportarsi come un pazzo e sa cosa prova Hotch per Collins. Dentro di se prova un moto di ribellione. Perché deve preoccuparsi dei sentimenti di qualcun altro? In fin dei conti Sarah è la SUA ragazza e il suo rivale dovrà farsene una ragione prima o poi.
    Non si rimette la cravatta, che infila distrattamente in una tasca della giacca e poi si china si di lei per un ultimo bacio. Non si dicono niente, anche se pesa ad entrambi non poter vivere la loro storia alla luce del giorno. Hanno fatto un patto, il loro lavoro non deve risentire del sentimento che li lega. Ma risulta sempre più difficile separarsi.
    Quando la porta si chiude alle spalle di Spencer, Sarah abbraccia il cuscino dove lui ha dormito. Riesce ancora a sentire il profumo di lui e si lascia cullare da quell’odore familiare che riesce sempre a rilassarla e farla sentire al sicuro. Anche se non vuole finisce per alzarsi e andare in bagno. L’attende una lunga giornata, inutile rimanere al letto a crogiolarsi.
    Si butta sotto la doccia bollente cercando di tenere a mente solo il caso. Prova ad accantonare in un angolo della sua mente Hotch, la loro discussione e l’incubo che l’ha svegliata. Sa che il motivo per cui ha sognato uno degli S.I. che la vendicava del dispetto delle ragazze è dovuto al fatto che gli S.I. puniscono i bulli. Deve aver proiettato le sue angosce riguardanti il caso all’interno di quel ricordo che la tormenta. La stessa cosa ha fatto Spencer, inserendo Raphael all’interno del ricordo di quell’atto meschino dei suoi compagni di scuola.
    Si veste velocemente e prende il block-notes, cominciando a scrivere tutto quello che sa del caso e degli S.I., vicino al nome di Dawn traccia un grosso punto interrogativo. Spera di poterlo eliminare una volta parlato con i signori Miller.
    L’orologio segna le 7,30. Decide che è ora di muoversi, mette i suoi appunti nella borsa. Si guarda allo specchio. Ha scelto un tailleur pantalone molto professionale, vuole essere presa sul serio dai genitori affranti di quella ragazza. Finisce di pettinarsi, legando i capelli in un austero chignon. Afferra la borsa ed esce dalla stanza con passo deciso. Vuole inchiodare gli S.I. prima che un’altra famiglia subisca un lutto.

    Rossi è chino vicino all’ascensore con qualcosa in mano. Appena la vede arrivare infila la mano in tasca e le fa un sorriso tirato. Sembra strano e biascica un buongiorno striminzito. Non è espansivo e paterno come al solito.
    Scendono insieme nella hall dove il resto della squadra comincia a radunarsi. Si avvicina a Reid e lo prenda da una parte.
    - Qualcosa non va, Rossi? – chiede Spencer notando lo sguardo serio dell’altro.
    - Credo che questa sia tua – dicendo cosi gli mette in mano la cravatta che ha appena estratto dalla tasca – Cerca di stare più attento, se l’avesse trovata Hotch sarebbero stati guai seri. Non vi dico niente, ma per il futuro gradirei che almeno durante i viaggi di lavoro vi comportaste come professionisti.
    Dicendo cosi si allontana senza lasciare la possibilità all’altro di ribattere. Spencer è arrossito e mette via la cravatta nella tracolla. Si rimprovera mentalmente per la sua sbadataggine, Rossi ha ragione poteva trovarla Hotch. Si chiede se inconsciamente non l’abbia fatto apposta a perderla sul piano di Sarah. Vorrebbe che Hotch la smettesse di sbavarle dietro, vorrebbe che sapesse che Sarah è già impegnata. Vorrebbe un po’ di rispetto, ecco!
    Sente la mano forte di Morgan afferrare la sua spalla e si volta.
    - Tutto bene, ragazzino?
    - Si – mente lui sperando che l’altro lasci cadere l’argomento.
    - Stiamo andando a fare colazione, muoviti o ti lasciamo qui.

    Casa dei signori Miller, Biloxi
    JJ e Sarah si accomodano nel salotto dove la padrona di casa, in lacrime, cerca di rispondere alle loro domande. Sarah si alza e comincia a girare per la stanza osservando i soprammobili, i quadri e le foto. Ce ne sono molte di Dawn. In tutte le immagine ha il volto illuminato da un sorriso felice. Sarah si volta verso il padre che non ha ancora proferito parola.
    - Mi scusi signor Miller, potrei vedere la camera di sua figlia?
    - Perché? – l’uomo è spiazzato dalla richiesta di quell’agente federale.
    - Abbiamo il sospetto che sua figlia conoscesse il suo assassino.
    - E’ assurdo! Dawn era una brava ragazza, era… - il signor Miller si accascia sulla poltrona.
    - Non lo metto in dubbio. Queste cose non succedono solo alle persone cattive. Purtroppo può succedere a chiunque di incontrare la persona sbagliata.
    - Dawn non avrebbe mai dato confidenza ad un poco di buono – interviene la madre asciugandosi il viso.
    - Signori, purtroppo chi ha ucciso vostra figlia non ha stampato in faccia la parola “assassino”. Forse era una persona della quale Dawn si fidava, qualcuno che conosceva da molto tempo.
    I signori Miller si guardano negli occhi, il dolore sembra troppo grande da affrontare. Da dietro la porta appare un ragazzino biondo, Collins valuta la sua età intorno ai dodici anni.
    - Ciao – gli dice Sarah.
    - Questo è nostro figlio Tom – il padre gli fa cenno di avvicinarsi – Sai se Dawn frequentava qualcuno di strano?
    - Signor Miller, noi non stiamo cercando qualcuno di “strano”. Anzi, probabilmente sembra una persona a posto, qualcuno di cui anche voi vi fidereste – ribadisce Sarah.
    La madre annuisce, poi si alza e fa segno a Collins di seguirla al piano superiore. Apre la prima porta a destra dopo le scale e le fa cenno di entrare.
    - E’ tutto esattamente come lo ha lasciato lei. Doveva tornare subito a casa dopo gli allenamenti delle cheerleader, invece… - il pianto ricomincia.
    Sarah poggia una mano sulla spalla della donna e cerca di confortarla come può.
    - Signora, le prometto che farò tutto quanto in mio potere per prendere la persona che ha fatto del male a Dawn.
    - Grazie. Io non ce la faccio ad entrare. Quando ha finito chiuda la porta per piacere.
    Entra nella camera. Le pareti sono coperte da una carta da parati bianca con disegnati sopra dei lillà. E’ molto ordinata. Dawn doveva essere una ragazza meticolosa. Apre l’armadio dove i vestiti sono perfettamente allineati, tutti piuttosto seri per una ragazza di appena sedici anni. Osserva i libri della ragazza che non le servivano per la scuola. Soprattutto romanzi rosa, Sarah sorride al pensiero che tutte le sedicenni pensano all’amore come qualcosa di romantico.
    Si gira verso la bacheca dove la ragazza attaccava foto, ritagli di giornale e biglietti con sopra frasi di poeti famosi. Una foto in particolare cattura la sua attenzione.
    Dawn doveva avere dieci o undici anni in quella foto, si intravede un prato ben curato e dei giochi lasciati in terra. La ragazzina sorride verso l’obiettivo abbracciando con un braccio le esili spalle del suo compagno di giochi. Stacca la foto ed esce dalla stanza chiudendo la porta.
    La somiglianza non lascia spazio a dubbi, ma vuole chiedere conferma prima di mettere nei guai un adolescente. Scende nel salotto e si avvicina alla madre che cerca come può di rispondere alle domande di JJ.
    - Signora Miller, il ragazzo che è con sua figlia in questa foto è un compagno di scuola di sua figlia?
    - No, non più. Il piccolo Jerry Whitehouse ora frequenta la Catholic High School, ma lui e Dawn sono rimasti molto amici. Prima che i Whitehouse si trasferissero in un altro quartiere erano i nostri vicini di caso, fin da piccoli erano letteralmente inseparabile.
    - Grazie, signora. Posso tenere questa foto?
    - E’ stato lui? E’ stato Jerry? – il padre si alza come una furia dalla poltrona.
    - Non lo sappiamo signore, stiamo solo cercando di appurare chi Dawn frequentassi, di chi si fidava. Se lei e Jerry erano cosi amici, sicuramente lui saprà dirci qualcosa. JJ?
    - Si. Ora dobbiamo andare signori. Vi terremo aggiornati.

    Interno di un SUV, strade di Biloxi
    - Credi che sia lui? – chiede la voce di Hotch.
    - Una cosa è sicura, abbiamo trovato il collegamento fra Dawn Miller e la Catholic High. Quei due si conoscevano. Erano amici fin dall’infanzia e Whitehouse era stato preso di mira dalla nostra seconda vittima – risponde Sarah.
    - Tommy Larsson – interviene Spencer – Lo ricattava. O Jerry faceva i suoi compiti, oppure Tommy e gli altri ragazzi della squadra di football l’avrebbero picchiato.
    - Noi stiamo andando a prelevarlo – li informa Sarah – Credo che dovreste avvertire i genitori.
    - State attente, quei ragazzi sono pericolosi – Hotch attende un attimo prima di proseguire – Morgan, Prentiss, raggiungetele alla scuola. Voi non fate niente finché non arrivano.
    - D’accordo – acconsente Collins – Ma sbrigatevi.
    - Arriviamo in un baleno – assicura Morgan mentre già ha un piede fuori dalla porta.

    Continua…
     
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    Capitolo XVI. The death of Raphael

    Catholic High School, Biloxi
    Sarah e JJ sono ferme nel parcheggio della scuola, nell’attesa che Emily e Derek arrivino. Collins continua a camminare su e giù davanti al SUV ed a guardare l’orologio. Sembra avere fretta di prelevare Whitehouse per interrogarlo.
    - Sarah, dovresti calmarti. Morgan e Prentiss saranno qui a minuti.
    - Non riesco a calmarmi. Dobbiamo interrogare quel ragazzo il prima possibile. L’intervallo tra un omicidio e l’altro si sta accorciando. Se non li fermiamo potrebbe esserci un nuovo omicidio già domani – Sarah continua a tormentarsi le mani.
    - Credo di non averti mai visto cosi agitata – le fa notare JJ.
    - Di solito riesco a controllarmi meglio – risponde appoggiandosi al SUV.
    - Anche Hotch di solito non si comporta in quel modo – JJ cerca di fare l’indifferente, sperando che l’altra le dica qualcosa.
    - Ognuno di noi ha i suoi momenti di… diciamo, nervosismo.
    - Quello che è successo ieri è molto più che nervosismo. Non sono fatti miei, però…
    - Ecco, appunto – la interrompe Sarah – Non sono fatti tuoi JJ, a dirla tutta è una faccenda che riguarda solo Hotch.
    - E te – insiste la bionda agente.
    - Solo marginalmente. Non credere che io abbia tutto questo potere su di lui. Ha dato fuori di matto una volta, allora? A tutti noi capitano periodi di stress acuto. Ti devo ricordare il nostro primo incontro?
    JJ arrossisce. Decide di chiudere l’argomento, se Sarah non vuole parlare è impossibile smuoverla. Riflette che dopo un anno sa molto poco della sua collega. Sa che è dura, decisa e testarda. E’ un’ottima profiler e sa mantenere i segreti meglio di chiunque altro. Ma della sua vita privata al di fuori dell’ufficio non sa niente. Garcia ha detto che lei e Spencer hanno una storia, ma la cosa le sembra strana ed improbabile.
    - Garcia mi ha detto una cosa – prova di nuovo.
    - Cioè? – Sarah finalmente sembra concentrarsi sulla sua collega.
    - Un mese fa è andata a Falmouth in gita con Kevin. Le è sembrato di vederti in compagnia di…
    Collins è visibilmente in imbarazzo e le gote cominciano a prendere una leggera colorazione rossa. JJ la guarda a bocca aperta.
    - Allora è vero!
    - Non so a cosa ti riferisci – cerca di recuperare il contegno ma il rossore sulle guancie si fa ancora più acceso.
    - Tu e Spencer! Non ci posso credere! – JJ è sconvolta dalla notizia.
    - Torno a ripeterti che non so di cosa tu stia parlando – ribadisce l’altra – e anche se fosse, neanche questi sono affari tuoi.
    In quel momento un SUV nero parcheggia accanto a loro. Sarah ne approfitta per allontanarsi da JJ e porre fine a quella conversazione. Derek e Emily scendono dall’auto e si avvicinano a Collins.
    - Come procediamo? – chiede Derek.
    - JJ andrà a parlare con il preside e chiederà che Whitehouse sia allontanato dalla classe. Faremo avvertire i genitori, lo porteremo in centrale e lo interrogheremo.
    - Credi che parlerà? – chiede Emily dubbiosa.
    - Non lo so, ma dobbiamo tentare di strappargli almeno un nome. Mentre io e Derek lo portiamo in centrale tu e JJ parlerete con i professori. Chiedete chi sono i suoi amici all’interno della scuola. Con chi passa il tempo.
    - Ok – annuisce Derek – siamo pronti?
    Tre teste annuiscono e tutti e quattro si avviano verso la scuola. Sentono delle urla provenire dagli impianti sportivi. Estraggono le pistole e corrono verso l’origine di quei rumori.
    Un gruppo di ragazzi e ragazze sono radunati vicino gli spalti, alcune delle ragazze continuano a urlare, altre piangono. Sarah e Derek cercano di farsi largo fra la calca di adolescenti. Il corpo di un ragazzo giace riverso nel sangue. Qualcuno a pugnalato Jerry Whitehouse in pieno petto, per il ragazzo non c’è più niente da fare.

