Black out

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    AUTORE: Unsub
    TITOLO: Black out
    RATING: Arancione
    GENERE: sentimentale, azione, erotico.
    AVVERTIMENTI: LongFic
    PERSONAGGI: squadra BAU, nuovo personaggio
    DISCLAIMER: I personaggi non mi appartengono(tranne quelli da me inventati), sono di Jeff Davis. Criminal minds appartiene alla CBS. Questa storia non è a scopo di lucro.
    NOTE: questa FF in linea temporale si colloca fra Sense or Sensibility e Chimera.

    Prologo

    De Soto National Forest, Louisiana

    Un ragazzo e una ragazza corrono lungo il sentiero. Lei rimane leggermente indietro ansante.
    - Muoviti pigrona!
    - Aspettami Jeff! Come ti è saltato in mente di portarmi a correre qui!
    - Non è il posto, sei tu che sei fuori forma.
    Lei cerca di raggiungerlo ma mette un piede in fallo e cade. Rotola lungo il pendio e si ferma contro un albero. Lui corre a soccorrerla.
    - Kate, tutto bene?
    - Si, devo essermi storta la caviglia.
    Lui la abbraccia e lei sposta lo sguardo verso i cespugli vicini. Rimane un attimo interdetta… non può essere.
    Un urlo le esce dalla bocca e gli uccelli volano via dai rami degli alberi.

    Quantico, Virginia
    Di nuovo quell’incubo. Raphael era davanti a lui con il machete in mano, lui premeva il grilletto ma la pallottola non partiva. In un attimo gli è addosso e il machete si abbatte su di lui.
    Spencer si sveglia di soprassalto, di nuovo quell’incubo. Cerca di recuperare la lucidità, poi un braccio lentamente si posa sul suo torace e delle labbra morbide posano un bacio delicato sulla sua guancia.
    - Ancora quell’incubo? – la voce assonnata di lei dissipa definitivamente il sogno e lui si sente di nuovo bene.
    - Si, ma ora va meglio – si volta ad abbracciarla.
    Si sorprende di come per lui ormai sia naturale svegliarsi e aspettarsi che lei si lì vicino a lui. Le bacia la fronte e la fa accomodare sul suo petto. Il peso di lei è leggero e gli da un senso di sicurezza.
    - Vuoi parlarne?
    - No, non servirebbe. E’ solo un incubo. Ormai lui è morto.
    - Ma l’incubo ti tormenta ancora…
    - Tu non hai mai degli incubi? Con il lavoro che facciamo sarebbe normale…
    - Quasi mai. Mi sento fortunata, riesco a frapporre un muro fra me e quello che vediamo tutti i giorni.
    - Non ti ho mai sentita sobbalzare nel bel mezzo della notte… - lui sorride pensando a come lei appaia placida nel sonno.
    - Quando ci sei tu, non faccio mai brutti sogni – gli risponde lei tirandosi su e baciandolo con passione.
    Il cellulare squilla e Spencer prontamente risponde.
    - JJ, no non stavo dormendo. Ok. Si. Penso io ad avvisarla – riattacca e si volta a guardarla.
    - Un nuovo caso?
    - Si. JJ mi ha chiesto di avvertirti. Sarà meglio che ti telefoni ora…
    Lei ride. Spencer ha un umorismo bizzarro e lo tira fuori solo quando sono da soli. Si stringe a lui ancora un attimo e poi si alza dal letto. Il loro momento è finito, il lavoro chiama.

    Sede dell’F.B.I., Quantico, Virginia.
    Sono tutti arrivati in sala riunioni con uno sguardo stanco negli occhi. Sembra che non ci sia mai un momento di pace per loro. Si siedono velocemente e in silenzio.
    JJ entra in sala senza neanche salutarli, facendo partire subito le immagini sullo schermo.
    - Foresta di De Soto, vicino a Biloxi. Ieri una coppia ha trovato i resti di cinque cadaveri abbandonati all’interno del parco. L’S.I. non li ha neanche sepolti, ha semplicemente abbandonati i corpi. I cadaveri presentano fasi di decomposizioni differenti, alcuni sono scheletrizzati, altri no. Sul luogo sono stati ritrovati simboli satanici e nel petto dell’ultima vittima c’era ancora un pugnale dall’impugnatura piuttosto bizzarra.
    - Credono che sia opera di una setta satanica? – interviene Rossi con uno sguardo dubbioso sul volto.
    - Non sanno cosa credere, per questo ci hanno chiamato. Il problema è che tutti i corpi appartengono ad adolescenti scomparsi da casa. Pensavano a delle fughe, anche se i ragazzi scomparsi erano tutti studenti modello e ben integrati nel tessuto sociale. Sia i genitori che gli amici erano fortemente convinti che non si sarebbero mai allontanati di loro spontanea volontà…
    - I cadaveri erano tutti nello stesso punto? – chiede Sarah.
    - A pochi metri gli uni dagli altri. La polizia è preoccupata. Sono state denunciate le scomparse di altri due ragazzi che rientrano nel quadro vittimologico.
    - Bene, partiamo subito. Avverti la polizia di Biloxi. Dormiremo sull’aereo. Vi voglio tutti il più riposati possibile al nostro arrivo – Hotch si alza e esce dalla stanza.
    Gli altri membri della squadra si alzano in silenzio. E’ ora di partire.

    E presi coscienza che la forza invincibile che ha spinto il mondo non sono gli amori felici bensì quelli contrastati.
    (Gabriel García Márquez)



     
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    Errata Corrige: Biloxi si trova nel Missisipi e non nella Louisiana (cosi come la Foresta Nazionale di De Soto)

    Capitolo I. Obsession

    Interno del jet
    Hotch sposta lo sguardo a controllare tutta la squadra. Emily e Spencer sono già addormentati uno di fronte all’altra. Rossi è seduto accanto a lui e sembra sul punto di addormentarsi a sua volta. JJ è impegnata in una conversazione telefonica e si è rintanata sul fondo dell’aereo per non disturbare i colleghi. Derek e Sarah sono seduti vicini e stanno parlando sotto voce, sembrano molto concentrati nella conversazione. Improvvisamente Sarah regala a Derek un sorriso dolcissimo e gli passa una mano sul viso, poi si abbandona contro il sedile e comincia a sonnecchiare a sua volta, mentre Morgan si alza e si accomoda sul divano per stendersi.
    Hotch contrae la mascella. Non gli piace la confidenza che hanno quei due e il tabulato telefonico che ha in mano gli piace ancora meno. Nonostante lei non gli abbia mai svelato chi sia l’uomo nella sua vita, ora lui ha un’idea precisa di cosa si nasconda sotto la facciata di “amici del cuore” di quei due. La sua mascella si contrae ancora di più mentre osserva tutte le telefonate fatte anche a notte fonda dal telefono di Morgan al cellulare di Sarah.
    Scuote la testa e nasconde il tabulato in fondo alla valigetta, chiude gli occhi e cerca di dormire a sua volta. Almeno cerca di far finta di dormire. Ricorda la conversazione con Sarah, ricorda l’ultima cosa che lei gli ha detto prima di uscire dal suo appartamento. Quello che lei sosteneva era vero solo in parte. Hotch sa di provare qualcosa per quella ragazza, non solo a livello fisico. Nonostante sia cosciente di essere ancora legato a Haley in qualche modo, Sarah per lui è un’ossessione.
    E’ spaventato. Sa che le ossessioni di quel genere non portano mai a niente di buono eppure non riesce a togliersela dalla testa. Riapre gli occhi e osserva Collins dormire placidamente. Vorrebbe alzarsi e scostare quella ciocca che le è scivolata sul viso. Sa che i sentimenti che nutre per lei non sono ricambiati e si sforza di essere corretto.
    Sta perdendo la battaglia contro se stesso e lo sa. Il fatto che abbia richiesto i tabulati dei telefoni dei suoi subordinati per vedere chi Sarah frequenti fuori dal lavoro la dice lunga sul suo grado di ossessione. Sapere che lei sta con Derek lo infastidisce.
    Sospira e torna a chiudere gli occhi sperando di dormire fino all’arrivo. Ora non può pensare al suo sentimento non corrisposto, deve lavorare. Non permette mai a niente e nessuno di intralciarlo durante un’indagine e ha tutta l’intenzione di non permetterlo neanche alla giovane e avvenente profiler.

    Stazione di polizia di Biloxi, Missisipi
    Un uomo corpulento si fa loro incontro.
    - Detective La Voisin, felice di avervi qui.
    - Sono l’agente Jareau, ci siamo sentiti per telefono. Questa è la squadra – dicendo cosi indica le persone dietro di lei.
    Hotch prende subito il comando della conversazione e si presenta a sua volta.
    - Agente Hotchner, sono il capo della squadra. Questi sono l’agente speciale Derek Morgan, l’agente speciale Emily Prentiss, l’agente supervisore David Rossi – il suo sguardo si sposta verso i due membri più giovani del team – il dr Spencer Reid e l’agente speciale Sarah Collins. Non si faccia ingannare dalla loro età, sono dei veri professionisti.
    - Certo – risponde dubbioso il detective – effettivamente sono molto giovani… Comunque abbiamo provveduto a fornirvi una stanza dove possiate lavorare.
    Seguono il poliziotto lungo il corridoio fino ad arrivare ad una stanza grande quanto la loro sala riunioni. Nel locale un tavolo corredato di sedie, due lavagne bianche e un tabellone trasparente.
    - Se necessitate di qualcos’altro non avete che da chiedere. Il sindaco vuole che la faccenda venga risolta al più presto.
    - Grazie detective La Voisin. Ci occorre tutta la documentazione che avete raccolto finora e qualcuno che accompagni la mia squadra sul luogo del ritrovamento.
    - Non c’è problema. Intanto che voi vi sistemate, organizzo il sopralluogo.
    Dicendo cosi lascia la stanza e il team si siede ordinatamente intorno al tavolo. Hotch riprende subito la parola.
    - Morgan, Reid e Prentiss sul luogo dei ritrovamenti, scattate più foto possibile. Rossi e Collins rimarranno qui con me per stilare il profilo preliminare. JJ vedi cosa sa effettivamente la stampa e chiama Garcia. Voglio sapere tutto sulle vittime, le due ragazze scomparse e i due ragazzi che hanno ritrovato i cadaveri. Domande?
    - Collins, su cosa verteva la tua tesi per il dottorato in antropologia? – chiese Rossi.
    - Sette sataniche, Criminologia e fatti di cronaca. Perché?
    - Forse sarebbe più utile che tu vedessi i simboli ritrovati sul luogo dell’abbandono. Potresti dirci qualcosa di più.
    Hotch era visibilmente contrariato, ma non poteva negare che Rossi avesse ragione. Eppure mandare Collins ancora una volta con Morgan… ci sarebbero stati anche Reid e Prentiss, quei due non ne avrebbero approfittato per scambiarsi effusioni!
    - Si Collins, unisciti a Reid, Prentiss e… Morgan – lo sguardo che le lanciava metteva a disagio tutti i presenti.
    Cosa diavolo stava succedendo a Hotch?

    De Soto National Forest
    I poliziotti precedono i profiler lungo il sentiero che porta al luogo del ritrovamento.
    - Qui – dice uno dei due poliziotti indicando i nastri gialli che delineano un’area piuttosto estesa.
    - I ragazzi che hanno rinvenuti i corpi sono arrivati da qui? – chiede Sarah notando lo stato di abbandono del sentiero.
    - No. La ragazza è scivolata da lassù mentre faceva jogging. Fortunatamente il pendio è dolce e non ha subito danni, solo una distorsione della caviglia. Certo lo shock… - dice il poliziotto abbassando lo sguardo e allungando nella loro direzione le foto dei ritrovamenti.
    Sarah le ignora e si avvicina ai tronchi degli alberi segnati con vernice rossa. I simboli dipinti non sono propriamente satanici, almeno niente che lei riesca ad accostare a qualche tipo di setta specifica. Eppure sono stranamente famigliari. In questi momenti vorrebbe avere la memoria eidetica di Spencer, per ricordare subito quello che il suo subconscio sta cercando di dirle. Sbuffa spazientita e si dirige con passo sicuro verso un punto specifico. Gli altri non l’hanno notato ma i corpi non erano stati abbandonati, erano stati posti tutti in un cerchio sbilenco, tutti con la testa rivolti verso un punto.
    Cerca di orientarsi con le bandierine lasciate dalla polizia e comincia a sondare il terreno in prossimità del centro. Finalmente nota qualcosa.
    - Derek, porta la macchina fotografica e i sacchetti per le prove. Emily hai dei guanti in più?
    Il resto del gruppo si avvicina a lei, compresi i due poliziotti. Una volta infilati i guanti indica un punto a Derek che comincia a scattare foto mentre lei delicatamente rimuove la terra.
    Si ferma quando sente qualcosa di consistente e liscio sotto le sue dita. Ancora più delicatamente cerca di liberare i bordi dell’oggetto. Una semplice stampa plastificata raffigurante un angelo munito di spada.
    - Cos’è? – domanda Spencer.
    - Una raffigurazione dell’arcangelo Michele. Colui che guida le schiere celesti nella battaglia contro Satana. Il braccio armato di Dio, se mi passate l’espressione.
    - Che ci fa qui? – Derek corruga la fronte – Allora l’S.I. non è un satanista.
    - Ne sappiamo ancora troppo poco – disse Sarah continuando a tastare il terreno intorno.
    Rinviene anche un altro oggetto, che fatica non poco a liberare dal terreno circostante.
    - Ok, direi che qui il satanismo è una pista forviante – dice ansante dopo aver tirato fuori l’ingombrante oggetto dal terreno – Qui abbiamo qualcuno che gioca a fare l’angelo vendicatore…
    - Come scusa? – Spencer sembra perplesso – Ma cos’è quell’affare?
    - Un ostensorio. E’ un oggetto liturgico cattolico, serve ad esporre l’ostia benedetta. Credo che non ci sia altro. Dovremmo tornare da Hotch e scavare un po’ più a fondo nella vita delle vittime.
    - Decisamente – conviene Emily.

    Stazione di polizia di Biloxi
    Hotch sembra immerso nella lettura dei fascicoli, mentre Rossi lo osserva insistentemente.
    - Hai finito di farmi il profilo? – chiede Aaron senza alzare la testa dagli incartamenti.
    - Mi stavo chiedendo quanto è grave…
    - Cosa?
    - La tua ossessione per Collins, che altro? Non credi di dover allentare un attimo la presa?
    Hotch finalmente solleva lo sguardo e tace, mentre la sua mascella si contrae.
    - So cosa provi per quella ragazza, ma il sentimento non è ricambiato. Datti pace. Anche perché tanto non hai speranze.
    - Perché? Perché preferisce uno più giovane? Può sempre cambiare idea.
    - Dopo quello che hai fatto? Dubito fortemente. Ti sei giocato tutte le possibilità quando la tua mano si è liberata del controllo da parte del tuo cervello. Lascia stare, tormentarla non porterà da nessuna parte.
    Hotch china di nuovo la testa e si immerge di nuovo nei dossier. Non se la sente di parlare. Rossi non può capire. Nessuno può capire.

