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Rabb-it

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  1. rabb-it
     
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    Settimo capitolo



    Forzato, si sentiva come un condannato ai lavoro forzati.
    Quella era la sensazione mentre faceva fisioterapia.
    Era passato il logopedista per aiutarlo a capire come mai non riusciva a parlare, gli aveva detto che con degli esercizi avrebbe ripreso normalmente a dialogare con il prossimo, ma non doveva avere fretta, come per le mani, il loro controllo pareva ancora sfuggirgli.
    D’accordo era passato un solo giorno da quando aveva iniziato gli esercizi, ma lui con la pazienza e la calma aveva un contenzioso aperto e poi non se la poteva prendere calma.
    Non capiva quello che stava succedendo.
    Ora forse un minimo di libertà da quella prigione in cui il suo cervello lo aveva rinchiuso.
    Garcia gli aveva portato il portatile, se fosse riuscito a farsi obbedire almeno un minimo dalle dita, avrebbe digitato quello che sentiva l’impellenza di chiedere e dire.
    Ma le dita collaboravano a fatica, e persino le lettere sulla tastiera parevano sgorbi sconosciuti delle volte.
    Tutto ciò era snervante.
    La sua mente recepiva tutto, analizzava le stranezze che vedeva, i sorrisi tirati di Penelope e l’assenza degli altri, la sua voce che si abbassava al telefono, allontanandosi per non farlo sentire.
    Era tentato di scagliare a terra il portatile, per avere la sua attenzione, ma il cervello gli funzionava ancora abbastanza per fargli intendere che se le disintegrava il portatile la prossima cosa ad essere polverizzata sarebbe stato lui.
    Meglio trattenersi.
    E digitare faticosamente una dopo l’altra le lettere.

    xcosa sai, io mon do più cosa ticotdo e cosaa ho innaginato menyre ero in xoma, eid perché se ne è andato con aria colpevole, cosa è succesfdo?

    Due sole righe e stava sudando.
    Le mani gli tremavano per lo sforzo.
    Era terrorizzato all’idea che quello fosse il suo futuro, dicevano di no, che era un blocco temporaneo, ma non sapeva se poteva crederci o se volevano solo che si aggrappasse alla speranza di non essere rimasto invalido permanentemente.
    Spinse via il carrellino dove era posato il portatile, stando però attento a non esagerare.
    Si afferrò le mani stringendo forte le dita incrociandole.
    Ecco quello riusciva a farlo.
    Per il resto si sentiva totalmente impotente.

    Penelope, era uscita un secondo per non stargli addosso immaginando che lo snervasse sentirsi osservato, entrò nella stanza mentre stava strizzandosi le dita con rabbia,
    “Derek, no! Ti prego, ti farai male.”
    Corse a separare quel groviglio di dita, lo vide piangere ed ingoio le sue di lacrime, non se le poteva permettere, doveva essere forte per il suo amico, aveva bisogno di lei.
    Gli terse la fronte dal sudore e passo anche ad asciugargli il resto del volto, senza aggiungere una parola, buttò uno sguardo al video e tradotta la richiesta tra gli errori di digitazione, prese a raccontargli cosa sapeva.

    “L’ultimo caso che ricordi con precisione?”
    Fece l’elenco dei loro ultimi casi i dettagli salienti, quando ricordava ancora bene faceva un segno affermativo, ma l’ultimo era nebbia totale.
    Prese a spiegargli.

    Avevano dovuto dividere la squadra, c’erano due piste probabili, e forse anche un complice.
    Lei coadiuvava la squadra da Quantico, Hotchner era con Prentiss a verificare la prima pista, JJ era con Rossi a controllare quella che dava più noia dal punto di vista dei media, che ignoravano del complice, quello di cui si stavano occupando lui e Reid.
    Ad un certo punto avevano perso i collegamenti, c’era stato un black out dei ripetitori a Washington, e lei aveva dovuto aspettare che trovassero modo di mettersi in contatto per vie tradizionali, i cari vecchi telefoni a filo.
    Poche ore, ma per molti fu il caos, per fortuna anche per il soggetto ignoto e il suo complice, che finirono nella rete , catturati proprio da Derek e Reid, ma quando fu tutto finito e tornarono i contatti loro due erano introvabili, almeno per mezza giornata, poi rintracciarono Reid, era in ospedale ci aveva portato Derek.
    Non sapevano cosa fosse accaduto, ma lui era gravemente ferito alla testa, aveva un piede rotto e svariate ustioni di media entità alle gambe.
    Reid continuava a ripetere che era stata tutta colpa sua.
    E non avrebbe mai mollato il suo capezzale, continuando a supplicarlo di mettersi a prenderlo in giro.

    “Fine del riassunto, ti ricorda qualcosa?”

    Un cenno di diniego fu la sola risposta.
    Lui ricordava giorni e giorni di torture, ma se era rimasto in coma una settimana forse la cosa si spiegava.
    Specialmente se Reid gli dava il tormento per farlo svegliare.
    Era stato un sogno, era successo un incidente, di cui Reid si addossava la colpa, Dio sapeva perché.
    Era stato un incidente, tutto si spiegava.
    Reid non lo aveva torturato.

    Il sollievo era tale che non si domandò la ragione di quell’esagerato senso di colpa, non gli interessava, era troppo contento che i suoi ricordi fossero solo incubi.
    Penelope notò il cambiamento nell’espressione di Derek, forse non ricordava, ma di certo non era più furibondo con Reid, qualsiasi cosa avesse fatto non doveva essere grave.

    Le cose si sarebbero aggiustate.

    Continua...
     
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29 replies since 23/5/2010, 22:06   1417 views
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