    Stazione di polizia di Biloxi
    Sono tutti radunati intorno al tavolo in silenzio. La notizia della morte del loro unico sospettato a scosso tutta la squadra. Sarah continua a guardare il tabellone con le foto delle vittime.
    - Chi e perché l’ha ucciso? – chiede Garcia, la più scossa dalla notizia.
    - Perché sapevano che saremmo arrivati a lui tramite Dawn Miller – le risponde Sarah distrattamente – Gli S.I. sapevano che uccidere la Miller era stato un passo falso, troppo legata a uno di loro. Jerry, inoltre, aveva un movente anche per Larsson. Era solo questione di tempo prima che lo prendessimo. Devono aver avuto paura che parlasse e rivelasse i nomi dei suoi complici.
    - Ma è stato rischioso ucciderlo lì in pieno giorno – fa notare Spencer –Stanno scompensando.
    - Non credo. Era un rischio calcolato. A quell’ora gli impianti sportivi sono pressoché deserti, i ragazzi hanno lezione. L’hanno ucciso dietro gli spalti ed hanno lasciato lì il corpo – Sarah torna a fissare le proprie mani incrociate sul tavolo.
    - Tutto questo è assurdo! – sbotta Rossi – Tutte queste vite distrutte, perché? Per qualche dispetto?
    - Il bullismo è qualcosa di molto diverso da qualche scherzo – gli fa notare Sarah – Chi è vittima di quegli atti li vive come soprusi personali. Non c’è niente di peggio per un’adolescente che sentirsi preso di mira dai propri compagni.
    - Specialmente se non sei popolare – finisce Spencer.
    - E adesso? Come ci muoviamo? – chiede Derek rivolto a Hotch.
    Il capo scuote la testa. Non sa neanche lui come portare avanti il caso arrivati a questo punto. Si volta verso Sarah e Spencer.
    - Collins, Reid, suggerimenti?
    I due si guardano. Spencer scuote la testa, non sa come aiutare la squadra. Sarah prende un respiro.
    - Direi di procedere come avevamo detto. Interrogheremo i professori di Whitehouse. Il ragazzo avrà avuto degli amici all’interno della scuola. Direi di partire da lì.
    - D’accordo – conviene Hotch – Garcia fa una ricerca incrociata su Jerry Whitehouse. Controlla se qualcun altro della Catholic High ha frequentato le sue stesse scuole.
    - Subito.
    - Prentiss e JJ, tornata alla scuola ed interrogate i professori. Rossi e Reid dal medico legale. Collins tu aiuta Garcia con le ricerche su Whitehouse. Io e Morgan andiamo a parlare con la famiglia.

    Sarah è concentrata sul monitor, la ricerca è un po’ complessa e richiede tempo. Sente bussare alla porta e va ad aprire. Il detective La Voisin è lì con un foglio in mano.
    - Questa è arrivata poco fa, è diretta a voi. Non c’è il mittente – sembra teso.
    Collins prende in mano il foglio e comincia a leggere.

    Raphael non era più degno. Aveva riportato Lucifero all’interno del paradiso nonostante i divieti. I miei arcangeli non devono disubbidire alla mia volontà!
    Gabriel e Mikael sono ancora fedeli. E’ scritto che nessuno può mettere in dubbio le miei decisioni. State attenti voi che sfidate le miei leggi. La mia collera non tarderà ad abbattersi su di voi!

    א*להים

    - Garcia chiama Hotch. Subito! – Sarah è preoccupata e si nota dal suo tono di voce.
    - Cosa gli devo dire?
    - Che il profilo era sbagliato e devono tornare tutti qui il prima possibile. Detective chi ha ricevuto questa lettera?
    - Uno dei miei agenti, me l’ha data poco fa.
    - Voglio parlare con lui.
    - Si, subito. Ma cosa è successo?
    - Sappiamo chi sono le prossime vittime.
    - Chi?
    - Noi.


    Continua…
     
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    Capitolo XVI. Elohim

    Stazione di polizia di Biloxi
    Hotch, Morgan e Reid continuano a rileggere la missiva degli S.I. cercando un indizio su chi siano. Garcia continua la sua ricerca sul computer, mentre JJ, Rossi e Prentiss si concentrano sulle schede dei ragazzi della Catholic High.
    Sarah entra nella stanza e chiude la porta alle sue spalle. E’ visibilmente tesa e contrariata.
    - Cosa ha detto il poliziotto? – la interroga Morgan.
    - Niente di utile. Ha trovato la busta fuori dalla centrale.
    - Come sapeva che era per noi? – chiede Rossi corrugando la fronte.
    - C’è scritto “Per quelli dell’F.B.I.” – risponde Sarah mostrando la busta chiusa in un involucro di plastica – Non sono state rilevate impronte, né sulla busta né sulla lettera.
    - Cosa significa quella scritta alla fine della missiva? – chiede Hotch continuando a rileggere il messaggio.
    - E-lohim, “Coloro che hanno vita in se stessi”. E’ uno degli appellativi biblici di Dio – risponde Sarah riprendendo in mano il profilo – Quindi abbiamo tre S.I. che commettono materialmente gli omicidi e un quarto che impartisce gli ordini.
    - Perché sostieni che le prossimi vittime siamo noi? – chiede Garcia visibilmente preoccupata.
    - Ce lo dice la lettera. Abbiamo messo in dubbio l’operato e le decisioni prese dall’S.I. dominante, dobbiamo essere puniti come Miller e Whitehouse.
    - Quindi non è stato Whitehouse ad uccidere la Miller? – interloquisce Spencer.
    - No. Dalla lettera è chiaro che Whitehouse era Raphael e che lui ha cercato di difendere Dawn – Sarah comincia ad analizzare il caso – Sappiamo che chi ha ucciso la Miller si firma come “Gabriel”. Probabilmente Dawn era di ostacolo all’S.I. dominante, visto che aveva qualche tipo di influenza positiva su Jerry. Il capo ha ordinato che fosse uccisa e Jerry si è ribellato.
    - A quel punto è stato ucciso anche lui per evitare che parlasse – finisce Derek con una smorfia.
    - Questi ragazzi sono ormai fuori controllo – Hotch mette da parte la lettera ed osserva uno ad uno i suoi agenti – Dobbiamo stare attenti, se Collins ha ragione ci hanno preso di mira. Nessuno di voi deve andare in giro da solo. Non lasciate le vostre camere per nessun motivo e dovete comunicare sempre dove vi trovate.
    Sette teste annuiscono convinte. Sarah si gira ad osservare Garcia, la più indifesa fra di loro. Hotch intercetta il suo sguardo e sospira.
    - Siamo otto. Ognuno di noi avrà un compagno deciso secondo l’ordine di vicinanze delle stanze. JJ e Prentiss, Rossi e Garcia, Reid e Morgan, io e Collins. Qualsiasi cosa succeda ci muoveremo secondo queste accoppiate. Domande?
    Il silenzio ritorna nella sala. Spencer e Sarah si guardano. Non c’è bisogno che lui dica qualcosa, la sua contrarietà è ben visibile nello sguardo che lancia a Hotch. Sarah scuote leggermente la testa e torna a fissare il suo capo.
    - Direi che è ora di andare a mangiare. Dopo di ché andremo tutti diritti in albergo, ognuno nella sua stanza – Hotch si alza seguito dal resto del team.

    Albergo, Biloxi
    Camminano fianco a fianco lungo il corridoio, non si erano rivolti la parola da quando tutti insieme avevano lasciato il ristorante. Si fermano davanti alla porta della camera di Sarah, lei si gira e inserisce la scheda magnetica. Hotch le poggia una mano sulla spalla e la fa voltare.
    - Ti da cosi fastidio che sia io il tuo compagno? – sembra ferito dal comportamento di lei.
    - Non è questo… non credi sia il caso di rimandare Garcia a Quantico? Qui sta diventando pericoloso e lei è la più indifesa. Non è neanche armata.
    - Si, hai ragione. Ma come facciamo per il computer di Whitehouse?
    - Quello posso benissimo farlo io. Dimentichi che sono anche un hacker.
    - Già – lui la guarda ancora un attimo – e Rossi?
    - Farà squadra con me e te. Siamo tutti e tre sullo stesso piano e le nostre camere sono vicini.
    - Tutto pur di non rimanere da sola con me, vero? – Hotch scuote la testa e abbassa gli occhi.
    - Cerchiamo di non andare sul personale. Qui si parla di un caso e di quello che è meglio per la squadra. Garcia qui ci è solo di intralcio, soprattutto per Rossi che in caso di attacco dovrebbe pensare a difenderla. Cerchiamo di essere logici per una volta – Sarah appare esasperata.
    - D’accordo. Domani mettiamo Garcia sull’aereo e io, te e Rossi faremo squadra insieme… Non hai risposto alla mia domanda. Ti da fastidio rimanere sola con me?
    - Si! – lei lo guarda con astio – Si, mi da maledettamente fastidio. Pensi che non mi sia accorta della strana vicinanza delle nostre camere durante i casi? O che è cominciata da quando ti ho detto che c’è qualcuno nella mia vita?
    Lui ricambia lo sguardo con altrettanto astio, poi scuote la testa e si volta. Si avvicina alla porta della propria camera e senza guardarla le risponde con amarezza.
    - Sei stata chiarissima ieri. Non c’è bisogno che mi ricordi ogni due minuti che hai preferito qualcun altro. Buonanotte.
    Lei non gli risponde neanche, chiude la porta con rabbia. Si siede sul letto e comincia a massaggiarsi le tempie sentendo arrivare l’emicrania. Quell’uomo è impossibile, per quanto si sforzi di capire i sentimenti che muovono Hotch non sempre ci riesce. Vorrebbe che lui la lasciasse in pace, in fin dei conti non è colpa di nessuno la situazione che si è venuta a creare. Non si può decidere di chi innamorarsi, questo Hotch lo dovrebbe capire.
    Prende in mano la cornetta del telefono e chiama l’unica persona che vuole sentire in quel momento. Il telefono continua a squillare, si dice che forse è sotto la doccia. Va in bagno anche lei, rimane sotto il getto dell’acqua calda con un orecchio teso per captare il minimo rumore. E’ preoccupata, quei ragazzi sono imprevedibili.
    Mentre finisce di asciugarsi prova di nuovo a chiamare Derek, di nuovo nessuna risposta. Comincia a preoccuparsi veramente. Decide di chiamare Spencer.
    - Pronto?
    - Spencer, sono Sarah. Derek è lì da te?
    - Perché?
    - Ho provato a chiamarlo ma non risponde.
    - L’ho lasciato in camera sua un’ora fa!
    Sarah infila di corsa i pantaloni e una maglietta, afferra la pistola e esce dalla camera. Bussa di sfuggita alla porta di Hotch e Rossi mentre si dirige verso l’ascensore. I due si affacciano quasi in contemporanea.
    - Cosa sta succedendo? Dove vai a quest’ora? – Hotch la fissa stupito.
    - Derek non risponde al telefono. Spencer l’ha lasciato in camera circa un’ora fa.
    - Arriviamo – risponde Rossi mentre si volta per prendere la pistola.