    Continua…



     
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    Capitolo II. Challenge

    Stazione di polizia di Biloxi

    Entrano tutti e quattro nella stanza, Hotch e Rossi ancora chini sui rapporti sollevano la testa al loro ingresso. Sarah si mette davanti al tabellone studiando le foto e i rapporti che i due profiler hanno diligentemente attaccato, da le spalle ad Hotch e cerca di sfuggire al suo sguardo. Sa perfettamente cosa frulla nella mente di Aaron.
    Non vuole uno scontro diretto, almeno non in presenza degli altri membri del team. Solo Rossi sa cosa è successo fra loro. Nonostante il rapporto che la lega a Derek e Emily, non si è mai confidata con nessuno dei due. Dirlo a Spencer è fuori questione, anche se normalmente non fa parte del suo carattere diventa estremamente aggressivo quando qualcuno minaccia il loro legame ed Hotch ha fatto ben più di questo.
    Gli altri si siedono e cominciano a riassumere le loro scoperte.
    - Quindi ha sepolto un ornamento liturgico e una stampa… comportamento bizzarro – interviene Rossi.
    - Decisamente – dice Sarah voltandosi – Dov’è JJ?
    - Eccomi – risponde pronta la bionda collega entrando con dei fascicoli in mano – Garcia ha mandato questi. Sta ancora cercando, forse più tardi manderà alti file. Cosa ti serviva Sarah?
    - Voglio che domani organizzi un incontro con i genitori delle vittime e i loro amici più stretti. Li voglio fuori dal loro ambiente, in un posto dove siano emotivamente più vulnerabili. Se quei bravi ragazzi nascondevano qualcosa dobbiamo saperlo.
    - Hai dei dubbi sulle vittime? – chiede Derek.
    - Ho smesso di credere nei “bravi ragazzi” quando andavo al liceo. Nascondono qualcosa e credo che quel qualcosa possa portarci all’S.I.
    - Non tutti nascondo chi sa cosa – interviene prontamente JJ.
    - E’ qui che ti sbagli. Tutti noi abbiamo qualcosa da nascondere. Piuttosto, credo che sia ora di chiamare Garcia – dicendo cosi tira fuori il suo cellulare, mette il viva voce e lo poggia sul tavolo.
    Penelope risponde dopo il primo squillo.
    - Qui il Sapere Supremo.
    - Ciao bambolina! – Derek cerca subito di provocare la loro tecnica informatica.
    - Il mio Dio greco scolpito nella cioccolata! Cosa posso fare per te? Anche se un paio di idee ce le avrei…
    - Garcia – interviene Sarah prima che i due partano per la tangente come al solito – dovresti svolgere una ricerca veloce per me.
    - Dimmi tutto Einstein!
    - Mi occorre sapere se sono stati denunciati furti in chiese cattoliche.
    - A partire da quando?
    - JJ, a quando risale la prima scomparsa?
    - Cinque mesi fa.
    - Hai quello che ti occorre, Oracolo di Quantico – interloquisce Sarah rivolta al telefono.
    Oramai anche lei è preda del gioco fra Garcia e il resto del team.
    - Allora comuni mortali. Circa tre mesi fa è stato denunciato un furto in una chiesa cattolica di Biloxi. Hanno rubato un oste… oste…
    - Ostensorio, Garcia. Il nome della chiesa?
    - San Michele.
    - Bingo! – dice Sarah rivolta a Derek.
    - Decisamente un tiro un centro! – risponde lui strizzandole l’occhio.
    - Garcia… sarebbe utile sapere come le vittime utilizzavano internet…
    - Cioè dovrei entrare nei loro computer? Difficile senza l’indirizzo IP.
    - Garcia – interviene Hotch riprendendo il controllo della situazione.
    - Si, capo?
    - Voglio che tu venga a Biloxi il prima possibile. Mi farò dare il mandato per i computer delle vittime e voglio che tu sia qui per esaminarli.
    - Mi volete lì con voi?
    - Esatto, mi aspetto di vederti qui già domani. Buon lavoro – Hotch chiude la chiamata.
    Lui e Sarah si fronteggiano da una parte all’altra del tavolo. I loro sguardi sono carichi di tensione e di astio. Lui vuole mettere in chiaro una volta per tutte chi comanda, chi è il capo. Lei non vuole farsi mettere i piedi in testa da un maschio alfa con gli ormoni impazziti. La situazione sembra prossima a precipitare.
    Rossi interrompe il silenzio con un leggero tossicchiare. Hotch abbassa lo sguardo per primo, davanti al collega che sa cosa ha fatto si sente in imbarazzo. Sarah non distoglie lo sguardo finché non è sicura che lui abbia abbandonato il campo di battaglia.
    - Reid ci serve il profilo geografico delle vittime, JJ comincia ad organizzare l’incontro che ha chiesto Collins. Morgan tu e Rossi andate dal medico legale. Prentiss con me, andiamo a parlare con gli insegnanti delle vittime. Collins, tu… rimani qui e comincia a preparare il profilo preliminare. Domande?
    Tutti tacciono continuando a spostare lo sguardo da Hotch a Sarah e viceversa. Nessuno dice una parola e si alzano in silenzio dirigendosi verso la porta. Aaron lascia che un sorrisino aleggi sulle sue labbra mentre guarda Sarah un’ultima volta prima di andarsene. E’ sempre lui il capo dell’unità e ha ancora il potere di farli scattare sull’attenti. Sarah non risponde alla provocazione e comincia a spulciare i dossier.

    - Si può sapere cosa c’è che non va tra te e Hotch? Avete litigato di nuovo? – Spencer è in piedi davanti ad una cartina geografica.
    Sarah seduta, non alza neanche lo sguardo.
    - Non so di cosa tu stia parlando.
    - Sarah, non sarò un esperto in comunicazione non verbale ma sono pur sempre un profiler, ricordi?
    - Certo, uno dei migliori aggiungerei – lei ostinatamente si rifiuta di guardarlo.
    - Si vede lontano un chilometro che c’è tensione fra voi. Mi vuoi dire cosa è successo?
    - Se fossi in te mi concentrerei sul profilo geografico e lascerei perdere la cosa. Io e Hotch siamo due persone adulte, la risolveremo fra noi.
    - Non mi piace come si sta comportando con te. L’hai di nuovo sfidato?
    - Ti sembra che io gli abbia mancato di rispetto?
    - No, ma… lo stai sfidando e lui sembra avercela con te.
    Lei finalmente si alza. La porta è chiusa e le pareti non hanno vetrate che diano sui corridoi. Gli carezza una mano e si permette di perdersi un momento negli occhi di lui.
    - Tesoro, pensa al caso. Abbiamo fatto un patto, ricordi?
    - Non permettere al nostro rapporto di intralciare il lavoro. Lo so. Hai ragione… - lui sembra voler chiederle qualcosa.
    - Stanotte – bisbiglia lei nel suo orecchio – vengo da te, stanotte.
    Lui si gira e la osserva un momento prima di sorridere ed arrossire.
    - Sta diventando pericoloso, lo sai?
    - Mi piacere correre dei rischi ogni tanto – risponde lei passandogli una mano nei capelli.
    - Forse… non dovremmo… Hotch ti tiene sottocchio.
    - Dipende da te. Vuoi che non venga? – lei fa scivolare la sua mano dai capelli al petto di lui.
    - Vieni, ti aspetto – dicendo cosi le posa un bacio delicato sulle labbra.
    Lei si scosta e torna a sedersi, mentre lui torna a girarsi per concentrarsi di nuovo sull’incarico che gli è stato affidato.

    Continua…
     
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    Capitolo III. Friendship

    Stazione di polizia di Biloxi

    Sarah cerca di concentrarsi sui dossier, ma la sua mente ritorna sempre a Hotch, a come si sta comportando. Ormai è chiaro che quella del suo capo sta diventando un’ossessione, anche piuttosto pericolosa.
    Sa che lui non vuole solo sesso, lui comincia a volere qualcosa di diverso. Ma lei non può accontentarlo. Da sotto le ciglia osserva Spencer di profilo. No, decisamente non può dare ad Aaron quello che vuole. Lei è cambiata, non è più disposta ad assecondare gli impulsi di un uomo. Oramai conosce la differenza fra semplice desiderio e amore. Lei ama Spencer ed è ricambiata. Non potrebbe mai provare la stessa cosa per Hotch.
    Non proverebbe le stesse cose a sentire quei “ti amo” bisbigliati nell’orecchio, non proverebbe le stesse sensazioni allo sfiorarsi di due mani… Comincia a riflettere sul suo rapporto con Spencer. Lui la rende felice come mai nessuno prima di allora, la capisce e l’accetta per quello che è. Sa di non avere un carattere facile e la dolcezza di lui l’aiuta ad affrontare i demoni che si porta dentro.
    Demoni… questa considerazione la riporta di nuovo sul caso. Cosa rappresenta tutto quello che l’S.I. ha fatto? Perché quei segni gli sono cosi famigliari? Prende in mano le foto della scena dei ritrovamenti. Quei segni non sono simboli satanici questo è certo. Il fatto che la vernice sia scolata nell’asciugarsi rende più difficile riconoscerli.
    Cerca di concentrarsi e comincia a ruotare le foto cercando un significato. Sa che quei simboli le ricordano qualcosa legato al suo dottorato in antropologia. Cerca di ricordare quello che studiava all’università, i corsi che ha seguito. La materia in cui andava meglio era storia delle religioni e questo spiega la sua scelta di presentazione della tesi.
    All’epoca aveva da poco scoperto la verità su suo padre e aveva cominciato ad interessarsi alla criminologia. Cercava tutto quello che poteva su di lui. Voleva conoscerlo, provava il desiderio di capire il perché delle sue scelte. Spulciava continuamente internet alla ricerca di informazioni su di lui e sui casi che seguiva. Anche se non l’ha mai detto a David, aveva letto avidamente tutti i suoi libri. Era certa che una volta capito cosa si aggira nella mente di un profiler avrebbe finalmente trovato pace, avrebbe finalmente capito suo padre.
    Sorride. La ricerca spasmodica di un perché nelle scelte dei suoi genitori l’aveva portata a scoprire che la criminologia e il profiling le piacevano davvero. Aveva passato un bel po’ di tempo a cercare anche casi al di fuori degli Stati Uniti. Si era interessata ai fatti di cronaca anche del vecchio continente. La sua mente non era mai sazia di quel genere di informazioni.
    Anche se nessuno lo sapeva, una volta si era addirittura introdotta nel database dell’F.B.I. per cercare i file di alcuni casi che reputava particolarmente interessanti. Era stata talmente brava che nessuno si era accorto di niente.
    Era un’ottima hacker, ma ora preferisce lasciare quel genere di incarico a Garcia per potersi concentrare sui casi. Può benissimo passare al setaccio i computer delle vittime lei stessa, ma il fatto che Penelope sia li con loro alleggeriva di molto il suo lavoro.
    Non riesce proprio a trovare un senso in quei simboli. Sbuffa spazientita e sente una mano poggiarsi sulla sua spalla.
    - Difficile? – le dice Spencer con un sorriso.
    - Impossibile visto che il mio cervello si rifiuta di collaborare… ti invidio, sai?
    - Perché? – lui si stupisce di quell’uscita.
    - Se avessi la tua memoria eidetica ora saprei cosa mi ricordano quei simboli.
    - Cosa vuoi che ti ricordino? Io non so leggere l’ebraico, ma…
    Lei si volta stupita.
    - Ebraico?
    - Certo. Quello è l’alfabeto ebraico.
    - Tu lo sapevi e non hai detto niente.
    - Pensavo che lo avessi capito subito. Voglio dire… tu hai studiato storia delle religioni, dovresti conoscerlo bene.
    - Veramente non c’ero ancora arrivata, sapevo solo che avevo visto quei simboli da qualche parte – ammette lei – Sai perché ti amo?
    Spencer arrossisce come fa sempre quando lei gli dice cosa prova per lui.
    - N… no.
    - Perché sei un genio! – risponde lei alzandosi e dandogli un bacio sulle labbra – Devo cercare un computer e un collegamento internet. Vado da La Voisin a vedere se ce ne forniscono uno qui dentro.
    Detto questo si precipita fuori dalla porta, lasciando il povero Spencer ancora intontito e con un’espressione smarrita sul volto.

    Interno di un SUV, strade di Biloxi
    Morgan tamburella con le dita sul volante mentre guida. Rossi guarda davanti a se immerso nei suoi pensieri.
    - Rossi, cosa sta succedendo a Hotch?
    Lui si riscuote delle sue elucubrazioni mentali e osserva il collega. Possibile che sia l’unico ad essersene accorto?
    - Secondo te?
    - Ha una fissazione per Sarah, cerca lo scontro con lei in tutti i modi. Quello che mi sorprende è che Sarah sembra volere lo scontro quanto lui. Non è da lei, non fa parte del suo carattere mettersi in competizione con il capo.
    - C’è aria di tempesta. Non vorrei trovarmi fra quei due quando finalmente scoppierà la bomba. Non ti invidio.
    - Perché? Credi che sia la mia amicizia con lei il problema?
    - Andiamo, Morgan! Amicizia? Siete letteralmente inseparabili. Se non ricordassi il discorso che abbiamo fatto l’altra volta, direi quasi che vuoi due siete…
    - No! Assolutamente no! Te lo posso giurare. Io e Sarah siamo solo amici.
    - Collins è single, giusto?
    Rossi osserva meglio il moro. A quella domanda sembra sobbalzare leggermente, è visibilmente imbarazzato e non sembra avere intenzione di rispondere.
    - Se non sei tu, allora chi…?
    Poi Dave finalmente capisce. Analizza gli ultimi mesi, da quando Collins è tornata dopo il congedo qualcosa è cambiato in lei. Sembra più rilassata, più dolce. A volte arriva in ufficio visibilmente contenta. Deve esserci qualcuno nella sua vita che la rende felice.
    Ripensa agli sguardi fra lei e Reid, il modo in cui il ragazzo le parla, il modo in cui lei lo guarda. Un gemito esce dalle sue labbra. Questo si che sarà un gran brutto colpo per l’ego di Hotch. Lei non gli ha preferito un altro maschio alfa più giovane, gli ha preferito il timido, impacciato e geniale Spencer Reid.
    - Rossi, che possiamo fare? Se quello che mi sta frullando per la testa è giusto, allora…
    - Chi si troverà nel centro del ciclone sarà il povero Reid… - l’anziano profiler sospira – Hotch è letteralmente fuori controllo ora. Ho saputo che ha richiesto i tabulati telefonici di Collins. Mi sorprende che non ci sia arrivato anche lui. Con i tabulati sotto mano dovrebbe essere facile capire chi è il ragazzo di Collins.
    - Ehm… veramente credo che riceva più telefonate da me che da Reid. Io… la chiamo spesso anche nel cuore della notte. Hotch sicuramente pensa che sia io il suo amante.
    - Perché la chiami nel cuore della notte?
    Derek si rintana dentro i suoi pensieri. Non vuole rispondere a quella domanda. Sarebbe imbarazzante dover ammettere che Sarah lo sta aiutando psicologicamente a superare un brutto periodo. Gli incubi sono tornati più spesso di prima e lui non riesce ad affrontarli da solo. Per quanto Emily sia dolce e comprensiva, non afferra il problema.
    Inoltre crede proprio che sia il suo rapporto con Emily una delle cause dei suoi incubi. Ha paura. Il loro rapporto si sta evolvendo velocemente, a volte si sente spiazzato da quello che prova. Ha sognato per tanto tempo di avere una relazione con lei, ma ora tutta quell’intimità lo terrorizza letteralmente. Sarah è sempre lì disposta ad ascoltarlo, a dargli un consiglio, a consolarlo.
    Anche sull’aereo mentre arrivavano, quando lui le aveva confidato di non riuscire a dire a Emily quello che provava per lei. Sarah gli aveva semplicemente sorriso e gli aveva accarezzato il volto. Lei sa come prenderlo, come farlo arrivare alla soluzione dei suoi problemi senza mai interferire in modo deciso nella sua vita.
    Non gli dice mai cosa fare o come, semplicemente sta lì e lo ascolta. Il loro rapporto è sempre più simile ad una terapia. Si ferma a riflettere su quell’ultima osservazione. Lei lo aiuta molto, cosa fa lui per lei?
    Deve sdebitarsi e il “problema Hotch” sembra l’occasione giusta per mettersi in paro. Si! Lui può aiutare Sarah a tenere sotto controllo il loro capo e i suoi bollori. E’ ora di dimostrare che anche lui sa come essere un amico.

    Continua…
     
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    Capitolo IV. Archangels

    Catholic High School, Biloxi
    Prentiss e Hotch camminano lungo il corridoio della scuola seguendo un insegnante. Vengono introdotti nell’ufficio del Preside, un sacerdote piuttosto anziano. L’uomo sembra piuttosto scosso dalla presenza di due agenti dell’F.B.I. all’interno delle mura della scuola.
    - Padre – comincia Hotch cercando di alleggerire la tensione – Io sono l’agente Aaron Hotchner e questa è l’agente Prentiss, siamo della B.A.U. dell’F.B.I.
    - So chi siete – dice il prete sulla difensiva – Io sono Padre Rudolf. Cosa possiamo fare per voi?
    - Siamo qui per quei ragazzi scomparsi. Due delle vittime erano vostri studenti.
    - Vittime? – le guance rubiconde del sacerdote perdono colore.
    - I loro corpi sono stati ritrovati ieri mattina – si intromette Prentiss – Cerchiamo di capire come l’S.I. sia entrato in contatto con loro.
    - S.I.?
    - Soggetto Ignoto – risponde Hotch – Capisco le sue perplessità, ma dobbiamo parlare con i professori dei due ragazzi e con i loro compagni di scuola.
    - Jenny Noland e Tommy Larsson erano due dei nostri studenti più brillanti. Nessuno di noi aveva creduto alla “fuga”. Erano due bravi ragazzi.
    - Li conosceva personalmente – chiede Prentiss.
    - Si, certo. Larsson era il capitano della squadra di football e Noland era una delle cheerleader. Avevo avuto più volte occasione di lodarli come esempio per gli studenti più scapestrati. Ma pensare che il loro assassino si nasconda fra noi…
    - Noi non crediamo questo – lo rassicurò Prentiss – ma dobbiamo sapere se prima della scomparsa avevano avuto atteggiamenti inusuali per loro, oppure se avevano conosciuto gente nuova.
    - Capisco – sospira il preside – Vi posso far parlare con i professori. Per parlare con gli studenti dovrei chiedere il permesso dei genitori… farò in modo che la mia segretaria prepari un elenco dei ragazzi che frequentavano gli stessi corsi e mi metterò personalmente in contatto con le famiglie. Spero che capiate.
    - Certo. Attendiamo notizie. Se intanto ci vuole dare i nominativi dei professori e dirci dove possiamo incontrarli…
    - Vi farò accompagnare in sala professori. Provvederò a portarvi tutti i docenti – dicendo cosi si avvicinò alla porta e fece entrare un uomo con una tuta da ginnastica – Questo è il professor McClusky vi accompagnerà in sala professori. Era l’allenatore di Larsson, potete cominciare a parlare con lui.

    Stazione di polizia di Biloxi
    Sarah è concentratissima mentre fruga in internet alla ricerca di qualcosa. Spencer sta finendo il profilo geografico che però sembra non portare a niente. I ragazzi scomparsi abitavano in quartieri diversi e frequentavano scuole diverse. Anche i luoghi dei rapimenti non hanno una connessione.
    La porta si apre lasciando entrare Morgan e Rossi. I due si voltano verso Sarah e poi fanno un cenno con la testa in direzione di Reid. Lui fa spallucce, non capisce cosa lei stia cercando da più di due ore.
    - Ehi ciuffo buffo! Cosa cerchiamo di bello?
    Lei lo ignora come se non l’avesse sentito, allunga una mano ad afferrare il suo block-notes e poi comincia a scrivere freneticamente mentre la stampante alle sue spalle comincia a sputare fuori svariati fogli.
    - Ehi, regina delle nevi? – Derek sorride, sembra persa in un mondo tutto suo.
    Spencer si lascia scappare una risatina. Conosce bene Sarah, quando fa cosi non sente neanche i cannoni. L’S.I. potrebbe benissimo arrivare alle sue spalle, puntarle un’arma alla tempia e lei si limiterebbe a spostare la canna della pistola con noncuranza.
    Rossi decide di provare lui a smuoverla.
    - Collins? Ci sei? – si avvicina alla ragazza e le batte le mani vicinissimo all’orecchio.
    - Eh? – chiede lei continuando a scrivere qualcosa.
    - Ti dispiacerebbe dirci cosa hai scoperto?
    Lei finalmente finisce di scrivere e solleva la testa.
    - Ah, sei tu Rossi… non vi avevo sentito entrare – a quell’ammissione i tre agenti scoppiano a ridere in modo fragoroso.
    - Ehi, aspettate almeno che ci sia anch’io prima di cominciare a raccontare barzellette sconce! – trilla una voce frizzante dalla porta.
    Garcia è ferma sull’uscio con una valigia in mano e uno dei suoi coloratissimi vestiti indosso. I suoi capelli sono raccolti in due codini tenuti fermi da due elastici pelosi di un’improbabile colore fucsia. Illumina la stanza con il suo sorriso e trasmette allegria.
    Sarah si alza e le sorride andandole incontro.
    - Meno male che sei arrivata. Niente più snervanti ricerche in rete visto che ora ci sei tu – le dice mentre l’abbraccia.
    - E io che speravo che mi avessero convocato per tenere compagnia a Morgan! – risponde la bionda con un sorriso.
    - Beh puoi tenere compagnia a me! – JJ è sulla soglia dell’ufficio e sorride alla sua amica.
    - Dolcezza sei tu che tieni compagnia a me. Il mio ufficio sembra vuoto quando non ci sei – le risponde l’informatica strizzando l’occhio – Ma ora credo di dovermi mettere al lavoro.
    - Il mandato deve ancora arrivare – interviene Rossi .
    - In realtà non ti aspettavamo prima di domani – dice una profonda voce baritonale alle sue spalle.
    Hotch e Prentiss fanno il loro ingresso con svariati bicchieri di carta pieni di caffè. La sola presenza di Hotch, dopo quello che è avvenuto nella mattinata in quell’ufficio, rende l’aria piuttosto tesa. Persino Garcia se ne accorge.
    - Abbiamo pensato che meritavamo tutto un caffè – dice Emily cercando di sembrare allegra.
    - Garcia può prendere il mio – dice Hotch allungandole un bicchiere – Sono già abbastanza nervoso cosi.
    Il tentativo di battuta di Hotch sembra rincuorare i membri del team. Sarah invece abbassa lo sguardo e torna a fissare il suo block-notes. Non si fida del cambiamento repentino di umore del suo capo. Il problema è che non si fida più di lui in generale. Nonostante quello che aveva detto l’ultima volta che ne avevano parlato, lei non riesce a fare finta che non sia successo niente. Anche se non lo ammetterebbe neanche sotto tortura, lei ha paura di lui.
    - Allora, Collins – interviene Rossi cercando di appianare le cose – cosa stavi cercando con tutta quella concentrazione.
    - Ah, si… Spencer ti dispiace attaccare queste foto sul tabellone nell’ordine in cui le ho messe? – Sarah cerca di concentrarsi sul caso e di apparire normale.
    Mentre Reid si avvicina al tabellone per fare quello che lei gli ha chiesto, Sarah si avvicina alla fotocopiatrice e comincia ad esaminare i fogli. Si avvicina a sua volta al tabellone e mettendosi accanto a Spencer incolla alcune stampe sotto le foto che lui ha disposto.
    E’ evidente a tutti la somiglianza fra i simboli che l’S.I. ha pitturato sui tronchi e quello che Sarah ha trovato.
    - Che vuol dire? – chiede Hotch mettendosi a sedere – Hai trovato il significato dei simboli?
    - Veramente è stato Spencer a farmi notare che è ebraico. Io ho semplicemente cercato dei nomi in rete per vedere se la mia teoria era giusta.
    - Che teoria? – chiede JJ.
    - Se notate, in realtà sono solo tre nomi. Uno è ripetuto tre volte sui tronchi.
    - Che nomi sono? – chiede Emily curiosa.
    Sarah guarda per un momento Spencer che si è messo di lato al tabellone e osserva le somiglianze fra i vari simboli. E’ preoccupata di come la prenderà. Il caso Henkel gli causa ancora incubi e questo potrebbe scuoterlo parecchio.
    - I nome dei tre arcangeli.
    - I tre arcangeli? – chiede Rossi – Michael, Gabriel e Raphael. Quale nome è ripetuto tre volte?
    Sarah prende uno dei fogli e lo gira verso il resto della squadra. Tutti possono leggere i caratteri chiaramente.

    מיכאל


    - Mi-ka-El, “chi è come Dio”. Credo che non ci troviamo di fronte ad un solo S.I.
    - Cosa te lo fa dire? – chiede Derek, ben sapendo cosa gli ha riferito il medico legale.
    - Credo che il nome scritto su ogni albero, sia lo pseudonimo della persona che è materialmente ucciso la vittima. Cosa vi ha detto il medico legale?
    - Che esaminando le vittime ancora in fase di decomposizione ha potuto appurare che quattro delle vittime sono state uccise da un destrorso, mentre almeno una è stata pugnalata da un mancino – Rossi la osserva sorridendo, quella ragazza è fenomenale sotto molti punti di vista.
    - Sappiamo quindi che gli S.I. sono almeno due – interviene Derek – Ma se Sarah ha ragione sono tre.
    - Cosa significano gli altri due nome? – chiede Garcia curiosa.
    Sarah mostra un’altra stampa.

    גַּבְרִיאֵל


    - Gavri’El, “forza di Dio” – guarda un’ultima volta Spencer prima di soffermarsi sull’ultimo nome.

    רפאל


    - Ra-fa-El, “Dio guarisce”.
    Spencer la osserva senza dire niente. Raphael, di nuovo lui.

    Continua…
     
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    Capitolo IV. Peace rehearsal

    Stazione di polizia di Biloxi
    Spencer si siede. Si è chiuso a riccio e non sembra voler parlare con nessuno. Sarah capisce cosa sta provando. Tobias Henkel lo perseguita anche da morto. Si volta verso Emily e cerca di riportare l’attenzione sul caso.
    - Cosa vi hanno detto alla scuola?
    - Abbiamo parlato con i professori – interviene Hotch anticipando Prentiss – Il preside sta chiedendo il permesso ai genitori per farci parlare con i ragazzi. I docenti sono tutti concordi nel definire Noland e Larsson due bravi studenti, brillanti, ben inseriti… insomma il prototipo dei bravi ragazzi.
    - Non mi sorprende quello che dicono i docenti, mi interesserebbe di più sapere cosa pensano i loro compagni “sfigati”.
    - Come scusa? – Hotch appare perplesso.
    - Sarà che la mia esperienza alle superiori mi fa partire prevenuta, ma non credo ai “bravi ragazzi”. Invece di parlare con i loro compagni di squadra, gradirei molto di più parlare con gli studenti poco inseriti nel tessuto sociale. Mi spiego meglio – Sarah non voleva essere brutale, ma non c’era un modo carino per dirlo – di solito questi “bravi ragazzi” sono i promotori di atti di bullismo. Io venivo tormentata dal capo delle cheerleader, per non parlare di quello che erano in grado di fare i giocatori della squadra di football alle matricole.
    Spencer solleva lo sguardo e anche se a malincuore annuisce.
    - Anche per me era cosi. Quelli più cattivi erano gli atleti e le cheerleader. Si ritenevano i padroni della scuola e attaccavano quelli più deboli.
    - Quindi state dicendo che quelli che hanno successo alle superiori sono tutti dei bulli? – chiede JJ punta sul vivo.
    - Diciamo che sono talmente presi da loro stessi da non rendersi conto di ferire gli altri con i loro atteggiamenti – cerca di smussare Spencer.
    - JJ, Sarah ha ragione. Anch’io prima di diventare un atleta ero preso di mira proprio dai ragazzi più popolari della scuola. E’ la legge del branco.
    - Io non ho mai fatto niente di simile! – dice JJ visibilmente offesa.
    - L’eccezione che conferma la regola. Non dico che anche questi ragazzi fossero cosi, ma se anche fosse non ce lo direbbero i loro amici. Sarebbe più facile conoscere veramente questi ragazzi attraverso gli occhi dei meno popolari – ribadisce Collins.
    - Ok – dice Hotch con un sospiro – Ci organizzeremo in questo modo. JJ e Morgan interrogheranno i ragazzi della squadra di football e le cheerleader. Reid e Collins intervisteranno i ragazzi…
    - I nerd. Puoi dirlo, tutti li definiscono cosi – dice Collins senza guardarlo.
    Era concentrata su un punto della parete. Lei era stata fra gli sfigati della sua scuola. Lei era quella che persino i nerd evitavano. Ricordava fin troppo bene Missy e le altre cheerleader e quello che era successo nello spogliatoio dopo l’ora di ginnastica. Era la legge del branco e lei aveva imparato ad accettarla a 10 anni. JJ non poteva capire, lei era fra le elette. Miss popolarità. La capitana della squadra di calcio, per di più anche carina. Sicuramente tutti le morivano dietro. Per lei i tre anni di superiori erano stati un incubo e sicuramente era cosi anche per Spencer.

    Camera di un albergo, Biloxi
    Sarah è seduta sul letto mentre Spencer continuava a camminare su e giù. Non le ha rivolto la parola da quando è arrivata venti minuti prima. E’ visibilmente scosso. Lei continua a guardarlo senza proferire parola, sa che qualsiasi cosa possa dire sarebbe quella sbagliata. Lui improvvisamente si ferma.
    - Mi dispiace, stasera non sono dell’umore per una conversazione.
    - Capisco. Vuoi che vada via?
    - Forse sarebbe meglio – dice lui dandole le spalle.
    - D’accordo. Buonanotte.
    Lei si alza lentamente e si dirige verso la porta. Mentre poggia la mano sulla maniglia si sente afferrare da dietro. Lui la stringe e nasconde il viso nei capelli di lei.
    - Non… non…
    - Vuoi che rimanga? – chiede lei dolcemente – Non c’è bisogno che parliamo se non vuoi.
    - Io… non essere arrabbiata – dice lui in un sussurro.
    - Non sono arrabbiata. Perché dovrei esserlo? – dice lei spingendo il suo corpo contro quello di lui e poggiando le mani sui suoi bracci – Sono solo preoccupata per te…
    - Sarah.
    Lei si libera dal suo abbraccio e si volta. Con delicatezza gli sposta i capelli dal viso e poi gli posa un bacio all’angolo della bocca.
    - Sono qui. Se vuoi parlare o semplicemente hai bisogno della mia presenza, io sono qui.
    - Io… Raphael… - lui non trova le parole.
    - Non è lui, Spencer. Tobias è morto. Non è lui. – lei poggia le mani sul suo viso e lo costringe a guardarla negli occhi.
    - Lo so. E’ irrazionale. Hai ragione non può essere lui.
    - La tua reazione è perfettamente normale. Dopo quello che ti ha fatto… - cerca le parole per consolarlo – Ma stavolta è diverso. Ci sono io qui con te. Non permetterò a nessuno di farti ancora del male.
    Lui sorride finalmente.
    - Dovrei essere io a proteggere te, non il contrario.
    - Beh, giungiamo ad un compromesso…
    - Quale?
    - Io proteggo te e tu proteggi me, semplice – dice lei con un sorriso.
    Lui ridiventa serio e la stringe a se senza smettere di guardarla negli occhi.
    - Ti amo.
    - Anch’io ti amo.
    Il bacio è dolce e delicato. Non è il momento della passione, ora hanno solo bisogno di riaffermare quella verità che li lega. Si sono scelti e non permetteranno a nessuno di interferire. Si prendono cura l’uno dell’altra, è questa la forza del loro amore.
    - Forse sarà meglio che io vado sul serio… se Hotch mi cercasse…
    - Giusto – dice lui con rammarico mentre la lascia andare.
    - Per qualsiasi cosa, chiamami. Non importa se è tardi. Anche se hai il solito incubo o se hai bisogno di parlare. Capito?
    - Capito – annuisce lui convinto – Ci vediamo domani e non dimenticare il dossier che ti sei portata come scusa…
    - Già. In teoria dovrei essere qui per studiarlo con te – lo guarda con una luce divertita negli occhi – Vergogna dr Reid!
    - Per cosa? – dice lui stupito chiedendosi cosa ha fatto.
    - Riesci sempre a distrarmi! – ride lei dandogli un ultimo bacio a fior di labbra.
    Esce dalla stanza e richiude la porta dietro di se con cautela. Deve prendere l’ascensore visto che la sua camera è su un altro piano. Quando le porte si aprono si trova davanti l’ultima persona al mondo con cui vorrebbe rimanere chiusa in quello spazio angusto.
    - Buonasera Collins. Cosa ci fai su questo piano?
    - Buonasera Hotch. Dovevo chiedere delle cose a Spencer – lei indica il fascicolo che tiene in mano – Volevo trovare una strategia comune per far aprire i ragazzi domani durante gli interrogatori.
    - Poliziotto buono e poliziotto cattivo? – ironizza lui.
    - Vedremo – risponde lei premendo il pulsante del suo piano.
    Non lo guarda in faccia e cerca di rintanarsi nel punto più lontano da lui.
    - Collins, qualcosa non va? – chiede lui notando le manovre di lei per allontanarsi.
    - Non vorrei che la mano sfuggisse di nuovo al tuo controllo – dice lei cattiva.
    - Pensavo avessi detto… - lui stringe i pugni e abbassa lo sguardo.
    - Quello che ho detto, l’ho detto prima che tu cominciassi a comportarti come uno stronzo! – dice lei visibilmente arrabbiata.
    - Ricordati che sono sempre il tuo capo! – sbotta lui.
    - Oggi non ti sei comportato come l’agente Hotchner capo dell’unità, ti sei comportato come Aaron l’uomo che non accetta un rifiuto! – gli sbatte in faccia lei.
    Lui sospira e si massaggia gli occhi, visibilmente stanco.
    - Lo so che… insomma mi dispiace se ho passato il segno, ma…
    - Aaron – qualcosa è cambiato nel tono di lei, ora ha qualcosa di dolce – io non posso darti quello che vuoi.
    - Perché c’è un altro? – dice lui con rammarico.
    - No. Semplicemente non provo le stesse cose, per me sei solo il mio capo. Non credo che questo cambierà mai.
    Lui la osserva. E’ bella e sa di esserlo. Ma in lei c’è molto di più. E’ intelligente, spiritosa, interessante. Si sente un adolescente quando la guarda. Lei gli fa provare delle emozioni che aveva completamente dimenticato.
    - Cercherò di contenermi… ma per favore non sbattermi in faccia che hai preferito uno più giovane.
    Lei lo guarda perplessa. Poi pensa che anche Hotch è un profiler, deve aver capito che si è legata a Spencer.
    - Non ho preferito lui perché è più giovane – dice finalmente – Siete cosi diversi che non si può ridurre tutto ad una questione di età…
    - Andiamo! Siamo due maschi alfa, cosa c’è di diverso in Morgan!
    Lei sbarra gli occhi sorpresa. Poi realizza come deve apparire all’esterno il suo rapporto speciale con Derek. Pensa a lei e Derek come coppia e anche se non è il momento più opportuno una risata le esce dal profondo dell’anima.
    - Oddio… tu… pensi che… io e Derek… - riesce a dire fra una risata e l’altra ormai senza fiato.
    - Perché ridi di me? – ora Hotch si sta veramente arrabbiando, si sente offeso.
    - Non rido di te… - lei riesce a riprendere il controllo – Oddio! Io e Derek? E’ questo che pensi?
    - Perché non è cosi? – Hotch corruga la fronte.
    - Hotch, ora capisco perché ti hanno messo a capo dell’unità – dice lei cercando di trattenere la risata che sembra pronta a uscire nuovamente dalle sue labbra.
    - Perché? – domanda lui perplesso.
    - Perché come profiler fai schifo. Io e Derek siamo solo amici, io non sono innamorata di lui e lui non è innamorato di me.
    In quel momento la porta dell’ascensore si apre e lei si incammina lungo il corridoio.
    - Davvero? – chiede lui raggiungendola.
    - Davvero. E’ vero, ho una relazione, ma non con Derek.
    - Lui lo conosco – un tarlo è stato deposto nella sua mente.
    - Che differenza farebbe? – chiede lei alzando un sopracciglio – Sapere lui chi è attenuerebbe quello che stai provando?
    - Hai vinto – si arrende lui – Sono uno stupido.
    - Questo è fuor di dubbio, ma sei anche un ottimo capo –finalmente gli sorride.
    Lei si ferma davanti alla porta della propria camera, lui si mette le mani in tasca e si guarda i piedi.
    - Scusami per oggi.
    - Buonanotte Hotch.
    - Buonanotte Collins.