    Sono tutti davanti alla porta di Derek, Hotch ha chiamato il portiere per farla aprire. Sono tutti tesi, Emily è pallida e, anche se cerca di nasconderlo, le tremano le mani.
    Finalmente il portiere apre la porta e Sarah e Hotch si precipitano all’interno accendendo la luce. Emily fa capolino dalla porta.
    Nella stanza c’è disordine, chiaramente è la scena di una colluttazione. Sulla parete con la vernice rossa è stato trascritto il nome di Mikael. Prentiss lascia andare la pistola che cade a terra con un tonfo, Sarah le circonda le spalle con un braccio.
    Gli S.I. hanno rapito Morgan su questo non c’è dubbio. Quanto tempo rimane prima che gli facciano del male?

    Continua…
     
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    Capitolo XVIII. Fear and love

    Albergo, Biloxi
    - Lo troveremo, ti giuro che lo troveremo – Sarah bisbiglia nell’orecchio di Emily.
    Prentiss non riesce a reagire, il cuore si è come fermato. Si aggrappa alla sua amica e chiude gli occhi. Spera che sia solo un brutto sogno.
    - Come hanno fatto a sopraffarlo? Morgan è un tipo atletico, questi dovrebbero essere dei ragazzini! – Spencer si rifugia nella logica.
    - Dove possono averlo portato? – Hotch continua a guardarsi intorno in cerca di indizi.
    Un urlo femminile dall’altra parte del corridoio fa scattare tutti. Collins è la prima che corre. Volta l’angolo e si trova davanti una cameriera spaventata che guarda dentro lo sgabuzzino. Si affaccia a sua volta, Derek è lì stesso. Tasta il collo dell’amico alla ricerca del battito cardiaco. Finalmente lo trova, debole e irregolare.
    - Chiami un’ambulanza. Subito!
    Nota appena il resto della squadra che è lì in attesa. Non ci sono ferite sul corpo di Morgan, solleva leggermente una palpebra del collega. Le pupille dilatate dicono che è stato drogato. Nota un biglietto appuntato sulla camicia del ragazzo. Hotch si inginocchia accanto a loro.
    - Come sta?
    - E’ stato drogato, ma non ci sono segni di violenza.
    - Cosa dice il biglietto?
    Sarah guarda Hotch negli occhi prima di darglielo. Aspetta che lui finisca di leggere e poi si volta verso il resto del team.
    - Portate Garcia in camera sua e fatele preparare le valigie.
    - Come? – la bionda informatica osserva la scena visibilmente scossa – Dove dovrei andare? Come sta Morgan?
    - Sta bene, non temere. L’hanno solo drogato. Tu torni a Quantico immediatamente – Hotch non toglie gli occhi di dosso a Collins – Prentiss e JJ accompagnatela. Noi aspettiamo l’ambulanza e andiamo in ospedale con Morgan.
    JJ deve trascinare via Emily con la forza, mentre la mora continua a voltarsi verso lo sgabuzzino. Sarah sospira e fa cenno a Hotch di passare il biglietto a Spencer e Rossi.
    Finalmente arrivano i paramedici che caricano Derek su una barella e lo portano via. I quattro seguono l’ambulanza in silenzio, ognuno perso dietro i propri pensieri e ragionamenti.

    Pronto Soccorso, ospedale di Biloxi
    Nella sala d’attesa sopraggiungono JJ, Garcia e Prentiss. Emily è ancora scossa e Sarah si alza per portarla fuori e parlarle in privato.
    - Come sta? – le trema la voce e le sue mani sono gelate.
    - Il medico non è ancora venuto a parlare con noi, ma non c’erano ferite. L’hanno drogato, ma doveva essere troppo pesante per loro, cosi l’hanno abbandonato nello sgabuzzino. Vedrai che si riprenderà – afferra le mani dell’amica e cerca di scaldarle con le proprie.
    - Io… non credo di sentirmi bene.
    - E’ la reazione alla paura, ora che l’adrenalina sta calando è normale sentirsi cosi – dicendo cosi la porta verso il distributore di caffè – Ti serve qualcosa di caldo.
    - Mi serve vederlo ed assicurarmi che sta bene!
    - Lo so, ma cerca di trattenerti. Vuoi che tutta la squadra lo sappia?
    - No – è sull’orlo delle lacrime – ma che mi importa! Voglio vederlo.
    - Tra poco ci faranno entrare. Non preoccuparti, io e Spencer distrarremo gli altri e vi lasceremo soli. Ora cerca di mandare giù questo caffè e di farti forza.
    - Come pensi di tenere lontana Garcia?
    - Con l’ordine perentorio di rientrare immediatamente a Quantico. Non preoccuparti, troverò il modo di farvi stare da soli per un po’ – Sarah le sorride e le scosta i capelli dal volto.
    - Grazie.
    - Tu faresti lo stesso per me.

    - Come sarebbe che devo rientrare subito? – Garcia è arrabbiata.
    - Sarebbe che devi rientrare subito. Cosa non ti è chiaro del concetto? – Sarah sta diventando odiosa di proposito.
    - Non me ne vado senza prima aver visto Morgan! – Penelope si sta impuntando come previsto da Emily.
    - Garcia, cerca di essere ragionevole. Tu qui sei solo d’intralcio! Sei l’unica non armata e non in grado di difendersi. Persino noi che siamo addestrati abbiamo dei problemi, guarda cosa è successo a Morgan! – Hotch ha alzato la voce senza volerlo, anche lui è scosso e preoccupato.
    - Voglio vederlo! – Garcia si sente offesa e frustrata.
    - Ti farò chiamare appena riprende conoscenza, ora fa la brava e fatti accompagnare all’aeroporto da JJ e Hotch.
    L’informatica incrocia le braccia e guarda tutti loro con odio. Perché tutta questa fretta di liberarsi di lei? Sarah la trascina verso il bagno, impendendo agli altri di sentire cosa si dicono.
    - Perché mi hai portato qui?
    - Ascoltami bene. Ora noi dobbiamo concentrarci sul caso, trovare chi ha fatto questo e non possiamo fare da baby-sitter a te.
    - Perché mi tratti cosi? – Penelope è sull’orlo delle lacrime ormai – Tu sei sempre stata gentile con me e ora mi tratti cosi male?
    - Non credi che io sia preoccupata? Sono pericolosi e tu qui sei non sei al sicuro.
    - Voglio vedere Morgan.
    - Perché non vuoi renderci le cose più facili? Se Derek fosse qui ora ti direbbe di prendere quell’aereo senza fare tutte queste storie.
    Penelope chiude gli occhi e una lacrima le corre sul viso. Collins ha ragione, Morgan la vorrebbe sapere protetta.
    - Hai vinto. Ma appena si sveglia fammi chiamare.
    - Promesso.

    Rossi si unisce a JJ e Hotch che portano all’aeroporto Garcia. Sarah, Spencer e Emily rimangono in ospedale nell’attesa che Derek si svegli. Finalmente il dottore dice loro che possono entrare in camera. Derek è ancora intontito, il suo sguardo si illumina non appena vede i tre entrare.
    - Dove sono gli altri? – chiede aggrottando le ciglia.
    - Hanno accompagnato Garcia all’aereo – spiega Spencer – L’abbiamo rimandata a Quantico, qui stava diventando troppo pericoloso.
    - E’ stata una vera lotta riuscire a convincerla che era la cosa migliore – rincara Sarah con un sorriso – Voleva prima assicurarsi che tu stessi bene.
    - Non ha aspettato che mi svegliassi?
    - L’ho convinta che tu avresti preferito saperla al sicuro, inoltre… io e Spencer ci andiamo a prendere un caffè. Emily, ti occupi tu di lui?
    Emily fa solo un cenno con la testa e rivolge loro un sorriso grato. Come i due ragazzi lasciano la stanza si siede ed afferra saldamente la mano di Morgan.
    - Deluso che non ci sia Garcia a tenerti la mano? – chiede abbassando lo sguardo.
    - Sarei deluso se non fossi tu a tenermela – risponde lui intrecciando le proprie dita con quelle di lei.
    - Ho avuto cosi paura.
    Prentiss poggia la testa sul petto di Derek e da sfogo a tutta la tensione che ha cercato di trattenere. Lui le carezza piano la testa e mormora piano il suo nome. Sarah rientra furtiva nella stanza e tira le tendine prima di richiudere la porta con un sorriso malizioso rivolto all’amico che arrossisce lievemente.

    - Credi che sia il caso di lasciarli soli senza protezione? – Spencer appare perplesso.
    - Da qui vediamo la porta della camera – risponde lei appoggiandosi alla macchina del caffè – Hanno bisogno di un attimo.
    Si gira a guardare Spencer. Lui le si avvicina e le carezza piano una guancia. Capisce quello che sta provando adesso Emily. Quando quell’S.I. ha sparato a Sarah con il fucile a pompa lui credeva di impazzire. Era rimasto tutta la notte al suo capezzale nella speranza che lei si svegliasse prima dell’arrivo degli altri, per avere un momento solo con lei. Sorride e pensa che in fin dei conti non c’è niente di male se sorvegliano la stanza da laggiù, lasciando a quei due un attimo per dirsi le cose veramente importanti.
    - Perché sorridi? – chiede lei sollevando un sopracciglio.
    - Pensavo che sei molto brava a capire le necessità degli altri.
    - Ti ricordi quell’S.I. che mi ha sparato?
    - Certo, credo di non aver mai avuto cosi tanta paura in vita mia – risponde lui prendendole una mano.
    - L’unica persona che volevo vedere al mio risveglio eri tu. Derek si sentirà nello stesso modo.
    - E Prentiss si sente sicuramente come mi sono sentito io. Il mio unico pensiero era di poterti parlare prima che arrivassero gli altri.
    Lei sorride e lo abbraccia, nascondendo il viso nel suo petto. Rimangono cosi abbracciati osservando la camera di Derek, sorridendo al pensiero che per quanto possano essere diversi quando si parla d’amore sono in realtà tutti uguali.

    Continua…
     
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    Capitolo XIX. Interview

    Ospedale di Biloxi
    Emily è seduta sul letto di Derek, lui la sta stringendo mentre la bacia con trasporto. Un leggero tossicchiare li fa voltare. Sarah e Spencer sono sulla soglia della camera e li osservano sorridendo.
    - Spiacente di interrompere il vostro… discorso – esordisce Collins con un sorriso malizioso – ma devo mantenere una promessa.
    - Quale? – chiede Derek senza staccare le mani dalla vita di Emily.
    - Ho promesso a Garcia che l’avresti chiamata appena sveglio e già è mezz’ora che non sei più in letargo – dice lei tirando fuori il cellulare e premendo il tasto della chiamata rapida – Sbrigata questa “formalità” puoi fare quello che preferisci.
    Morgan lascia andare Prentiss controvoglia mentre questa si alza per permettergli di parlare con la sua amica al telefono.
    - Intanto noi portiamo Emily a prendere un caffè – lo informa Spencer.
    - Mi lasciate solo?
    - Garcia parla abbastanza per tutti e tre – risponde Sarah strizzandogli l’occhio.
    - Ehi bambolina! – esordisce lui mentre osserva i tre amici uscire chiudendo la porta.

    Spencer lascia le due ragazze da sole per recarsi al bagno, mentre Sarah comincia ad inserire le banconote nella macchinetta.
    - Lo sai che a forza di prendere caffè renderai ricchi i proprietari dei distributori? – le fa notare Emily con uno sguardo divertito.
    - Qualcuno dovrà pur mandare all’università i loro figli, no? – risponde l’altra prendendo in mano il bicchiere – Come sta Derek?
    - Bene, è vigile e presente.
    - Anche troppo da quello che ho visto.
    - Smettila – Prentiss spintona leggermente l’amica e diventando rossa – Vorrei vederti se io cominciassi a fare questi commenti su te e Reid.
    - Accomodati pure - risponde l'altra facendo spallucce - l’unico che riusciresti a far arrossire sarebbe Spencer. Sai com’è timido. Piuttosto, parliamo di cose serie. Ti ha detto come sono riusciti a drogarlo?
    - Non abbiamo parlato di questo – ammette Emily prendendo a sua volta un bicchiere dal distributore.
    - Appena torna Spencer dal bagno, io vado da Derek e faccio un’intervista cognitiva. Voi non vi separate per nessun motivo.
    - Siamo ancora tutti in pericolo? Cosa diceva quel biglietto?
    - Ne parleremo domani con calma tutti insieme. Comunque, si, siamo ancora tutti in pericolo. Quei ragazzi sono imprevedibili ed estremamente pericolosi nella loro follia.
    - Come gli sarà saltato in mente di aggredire proprio Derek che è…
    - Atletico e muscoloso. Devono averlo visto come il bullo della situazione. Te lo detto prima, probabilmente dopo averlo drogato si sono resi conto che era troppo pesante per loro e lo hanno abbandonato nello sgabuzzino.
    - Ma perché cercare di portarlo via? Voglio dire, sono felice che non gli abbiano fatto del male, però…
    - La loro firma. C’è un luogo dove uccidono le loro vittime. Fa parte della loro fantasia e non possono rinunciarvi.
    - Ma per Whitehouse l’hanno fatto!
    - Si, ma non era un bullo da punire. Era uno di loro che stava per tradirli. Non so esattamente come funzioni la loro mente, ma credo che per loro il luogo degli omicidi sia molto importante.
    - Di cosa state parlando? – chiede Reid appena tornato.
    - Del caso, come sempre. Tu ed Emily rimanete qui ed aspettate gli altri, io vado a parlare con Derek. Avrà finito la telefonata con Garcia.

    Sarah entra sicura nella stanza di Derek, che le porge il cellulare. Lei lo rimette via e prende una sedia che posizione vicino al letto per guardare in viso il suo collega. Si accomoda e lo scruta attentamente.
    - Interrogatorio cognitivo? – chiede lui sospirando.
    - Se te la senti, si. Potrebbe essere importante.
    - Lo so.
    - Pronto?
    - Si – risponde lui chiudendo gli occhi – Entro nella mia stanza…
    - No. Partiamo da prima. Siamo appena usciti dal ristorante.
    - Ci incamminiamo verso i SUV, guido io come al solito. Reid è di fianco a me, dietro ci sono Emily e JJ.
    - Parlate?
    - No, stiamo tutti in silenzio. C’è tensione nell’aria.
    - Per via del caso?
    - No, c’è tensione tra JJ e Reid. Non so cosa si sono detti usciti dal ristorante, ma quando mi sono avvicinato sembrava che stessero litigando.
    - Vai avanti.
    - Arriviamo in albergo e scendiamo dal SUV. Prendiamo l’ascensore.
    - Rallenta. Siete scesi dal SUV, dove avevi parcheggiato?
    - Davanti all’albergo.
    - C’è nessuno in giro.
    - Si, un sacco di gente. Ci sono due ragazzi che amoreggiano vicino ad una macchina. Una signora che porta a spasso il cane. Due motociclisti che discutono. Un ragazzo che parla al cellulare. Aspetta! Il ragazzo ci sta osservando mentre parla al cellulare!
    - Lo vedi in volto?
    - No, porta una di quelle felpe con il cappuccio. Riesco a vedere solo le labbra che si muovono e una mano che regge il cellulare vicino all’orecchio.
    - Non importa. Poi che succede?
    - Entriamo nella hall dell’albergo e prendiamo l’ascensore. Io e Reid scendiamo per primi… JJ gli dice di chiamarla non appena entriamo in camera. La cosa mi sembra strana ma non faccio commenti. Reid mi lascia davanti alla porta della camera e io aspetto che lui arrivi alla sua. Poi passo la tessera magnetica ed entro.
    - Accendi la luce?
    - Si. C’è qualcosa di strano, mi sembra che qualcuno abbia spostato le mie cose. Mi avvicino al tavolo e sento qualcosa premermi sul viso. Sento due mani che mi premono un fazzoletto sul naso, c’è un odore strano. Cerco di liberarmi della presa, ma mi sembra che i miei muscoli non rispondano. Sento la vista annebbiarsi e le gambe cedere. Prima di perdere conoscenza intravedo una figura uscire dall’armadio.
    - E’ uno degli S.I.?
    - E’ una ragazza. Anche lei ha una felpa con il cappuccio tirato su.
    - Come fai a dire che era una ragazza?
    - La sua voce.
    - Cosa dice?
    - “Ottimo lavoro Mikael”.
    - Ok, Derek. Penso che possa bastare.
    Il profiler riapre gli occhi e si volta a guardare l’amica. Non si era reso conto di averle stretto la mano durante la ricostruzione della propria aggressione. Ci sono dei segni rossi sul polso della ragazza.
    - Scusami, non mi ero reso conto…
    - Non preoccuparti – dice lei alzandosi e posandogli un bacio leggero sulla fronte – Sono contenta che tu stia bene. Ti hanno drogato con del cloroformio, era quello l’odore strano che veniva dal fazzoletto.
    - Sarah, dobbiamo prenderli.
    - Lo faremo, Derek, lo faremo.

    Hotch, Rossi e JJ tornano dall’aeroporto poco dopo. Si avvicinano a Morgan chiedendogli come si sente. Sembrano tutti sollevati dalla notizia che verrà dimesso in mattinata. Hotch prende la parola.
    - Direi di tornare in albergo e riposarci.
    - Derek non può rimanere da solo – fa notare Sarah – Io rimango con lui.
    - Veramente toccherebbe a me rimanere – interviene Spencer – Lui fa coppia con me.
    - Ok, Reid e Collins rimangono qui – acconsente Hotch – Il resto di noi torna in albergo per dormire. Appena lo dimettono ci raggiungerete alla stazione di polizia. D’accordo?
    - Si, capo – risponde pronta Collins.
    Escono tutti dalla stanza, Emily lancia un’ultima occhiata a Derek che sta mettendo la propria pistola sotto il cuscino. Vorrebbe parlargli ma sa di non potere davanti a tutta la squadra, cosi si avvia lungo il corridoio seguendo il resto del team.
    - Cerca di dormire – dice Sarah a Derek.
    - E voi?
    - Dormiremo a turni, non preoccuparti. In fin dei conti non siamo noi quelli che sono stati aggrediti da tre adolescenti fuori controllo – gli dice Sarah.
    Derek vorrebbe ribattere ma sente le palpebre pesanti e si appisola. Spencer fa cenno a Sarah di uscire in corridoio.
    - Dormi prima tu e poi ti sveglio io intorno alle tre – dice il ragazzo prendendole la mano.
    - Prima perché non mi dici per quale motivo tu e JJ stavate litigando?
    - Non so di cosa…
    - Spencer, se vuoi dirmi le bugie almeno cerca di controllare la spalla sinistra.
    - Te l’ha detto Derek?
    - Durante l’interrogatorio cognitivo, si. Allora? Il motivo?
    - Era arrabbiata con me.
    - Per la nostra gita a Falmouth?
    - Ha parlato anche con te?
    - Ci ha provato ma io non le ho dato spago. Le avevo detto che non erano fatti suoi…
    - Sai che io e lei siamo amici, si è sentita esclusa.
    - Tu non ti sei sentito escluso quando hai saputo di Will? – chiede lei sollevando un sopracciglio.
    - Infatti è quello che le ho detto.
    - E lei cosa ti ha risposto?
    - Mi ha chiesto se io ti frequentassi solo per ripicca nei suoi confronti.
    - Che significa? Ripicca in che senso?
    - Lascia perdere – le dice lui affondando una mano nei suoi capelli – Ha detto cose senza senso.
    Lei si lascia baciare e poi rientra in camera accomodandosi sul divano. Cerca di dormire qualche ora, ma non le piace quello che ha sentito poco fa. Perché JJ ha detto che Spencer la frequenta solo per ripicca?

    Continua…
     
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    Capitolo XX. No doubt

    E’ in una grande sala, la pianta del locale è di tipo circolare. Al centro un altare con sopra un ostensorio. Deve essere una specie di chiesa o comunque un luogo di culto. Intorno all’altare tre figure incappucciate sono indaffarate in un qualche tipo di rituale. Si rende conto di essere fra due persone e si gira ad osservare i suoi compagni. Da una parte Dawn Miller in tenuta da cheerleader osserva le tre figure, dall’altra Jerry Whitehouse la guarda e muove le labbra come se cercasse di dirle qualcosa. Non riesce a capire le parole del ragazzo che improvvisamente l’afferra per il braccio e comincia a scuoterla. Finalmente solleva lo sguardo per incontrare gli occhi del ragazzo. Dietro gli occhiali ci sono solo due orbite vuote.