    Continua…
     
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    Capitolo VI. Through your eyes

    Camera di Hotch, Biloxi
    E’ appena rientrato in camera, dopo la sua conversazione con Sarah. La reazione di lei nell’ascensore lo turba più di quanto sia disposto ad ammettere con lei. Si è reso conto che non verrà mai perdonato per quello scatto. Sospira e si leva la giacca poggiandola sulla sedia, facendo attenzione che non si sgualcisca. Gli piace essere ordinato, sempre e comunque. Comincia ad allentarsi la cravatta quando qualcuno bussa alla sua porta.
    Guarda l’orologio che tiene al polso. Le 10,30 chiunque sai è un orario piuttosto strano per una visita. Una parte della sua mente fantastica che sia Collins che lo cerca. Scuote la testa, sa che non succederà mai (o almeno non nell’immediato futuro). Apre la porta e si trova davanti Morgan con uno sguardo torvo.
    - Ti devo parlare. Posso entrare? – gli chiede con un tono deciso.
    - Di cosa mi devi parlare a quest’ora? – domanda lui restio a farlo entrare.
    - Non credo che tu ne voglia parlare qui in mezzo al corridoio dove ci possono sentire tutti – dice lui inarcando il sopracciglio.
    - D’accordo entra – concede alla fine – ma vedi di sbrigarti. E’ tardi e io sono stanco.
    Derek entra e si piazza al centro della stanza mentre l’altro chiude la porta. Come Hotch si gira verso il suo ospite si trova schiacciato contro la porta. Derek lo tiene per la collottola e il suo viso è a pochi centimetri da quello del suo antagonista.
    - Ora ti sturi le orecchie e mi ascolti bene. In questo momento non sei il capo che ammiro e rispetto. Sei solo uno stronzo che sta infastidendo la mia migliore amica!
    - Morgan, non ti permetto – dice Hotch afferrando l’altro a sua volta.
    - IO non permetto! Non permetto a nessuno di trattare Sarah in quel modo, non se lo merita. Tieni i tuoi ormoni sotto controllo e lasciala stare!
    Hotch è titubante. Non ha mai visto quello sguardo di odio negli occhi di Morgan, almeno non rivolto a lui. Se anche non è il fidanzato di Collins, sicuramente i due sono molto legati. Morgan non si azzarderebbe mai a mettergli le mani a dosso per nessuno.
    Allenta la presa sulla maglietta del ragazzo e sorride.
    - Non occorre che ci pensi tu a queste cose. Lei sa difendersi benissimo da sola… mi ha già rimesso al mio posto non preoccuparti.
    Derek molla la presa e lo guarda in cagnesco ancora un attimo.
    - Sia chiaro che non sto affrontando il mio capo in questo momento…
    - Sei stato chiaro su chi stai affrontando, non temere… Ora il TUO capo di ordina di andare in camera a dormire. Domani vi voglio riposati – dicendo cosi apre la porta e fa uscire Morgan.
    Una volta richiusa la porta si massaggia la gola. Morgan ci è andato giù pesante. Sorride. In fin dei conti se l’è merito quel trattamento.

    Stazione di polizia di Biloxi
    Sarah beve il suo caffè mentre osserva i genitori e i compagni di scuola delle vittime che pian piano si stano accalcando nella sala d’attesa allestita da JJ. Le due sale interrogatori sono pronte. Ha richiesto esplicitamente che i colloqui siano videoregistrati. Vuole analizzarli con calma. Fa un cenno a Morgan che si avvicina ai genitori della prima vittima e li scorta nella sala dove Prentiss attende il loro ingresso.
    Si avvicina lentamente a Spencer e volta le spalle al resto della sala. La sua voce è un sussurro appena udibile.
    - Non credo che la tecnica poliziotto buono e cattivo sia l’ideale con questi ragazzi.
    - Tu cosa proponi? – chiede lui abbassando la voce per non essere udito.
    - Di essere noi stessi e cercare di metterli a loro agio. Voglio che si trovino a parlare con delle persone che possano capire cosa stanno passando. Niente profiler dell’F.B.I. in quella sala. D’accordo?
    - La penso come te.
    I due si sorridono. La loro intesa sul lavoro è inferiore solo alla loro intesa nel privato.

    Il ragazzo occhialuto si siede tremante. Non sarebbe neanche brutto ma gli occhiali, l’apparecchio e i brufoli certo non l’aiutano nella vita sociale di un liceo. Sembra spaventato di trovarsi li con due agenti federali. Lei gli sorride dolce e si accomoda con il block-notes abbandonato sul tavolo.
    - Jerry Whitehouse, giusto?
    - Si, signora – il ragazzo distoglie lo sguardo.
    - Vedo che sei uno studente con ottimi voti e non hai note di demerito. Uno studente modello – dice lei tornando a sorridergli.
    - Certo non quanto Tommy – risponde lui con l’aria di chi avrebbe molto da dire al riguardo.
    - I tuoi voti sono migliori dei suoi, perché ti svilisci?
    - Certo non sono il capitano della squadra di football – dice lui aggiustandosi gli occhiali sul naso – e non vengo preso come esempio per gli altri studenti.
    - Il preside preferisce gli atleti?
    - Danno più prestigio alla scuola, specialmente se hanno una media alta… - ancora lui evita il contatto visivo.
    - Hai da dirmi qualcosa sulla media di Tommy – improvvisamente diventa seria, ha captato qualcosa.
    - Cosa dovrei dirle?
    - Per esempio che qualcuno faceva i compiti al suo posto. Tu Jerry?
    - Non so di cosa stia parlando – alza impercettibilmente la spalla sinistra.
    - So cosa vuol dire cercare di integrarsi in un liceo quando tutti di prendono in giro e nessuno ti vuole intorno – riprende lei spiazzando completamente il ragazzo.
    - Lei? Andiamo, come minimo era la reginetta dell’ultimo anno.
    Lei sorride e scuote energicamente la testa in segno di diniego.
    - Assolutamente! Avevo tredici anni, l’apparecchio ai denti e i brufoli mi davano il tormento. Ero un vero disastro! – le scappa una risata al ricordo di quanto si sentisse impacciata.
    - Tredici anni?
    - Ragazza prodigio… come il dr Reid qui accanto a me. Anche lui si è diplomato molto prima degli altri.
    - Quindi voi eravate… diciamo…
    - Nerd! Si Jerry, noi due eravamo nerd. Vuoi sapere qual è il bello?
    Il ragazzo la guarda e annuisce vigorosamente.
    - Ho indagato sulla reginetta del ballo del diploma… lei adesso fa la donna ad ore in un motel di infimo ordine e io che ero la secchiona sono un’agente dell’F.B.I…. buffa a volte la vita, non trovi?
    Il ragazzo sorride.
    - A Tommy sarebbe andata meglio…
    - Dici? Vuoi sapere che fine avrebbe fatto Tommy? La sua carriera di atleta non sarebbe mai decollata e si sarebbe ritrovato a fare l’inserviente in una pompa di benzina… il liceo non è il mondo intero, anche se le sue star sono convinte del contrario.
    - Io… facevo io i compiti di Tommy… - ammette in fine il ragazzo.
    - Perché? – chiede Spencer.
    - Lui… aveva promesso di non picchiarmi più e di proteggermi dagli altri ragazzi della squadra di football se io l’avessi aiutato ad ottenere buoni voti.
    - Quindi Tommy era un bullo? – chiede Sarah con un sorriso incoraggiante.
    - Si… decisamente… il più cattivo di tutti.
    - Grazie Jerry puoi andare – dice Spencer accompagnandolo alla porta.

    La ragazza è impacciata e sfugge i loro sguardi. A differenza degli altri, qualsiasi cosa dicano o facciano, Sarah e Spencer non riescono a metterla a proprio agio.
    - Spencer puoi andarmi a prendere un altro caffè? – chiede Sarah con uno sguardo eloquente.
    - Certo – risponde lui alzandosi – Per te Mary? Ti porto una bibita?
    - Ehm… si… grazie… dr Reid – si ostina a tenere gli occhi incollati alle proprie mani intrecciate sul tavolo.
    Spencer esce e Sarah fa di tutto per far notare a Mary il suo sguardo indagatore sul corpo del ragazzo.
    La ragazzina segue il suo sguardo e diventa tutta rossa.
    - Carino, vero? – dice Sarah facendole l’occhiolino.
    La ragazza arrossisce ancora di più se possibile. Alza leggermente la testa e un sorriso timido le curva le labbra.
    - Non è decisamente come i ragazzi del liceo…
    - No – ammette lei infine – decisamente no.
    - Allora Mary? Ti senti più rilassato ora che il nostro bel dottor ci ha lasciate sole?
    La ragazza annuisce. Sarah sorride. Chissà se Spencer si è reso conto che la tensione di Mary Oldbride è dovuta alla sua presenza?
    - Allora, che tipo era Jenny?
    - La ragazza più carina e popolare della scuola… dopo Susan Billings, ovviamente.
    - La capitana delle cheerleader... ovviamente è lei la più popolare della scuola…
    - Già…
    - Erano amiche quelle due?
    - Inseparabili… anche se io ho un altro concetto di amicizia…
    - Tipo?
    - Io non mi porterei mai al letto il ragazzo della mia migliore amica… - Mary si morde le labbra timorosa di aver detto troppo.
    - Chi delle due a fatto questo? Puoi rispondermi tranquillamente, non lo verrà a sapere nessuno.
    - Aveva fatto sesso con Tommy che era il ragazzo di Susan… - Mary diventa di nuovo rossa in volto.
    - Tu come fai a saperlo?
    - Li ho sorpresi io nello spogliatoio dopo una partita…
    - Chi altri lo sapeva?
    - Tutta la scuola. Io…
    - Capisco perché tu l’abbia fatto, Mary. Jenny era cattiva con te, giusto?
    - Perfida… lei… era bella fuori per quanto era cattiva dentro…
    In quel momento Spencer rientra e Sarah nota subito lo sguardo adorante di Mary al suo ingresso. Sorride e prende il caffè. Decide che la ragazza merita di vivere ancora un attimo quella sua cottarella.
    - Abbiamo finito, Mary. Spencer, ti dispiace riaccompagnare la signorina Oldbride di là?
    - Certo – risponde lui un po’ perplesso.
    - Ah Mary? Un’ultima cosa – Sarah li ferma appena lei si alza – Qual è la tua materia preferita?
    - Letteratura inglese, signora.
    - Buffo! La madre del dr Reid è un ex insegnante proprio di quella materia!
    - Davvero? – chiede Mary osando finalmente guardare Spencer in volto.
    - Davvero. Qual è il tuo scrittore preferito?
    Sarah sorride mentre i due escono chiacchierando dalla sala interrogatori.