    Ospedale di Biloxi
    Si sveglia di soprassalto, mentre Spencer la scuoteva delicatamente. Si mette a sedere e si rende conto di essere tutta sudata. Si volta a guardare il ragazzo e nota che Derek è sveglio seduto eretto sul letto e li osserva.
    - Ti stavi lamentando nel sonno – spiega Spencer carezzandole piano una mano.
    - Un brutto sogno, niente di ché – risponde lei chiudendo gli occhi per un momento – Che ore sono?
    - Le quattro – risponde pronto Reid.
    - Dovevi svegliarmi alle tre per darti il cambio – replica lei con tono severo – Anche tu hai bisogno di dormire qualche ora.
    Si alza dal divano e va nel bagno per darsi una sciacquata al viso. Si osserva allo specchio, profonde occhiaie nere mettono ancora più in risalto gli occhi verdi. Non c’è niente di attraente nella ragazza che la rimira dallo specchio. I capelli sono in disordine e il trucco è colato. Si rinfresca come può e poi torna nella camera, dove Spencer, seduto sul divano la guarda con aria di rimprovero.
    - Sembri a pezzi, dovresti continuare a dormire.
    - Sopravvivrò – risponde lei con un’alzata di spalle – Avrò modo di dormire dopo che avremo preso gli S.I., tu piuttosto vedi di dormire almeno un paio di ore. Sarà una lunga giornata.
    Lui sbuffa, ma si sdraia comunque. Lei si avvicina al letto dove Derek è sempre seduto e non la perde di vista un attimo. Lei cerca di sorridere, ma sa di non avere un bell’aspetto. Si siede sul letto e carezza il viso dell’amico.
    - Come ti senti? – gli domanda preoccupata.
    - Sicuramente sto meglio di te. Hai una faccia da far paura.
    - Tu si che sai come parlare ad una donna – risponde lei con tono ironico.
    - Che vuoi che ti dica? E’ una qualità innata – ribatte lui con un sorriso – Comunque mi sento bene. Ho solo dormito più del solito, nulla di più.
    - Sei stato fortunato. Poteva andarti molto peggio, quei tre erano venuti per ucciderti.
    - Lo so. Mi domando cosa li abbia fermati.
    - Volevano portarti da qualche parte, su questo non c’è dubbio. Probabilmente il luogo dove uccidono le vittime designate ha un qualche significato per loro. Fa parte della loro firma.
    - Già. Probabilmente sono ancora vivo perché ero troppo pesante da portare.
    - Ringrazia il cielo di avere tutti quei muscoli e di non essere un peso piuma – Sarah si lascia sfuggire un sorriso tirato.
    Si voltano ad osservare Spencer, che nonostante le proteste di poco prima si è già addormentato. Sarah si alza dal letto e prende una coperta che poi usa per coprirlo. Delicatamente gli scosta i capelli dal viso e poi torna a sedersi vicino a Derek.
    - Se vuoi dormire un altro po’ posso fare io la guardia – le dice mostrandole la pistola sotto il cuscino.
    - Preferisco di no. Ultimamente il mio sonno non è proprio “tranquillo”.
    - Incubi?
    - In continuazione. Questo caso è… - lei sospira cercando di spiegarsi – Mi tocca come non era mai successo in passato. Anche se non approvo quello che stanno facendo quei ragazzi, posso capirli. Sono stata anch’io vittima di atti di bullismo.
    - Anch’io. A quindici anni ero basso e magro, i ragazzi più grandi mi picchiavano tutti i giorni. Mi sono esercitato con i pesi per tutta l’estate e sono cresciuto in altezza. Ho cercato di sopravvivere.
    - Ci sei riuscito alla grande – gli dice lei con un sorriso – Con somma gioia di molte stagiste ed agenti a Quantico.
    - Oramai per la gioia di una sola agente – risponde lui con un sorriso.
    - Ehi dongiovanni, sbaglio o finalmente le cose si sono aggiustate?
    - Ho seguito il tuo consiglio. Emily mi ha detto che ti sei accorta tu della mia assenza. Come mai mi avevi chiamato?
    - Avevo bisogno di parlare con qualcuno…
    - Hotch?
    Lei annuisce controvoglia. Non le sembra il momento adatto per affrontare quel genere di discorsi.
    - Nonostante quello che gli ho detto, è tornato alla carica?
    - No, non esattamente. Però… mi mette a disagio e poi mi sono accorda ti alcune cose.
    - Tipo?
    - La vicinanza tra la mia camera e quella di Hotch, quando lavoriamo ad un caso per esempio. Il modo in cui mi guarda… stasera abbiamo avuto un altro scontro. Sembrava cosi triste.
    - E tu non vuoi fargli del male, giusto? Beh, non è colpa tua. In realtà non è colpa di nessuno. Però fossi in te starei attenta. Per cercare di non ferire Hotch potresti ferire qualcun altro – dicendo cosi Morgan indica con la testa l’addormentato Spencer.
    - Lo so e questo mi macera dentro. Io non vorrei essere troppo dura con Hotch, ma non voglio neanche che lui si faccia illusioni su quelli che sono i miei sentimenti. Inoltre Spencer comincia a essere geloso e io non so come gestire la cosa.
    - Wow! È la prima volta che ti sento ammettere di non riuscire a tenere tutto sotto controllo!
    - Derek, io non sono perfetta e non ho il controllo su niente e nessuno. Cerco di dare l’idea opposta per rassicurare la squadra, ma a volte mi sento solo una ragazzina spaventata.
    - E’ la prima volta che ti sento dire cose del genere – le dice lui prendendole la mano – Io mi sono sempre appoggiato a te nei miei momenti di sconforto. Non te l’ho mai detto, perché pensavo che fosse implicito nel nostro rapporto. L’amicizia è una strada a due corsie, puoi sempre venire da me per sfogarti. Emily sa come ti senti?
    Lei scuote la testa con gli occhi lucidi. Cerca di non piangere ma sente il peso di tutta la situazione. Hotch, la gelosia di Spencer, il caso, il senso di colpa per Jerry Whitehouse. Poggia la testa sulle spalle del suo amico.
    - Non sono brava nell’esternare i miei sentimenti e non voglio preoccupare Emily. In realtà l’unico con cui a volte parlo di quello che provo veramente è Spencer…
    - Ma di questo non puoi parlare con lui, capisco. Puoi venire da me in ogni momento. Sai che sono l’ultimo che può dare consigli, ma almeno ti ascolterò con attenzione come fai tu con me.
    - Grazie, due neuroni – finalmente le lacrime cominciano a scendere e le si stringe ancora di più a Derek – Sei sempre il mio migliore amico.
    - Vorrei poter essere un amico eccezionale la metà di quello che tu sei stata per me. Cos’è che ti preoccupa tanto?
    - Non lo so. Ci sono cose che ho sempre avuto paura di chiedere a Spencer.
    - Che tipo di cose? Voi parlate praticamente di tutto – risponde stupito Morgan.
    - Emily una volta si è lasciata sfuggire che Spencer ha portato JJ ad una partita di football. Nessuno sa cosa esattamente sia successo fra loro due, ma…
    - Ma cosa? Non è successo assolutamente niente. JJ e Reid sono solo amici.
    - Allora perché lei ha insinuato che Spencer mi frequenta solo per ripicca nei suoi confronti?
    Morgan l’afferra per le braccia e la scosta da se. Si rende conto per la prima volta che Sarah non è la donna dura e decisa che cerca di apparire sempre e comunque. E’ macerata dentro da un dubbio che non vuole affrontare per paura di soffrire. Le bacia la fronte e le asciuga le lacrime con le dita.
    - Non so cosa sia successo fra quei due quel giorno, però ti posso dire un paio di cosette. Non ho mai visto Reid cosi felice come da quando vi frequentate. Inoltre lo conosco abbastanza da sapere che non sarebbe mai in grado di usare gli altri come ha insinuato JJ. Lascia perdere questa storia e pensa solo che a volte nei momenti di rabbia si dicono cose senza senso.
    Sarah chiude gli occhi e cerca di farsi coraggio. Anche lei conosce abbastanza Spencer da sapere che non la userebbe mai in quel modo, che non è capace di fare del male agli altri. Non è nella sua natura essere cosi calcolatore e cattivo, non le farebbe mai una cosa del genere. Inoltre Spencer non sa mentire e se le ha detto che sono solo sciocchezze lei deve crederci. Sospira e abbraccia di nuovo Morgan.
    - Grazie, pollice non opponibile. E’ la prima volta che sei tu la voce della ragione.
    - Prego ciuffo buffo. E comunque il motivo è che è la prima volta che ti rivolgi a me per un aiuto.
    - Devo ricordarmi di farlo più spesso – dicendo cosi lo bacia su una guancia e si scosta dall’abbraccio mettendosi a sedere sulla sedia.
    - E adesso? Cosa facciamo? – chiede Derek poggiandosi di nuovo sui cuscini.
    - Aspettiamo che ti dimettano e poi andiamo a prendere quei tre piccoli luridi bastardi!
    - Dobbiamo prima capire chi sono…
    - Non preoccuparti. Hanno fatto il loro secondo errore dopo l’uccisione della Miller.
    - Che vuoi dire?
    - Che ho capito chi è l’S.I. dominante. Dobbiamo solo capire dove si stanno nascondendo e poi li andiamo a prendere.
    - Chi è?
    - Cerca di dormire, ne parleremo domani con gli altri. Ti voglio riposato, credo che ci sarà da tirare giù qualche porta.
    - Quella è la mia specialità!

    Continua…
     
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    Capitolo XXI. Revenge

    Interno di un SUV, strade di Biloxi
    Derek ha insistito per guidare. Spencer è seduto di fianco a lui, mentre Sarah si è coricata sul sedile posteriore.
    - Bell’addormentata, ti decidi a dirci chi è l’S.I.? – la interroga Morgan piuttosto indispettito.
    - Bastava leggere il biglietto che ti hanno lasciato sulla camicia per capirlo – risponde lei senza aprire gli occhi.
    - Io non l’ho letto. Sai ero piuttosto impegnato a…
    - Dormire, quello che vorrei fare io se me ne lasciaste la possibilità – risponde lei mettendosi finalmente a sedere – Spencer.
    - Cosa? – le chiede il ragazzo sentendosi tirare in ballo.
    - Il testo del messaggio, per favore – risponde lei.
    - La dovreste smettere di usarmi come un promemoria personale – replica lui piccato.
    - Io ti uso anche per altre cose, mi sembra – dice lei maliziosa.
    Il giovane profiler diventa di un colore indefinito fra il porpora e il rosso acceso. Si schiarisce la voce, cercando di riprendere il controllo.
    - “Questo è solo un avvertimento. La prossima volta non ci fermeremo. Mia cara meretrice di Babilonia dagli occhi di serpente, vattene, questo non è luogo per te. Stai attento colui che tenta Adonai, il prossimo sarai tu!”, poi c’era una scritta in ebraico.
    - E-l, un altro dei nomi biblici di Dio – interviene in suo aiuto Sarah tornando a sdraiarsi.
    - E allora? Chi è l’S.I.? – riprova Derek.
    - Chiedilo a Spencer – ripete lei – E adesso lasciatemi dormire fino alla stazione di polizia.
    I due ragazzi si guardano sconcertati e cercano di trovare il nesso tra il biglietto e l’S.I. dominante.

    Stazione di polizia di Biloxi

    - Insomma, Sarah! – Derek è esasperato.
    - Mi meraviglio di voi due – dice lei entrando nella sala dove il resto del team li attende – dovreste esserci arrivati. Specialmente tu Spencer. Che razza di profiler siete?
    - Di che state parlando? – chiede Hotch aggrottando la fronte.
    - Sarah sostiene di sapere chi è l’S.I. dominante, ma non vuole dircelo – sbotta Morgan frustrato.
    - Non ho detto che non voglio dirvelo – risponde lei facendo spallucce – Semplicemente mi meraviglio che non ci siate arrivati anche voi due. Ripeto: cosa dice il biglietto?
    - Cose senza senso! Ecco cosa dice! – Derek si mette a sedere di botto e comincia a guardarla male.
    - No, no. Un senso ce l’ha e come! Proviamo a esaminarlo insieme – dice lei avvicinandosi alla lavagna bianca – Tira in ballo la meretrice di babilonia…
    - Che significato ha? – chiede Emily sedendosi accanto a Derek.
    - Nell’Apocalisse di Giovanni si parla di questa figura. Dovrebbe rappresentare la perdizione del mondo. Credo che qui si riferiscano a me.
    - Cosa te lo fa dire? – chiede Spencer prendendo uno dei bicchieri di caffè sul tavolo.
    - Occhi di serpente, quindi con degli occhi particolari. Senza offesa ma credo proprio che si riferisca a me. Comunque non è questo l’indizio…
    - E quale sarebbe? – chiede Rossi incuriosito.
    - Cito testualmente “Colui che tenta Adonai” – Sarah si volta e vede lo stupore negli occhi dei suoi colleghi – Andiamo! Adonai vuol dire signore. Qui si parla di Spencer!
    - Di me? – Reid è allibito.
    - Ragioniamo un attimo. Qualcuno tenta il “signore”, cioè l’S.I. dominante, quel qualcuno deve essere uno di noi. Chi è che ha fatto colpo su una ragazzina durante l’interrogatorio?
    - Vuoi dire che… - Spencer spalanca bocca e occhi cominciando a capire.
    - Mary Oldbride. Garcia sarà già arrivata in ufficio?
    - Adesso proviamo. Intanto mando a prelevare questa Oldbride – dice Hotch uscendo dalla stanza.
    - Perché ti interessa Garcia? – chiede JJ mettendosi al fianco di Spencer come a volerlo proteggere.
    - Dobbiamo fare delle ricerche sul passato di quella ragazza. Le vittime non sono morte subito. Le hanno tenute segregate in qualche posto per dei giorni. Manca ancora una ragazza all’appello, forse possiamo salvarla se troviamo il loro covo.
    - Ce lo faremo dire dalla piccola svitata – dice Derek sicuro.
    - Non ce lo dirà mai. Poco ma sicuro – risponde Collins con un sospiro.
    Derek prende il cellulare e mette il vivavoce mentre lo poggia sul tavolo. Al terzo squillo, finalmente qualcuno risponde.
    - Ehi, zucchero, tutto bene? – chiede la voce allegra e squillante di Garcia.
    - Sì, dolcezza. Ne ho approfittato per farmi una bella dormita – scherza il ragazzo moro – Sei pronta per una delle tue magie?
    - Oh, tesoro, non sai neanche che magie potrei fare per te – risponde lei maliziosa.
    - Vediamo se riesci fare una magia anche per me – si intromette Sarah con un risolino.
    - Dimmi Sarah – la voce di Penelope non è più cosi allegra come poco prima.
    - Mary Oldbride, tutto quello che riesci a trovare sul suo passato – Collins capisce perché l’informatica sia risentita con lei.
    - Ci sto lavorando – replica Garcia.
    Sarah afferra il cellulare, toglie il vivavoce ed esce dalla stanza.
    - Penny?
    - Non mi chiami mai cosi…
    - Mi dispiace per ieri. Volevo metterti al sicuro. So che a volte riesco a essere una vera stronza, ma ti garantisco che ero solo preoccupata per te. Ti voglio bene, non potrei sopportare l’idea che ti succedesse qualcosa.
    - A volte riesci a essere la regina delle stronze! Comunque ti voglio bene anch’io, quindi cerca di tornare qui tutta intera… anche perché mi aspetto che, per farti perdonare, tu mi offra la cena.
    - Con vero piacere.
    - Ricerca terminata, vi sto inviando i file.

    Sarah rientra nella sala e restituisce il cellulare a Derek, poi si siede davanti al portatile e comincia a leggere il materiale inviato da Garcia. Hotch entra e richiude la porta alle sue spalle.
    - Una pattuglia è andata a prelevarla a scuola e un’altra è diretta a casa sua. E’ in trappola – dice andandosi a sedere vicino a Collins – Novità?
    - Garcia ha eseguito una ricerca sul passato della ragazza su mia richiesta. Sto controllando i file – risponde la ragazza concentrandosi sul monitor.
    - Che cosa stai cercando? – chiede Morgan sporgendosi verso di lei.
    - Qualsiasi cosa possa esserci utile per capire dove tengono le loro vittime prima di ucciderle.
    Il telefono di Hotch squilla in quel momento, in perfetta sincronia con quello di Derek. Il capo dell’unità risponde alla telefonata e si allontana. Morgan guarda il display. Garcia li sta chiamando di nuovo.
    - Bambolina sei in vivavoce.
    - Questo potrebbe interessarvi. Ho fatto una ricerca incrociata fra Jerry Whitehouse, Dawn Miller e Mary Oldbride. Fino a due anni fa frequentavano tutti un liceo pubblico che ora è stato chiuso.
    - Perché è stato chiuso? – chiede Sarah mettendo da parte il computer.
    - Un incidente. Una delle matricole è morta, durante quello che alcuni suoi compagni definirono uno scherzo.
    - Il fattore di stress! – Rossi si alza eccitato.
    - Alcuni ragazzi portarono una delle matricole sul tetto e poi cominciarono a tirargli addosso dei palloni. Il ragazzo, nel tentativo di sfuggire, è precipitato dal secondo piano. Morto sul colpo – Garcia termina il suo racconto con una nota di biasimo nella voce.
    - Come si chiamava la scuola? – chiede Spencer.
    - Archangels High School – risponde pronta la ragazza.
    - Ora sappiamo dove portano le loro vittime – dice Derek alzandosi pronto a entrare in azione.
    - Garcia – lo interrompe Sarah – Chi erano i ragazzi coinvolti nello “scherzo”?
    - Credo che a voi interessino solo un paio di nomi. Fra i ragazzi coinvolti c’era Thomas J. Larsson.
    - La prima vittima! – salta su Emily.
    - Già, c’era anche John Clark. Pare fossero coinvolte anche alcune ragazze – Garcia riprende fiato – Credo che anche le vittime femminile fossero coinvolte nella morte del ragazzo.
    - Come si chiamava la vittima? – chiede Sarah accigliandosi.
    - Robert Summers, perché?
    - Uno dei ragazzi che abbiamo interrogato faceva di cognome Summers – Collins si volta verso Spencer.
    - Jeremy Summers – le viene in aiuto Reid.
    - Eccolo qui! – Garcia riprende la parola – O mio dio!
    - Cosa c’è bambolina? – chiede Derek preoccupato.
    - Ho trovato un altro articolo sull’incidente. Robert e Jeremy erano fratelli. Qui dice anche che la ragazza di Robert aveva assistito alla scena! La ragazza è la stessa su cui mi avete chiesto di fare ricerche: Mary Oldbride
    - E’ terribile – JJ si porta la mano davanti alla bocca – Si sta…
    - Vendicando – finisce per lei Rossi.
    Hotch irrompe nella sala con aria contrariata.
    - Mary Oldbride non fa ritorno a casa da ieri sera. Non riescono a trovarla da nessuna parte.

    Continua…
     
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    Capitolo XXII. He is back!

    Stazione di polizia di Biloxi
    Sono tutti pronti per andare alla scuola dove gli S.I. si annidavano. Sarah continua a scorrere i file che Garcia gli aveva inviato. Improvvisamente si alza di scatto e si volta verso Hotch.
    - Cosa c’è? – le chiede il suo capo avvicinandosi.
    - Garcia non l’aveva notato…
    - Cosa?
    Lei indica il monitor del portatile e lui avvicina il viso per vedere meglio. Sarah clicca sul mouse e Hotch si allontana di scatto.
    - Reid, forse è meglio che tu rimanga qui – dice continuando a fissare qualcosa.
    - Perché? – chiede il ragazzo avvicinandosi seguito dal resto della squadra.
    Sarah gira il computer e tutti possono vedere l’articolo sulla morte di Robert Summers a schermo intero. Il pezzo giornalistico è corredato dalla foto a colori del giovane morto. Una faccia pulita circondata da capelli biondo miele lunghi e sottili sorride dallo schermo. Due occhi nocciola scrutano il mondo attraverso degli spessi occhiali dalla montatura nera.
    - Ecco perché lei si sente attratta da te – dice Sarah abbassando gli occhi – Somigli moltissimo al suo ragazzo.
    Il silenzio cala sulla squadra. Derek si avvicina all’amico e gli poggia una mano sulla spalla. Sarah non riesce ad alzare lo sguardo. Capisce perfettamente come si deve sentire la giovane Mary Oldbride e l’effetto che la vista di Spencer possa aver avuto sul suo precario equilibrio emotivo. Deve essere difficile trovarsi davanti alla copia vivente del proprio ragazzo morto. Non era timidezza quello che la bloccava, ma lo shock di trovarsi di fronte il suo redivivo ragazzo. Collins cerca di scacciare quei pensieri. Ora non può provare empatia per quella ragazza che sta massacrando i suoi ex compagni di scuola per vendicarsi. Probabilmente anche Jeremy Summers è coinvolto nella faccenda. Si chiede chi sia il terzo S.I. e il ruolo che ricopre in tutta questa faccenda.
    - Io vengo con voi. Forse sono l’unico a cui darà ascolto, visto che somiglio cosi tanto al suo ragazzo.
    Hotch annuisce ed escono tutti dalla stanza, ognuno perso nei propri pensieri. Stavolta non sarà facile fare la cosa giusta. Quei ragazzi stanno vendicando una morte che il sistema giudiziario ha archiviato come “incidente”. Eppure il loro dovere è fermarli a qualsiasi costo.

    Hotch e La Voisin stanno parlando. Il capo dei profiler cerca di spiegare al detective del Missisipi quello che hanno scoperto e dedotto. Spencer si allontana dal resto del gruppo e si infila nella sala riservata a loro. Sarah lo osserva allontanarsi e fa segno a Derek, che le risponde con un assenso. Si avvia a sua volta verso il locale e chiude la porta. Lui è davanti al monitor e continua a scorrere il testo dell’articolo.
    - Sei che quello che ha detto Hotch durante l’esposizione del profilo è vero? Non si fermeranno. Se riusciremo a trovarli saremo costretti a…
    - Non è colpa nostra, Spencer. Non possiamo farci niente.
    - Questo non rende le cose più facili – lui si siede e abbassa la testa sconfitto.
    - Il caso Savage ha dimostrato che non sempre c’è un’unica soluzione – mormora lei accarezzandogli la testa – Quella volta hai rischiato grosso, eppure sei riuscito a far arrendere quel ragazzo. Non sempre deve finire con una morte, Spencer.
    Lui scuote la testa avvilito e non la guarda. Sarah si accuccia accanto a lui e gli prende una mano.
    - Owen sei riuscito a salvarlo, con un po’ di fortuna riusciremo a salvare anche Mary.
    - Sarah… - lui finalmente alza lo sguardo per incontrare quello di lei e le stringe la mano – Stavolta è diverso. Con Owen ho potuto fare leva sul suo rapporto con Jordan Norris. Qui non abbiamo appigli. Robert è morto e Mary cerca di vendicarlo.
    - Dobbiamo provare. Ci deve essere qualcosa su cui fare leva, ci deve essere un appiglio.
    Rossi entra nella stanza e li guarda.
    - Siamo pronti a muoverci. Reid, te la senti?
    - Si – risponde il ragazzo alzandosi – Andiamo.

    Archangels High School
    Sono davanti alla scuola in disuso, mentre la polizia locale si prepara a fare irruzione. Hotch li chiama a raduna intorno a lui per impartire gli ultimi ordini.
    - Reid e JJ entreranno dalla porta principale con la polizia. Morgan, tu e Collins farete irruzione dal lato ovest mentre io, Prentiss e Rossi entreremo dal lato est. Domande? – Hotch guarda le facce della sua squadra e sembra annuire soddisfatto – Bene. State attenti, sono estremamente pericolosi.
    La squadra si divide seguendo le indicazioni di Hotch. Derek e Collins si avviano fianco a fianco verso il lato ovest della scuola. Improvvisamente Sarah si ferma ad osservare una costruzione leggermente staccata dal resto del complesso.
    - Cos’è quello? – chiede a Morgan indicando l’edificio.
    - Dovrebbe essere la palestra.
    - Chiama Hotch. Dobbiamo fare irruzione lì se vogliamo stanarli.
    - Cosa te lo fa credere? – chiede il collega aggrottando la fronte.
    - Stanno punendo gli atleti e le cheerleaders. Dove credi che delle menti cosi contorte potrebbero decidere di “eseguire la condanna”?
    - In un luogo che rappresenti qualcosa per le vittime – annuisce Derek prendendo il walkie-talkie dalla cintura e contattando Hotch.
    Sarah si incammina verso la palestra e si ferma a metà strada. Si sente tesa e nervosa, sente le mani sudate. Sa che lo scontro con i tre ragazzi è inevitabile, eppure spera di riuscire a salvarli da se stessi. Sospira ripensando a quello che ha detto a Spencer, poi stringe i pugni e si volta verso Morgan.
    - Il capo dice di fare irruzione noi due. La polizia locale controllerà il perimetro della scuola e gli altri ci stanno raggiungendo – dicendo cosi estrae la pistola – Sei pronta?
    - No, ma non credo faccia differenza – risponde lei impugnando l’arma a sua volta.
    Camminano vicini con i sensi allerta fino alla porta dell’edificio. Derek poggia una mano sulla maniglia e si gira a guardarla. Sarah sente un’immensa tristezza dentro di se, ma sa qual è il suo dovere e stringe ancora di più la pistola nel pugno. Prende un respiro e fa cenno a Morgan di aprire la porta.