    Continua…
     
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    Capitolo VI. The Truth

    Stazione di polizia di Biloxi
    JJ da le spalle al resto del team e fissa la lavagna con gli appunti che Sarah vi ha inserito. E’ sconcertata da quello che è uscito fuori dagli interrogatori ai compagni “sfigati” delle vittime.
    Jenny Noland andava a letto con Tommy Larsson, fidanzato della sua migliore amica. Tommy Larsson, capitano della squadra di football, prendeva buoni voti solo perché costringeva i secchioni a fare i suoi compiti pena essere picchiati da lui e dagli altri ragazzi della squadra.
    Tammy Jefferson, la ragazza più popolare della sua scuola, si divertiva a perseguitare una ragazza con un handicap motorio. John Clark aveva stuprato una ragazza con un ritardo mentale. L’ultima vittima, Melissa Bonetti, aveva una relazione sessuale con tutti i ragazzi della squadra di calcio della sua scuola.
    Eppure all’apparenza erano tutti bravi ragazzi, studenti modello, invidiati ed ammirati da tutte le matricole.
    - Mi sembra impossibile! – dice voltandosi verso Sarah – Tu l’avevi detto.
    - In questo caso, mi dispiace di avere ragione.
    - Come hai fatto a capirlo? – le chiede Derek.
    - Semplice. I nostri S.I. sono fissati con gli arcangeli e con la religione. Per aver ucciso quei ragazzi, dovevano considerarli peccatori.
    - Ergo ognuno di loro aveva qualcosa da nascondere… - finisce per lei Prentiss.
    - Notizie sui due ragazzi scomparsi? – chiede Sarah cambiando argomento.
    - Nessuna. Non sono stati ancora ritrovati – Garcia continua a cercare nei computer delle vittime.
    - Sono passate più di 36 ore – dice Spencer – Le statistiche dicono…
    - Sappiamo cosa dicono le statistiche, Reid – lo interrompe Hotch – Adesso dobbiamo concentrarci sul profilo degli S.I.
    - Ragazzi dai 15 ai 18 anni – comincia Sarah – Nel gruppo c’è un dominante e due succubi. Sono fra i ragazzi meno popolari della loro scuola e sicuramente conoscevano le vittime.
    - Ma frequentavano tutti scuole diverse, con l’eccezione di Noland e Larsson – JJ sembra perplessa.
    - Vero, ma potrebbero averli conosciuti tramite un social network e in qualche locale frequentato dai liceali.
    - Oppure tramite i loro blog, o meglio, i blog dei loro denigratori – interviene Garcia.
    - Come bambolina?
    - Ho trovato il collegamento ad un blog sul computer di Bonetti. Esiste un blog che si chiama “le star di Biloxi”. I post parlano delle vittime non in modo molto carino. Raccontano tutti i pettegolezzi sui ragazzi popolari dei vari licei di Biloxi.
    - Chi lo gestisce? – chiede Sarah.
    - Non si può risalire. Chiunque ha aperto il blog sapeva il fatto suo. Essendo gratuito non ci sono piste documentali da seguire. E’ stato aperto con una e-mail abbinata ad un nome falso. Chiunque può postare e il blogger ha usato una marea di proxi per rendere irreperibile il suo IP.
    - Maledizione! – Sarah è visibilmente contrariata – Possiamo sfruttarlo a nostro vantaggio… Garcia puoi stampare tutti i post presenti? Forse possiamo individuare le possibili vittime. Io vado a rivedere gli interrogatori.
    - Perché? – chiede Hotch leggermente contrariato dall’indipendenza della sua subordinata.
    - Perché i ragazzi che abbiamo interrogato io e Spencer rientrano nel profilo… uno di loro può essere uno dei nostri S.I.
    Hotch sbatte le palpebre. Sarah è sempre un passo avanti a lui, in realtà è sempre un passo avanti a tutti loro.
    - Vai. Se hai bisogno di qualcosa chiamaci.
    - Si, grazie. Mi trovate nella sala che abbiamo usato per i colloqui.

    E’ lì da circa due ore a vedere e rivedere gli interrogatori. Uno di quei ragazzi era un killer, questo se lo sente. Sospira e si massaggia le tempie. La cosa la turba molto, perché rivede se stessa in ognuno di loro. Anche lei era cosi al liceo, una sfigata maltrattata dai compagni più popolari. Prova tenerezza per quei ragazzi che non sanno che la vita non inizia e finisce al liceo.
    Sente un tocco lieve sulla spalla, non ha bisogno di girarsi per sapere a chi appartiene quella mano. Chiude gli occhi e si lascia coccolare da quella sensazione di conforto che quel tocco riesce a darle.
    - Trovato qualcosa – chiede lui mentre si siede.
    - No, ancora no. Eppure…
    - Oggi ci siamo trovati faccia a faccia con uno dei nostri S.I. – finisce lui.
    - Già – si volta a guardarlo – Come va di là?
    - Abbiamo deciso di interrompere per oggi e andare a mangiare un boccone. Sei pronta?
    - Si, posso riprendere domani… rubacuori – dice lei con un sorriso malizioso.
    - Come? Che vuoi dire?
    Il sorriso di lei si allarga ancora di più. Come aveva pensato, Spencer non si è accorto di che effetto ha fatto a Mary. Si meraviglia sempre dell’ingenuità di Reid. E’ successo più di una volta che una cameriera gli abbia fatto gli occhi dolci, ma lui sembra non accorgersi di quegli sguardi.
    - Oggi hai fatto breccia nel cuore di una giovane sedicenne…
    - Di che cosa stai parlando? – lui aggrotta la fronte perplesso.
    - Il motivo per cui Mary Oldbride non riusciva a rilassarsi era la tua presenza. Le piaci.
    - Io? Non credo… voglio dire… le ragazze non guardano quelli come me – lui è arrossito.
    Lei gli avvicina le labbra all’orecchio.
    - Tu non ti rendi conto di che effetto hai su alcune ragazze. A volte non ti rendi conto neanche dell’effetto che hai su di me – finisce maliziosa.
    Lui si scosta rosso in volto e lei sorride.
    - Credo che gli altri ci stiano aspettando. Non vorrei far morire di fame il povero Derek… - dicendo cosi si alza prendendolo per la mano e incamminandosi verso la porta.
    - Sarah… - lui guarda il finto specchio, non c’è nessuno nell’altra stanza.
    - Si?
    Lui la strattona e la stringe a se. Gli piace sentire il calore del corpo di lei, anche senza andare oltre.
    - Vieni da me stanotte? – gli bisbiglia all’orecchio.
    - Si…

    Hotch rimane basito dalla scena alla quale ha appena assistito. Il fascicolo gli cade dalle mani e lui si avvicina al finto specchio. Reid! Lei ha scelto Reid! Si sente sopraffatto da una serie di sentimenti che non riesce a classificare.
    Lei lo ha rifiutato perché innamorata del piccolo genio dell’unità. Dentro di se sente il gelo. Aveva pensato che avrebbe provato rabbia verso l’uomo che era riuscito a conquistare il cuore di Sarah. Invece sente una calma glaciale scendere su di lui.

    Continua…
     
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    Capitolo VIII. Nightmare

    Camera d’albergo, Biloxi
    - Non posso venire da te… no, niente… ehmm… si, buonanotte.
    Sarah riattacca il telefono con calma e si volta verso il suo ospite. Lui è lì, seduto sulla poltroncina con la testa incassata nelle spalle che osserva un punto del pavimento. Non le dice niente, non la guarda nemmeno. Lei percepisce la rabbia in lui, la frustrazione.
    Lentamente Sarah si sposta e prende delicatamente una sedia. La poggia davanti alla poltroncina e si siede a fronteggiare il suo interlocutore. Lui finalmente alza gli occhi ad incontrare quelli di lei.
    - Dobbiamo parlare – esordisce lei.
    - Ritorniamo sempre allo stesso punto.
    - Sei tu che non vuoi capire – lei sospira.
    - Cosa c’è di sbagliato?
    - Tutto. Non avresti dovuto fronteggiare Hotch. So cavarmela da sola.
    - Non ne combino mai una giusta, vero? – un sorriso amaro piega le labbra di Morgan.
    - Avevi le migliori intenzioni e ti ringrazio – lei gli poggia una mano sul ginocchio – Ma non credi che ora Hotch sarà ancora più maldisposto verso tutta la situazione? Ho paura che percepisca il tuo intervento come un’ammettere che la squadra è tutta dalla mia parte.
    - Ed è cosi infatti! Lui non si sta comportando bene. Sembra un bambino viziato.
    - Questo lo sa anche lui. Non credi che si senta già abbastanza umiliato dal non riuscire a reprimere i suoi sentimenti?
    - Tu per prima l’hai sfidato ieri!
    - E’ diverso. Io sono la sua antagonista in questa storia, tu sei uno dei suoi uomini – Sarah sospira mentre cerca le parole giuste – In questo momento sa di aver sbagliato, ma è qualcosa più forte di lui. Qualcosa che non riesce a controllare. Dovresti stargli vicino, non aggredirlo.
    - Sei troppo buona. Io al tuo posto non sarei cosi comprensivo.
    - Dovresti concentrarti di più sui tuoi problemi, non sui miei.
    Derek distoglie lo sguardo.
    - Stanotte ho avuto lo stesso incubo.
    - Cyrus?
    Lui annuisce sconsolato.
    - Si, stava picchiando Emily. Io assistevo alla scena ma non riuscivo a muovermi.
    - Ti sei sentito impotente, vero? – lei sorride dolce – Non credi di doverne parlare con lei?
    - Di cosa? Di miei incubi?
    - Di quello che provi veramente.
    - Tu non sai come può essere…
    - Difficile? – lei sorride – Da quando avevo diciassette anni ho dovuto imparare a cavarmela da sola. Non ho mai avuto nessuno su cui fare affidamento, nessuno di cui prendermi cura o che si prendesse cura di me. Ero letteralmente terrorizzata di ammettere quello che provavo.
    - Eppure ci sei riuscita – il tono di lui è pieno di tristezza – Perché io non ci riesco?
    - Perché sei spaventato. Non preoccuparti, è una cosa normale per le persone come noi.
    - Cioè? – lui aggrotta la fronte.
    - Derek, io e te siamo molto simili. Non mostriamo mai la parte più sensibile di noi stessi. Siamo bravi a fingere di essere due menefreghisti, due duri. Siamo quelli che non hanno mai paura di niente. Non ci fidiamo di nessuno.
    - Già…
    - Eppure tu sai che c’è qualcuno di cui ti puoi fidare, qualcuno a cui puoi mostrare quello che non mostri a nessun’altro. Ne abbiamo già parlato.
    - Tu come ci sei riuscita?
    - Ho spento il cervello, me ne sono fregata delle regole e ho bussato alla sua porta nel cuore della notte. Dopo di che ho radunato tutto il mio coraggio e…
    - E?
    - Semplicemente gli ho detto la verità.
    - Che sarebbe? – Derek è rapito dal discorso di Sarah, lei non parla mai cosi apertamente del suo rapporto con Spencer.
    - Io sono follemente innamorata di lui – ammette lei diventando rossa in volto, poi prosegue – come tu lo sei di Emily.
    Lui abbassa gli occhi e sorride. Lei arriva sempre al nocciolo del problema. Ora sta a lui comportarsi di conseguenza.
    - Credo che ora andrò a bussare ad una porta.
    Lei si alza e lo accompagna. Sulla porta gli da un bacio sulla guancia e gli carezza il volto.
    - Buona fortuna, ma non ne hai bisogno.
    - Grazie, ciuffo buffo.
    - Quando vuoi due neuroni.

    E’ appena uscita dalla doccia. Si aggira per lo spogliatoio con l’accappatoio stretto al corpo acerbo. Le altre ragazze sono tutte più grandi. I loro corpi di adolescenti creano uno stridente contrasto con il suo corpo di bambina. Missy, il capo delle cheerleader, la guarda dall’alto in basso e da di gomito alla sua amica che soffoca una risata. I loro commenti sono perfidi e lei cerca di non ascoltarli. Si avvicina all’armadietto dove ha riposto i suoi vestiti. Non vuole aprirlo, sa che loro vogliono che lei si metta a piangere. Vogliono umiliarla e prenderla in giro. Lei non può permetterlo. Lei non permette a nessuno di vederla piangere. Anche se vorrebbe fermarsi , le sue gambe continuano a portarla avanti verso lo sportello che ormai è sempre più vicino. NO! Vede la sua mano infantile sulla maniglia e vuole fermarsi ma sa che non può. Deve arrivare fino in fondo. L’anta dell’armadietto si apre con una lentezza esasperante.

    Si sveglia sudata nel suo letto. Sperava di aver superato quello che era successo quel giorno di quindici anni prima, ma evidentemente non è cosi. Cerca di riprendere sonno, ma l’inquietudine continua a serpeggiare sotto la sua pelle. Si volta verso l’orologio. Le 5,30. Tra mezz’ora avrebbe dovuto alzarsi lo stesso. Sbuffa e scosta le coperte mettendosi a sedere sul letto. Le manca Spencer. Vorrebbe averlo vicino ora, vorrebbe che lui la stringesse fra le braccia.
    Va in bagno e apre la doccia. Tanto vale vestirsi e cominciare a lavorare di nuovo sul caso. Si siede di nuovo sul letto per allacciarsi le scarpe e il suo sguardo si posa sul telefono. Potrebbe chiamarlo, ma ha paura di svegliarlo. Sbuffa di nuovo.
    Prende i fogli che aveva portato in camera la sera prima. Sono i post del blog che Garcia ha trovato. Sono pieni di pettegolezzi cattivi su ragazzi che lei neanche conosce. Chi ha fatto sesso con chi, chi è un bullo, chi una sgualdrina, chi ha rubato da un negozio…
    Sembra che questi ragazzi cosi perfetti all’apparenza siano in realtà pieni di problemi visto il loro comportamento. Sempre che quello riportato nei post sia vero…
    Cerca di concentrarsi alla ricerca delle possibili vittime quando sente bussare piano alla porta. Apre piuttosto titubante, chi può essere alle sei del mattino?
    Spencer la guarda stralunato, profonde occhiaie mettono in risalto il pallore della sua pelle. Lei si scosta per lasciarlo entrare e poi chiude la porta. Come si gira verso di lui si trova schiacciata contro la porta. La sta baciando con passione e rabbia. Lei lo lascia fare.
    - Scusami – dice lui nascondendo il viso nei suoi capelli.
    - Nottataccia?
    - Si. Tu come mai sei già in piedi a quest’ora?
    - Nottataccia – risponde lei con un sorriso.
    - Vuoi parlarne?
    - No. E tu?
    - No.
    Lui si scosta e la guarda negli occhi. Con un dito disegna i lineamenti del viso di Sarah e poi scende piano sul collo fino al primo bottone chiuso della camicia di lei.
    - Mi sei mancata – dicendo cosi la bacia dolcemente prendendole il viso fra le mani.
    - Anche tu.
    - Andiamo a fare colazione?
    - Si. Ho voglia di un maxi cappuccino e di una bella ciambella con tanto zucchero.
    Spencer ride e le posa un altro bacio sulla fronte.
    - Qualsiasi cosa tu voglia.
    Escono dalla stanza mano nella mano e si incamminano verso l’ascensore.
    Da dietro la porta socchiusa, non visto dai due, Hotch li osserva andare via. La sua mascella si contrae e senza far rumore richiude la porta.

    Continua…
     
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    Capitolo IX. Bible

    Albergo, Biloxi
    Sono in ascensore mano nella mano. Lui accentua la stretta per farla voltare e la bacia di sorpresa. Lei sorride contenta, non è da lui mostrarle cosi i propri sentimenti. All’improvviso sentono il campanello dell’ascensore e si scostano. Le porte si aprono su Sarah e Spencer che si tengono per mano.
    - Ehi, già in piedi a quest’ora? – chiede Derek rientrando in possesso della mano di Emily.
    - Anche vuoi siete piuttosto mattinieri – risponde Sarah entrando nell’ascensore senza lasciare la mano di Spencer.
    - Ho fame e volevo andare a fare colazione – risponde Emily con un sorriso raggiante.
    Sarah socchiude gli occhi e sorride a sua volta dando di gomito a Derek che arrossisce lievemente. Spencer preme il tasto del piano terra e l’ascensore riparte.

    Interno di un caffè, Biloxi
    Emily e Sarah sono sedute al tavolino di un caffè aspettando che Derek e Spencer portino loro la colazione.
    - Allora? Tutto bene – chiede Sarah con un sorriso furbo.
    - Credo di doverti dire grazie… non so cosa tu gli abbia detto, ma…
    - Tutto sistemato, quindi.
    - Si – sorride felice Emily – decisamente.
    Le due si guardano un attimo e scoppiano a ridere. Derek e Spencer sopraggiungo in quel momento.
    - Cosa c’è di divertente? – chiede Derek guardandole in tralice.
    - Beh… un sacco di cose – risponde Sarah cercando di trattenere una risata.
    - Tipo?
    - Prima di tutto l’idea che è venuta ad Hotch, direi – dice lei tornando seria.
    - Cioè? – chiede Spencer preoccupato, non gli piace come si sta comportando il loro capo.
    - E’ convinto che io abbia una relazione con Derek – Sarah scoppia a ridere di nuovo al solo pensiero.
    - Ho la vaga impressione di dovermi sentire offeso… - Derek aggrotta la fronte.
    - Ok, prova a chiudere gli occhi e a pensare a me e te come coppia. Dimmi che effetto ti fa.
    Derek esegue le istruzione e poi nonostante i buoni propositi scoppia a ridere a sua volta, seguito dai tre amici.
    - Siamo tutti di ottimo umore stamattina – interviene una voce alle loro spalle.
    Prima ancora di girarsi sanno a chi appartiene quella voce. Infatti, eccolo lì, Hotch fermo in piedi dietro di loro con lo sguardo glaciale.
    - Visto che siete tutti già in piedi e vestiti, direi che possiamo rimetterci al lavoro – dicendo cosi si volta e va ad acquistare un caffè.
    I quattro amici si guardano un momento interdetti, poi recuperano i loro bicchieri e si incamminano verso l’uscita del locale.