    Entrano nella palestra deserta con le pistole spianate. Al centro del campo da gioco un corpo giace senza vita, con un pugnale nel petto. Dalle macchie di sangue è chiaro che è quello il luogo dove i tre S.I. hanno ucciso tutte le loro vittime. Sarah e Derek si mettono spalla contro spalla e perlustrano con gli occhi il resto del locale. Si sentono osservati, sanno che i tre ragazzi sono nascosti nella penombra di quel posto e stanno valutando il grado di pericolosità di quei due agenti federali.
    - Mary lo so che sei qui – urla Sarah continuando a scandagliare gli spalti vuoti – Arrenditi, sappiamo tutto.
    - Tutto? – dice una voce femminile che Sarah riconosce subito – Non credo che voi riusciate a capire...
    Morgan continua a girare lo sguardo, l’acustica della palestra non permette di capire dove effettivamente si trovi la ragazza.
    - Mary, so come ti senti. Vuoi vendicare Robert, vuoi fargliela pagare per quello che gli hanno fatto. Ma non è questo il modo, non gettare via la tua vita.
    - Gettare via la mia vita? Cosa ne sai tu della mia vita? – il tono della ragazza è duro e deciso, niente a che vedere con l’essere tremante e insicuro dell’interrogatorio.
    - So che ti hanno fatto del male, so che ti hanno emarginata. Hanno strappato via Robert da te.
    - Robert è sempre con me – risponde lei – Non mi abbandonerà mai! E’ tornato per me.
    Sarah sbarra gli occhi capendo cosa è scattato nella mente della ragazza quando ha incontrato Spencer.
    - Non è lui, Mary. Gli somiglia tantissimo, ma non è lui – vorrebbe riuscire a vedere la ragazza per rendersi conto se sta attaccando il punto giusto.
    - Si che è lui!
    Sentono una porta sbattere e sussultano. Lei forse è uscita da un’entrata secondaria. Sarah cerca di mantenere il controllo. Mary se ne è andata lasciandoli alle amorevoli cure dei suoi “arcangeli” che sono nascosti da qualche parte nell’oscurità di quel locale.
    Morgan percepisce un movimento e arma la pistola.
    - Mani in alto ragazzino! Non costringermi a spararti.
    Per tutta risposta un pugnale vola attraverso il locale conficcandosi nel parquet.
    - Non sono solo due – bisbiglia Sarah.
    - Quanti diavolo ne ha coinvolti nella sua vendetta personale?
    - Ci sono almeno altre tre persone oltre a noi qui dentro. Siamo circondati – risponde lei senza alzare la voce e cercando di tenere sotto controllo la sua metà del locale.
    - Spero che Hotch e gli altri arrivino presto.
    - Lo spero anch’io.
    Dei movimenti ai margini del campo dicono chiaramente che la situazione sta per precipitare.

    Continua…
     
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    Capitolo XXII.

    Archangels High School’s Gym
    Sarah tiene la schiena premuta contro quella di Derek, sente il sudore colarle lungo la schiena. E’ tesa come una corda di violino e il suo respiro è affannato. Non può vedere il suo compagno, ma sa che anche lui è vicino alla rottura. La situazione è critica, presto dovranno aprire il fuoco su tre adolescenti esaltati che si credono angeli della vendetta.
    Sarah cerca di abituare gli occhi a quella penombra che le impedisce di distinguere i movimenti lungo il perimetro del campo da gioco. Ormai i suoi occhi sono solo due fessure che scrutano intorno alla ricerca del minimo movimento. Stringe ancora di più la pistola, terrorizzata all’idea di perdere la presa sulla sola cosa che può salvarle la vita.
    - Qualsiasi cosa succeda – le dice Derek – continua a tenere sotto controllo la tua metà del campo. Non farti distrarre e se si avvicinano troppo, apri il fuoco.
    - Vale anche per te. E, Derek? Sei stato il miglior amico che abbia mai sperato di avere. Ti voglio bene.
    - Non dire queste cose. Usciremo da qui sani e salvi – Derek cerca di farle coraggio e si rifiuta di rispondere alle sue parole.
    Si rende conto che dirle quello che prova per lei, sarebbe l’equivalente di ammettere che uno dei due potrebbe non farcela. Quando Hotch ha cominciato a metterli in coppia insieme durante le irruzioni, Reid gli ha fatto promettere di proteggerla sempre. Solo una volta non ha mantenuto la promessa di portarla fuori sana e salva, non vuole che questo accada di nuovo.
    Improvvisamente un urlo proveniente dagli spalti attira l’attenzione di Sarah. Un ragazzo di circa sedici anni si avventa su di lei con il pugnale in mano. Riconosce quel ragazzo, l’ha interrogato solo due giorni prima in compagnia di Spencer. Jeremy Summers correva verso di lei, pronto a farle del male.
    - Fermo o sparo! – urla con quanto fiato ha in gola.
    Il ragazzo non rallenta la sua corsa e lei preme il grilletto mirando alle gambe. Lo colpisce al ginocchio sinistro e lui si accascia per terra. Prontamente Sarah rialza lo sguardo continuando a muovere la pistola da un lato all’altro.
    - Tutto bene? – chiede Derek continuando a tenere d’occhio la sua area.
    - Sì. Non distrarti.
    - Gli altri arriveranno a momenti.
    - Speriamo, quel ragazzo ha bisogno di aiuto.
    - Non provare a muoverti e mollarmi qui, chiaro?
    - Non ci penso neanche. Insieme fino alla fine, giusto?
    - Giusto.
    Improvvisamente le porte si spalancano lasciando entrare il resto della squadra. Sarah torna a respirare normalmente. Numericamente sono superiori agli S.I., ora hanno una speranza di farli arrendere.
    - Il gioco è finito! – raduna tutto il suo autocontrollo per non cedere alla tensione – Avete visto cosa è successo ai vostri amici? Arrendetevi e nessuno si farà male.
    Il tintinnio di due coltelli lasciati cadere per terra la rincuora.
    - Venite avanti con le mani bene in vista – interviene Hotch estraendo la pistola.
    Il resto del team si dispone a semicerchio per coprire tutte le angolazioni, mentre due ragazzi si fanno avanti dagli spalti con le mani sollevate.
    - NO! – urla Jeremy dal pavimento – Dobbiamo terminare la nostra missione, ne manca ancora uno! Non possiamo tradire! Avete visto cosa è successo a Jerry?
    I due ragazzi non lo degnano di uno sguardo, mentre lui muove la mano alla ricerca del pugnale che gli è caduto. Morgan lo sovrasta con la pistola puntata.
    - Fidati ragazzo, non è una buona idea.

    Fuori dalla palestra i ragazzi vengono ammanettati e caricati sulle auto della polizia. Jeremy viene caricato su una barella per essere trasportato in ospedale. Sarah intercetta i portantini e guarda il ragazzo dritto negli occhi.
    - Hai detto che ne manca ancora uno. Chi?
    Il ragazzo volta la faccia chiuso nel suo ostinato mutismo. E’ ammanettato alle traversine e non può muoversi, ma i suoi occhi dicono che se ne avesse l’occasione proverebbe di nuovo a farle del male.
    - Ti ho fatto una domanda: chi altro era coinvolto nella morte di tuo fratello?
    Lui sobbalza e la guarda stupito. Non si era reso conto che ormai loro sapevano tutto, o quasi. Una lacrima gli scende sul viso dai lineamenti delicati.
    - L’hanno ucciso e nessuno ha fatto niente. Hanno detto che era stato un incidente, ma io c’ero! L’hanno fatto apposta, dovevano essere puniti!
    - Chi è l’ultimo? – Sarah insiste senza lasciare all’altro il tempo di riordinare le idee.
    - Susan Billings. Teneva ferma Mary mentre continuavano a colpire Robert.
    Sarah finalmente consente che venga portato via. Doveva arrivarci da sola, l’ultima vittima era quella più importante di tutte, secondo la logica di Mary Oldbride. La ragazza che le aveva impedito di salvare il suo amore, che l’aveva tenuta ferma e costretta a guardare mentre il suo ragazzo precipitava dal terrazzo della scuola.
    - Hotch, dobbiamo andare alla Catholic immediatamente.
    - Si – annuisce lui – Ormai sa di avere le ore contate prima di essere presa. Cercherà di portare a termine la sua vendetta.
    Due SUV neri sfrecciano con le sirene spiegate attraverso le strade di Biloxi.

    Catholic High School, Biloxi
    Si sono mossi il più velocemente possibile, mentre Hotch ha già avvertito il preside di far portare Billings nel suo ufficio e di non lasciarla sola. Hotch, Morgan, Collins e Reid si dirigono a passo spedito verso la presidenza. Il resto della squadra ha portato i ragazzi alla stazione di polizia per interrogarli e convalidare l’arresto.
    Improvvisamente Sarah si blocca ed estrae la pistola. I tre colleghi si voltano verso il fondo del corridoio e seguono il suo esempio. Mary è ritta al centro del passaggio con un pugnale stretto nel pugno. Sarah fa cenno con una mano agli altri e abbassa la pistola. Si avvicina lentamente alla ragazza continuando a guardarla negli occhi.
    - Mary, è finita. Arrenditi.
    - Non è finita! – urla lei con le lacrime agli occhi – non ancora!
    - Non ti permetteremo di uccidere Susan, lo sai bene. Non serve a niente continuare, butta quel pugnale.
    La ragazza non le risponde continuando a sostenere il suo sguardo. Sarah spera che ci sia un modo per evitare quello che sta per succedere, non vuole che questo caso finisca cosi. Spera di non essere costretta a spararle e di evitare un’altra morte inutile.
    - Robert ti amava, non avrebbe voluto questo.
    - Tu che ne sai? Non lo conosci come lo conosco io.
    Sarah ha un’idea, pazzesca forse, ma è l’unica cosa che può salvare quella ragazza. Spera che Spencer intuisca il suo piano e che assecondi i vaneggiamenti di quell’adolescente sconvolta dal dolore.
    - Possiamo chiederlo a lui, non è vero? – non osa staccare i suoi occhi da quelli della ragazza – Vuoi che glielo chiediamo? Robert, vuoi che Susan muoia?
    Un'unica preghiera nel suo cervello “Ti prego, Spencer, ti prego!
    - No – la voce calma e calda di Reid risuona nei locali vuoti – Non è questo quello che voglio Mary.
    Mary si volta verso di lui e il suo sguardo di odio si trasforma disperazione. Nel profondo sa che è solo una sua fantasia malata, ma l’adolescente ferita ha bisogno di rifugiarsi in quella menzogna. Vuole credere disperatamente che il suo ragazzo è tornato da lei.
    - Robert, tu non sai cosa stai dicendo. Lei ti ha plagiato.
    La follia torna a impossessarsi di lei e si avventa su Sarah. Uno sparo pone fine al suo slancio, mentre si accascia inerme sul linoleum. Collins si precipita a cercare di aiutare la ragazza, la volta è preme sulla ferita.
    - Chiamate un’ambulanza – solo in quel momento solleva lo sguardo, Derek è ancora in posizione con la pistola spianata, le ha appena salvato la vita.

    Stazione di polizia di Biloxi
    Stanno sgombrando la sala che hanno occupato durante le indagini. Il detective La Voisin continua a congratularsi con loro per l’ottimo lavoro svolto, è la sola voce all’interno del locale. Il team rimane in religioso silenzio, evitano persino di guardarsi negli occhi. Di solito quando prendono un S.I. sono felici, stavolta i loro sguardi sono tristi. Nessuno di loro trova il coraggio di ammettere che non provano nessuna soddisfazione. Si avviano verso l’uscita, secondo la tabella di marcia si fermeranno brevemente all’albergo per prendere i bagagli e poi torneranno a casa.

    Accademia dell’F.B.I., Quantico, Virginia
    Sono appena usciti dall’ascensore, ognuno diretto alla propria postazione, mentre Garcia li abbraccia Morgan impedendogli di continuare a camminare. Hotch e Rossi si rifugiano nei propri uffici, JJ scuote la testa e lascia l’openspace. Emily, Spencer e Sarah si siedono alle rispettive scrivanie.
    Prentiss rompe il silenzio per prima.
    - Non potevamo fare di più per quei ragazzi.
    - Ne sei convinta? – le chiede Sarah con astio – Ne sei proprio sicura?
    Prentiss e Reid non fanno in tempo a reagire che lei si alza e si dirige verso l’ascensore. Derek prova a fermarla poggiandole una mano sulla spalla, lei lo scansa bruscamente ed esce dall’ufficio senza salutare nessuno.

    Continua…
     
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    Capitolo XXIV. Right and wrong

    Boston, Massachusetts
    Ha chiesto a Hotch una settimana di ferie, che il capo le ha prontamente accordato. Ha evitato il resto del team dal loro ritorno da Biloxi, si è rifiutata di parlare persino con Spencer. Cerca delle risposte agli interrogativi che il caso ha fatto sorgere in lei. Crede di sapere chi può risponderle e porre fine a quella lotta interiore fra quello che è giusto e quello che era sbagliato.
    Non l’aveva avvertito del suo arrivo, temendo che lui le dicesse di non andare. Rintracciarlo è stato facile, la sorpresa di sapere dove si trovava la scossa ancora di più. Parcheggia la macchina ad Harvard Square e si incammina per quei viali che conosce cosi bene.
    Lì non era stata un mostro per i suoi compagni di università, era quella che veniva guardata con ammirazione per la sua intelligenza. In quel posto era stata apprezzata per la prima volta in vita sua. Sorride ricordando come le piaceva passeggiare per il campus con un poderoso tomo sotto il braccio e l’aria di chi ha molto da fare.
    Era solo una ragazzina che cercava approvazione all’epoca, ora è una donna che ha imparato a considerarsi utile ma non indispensabile. Conosce se stessa e i propri sentimenti, ha imparato ad apprezzare gli altri e a non temere di essere ferita. Beh, quello non è stato merito dell’università, ma del suo legame con Spencer.
    Si ferma davanti alla facoltà di psicologia e i ricordi di quando ha conseguito il dottorato proprio lì le tornano alla mente. Sorride di nuovo ed entra nell’edificio dai mattoni rossi con aria sicura. Lungo il corridoio incontra un suo vecchio professore che non la smette più di lodarla per essere riuscita a diventare una profiler. La trattiene ricordando come fosse stata una delle sue studentesse preferite e di come riuscisse sempre a consegnare i compiti con largo anticipo rispetto ai suoi compagni più grandi. Sarah finalmente lo interrompe e gli spiega che è venuta per vedere una persona.
    Il suo vecchio professore rimane perplesso quando sente chi lei stia cercando, poi le indica un’aula in fondo al corridoio. Le dice che hanno dovuto assegnargli l’aula più capiente della facoltà, visto il gran numero di studenti che partecipano alle sue lezioni. Non le chiede perché deve vederlo, pensando che abbia qualcosa a che fare con l’F.B.I. e il suo lavoro. Lei non lo disillude e si affretta a raggiungere l’aula.
    Entra alla chetichella e si mette a sedere nell’ultima fila dell’aula magna. Guarda in giù e lo vede fare avanti e indietro davanti alla cattedra mentre le immagini scorrono sullo schermo alle sue spalle. Un moto di tenerezza la pervade osservando i movimenti di lui, che lei ricorda cosi bene. Il suo vizio di strofinare i palmi delle mani l’uno contro l’altro, il modo di camminare e l’espressione seria che assume mentre cerca di spiegare un concetto.
    Improvvisamente lui annuncia che la lezione è finita e che sarà disponibile per i colloqui di approfondimento nel suo ufficio. Lei aspetta che l’aula si svuoti completamente, poi si alza e scende lentamente i gradini. Lui è di spalle intento a riordinare il materiale didattico e sembra non averla notata.
    - Non dovresti essere a Quantico? – le chiede senza voltarsi.
    - Ho preso una settimana di ferie.
    - E sei venuta a cercarmi cosi, senza un motivo? – lui finalmente si gira e le sorride.
    - No, non senza un motivo – sospira lei abbassando lo sguardo.
    - Vieni, andiamo a parlare in un posto più tranquillo. Ti offro un caffè.

    Sono seduti dentro uno Starbucks, continuano a fissare ognuno la propria tazza e non si rivolgono la parola. Lui improvvisamente alza lo sguardo e la osserva. E’ cambiata molto dall’ultima volta che si sono visti. I capelli sono lunghi e ha rinunciato a quel ridicolo ciuffo colorato. Il suo abbigliamento è più sobrio ed elegante, ora è veramente un’agente dell’F.B.I. e non una ragazzina che si atteggia a profiler.
    - Hai fatto tutti questi chilometri per rimanere lì in silenzio? – le chiede infine.
    - Un caso difficile – comincia lei.
    - Sai che non sono più un profiler.
    - L’abbiamo risolto. Ma è stato… devastante a livello personale – lei finalmente ricambia lo sguardo – Jason, come si fa a capire quando è ora di andarsene?
    - Non credo che tu sia ancora pronta a gettare la spugna.
    - Non riesco più a distinguere quello che è giusto e quello che è sbagliato. Cosa succede quando non ci sono innocenti? Quando tutti sono colpevoli?
    - Si va avanti – le risponde lui prendendole una mano – Sarah, io ti ho addestrato, ti ho fatta diventare una profiler, ma questo non vuol dire che tu sia costretta a rimanere lì. Se vuoi andartene nessuno ti biasimerà.
    - Tu sì, tu mi biasimerai. In fin dei conti è questo ciò che sono: la dimostrazione che Jason Gideon sa addestrare i migliori profiler.
    - Tu sei molto di più e io non devo dimostrare niente a nessuno.
    - Jason, io non voglio andarmene, quella è casa mia.
    - Allora perché questi dubbi?
    - Ho paura di non riuscire più a fare bene il mio lavoro. Mi sono lasciata coinvolgere troppo.
    - Essere un profiler non vuol dire non avere sentimenti. Non permettere a questo lavoro di inaridirti o di portarsi via la tua vita. Non fare il mio stesso errore – la stretta sulla mano di lei si accentua – Io ho rinunciato a molto per continuare a fare il profiler.
    - Spencer mi ha detto…
    - Lo chiami per nome? – lui sembra perplesso.
    - Sì, ci chiamiamo per nome – lei volta lo sguardo per non dover spiegare di più – Lui mi ha detto che una volta si è trovato nella situazione di dover scegliere fra ciò che riteneva giusto e ciò che il suo cuore gli diceva.
    - Il caso Harris.
    - Sì, alla fine ha salvato quel ragazzo. Ma adesso vive nella paura che lui possa fare del male, che diventi il mostro che credeva di essere.
    - Sai cosa gli ho risposto quando mi ha confidato questa sua paura?
    - No.
    - Gli dissi che aveva salvato la vita a quel ragazzo innocente, ma che se lui fosse tornato per uccidere avrebbe fatto il suo dovere: l’avrebbe fermato.
    Lei annuisce. Vorrebbe che per una volta sola Jason la trattasse come sua figlia e non come una sua allieva. Spencer e Jason non hanno legami di sangue, eppure il loro rapporto era del tipo padre e figlio. Lei è veramente sua figlia, ma il loro rapporto è molto freddo e professionale. Non quale domanda l’abbia spinta a recarsi a Boston, ma sa che non è qui che troverà la risposta.
    Saluta Jason, promettendo di rimanere in contatto. Sale sulla macchina ma decide di non prendere l’aereo. Sa che sono la bellezza di 486 miglia, ma chiama la compagnia di autonoleggio e li avverte che riconsegnerà la macchina all’aeroporto di Washington. Deve riflettere e la possibilità di stare da sola le sembra la soluzione ideale.

    I-95, Boston – Quantico
    Continua a rimuginare sul perché non sia soddisfatta delle risposte che le ha dato Jason. Era sicura che la soluzione al suo dilemma fosse parlare con lui, eppure non si sente meglio. Comincia a rimuginare sullo strano rapporto che la lega a suo padre e al fatto che non ne abbia mai fatto parola con Spencer.
    Continua a pensare al perché non abbia rivelato la verità sulla sua nascita al suo ragazzo. Non sa neanche lei come ma una conversazione le torna alla mente.

    - Sai, Gideon ha un figlio, Steven.
    - Lo conosci? – Sarah non ha mai incontrato il suo fratellastro ed è curiosa.
    - No, non ha mai voluto incontrarmi. Mi dispiace, perché per me Gideon è come un padre e mi avrebbe fatto piacere avere un rapporto con suo figlio.
    - Vedi Steven come un fratello?
    - Mi piacerebbe, sì.


    Improvvisamente si rende conto del fatto che Spencer potrebbe vederla come una sorella, se scoprisse la verità su lei e Jason. Il solo pensiero è intollerabile. Per tutta la sua vita da adulta ha lottato perché gli uomini vedessero in lei il cervello e non la donna. Si rende conto che vuole disperatamente che Spencer veda in lei la donna e non la profiler.
    - Sei incontentabile, mia cara – si dice sorridendo.
    Durante il resto del tragitto, rimugina su cosa vuole veramente nella vita. Si chiede se le decisioni che l’hanno portata a quel punto siano veramente sue o solo il frutto di quello che gli altri si aspettavano da lei.

    Quantico, Virginia
    E’ giovedì notte, è stata via solo tre giorni, eppure le sembra che sia cambiato tutto. Si muove lentamente nel soggiorno senza accendere la luce, si sfila il giubbotto e lo lascia cadere sul divano. E’ stanchissima dopo aver guidato per tutti quei chilometri. Entra nella stanza da letto cercando di non fare rumore, si avvicina al letto e si siede accanto al ragazzo addormentato. Lui si sveglia e la guarda stupito. Lei gli sorride e gli scosta i capelli.
    - Sei tornata – dice lui con calma – Dove sei stata?
    - A fare visita ad un vecchio amico, dovevo chiarirmi le idee.
    - E ci sei riuscita? – lui si tira su a sedere e si guarda le mani.
    - Lui non aveva le risposte che cercavo.
    - E allora? Lascerai la squadra?
    Sarah afferra la mano di Spencer e la stringe forte. Lui si gira a guardarla, è ferito dal fatto che lei non abbia voluto parlargli prima di partire. Si chiede cosa le frulli nella testa.
    - Sarah, che risposte stai cercando?
    - Non ne ho idea, ma so dove trovarle – il sorriso di lei diventa dolce.
    - Dove?
    Le lo abbraccia stretto e sospira soddisfatta.
    - Tutte le risposte di cui ho bisogno sono fra le tue braccia.

    Fine
     
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