    Stazione di polizia di Biloxi
    I poliziotti correvano avanti e indietro rispondendo ai telefoni che non smettevano di squillare. Garcia, Rossi e JJ stanno arrivando, mentre il resto del team è fermo sulla porta a fissare quella specie di bolgia infernale. Il detective La Voisin si avvicina trafelato.
    - Hanno trovato un altro corpo. Dawn Miller è stata rinvenuta poco fa sempre all’interno della foresta. Io e i miei uomini stiamo per partire.
    - Morgan e Collins andate con il detective. Prentiss e Reid con me, vediamo di completare il profilo – Hotch sembra impenetrabile.
    Derek e Sarah scrollano le spalle e si avviano. Qualunque cosa abbia in mente Hotch sembra aver capito di aver preso una cantonata pensando che fra loro ci fosse qualcosa di “romantico”. Entrano nel SUV con il detective e si avviano.
    Spencer li osserva andare via senza proferire parola, poi si volta e si avvia verso la sala messa a loro disposizione. Prentiss e Hotch sono già concentrati sui fascicoli. Lui prende posizione davanti al tabellone e con le puntine segna la scuola, la casa, il luogo dove la vittima è stata vista l’ultima volta e il luogo del ritrovamento del cadavere.
    Si allontana di un passo e osserva la cartina. Niente sembra avere senso. E’ come se non ci fosse una zona sicura per gli S.I., che imperversano per tutta la città. Possibile che l’unico collegamento fra quei ragazzi sia il blog?

    De Soto National Forest
    Derek e Sarah non devono inoltrarsi molto nella foresta. Stavolta il cadavere è stato abbandonato quasi sulla statale. Sarah cerca di orientarsi rispetto al precedente luogo dei ritrovamenti. Prende la cartina e comincia a studiarla.
    - Cosa c’è, ciuffo buffo?
    - Siamo molto lontani dall’altro posto.
    - Probabilmente gli S.I. non si sentono più al sicuro a scaricare i cadaveri dove sono stati ritrovati. E’ normale.
    - Oppure non fa parte del rituale… oppure ancora ormai abbiamo “dissacrato” il loro piccolo luogo di culto…
    - Non chiamarlo cosi, mi fa venire brividi – Morgan storce la bocca in segno di disgusto.
    - Non dobbiamo pensare con le nostre menti, ma con quelle degli S.I.
    - Giusto. Quindi il precedente luogo è stato… “dissacrato” e loro hanno deciso di abbandonare il corpo dove capitava.
    - Torno a ripeterti che forse il luogo di abbandono non ha la minima importanza per loro… non credo che li uccidano qui, lasciano semplicemente i cadaveri. Il loro “rituale” si svolge da qualche altra parte.
    - Allora perché hanno seppellito quelle cose?
    - Credo che la chiave stia proprio nella risposta a questa domanda…
    Sarah lo supera e si incammina verso il cadavere. Un'unica pugnalata al cuore. Il coltello rituale è ancora conficcato nello sterno della ragazza, che appare completamente vestita. Alza lo sguardo sul tronco dell’albero. La vernice è ancora fresca.
    גַּבְרִיאֵל
    - Gabriel… ha senso.
    - Cioè? – le chiede Derek che l’ha raggiunta.
    - La sequenza delle uccisioni… Michael, Gabriel, Michael, Raphael, Michael.
    - Quindi di nuovo Gabriel… il prossimo omicidio avverrà per mano di Michael.
    - Spero di arrivare a fermarli prima che continuino la sequenza.
    - Anch’io lo spero. C’è altro.
    - Stavolta hanno scritto anche sul cadavere – dice Sarah continuando a fissare l’albero.
    - Come scusa? – Morgan si gira ad osservare la vittima – E’ vestita… dove vedi delle scritte.
    - Sotto l’orlo della gonna da cheerleader – dicendo cosi si china e solleva leggermente la gonna in modo che appaia la scritta lasciata sulle gambe della ragazza.
    הילל
    - Che vuol dire? – Derek si china per osservare meglio la scritta.
    - L’ultimo arcangelo…
    - Ma gli arcangeli sono tre – lui la guarda stupito.
    - Sono rimasti tre, ma all’inizio erano quattro… un arcangelo si ribellò e venne scagliato lontano dal paradiso…
    - Questa mi giunge nuova, sarà che i miei ricordi del catechismo sono piuttosto sbiaditi… chi era il quarto arcangelo?
    - Lucifero, il portatore di luce.
    - Scusatemi… - un giovane agente si avvicina titubante – abbiamo trovato anche questo sul corpo.
    Porge a Derek una busta trasparente per le prove con dentro un foglio di carta.
    - Cosa dice? – chiede Sarah tornando ad occuparsi della scritta sulla gamba della ragazza.
    - Forse tu ci capisci più di me…
    - E’ ebraico?
    - No, ma non ha senso…
    “ Negli inferi è precipitato il tuo fasto,
    la musica delle tue arpe;
    sotto di te c'è uno strato di marciume,
    tua coltre sono i vermi.
    Come mai sei caduto dal cielo,
    Lucifero, figlio dell'aurora?
    Come mai sei stato messo a terra,
    signore di popoli?”
    - Che diavolo vuol dire? – chiede Derek una volta finito di leggere.
    - Isaia 14, 11-15. La caduta di Lucifero dal paradiso all’inferno… cosa avevi fatto Dawn?

    Continua…
     
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    Capitolo X. End of the truce

    De Soto National Forest
    Sarah si sofferma sul volto della ragazza. Era carina, sedici anni, capelli castano chiaro e occhi color ambra. Sicuramente era fra le ragazze più corteggiate della scuola. Qualcuno aveva stroncato quella giovane vita con una noncurante crudeltà. Il fatto che uno dei ragazzi che ha interrogato il giorno prima sia un brutale assassino la intristisce. Niente può giustificare un omicidio a sangue freddo.
    Si volta verso Derek che tiene lo sguardo sull’albero dove troneggia il nome dell’assassino di quella ragazzina. Anche lui è turbato. Sarah tira giù la gonna per coprire quella scritta, poi si alza ed afferra il cellulare.
    - Chi chiami?
    - Hotch, dobbiamo aggiornarlo – dicendo cosi inoltra la chiamata e mette il viva voce.
    - Agente Hotchner.
    - Hotch, sono Collins.
    - Novità? – il tono di Hotch è più freddo del solito.
    - Il modus operandi è lo stesso, come la firma. Una pugnalata al centro del petto e il nome di un arcangelo scritto con la vernice rossa sul tronco di un albero.
    - Altro?
    - Stavolta gli S.I. hanno scritto un nome anche sul corpo della vittima. “Lucifero”, il quarto arcangelo. Inoltre hanno lascito un messaggio.
    - Che tipo di messaggio.
    - Una citazione della bibbia, Isaia 14 versetti 11-15, la caduta di Lucifero dal paradiso. Garcia ha trovato il nome di Miller nel blog?
    - No, ma sta ancora cercando. Tornata qui il prima possibile.
    - Arriviamo.
    Sarah chiude la conversazione e guarda Morgan. C’è qualcosa di strano in Hotch, qualcosa di insolito. Neanche durante le loro peggiori litigate ha mai assunto quel tono cosi freddo e poi rispondere cosi seccamente alle novità che lei gli porta non è da lui. Non le ha chiesto neanche un parere.
    - Credi che sia arrabbiato per quello che ho fatto l’altra sera? – chiede Derek.
    - Se fosse per quello avrebbe avuto lo stesso comportamento anche ieri. No, credo sia successo qualcosa ieri in centrale, non centra niente la tua “visita di cortesia” dell’altra sera.
    Si incammina con passo deciso verso il SUV. Preferisce soprassedere per il momento, lasciando le spiegazioni a se e quando Hotch deciderà di affrontare l’argomento.

    Stazione di polizia di Biloxi

    Hotch chiude la chiamata e mette via il cellulare. Sembra strano ed assente, è rimasto in silenzio da quando Morgan e Collins hanno lasciato la stazione di polizia. Riprende in mano il fascicolo che stava leggendo senza commentare ulteriormente quello che Sarah ha comunicato.
    Il resto del team si guarda di sottecchi. Il loro capo è strano, questo è fuor di dubbio, ma nessuno vuole affrontare l’argomento per primo. Spencer decide che è meglio concentrarsi sul caso e cosi comincia a parlare delle ultime novità.
    - E’ interessante che abbiano cominciato a lasciare messaggi, come se volessero giustificare in qualche modo quello che fanno.
    - Ma cosa centra Lucifero? Era solo una ragazzina – Rossi aggrotta le sopracciglia.
    - Lucifero fu punito per la sua superbia – interloquisce Spencer – Forse sul blog troveremo qualcosa di più…
    - Tutti ragazzi popolari, ma oltre questo non avevano niente in comune. A parte le prime due vittime, vengono tutti da scuole diverse. Estrazione sociale, quartiere, amicizie, etnie, credo religioso, niente in comune – fa notare Emily.
    - Allora scelgono le vittime da blog? – chiede JJ scettica.
    - Deve esserci dell’altro – ribatte Rossi – Devono poter avvicinare le vittime, per farlo devono conoscerle personalmente. Nel blog non ci sono neanche le foto di quei ragazzi, solo i nomi. Di alcuni non è riportata neanche la scuola che frequentano.
    - Oh oh….
    - Garcia che vuol dire “oh oh”? – Emily si gira verso la bionda informatica.
    - A quanto pare tutte le vittime appaiono sul blog e sono iscritte a facebook o twitter. Tutte tranne Dawn Miller. Lei non è nominata nel blog in senso negativo.
    - Come scusa? – Hotch pare destarsi del suo stato di assenza.
    - C’è un post su di lei, ma viene lodata perché è l’unica ragazza popolare della sua scuola che è gentile anche con i nerd.
    - Quindi non ci sono scheletri nel suo armadio? – chiede Spencer stupito.
    - Assolutamente. Viene descritta come una ragazza seria, studiosa, allegra, gentile e con una moralità ineccepibile. Il prototipo della brava ragazza.
    - Ma allora perché l’hanno uccisa? – Rossi da voce alla domanda che si pongono tutti.

    Morgan entra nella sala seguito da Sarah. Nessuno dei due dice niente mentre si siedono. Hotch non solleva neanche lo sguardo.
    - Allora novità? – chiede Derek per rompere il silenzio.
    - A quanto pare Miller non rientrava nella vittimologia – li aggiorna Emily – Persino nel blog viene descritta come una brava ragazza.
    - Ma allora perché? – chiede Derek turbato.
    - Perché conosceva gli S.I. e aveva capito – dice Sarah senza alzare lo sguardo.
    - Come fai a dirlo? – chiede Rossi.
    - Le hanno dato un nome, Lucifero. L’arcangelo caduto, colui che per superbia si era ribellato a Dio. Anche il passo della bibbia che hanno lasciato…
    - Quindi lei aveva capito chi erano gli S.I. e loro l’hanno uccisa – Spencer sembra rimuginare su quell’ultima affermazione.
    - Siamo pronti con il profilo? – chiede Hotch.
    - Direi di si.
    - Allora raduno i poliziotti – JJ si alza e lascia la stanza.
    - Hotch, credo che sia necessario risentire alcuni dei ragazzi – dice Sarah sempre fissandosi le mani poggiate sul tavolo.
    - Si, più tardi puoi andare alla scuola superiore – Hotch non si gira neanche a guardarla.

    I poliziotti sono tutti radunati, mentre i profiler sistemano la lavagna con le prove che hanno messo insieme. Sarah fa un passo avanti e comincia a fornire il profilo.
    - Stiamo cercando tre ragazzi dai 15 ai 18, sono fra i ragazzi meno popolari della scuola. Probabilmente hanno delle difficoltà di inserimento a livello sociale. Sono tipi tranquilli, non hanno mai avuto richiami dai professori o dal preside. Il capo del gruppo è molto intelligente e occupa una posizione di predominio sugli altri due. Sono tutti ragazzi bianchi.
    - Tutti maschi? – chiede un poliziotto prendendo appunti.
    - No, c’è almeno una ragazza nel gruppo – interloquisce Sarah sotto gli occhi attenti dei colleghi.
    - Come fate a dirlo? – chiede il detective La Voisin.
    - Manca la componente sessuale – dice Sarah.
    - Alcune delle vittime sono belle ragazze, se fossero tre maschi almeno uno di loro avrebbe tentato un approccio di tipo sessuale – chiarisce Spencer portandosi al fianco di Sarah – Inoltre tutte le vittime sono state ritrovate con gli indumenti addosso.
    - Quindi quello che li spinge non è il sesso? – chiede La Voisin visibilmente scettico.
    - No – ribadisce Sarah – Vogliono punire i ragazzi popolari. Tutte le vittime veniva nominate in un blog che metteva in piazza i loro panni sporchi. Si sentono come dei giustizieri. Visto che quei ragazzi abusavano della loro popolarità, li puniscono uccidendoli. L’ultima vittima, Dawn Miller, conosceva almeno uno degli S.I. e aveva capito che era collegato ai delitti. Per questo è stata uccisa.
    - Quindi conviene cominciare ad indagare nella scuola di Dawn Miller.
    - Si. E’ mia intenzione recarmi li appena finita la riunione – puntualizza Collins in risposta a La Voisin.
    - C’è altro? – chiede ancora il detective.
    - Prestate attenzione. Se messi alle strette i due maschi non si arrenderanno – dice Hotch incrociando le braccia e poggiandosi al tabellone.
    Sarah si gira e gli lancia un’occhiata piena di ira, riacquista subito il controllo di se e torna a rivolgersi ai poliziotti.
    - Vorrei ricordarvi che stiamo parlando di adolescenti. Cerchiamo di mantenere il controllo ed i nervi saldi. Consigliamo la massima prudenza questo si.

    La riunione è finita. Tornano tutti nella sala riunioni. Sarah chiude la fila e appena entrata sbatte la porta alle sue spalle.
    - Ma dico, ti ha dato di volta il cervello? – è furiosa con Hotch e non fa niente per nasconderlo.
    - Dobbiamo dare un profilo il più accurato possibile – risponde lui non degnandola di uno sguardo, in favore dei fascicoli sul tavolo.
    - Dicendo quella cosa, è come se avessi autorizzato i poliziotti a sparare prima e chiedere dopo! E senza nessuna prova a sostegno della tua tesi!
    L’atmosfera è tesissima. Gli altri membri del team guardano per terra mentre Hotch finalmente alza lo sguardo a fronteggiare Collins. Oramai è guerra.

    Continua…
     
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    Capitolo XI. Defection

    Stazione di polizia di Biloxi
    Rossi si sposta davanti a Sarah e cerca un contatto visivo con Hotch. La tensione è alle stelle e lui decide di intervenire.
    - Collins, tu, Reid, Morgan e Prentiss andate alla scuola di Miller ed interrogate i suoi compagni. JJ prepara un comunicato stampa con il profilo che abbiamo stilato. Garcia va a dare una mano a JJ. Tutti fuori, ORA!
    Il tono perentorio fa scattare Garcia come una centometrista mentre il resto del team si allontana più lentamente continuando a fissare Rossi e Hotch che si fronteggiano. Appena la porta si chiude Rossi fa scattare la serratura e si volta di nuovo verso il suo antagonista.
    - Mi vuoi spiegare cosa diavolo sta succedendo?
    Hotch non fissa lui, ma la porta chiusa come se riuscisse a vederci attraverso. E’ furioso con se stesso, con Sarah e con Spencer. Cerca di rallentare il respiro accelerato e di riacquistare la padronanza di se. Chiude gli occhi e fa profondi respiri.
    - Sto aspettando una spiegazione per la scena a cui ho appena assistito – Rossi non demorde, sa che deve porre un freno a quello che sta succedendo ma non è sicuro di riuscire a far ragionare il suo vecchio amico.
    - Sai perfettamente cosa sta succedendo. Come dici sempre tu, non ti fai bagnare il naso del primo venuto. Sei un profiler, perché non dici tu a me cosa sta succedendo.
    - Stai perdendo il controllo, ecco cosa sta succedendo. E tutto per una stupida…
    - Non provarci, Dave. Non definire stupido quello che…
    - Quello che provi per lei? Hai ragione… sarebbe svilire te, i tuoi sentimenti e Collins. No, non è stupido quello che provi. E’ stupido continuare ad arrabbiarsi come fai tu. Lei non ti vuole, ha scelto qualcun altro e tu non puoi farci niente.
    - Si che posso – interviene lui aprendo finalmente gli occhi – Posso fare in modo che vengano assegnati ad altre squadre. Posso fare in modo che vengano divisi almeno sul lavoro.
    - E’ questo quello che vuoi? Perdere i tuoi due migliori profiler?
    - Il protocollo dice…
    - Il protocollo! Ora tiri in ballo il protocollo? E se lei avesse scelto te? Avresti ugualmente tirato in ballo il protocollo? Oppure l’avresti tenuta nella squadra?
    - Io…
    - Fatti un esame di coscienza. Il protocollo non è il motivo del tuo furore. E’ il tuo orgoglio ferito che parla. Hotch ci conosciamo da tanto. Sei sempre stata una persona equilibrata e razionale. Cosa ti ha fatto cambiare cosi tanto?
    - Io… - Hotch chiude di nuovo gli occhi, deve dirlo a qualcuno prima di esplodere – credo di essermi innamorato di lei…
    - Non pensi più a Haley?
    Hotch prova a guardare dentro di se. E’ ancora innamorato della sua ex-moglie, ma Sarah… lei riesce a risvegliare in lui sensazioni e sentimenti che non credeva più possibile provare. Non è solo perché ha scoperto quello che la lega a Reid. Anche se è ferito dalla scelta della ragazza, non è solo quello. Almeno spera di non essere cosi meschino…
    - Hotch non è possibile essere innamorato di due persone contemporaneamente.
    - Lo so, ma…
    - Ma niente! Il problema non è lei, sei tu. Non ti permetterò di fare a pezzi la squadra per seguire gli impulsi del tuo orgoglio ferito e dei tuoi ormoni!
    - Dave, io ho bisogno di aiuto.
    - Decisamente.

    Roosevelt High School, Biloxi
    Il viaggio si è svolto nel più totale silenzio. Nessuno di loro ha osato provare a parlare con Sarah, che sembra ancora furiosa per quello che è successo con Hotch. Persino Spencer si tiene alla larga, la conosce abbastanza bene da sapere che ora è meglio evitare di parlare con lei dell’accaduto. Quello sguardo vuol dire che è una bomba pronta ad esplodere da un momento all’altro.
    - Come ci dividiamo? – chiede Morgan per rompere il silenzio.
    - Ho già parlato con il preside – interviene Emily – Direi di dividerci come ieri. Io e te con i ragazzi popolari e Spencer e Sarah…
    - No! – interviene Sarah – Io e Derek e tu e Spencer. Voglio un elemento discordante in ogni interrogatorio. Dobbiamo metterli sotto torchio e non a loro agio.
    - Credi che sia il caso? – chiede Spencer dubbioso.
    - Non abbiamo più tempo per essere gentili e accomodanti. Stiamo andando verso un’escalation e non voglio altri adolescenti morti – Sarah sembra tornata padrona di se.
    - Ok, facciamo come vuoi tu – cede Derek.

    Stazione di polizia di Biloxi
    Garcia ha finito di impaginare il comunicato e lo sta mandando in stampa. Si volta verso l’amica che ha un’aria assorta.
    - Cosa sta succedendo? – le chiede a bruciapelo.
    - Come scusa? – JJ fa finta di cadere dalle nuvole.
    - Andiamo! Io non sono una profiler, ma fra Hotch e Sarah è successo qualcosa! Hai visto come si sono fronteggiati!
    - Sarah porta solo guai – JJ è arrabbiata con Collins, prima che lei arrivasse nella squadra non era mai successa una cosa del genere.
    - Come fai a dirlo? Allora sai cosa sta succedendo!
    - No, non ne ho la più pallida idea. Ma Hotch non si arrabbierebbe con lei se non avesse fatto qualcosa.
    - Mpf… oppure si è arrabbiato con lei proprio perché NON ha fatto qualcosa.
    - Cioè? – JJ appare perplessa dall’ultima affermazione di Penelope.
    - Andiamo! Si vede lontano un chilometro che lui ha una cotta per Sarah.
    - Non dire assurdità!
    - Sto facendo delle costatazioni, non sto dicendo assurdità. Il modo in cui la guarda e in cui si rivolge a lei… è chiaro che lui ha un interesse più che professionale nei suoi confronti.
    - Anche se fosse, non dovremmo stare qui a spettegolare su queste cose.
    - Anche perché lui non ha la minima possibilità con lei…
    - Perché?
    - Per via di Reid.
    JJ trasecola alle parole dell’amica. Spencer e Sarah? Non le sembra possibile, eppure…
    - Stai insinuando che…
    - Io non insinuo niente. Due settimane fa Kevin mi ha portato a Falmouth per una gita. Indovina chi abbiamo visto camminare mano nella mano e sbaciucchiarsi?
    - Vuoi dire che…?
    - Già – dice Garcia con un sorriso furbo – Sarah e Reid! Dovevi vederli. Sembravano due piccioncini.
    - Loro vi hanno visti?
    - No, ci siamo nascosti. Non volevo metterli in imbarazzo.
    - Ecco spiegato il motivo del comportamento di Hotch.
    - Gelosia!
    - Figurati. E’ arrabbiato con loro. Conosci il protocollo, non si può fraternizzare con i proprio colleghi.
    - Anche io e Kevin siamo colleghi eppure Hotch non ha mai detto niente al riguardo.
    - E’ diverso voi non lavorate insieme.
    - Ti sembra che quei due non siano in grado di lavorare insieme nonostante tutto?
    - E’… è… inappropriato.
    - Direi che l’unica cosa di “inappropriato” nel loro legame è il modo in cui lui le stava succhiando via il labbro dalla faccia – scoppia a ridere Garcia.
    JJ sbarra gli occhi. Possibile che Spencer non si sia confidato con lei? Forse, si dice, è solo una cosa passeggera. Un legame senza futuro, altrimenti lei ne sarebbe al corrente. In quel momento sente una porta aprirsi.
    Si volta e vede Hotch camminare spedito verso l’uscita della centrale, mentre Rossi si affaccia alla porta con aria contrariata. Si avvicina al profiler e guarda Hotch salire in macchina.
    - Dove va?
    - Torna a Washington.
    - Come? Lascia la squadra?
    - No, non sta molto bene e torna a casa. Non lascia la squadra. Nessuno lascia la squadra. Ora concentriamoci sul caso.
    - Ma…
    - Niente ma. Finché Hotch non starà meglio prendo io il comando. Obiezioni? – si volta verso JJ con un sguardo duro e deciso.
    - No. Torno al lavoro.

    Continua…
     
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    Capitolo XII.

    Roosevelt High School, Biloxi
    Il cellulare di Sarah squilla mentre sono in corridoio e lei prontamente risponde.
    - Collins.
    - Sono JJ.
    - E’ successo qualcosa?
    - Hotch è andato via...
    - In che senso? – rimane indietro rispetto al resto del gruppo.
    - Nel senso che ha lasciato la squadra. Rossi dice che è una cosa momentanea ma ho visto il suo sguardo quando ha lasciato la stazione di polizia dieci minuti fa. Credevo fosse il caso che tu fossi informata.
    - Dove è andato?
    - Torna a Washington. Credo che se ne vada per quello che è successo fra te e lui prima.
    - Ok, grazie. Ho capito – Sarah riattacca e continua a guardare il cellulare.
    - Qualcosa non va? – Derek si è voltato verso di lei ad aspettarla.
    - Dammi le chiavi del SUV.
    - Come?
    - CAVOLI DEREK! TI HO DETTO DI DARMI QUELLE MALEDETTE CHIAVI!
    Morgan le allunga le chiavi e la guarda stupito. Non è da lei alzare la voce in quel modo.
    - Voi cominciate senza di me. Mi raccomando torchiateli per bene.
    - E’ successo qualcosa?
    Sarah guarda Emily e Spencer che li osservano dal fondo del corridoio.
    - Devo risolvere una cosa. Voi cominciate. Ci sentiamo appena posso.
    Non aspetta la risposta dell’amico, si avvia a passo spedito verso il parcheggio. Mentre guida a velocità sostenuta, mette il vivavoce e chiama Hotch. Lui risponde al terzo squillo.
    - Collins, se avete delle novità contattate Rossi.
    - Dove cavolo credi di andare, Hotch?
    - Non sono affari tuoi. Ho lasciato il comando a Rossi, io non sto bene.
    - Hotch, non farlo. Possiamo sistemare le cose…
    - Come?
    - Sto venendo all’albergo. Aspettami in camera tua.
    - Senti, Collins…
    - Smettila! Ti ho detto di aspettarmi, non farmi arrabbiare più di quanto non sia già! Sarò li a breve e potremo parlare. Dopo se vuoi puoi anche andartene.
    - Collins…
    - Sto arrivando, mi aspetto di trovarti lì – dicendo cosi chiude la comunicazione e preme il piede sull’acceleratore.

    Camera di Hotch, albergo, Biloxi
    Hotch cammina avanti e indietro per la stanza. Le valigie sono pronte e sta solo aspettando Sarah per potersene andare. Già sa che qualsiasi cosa si diranno non servirà a fargli cambiare idea. Non può tornare al comando finché non avrà riacquistato la padronanza di se e il suo autocontrollo. Sa di non poterci riuscire con quei due sempre sotto gli occhi, come un dente guasto che batte di continuo.
    Sente bussare alla porta e si ripropone di mantenere la calma qualsiasi cosa succeda. Apre la porta con prudenza, pronto a sorbirsi una delle solite sfuriate di Collins. Tutto si aspettava meno quello che sarebbe seguito…

    Roosevelt High School, Biloxi
    - Non ti ha detto dove andava o chi era al telefono? – Reid appare preoccupato.
    - No – Derek scuote la testa con enfasi – assolutamente. Ma non è da lei lasciare cosi un’indagine. Deve essere successo qualcosa.
    - Forse sua madre – prova Emily dubbiosa.
    - Se fosse cosi ci avrebbe detto qualcosa – le fa notare Spencer.
    - Ha detto di cominciare gli interrogatori e di ricordarci di mettere sotto torchio quei ragazzi – Morgan riprende le redini della situazione – Siamo qui per fare un lavoro. Sarah ci spiegherà dopo.
    Si guardano tutti e tre con una strana inquietudine. L’ultima volta che Sarah si è allontanata senza dire niente a nessuno erano a Miami. C’era voluto più di un mese perché decidesse di tornare all’unità.

    Camera d’albergo, Biloxi
    Sarah è ferma sulla porta e fissa Hotch. Il suo sguardo non è più duro come durante l’ultima lite, sembra preoccupata.
    - Posso entrare?
    Hotch si scosta per lasciarla passare e chiude la porta. Mette le mani in tasca e guarda un punto imprecisato della parete di fronte.
    - Hotch? Perché?
    - Perché cosa?
    - Perché te ne vai?
    - La situazione è divenuta insostenibile, lo sai bene.
    - Allora è più giusto che me ne vada io. Tu sei il capo della squadra, io sono sacrificabile.
    - Non dire cosi. Non è definitivo. Ho bisogno di tempo.
    - Se te ne vai ora, perderanno la fiducia in te. Un leader non abbandona la sua squadra.
    - E cosa consigli? Che continuiamo a sbranarci a vicenda? Questo si che fa bene alla squadra!
    - Lo so di essere insopportabile, ma…
    Lei si sta addossando la colpa. Hotch la guarda stupito e nota come lei adesso appaia diversa dalla donna dura e decisa che gli fa battere il cuore. Sembra un uccellino spaventato.
    - Non è colpa tua. Io devo solo accettare lo stato delle cose. Anche se mi sembra assurdo…
    - Cosa?
    - Che tu abbia scelto lui. Forse sarebbe stato meglio se fosse stato Morgan, l’avrei accettato.
    - E’ cosi difficile da capire? Proprio non ci arrivi? – Sarah si siede sul letto e lo osserva.
    - Aiutami a capire.
    - Tu cercheresti sempre e comunque di dominarmi, di tenermi sotto controllo. Non riuscirei mai ad accettare di essere tenuta al guinzaglio, fidati ci sono già passata.
    - E come è finita?
    Sarah chiude gli occhi e cerca di scacciare il ricordo di Mark e della loro ultima conversazione.
    - Per sfuggirli sono tornata in America. Tu me lo ricordi molto, forse è proprio per questo che non riesco neanche ad immaginare di stare con te.
    - E’ stato cosi terribile? – Hotch le si siede accanto e le prende una mano delicatamente.
    - Peggio, molto peggio. E’ stata l’esperienza più brutta che io abbia mai fatto. So che sotto molti aspetti voi due siete diversi, ma rimanete due maschi alfa. Il predominio per voi è molto importante. Specialmente per un maniaco del controllo come te. Io non sono un tipo facile, anzi sono una stronza senza speranza. Credi che ne potrebbe uscire fuori qualcosa di buono da un legame del genere?
    - No – Hotch guarda la mano di lei chiusa fra le sue – Come lui con te?
    - Mi capisce, mi ascolta. Non prova mai ad avere la meglio. Il nostro è un legame fondato sulla parità, nessuno dei due ha il predominio. Lui… scusami Hotch, ma se devo essere sincera fino in fondo, lui è l’uomo migliore che io abbia mai conosciuto.
    - Lo ami?
    - Si.
    Non c’è altro da dire. Hotch sente qualcosa dentro di lui cedere. La guarda intensamente e le scosta una ciocca dal viso. Si rende conto che non è disposto a perdere il suo lavoro per niente e nessuno. Lo ha sempre messo al primo posto. Il suo matrimonio è fallito per questo e ora è tutto ciò che gli resta.
    Sorride. Il suo lavoro è più importante di quello che prova per quella strana ragazza. Le posa un bacio delicato all’angolo della bocca.
    - Sarah… se mai dovessi cambiare idea.
    Lei lo guarda in modo dolce e gli passa una mano sul volto.
    - Sarai il primo a saperlo, Aaron.

    Continua…

     
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    Capitolo XIII. As nothing happans

    Albergo, Biloxi
    Sarah è vicina alla porta della camera di Hotch e lo osserva. Lui non riesce a contraccambiare lo sguardo, mentre finisce di disfare i bagagli. E’ come se la questione fra loro non si fosse risolta, come se ci fosse ancora molto da dire. Si rimprovera mentalmente da solo. Ora deve concentrarsi sul caso, non sui suoi sentimenti. Si sente un idiota. Amava molto Haley, eppure non ha mai permesso al suo matrimonio mettersi fra lui e il suo lavoro. Non sa cosa prova esattamente per Collins, ma permette comunque ai suoi sentimenti per lei di offuscare le sue capacità mentali. Si è comportato da vero idiota davanti a tutta la squadra e voleva addirittura andare via. Come potrà giustificarsi?
    Sarah capisce la lotta interiore di Hotch, anche lei vive qualcosa del genere ogni giorno. Quando si trovano sul campo si impone di mantenere il distacco e di concentrarsi sul caso. Eppure molte volte tutto quello che vorrebbe è rifugiarsi fra le braccia di Spencer e dimenticare il mondo intero. Quando fuggì di Miami non era per Hotch, anche se Rossi è convinto del contrario. Tranne che Spencer nessuno cosa la spinse a fuggire, forse ora era in caso di affrontare l’argomento per aiutare il suo capo.
    - Hotch, so come ti senti.
    - Ah si? Perché tu ti sei comportata da idiota davanti a tutta l’unità?
    - Ho fatto di peggio. Vi ho mollati durante un caso senza dire niente a nessuno.
    - Tu eri giustificata, dopo quello che io…
    - Tu non c’entravi niente. Sarei stata in grado di affrontarti anche in quel momento. Quello che non riuscivo ad affrontare era… – sospira cercando le parole per spiegarsi – Io ho sempre avuto solo il lavoro nella mia vita, non ho mai avuto amici o relazioni veramente importanti per me. Anche in Francia, non l’ho mai considerata una cosa seria. Non facevo progetti, non desideravo avere un futuro con lui.
    Si interrompe cercando lo sguardo di Hotch. Vuole assolutamente che lui percepisca la sua comprensione in quel frangente cosi difficile.
    - Se non ero io la causa, perché andasti via?
    - Ero spaventata. Durante quel caso avevo altro per la testa. Per la prima volta in vita mia qualcosa, o meglio qualcuno, mi impediva di focalizzare tutta la mia attenzione sul caso. Mi sentivo inutile e superflua, avevo paura che rimanendo con voi avrei combinato un disastro. Io riuscivo a pensare solo a lui. Quindi so esattamente come ti senti. Non preoccuparti, se c’è qualcosa che ho imparato in un anno insieme è che abbiamo tutti dei momenti di cedimento. Ma la forza della nostra squadra è che non abbandoniamo mai un collega in difficoltà, per nessun motivo. Quindi ora finisci qui e torna alla centrale di polizia. Io devo raggiungere gli altri.
    Lei si volta pronta ad uscire. Lui la guarda ancora un momento, riconoscente per quelle parole.
    - Sarah?
    - Si Hotch?
    - Grazie di tutto e… scusami ancora.
    Un sorriso le illumina il volto.
    - Ehi non è da tutte potersi vantare di aver fatto letteralmente perdere la testa all’agente supervisore Hotchner.
    - Non te ne vantare troppo in giro – lui le sorride, tutto sembra tornato normale.

    Roosevelt High School, Biloxi

    Reid è appoggiato al muro con le braccia conserte mentre osserva il parcheggio. Prentiss e Morgan sono dentro a torchiare per bene i ragazzi, lui si è estraniato. Non riesce a non essere in pensiero per Sarah, ricorda ancora Miami. Il pensiero che lei possa di nuovo scappare senza dire niente a nessuno lo terrorizza. Stavolta sente di avere molto più da perdere nel lasciarla andare via. Vorrebbe chiamarla, ma il cellulare di lei è spento.
    Vede il SUV nero entrare nel parcheggio. Trattiene il respiro fino a che non la vede scendere e non è sicuro che sia lei. Le va incontro, mentre lei chiude la portiera e resta ferma ad aspettarlo. Si ferma ad un passo da lei, lo sguardo arrabbiato. Lei invece ha l’innocenza dipinta sul volto, come se non fosse successo niente, come se non li avesse mollati lì senza dare spiegazioni.
    - Allora? – il tono di lui è agguerrito.
    - Allora, cosa?
    - Dove sei stata?
    - Dovevo risolvere un problema.
    Dicendo cosi si sposta e fa per superarlo. Lui l’afferra saldamente per il braccio e la fa voltare a forza per tornare a fronteggiarla.
    - Dove sei stata?
    - Ma si può sapere che ti prende? – Sarah non capisce, lui non si comporta mai cosi.
    - Te ne vai senza dire dove e poi vuoi sapere cosa prende a ME?
    - Si, voglio sapere che ti prende. C’era un problema e non potevo stare qui a spiegarvi, dovevo andare. Cosa c’è di strano?
    - L’ultima volta che hai agito cosi…
    Lui allenta la presa e lei finalmente capisce. Si libera dalla presa di lui e si guarda in giro. Il parcheggio è deserto e fra loro e la scuola c’è il SUV. Gli poggia le mani sul petto e avvicina il proprio viso.
    - Non vado da nessuna parte. Non ho più paura. Abbiamo già affrontato questo argomento, no?
    Lui le prende il viso fra le mani e la fissa insistentemente. Poi le labbra si stendono in un sorriso mentre si china a baciarla.
    - Devi smetterla di spaventarmi cosi…
    Lei non risponde mentre si lascia baciare e si stringe a lui. Si staccano da quell’abbraccio controvoglia e si guardano sorridenti.
    - Credo che sia ora di fare il nostro lavoro – dice lei mentre gli sfiora una mano.
    Lui annuisce e si incammina seguito da Sarah. Quasi all’entrata dalla scuola vengono raggiunti da Emily e Derek. Le facce dei loro colleghi fanno chiaramente capire come sono andati gli interrogatori.
    - Niente? – chiede Spencer.
    - Niente di niente – conferma Derek con un moto di rabbia.
    - Eppure sono convinta che Dawn conoscesse i suoi assassini… - interviene Sarah.
    - Ma i primi omicidi sono avvenuti in un’altra scuola – le fa notare Emily.
    - Già, una costosa scuola privata… mi chiedo se… - Sarah si perde nei propri processi mentali mentre si incamminano di nuovo verso il parcheggio.
    - Mi ha chiamato Garcia – annuncia Morgan – Hotch se ne è andato.
    - No, non è andato da nessuna parte – dice Sarah alle sue spalle.
    - Era questa l’emergenza? – chiede Spencer alzando un sopracciglio.
    - Un piccolo malinteso niente di più – lei continua a guardare di fronte a se – Cerchiamo di non tornare sull’argomento. Ci sono cose più importanti ora.
    - Tipo? – chiede Emily – Il nostro capo stava per lasciare la squadra, cosa c’è di più importante?
    - Salvare la prossima vittima degli “Arcangeli” – dice Sarah senza mutare espressione – Per il resto ci sarà tempo.

    Stazione di polizia di Biloxi
    I quattro rientrano. Nella sala Rossi, JJ e Garcia fissano Hotch senza proferire parola. Il capo alza lo sguardo a incontrare quello di Sarah.
    - Novità?
    - A quanto pare abbiamo fatto un buco nell’acqua – Derek si siede e comincia a giocherellare con una penna.
    - Forse o forse no – dice Collins posizionandosi davanti al tabellone.
    - Cosa vuoi dire? – chiede Hotch.
    Il resto della squadra si guarda. Sembra che fra Collins e Hotch sia tornato tutto normale. Come avranno fatto a chiarirsi cosi velocemente? Spencer sembra contrariato da questa svolta.
    - Sappiamo che le prime due vittime frequentavano la Catholic High School. Le successive frequentavano tre licei diversi. Per ultima Dawn Miller che frequentava la Roosevelt High School, nessuna delle altre vittime la frequentava. Ma Miller non rientra nel quadro vittimologico. Era una ragazza a posto, niente atti di bullismo, non era sessualmente promiscua. Sul blog viene addirittura lodata per la sua condotta, mentre sappiamo benissimo che gli altri ragazzi popolari vengono fatti a pezzi.
    - Allora? Dove ci porta tutto questo? – chiede ancora Hotch.
    - Dawn è stata uccisa perché conosceva almeno uno dei nostri S.I., di questo sono convinta. Abbiamo dato per scontato che qualcuno dei suoi compagni sapesse qualcosa, ma se non fosse uno dei suoi compagni?
    - Non ti seguo più – Rossi scuote la testa.
    - La Catholic High School, a differenza delle altre scuole colpite, non è un liceo pubblico. E’ un costoso liceo privato. I ragazzi che lo frequentano abitano in quartieri diversi di Biloxi. E se il nostro S.I. fosse un compagno di infanzia della Miller? – Sarah osserva la cartina della città.
    - Allora lei è rimasta in contatto con questa persona, che però ora frequenta una scuola diversa. Ha senso – Spencer si avvicina e comincia a sua volta a guardare la cartina.
    - Quindi il nostro S.I. dovrebbe provenire dallo stesso quartiere della Miller, giusto? – chiede Hotch in modo retorico – Garcia.
    - Consideralo come fatto – dice l’informatica cominciando la sua ricerca.

    Continua…
     
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    Capitolo XIV. To break the rules

    Stazione di polizia di Biloxi
    - Che vuol dire: niente? – Sarah è scioccata.
    - Niente di niente. Nessuno degli studenti della Catholic High School proviene dal quartiere di Dawn Miller.
    Sarah si chiede se non ha sbagliato. In fin dei conti non è infallibile e il profiling non è una scienza esatta. Eppure c’è qualcosa che non le torna.
    - JJ è possibile parlare con i genitori della Miller? – non sembra disposta ad arrendersi.
    - Penso di si. Veramente dovevo andare a parlare con sua madre domattina.
    - Se non ti dispiace vengo con te. Garcia potresti controllare se i Miller hanno cambiato casa, oppure se qualcuno dei ragazzi della Catholic High ha vissuto in quel quartiere?
    - E’ un lavoro piuttosto lungo…
    - Puoi ricominciare domattina – interviene Hotch alzandosi – Ora direi di andare tutti a mangiare e poi in albergo. E’ stata una lunga giornata, abbiamo bisogno di riposo.
    Rossi guarda Hotch. Sembra tornato il capo di sempre. Qualsiasi cosa si siano detti lui e Collins pare abbia funzionato. Si domanda solo se l’ossessione di Hotch sia sparita o solo sopita. Il suo sguardo si sposta su Reid. No, il ragazzo non ha la tempra adatta per combattere una battaglia con Hotch… o forse si? Spera di non doverlo mai scoprire.

    Camera d’albergo, Biloxi
    Dopo la cena Sarah è andata diretta nella propria camera per farsi una doccia. Non è sicura se andare da Spencer, si sente stanca e probabilmente anche lui ha bisogno di riposare. Rimane in piedi a fissare il telefono, una chiamata può farla. Magari anche lui ha voglia di parlare un po’. Sente bussare proprio mentre la sua mano si posa sulla cornetta.
    Apre piano la porta e rimane sorpresa di trovarsi davanti Reid. E’ sempre lei che va nella sua stanza, mai il contrario, anche perché di solito lei è sullo stesso piano di Hotch. Si scosta per farlo passare e richiudere la porta prima che qualcuno se ne accorga.
    Non aveva mai riflettuto sul fatto della vicinanza della sua camera a quella di Hotch. Comincia a pensare che non sia un caso fortuito, ma qualcosa che il suo capo fa deliberatamente per tenerla d’occhio. Che facesse pure, quello che si dovevano dire è stato detto quel pomeriggio. Non ha intenzione di farsi condizionare la vita da lui.
    E’ ancora in accappatoio e i suoi capelli sono ancora bagnati. Si appoggia alla porta e aspetta che Spencer le dica qualcosa. Se è venuto a trovarla ci sarà un motivo, ma sa anche che Spencer ha i suoi tempi per dire le cose. Non vuole forzarlo, quando si sentirà pronto semplicemente si volterà verso di lei e parlerà.
    Lui effettivamente si gira ma non le dice assolutamente niente. Rimane lì fermo a guardarla con le mani in tasca, come se aspettasse qualcosa.
    Sembra quasi che usi la tecnica del silenzio, quella che usiamo durante gli interrogatori per far parlare il sospettato. Di solito la gente non regge la tensione di questo silenzio per troppo tempo e finisce per dire qualcosa di compromettente… Se non sapessi che è impossibile direi proprio che lui vuole interrogarmi…
    Restano cosi a fissarsi per un tempo indefinito, nessuno dei due vuole fare il primo passo entrambi timorosi delle intenzioni dell’altro.
    Lui le si avvicina e con un dito le scosta i capelli bagnati dal volto. Lei sospira e si lascia andare contro la porta abbandonandosi a quel momento di tenerezza.
    - Hotch sembra tornato normale. Cosa è successo fra di voi?
    Lei si irrigidisce.
    - E’ per questo che sei venuto? Gelosia?
    - Anche – risponde lui continuando il suo lavoro sui capelli di lei.
    - Abbiamo parlato. Sono riuscita a farlo ragionare ecco tutto. Non è successo proprio niente – lei non riesce più a rilassarsi.
    - Allora perché sei cosi tesa? – le bisbiglia lui in un orecchio.
    - Perché ho paura che tu possa fraintendere qualsiasi cosa io dica… Non voglio ferirti, anche perché non c’è niente per cui tu ti debba sentire ferito.
    - Me lo giuri?
    - Si.
    Lui fa scorrere le sue mani sul corpo di Sarah, ancora avvolto nell’accappatoio.
    - Dormo qui stanotte.
    - Abbiamo deciso delle regole ricordi. Durante i casi possiamo parlare, possiamo baciarci ma niente di più – lei cerca di essere ferma e decisa, ma sente la mancanza del suo uomo.
    - Come dici sempre: le regole sono fatte per essere infrante.
    Lei spegne la luce e lui le sfila piano l’accappatoio.

    Raphael è di nuovo di fronte a lui, ma stavolta non riesce nemmeno ad alzare le mani. La scena è diversa. Non sono in quel cimitero abbandonato di notte, è pieno giorno e sono su un campo da football. Si rende conto di essere totalmente nudo e legato ad un palo, mentre tutti i ragazzi della squadra ridono di lui. Anche Alexa, la ragazza più bella della scuola è lì e ride con gli altri. Raphael lo guarda ancora un attimo poi solleva il machete.
    - I peccatori vanno puniti!
    Si avventa sui ragazzi e li uccide davanti a lui.

    Lui non riesce a svegliarsi e mormora il nome di Sarah. Ora lei non può aiutarlo, sta combattendo contro i suoi demoni.

    Esce dalle docce e si avvolge nell’asciugamano. Si vergogna del suo corpo di bambina in mezzo a tutte quelle adolescenti in fiore. Sa che la guardano e ridono di lei. Si sente ancora più piccola e sola. Loro vogliono farla piangere e lei non vuole dare questa soddisfazione a quel branco di adolescenti cattive.
    Missy la guarda andare verso l’armadietto con un sorriso di scherno sul volto. Missy, il capo delle cheerleader, la più bella ragazza della scuola. Dall’alto della sua popolarità può permettersi di deridere quella piccola ragazzina prodigio che viene evitata da tutti, persino dagli sfigati.
    Si avvicina al suo armadietto per indossare i vestiti, ma sente che c’è qualcosa che non va. Apre lo sportello e comincia ad urlare spaventata, le ragazze si mettono a ridere.
    - Su piccolina – la schernisce Missy – sono cose da donna, non lo sai? Ah scusa! Dimenticavo tu sei solo una mocciosa!
    Una ragazza le è affianco, non riesce a vederle il volto coperto da un cappuccio. La vede alzare lentamente una pistola.
    - I peccatori vanno puniti!
    Poi comincia a sparare all’interno dello spogliatoio femminile.


    Si sveglia, mentre una mano delicatamente la scuote. Spencer chiama piano il suo nome e lei si gira verso di lui, il viso rigato di lacrime. Si rifugia nelle braccia del suo ragazzo e lo stringe forte. Anche lui sembra sconvolto ed è tutto sudato.
    - Brutto sogno? – le chiede mentre l’abbraccia.
    - Si. Anche tu?
    - Già.
    - Il solito incubo?
    - Quasi… stavolta era diverso.
    - Diverso come? – le chiede lei mettendosi a sedere mentre accende la luce.
    - Due ricordi sovrapposti – sospira lui tirandosi su.
    - Vuoi raccontarmelo?
    - Solo se tu mi racconti il tuo.
    - Avevo dieci anni – comincia lei tirandosi il lenzuolo addosso – il mio primo anno alle superiori. Dopo l’ora di ginnastica le ragazze decisero di farmi uno “scherzo”…
    - Immagino che tu non ti sia divertita – dice mentre le passa un braccio intorno alle spalle.
    - Per niente – dice lei mentre scuote la testa – Mi avevano riempito l’armadietto di assorbenti e preservativi, tutto rigorosamente già usato. Non l’ho mai raccontato a nessuno. Era l’ultima ora, mi sono rimessa i miei vestiti e sono andata a prendere lo scuolabus. Arrivata a casa mi sono messa sotto la doccia e ho cominciato a strofinare più forte che potevo. Anche se davanti a loro ho cercato di darmi un contegno, rimasta sola nella doccia di casa…
    - Il tuo rituale della doccia… è cosi che è nato, vero?
    - Si. Non volevo dare loro la soddisfazione di vedermi piangere. E’ stata una delle esperienze più umilianti della mia vita. Stavolta però c’era uno dei nostri S.I. nello spogliatoio e…
    - A fatto una carneficina.
    - Come lo sai? – chiede lei stupita.
    - Raphael stavolta non ha attaccato me.
    - E chi ha attaccato? – le abbassa il tono della voce e gli carezza piano il viso.
    - Questa cosa l’ho raccontata solo a Morgan una volta…
    - Se non vuoi dirmelo – dice lei abbassando gli occhi.
    - Parlando di umiliazioni, non ti ho mai raccontato cosa hanno fatto a me al liceo…

    Continua…
     
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