Salvation

Non siamo tutti corvi

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  1. robin89
     
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    Autore: Robin89
    Titolo: Salvation
    Rating: giallo
    Categoria: azione,introspettivo, drammatico.
    Personaggi/coppia: team, Cameron Leane (Lein).
    Spoilers: 5x23 e 6x01
    Disclaimer:I Personaggi non mi appartengono, ma sono di Jeff Davis. Criminal Minds appartiene alla CBS. Questa storia non è a scopo di lucro.
    Note: si tratta della 5x23 e 6x01 ma con l'aggiunta del mio pg Cameron Leane ( detta Ronnie o Ron, trovate il suo ingresso nella squadra nella FF "Crash - The beginning"). Si colloca 9 mesi dopo l'ingresso di Cameron. Dedico questa storia in particolare a Unsub che senza di lei forse non avrei mai cominciato a scrivere ^^. Buona lettura!!



    SALVATION

    Prologo

    “Stava camminando in un lungo corridoio, era debole e quasi non si reggeva in piedi, in un altro mondo, un mondo ovattato dove non esisteva il collegamento con la realtà, come se fosse ubriaca. Riconosceva quel corridoio, era casa sua. Inciampò in qualcosa di morbido facendola cadere a terra, si girò verso quello stupido oggetto che stava in mezzo ai piedi. Era una gamba, cosa? Cercò di rialzarsi in fretta anche se lo fece con molta fatica, davanti a lei una donna semi nuda era stata pugnalata più volte e lasciata in un letto di sangue. Non aveva tempo per pensare, solo il terrore si impossessò di lei, si guardò intorno spaventata, cercando di mettere a fuoco le immagini buie e intravide un'altra sagoma, era un maschio ma era stato fucilato, si vedevano infatti gli schizzi di sangue sul muro e il corpo afflosciato per terra quasi seduto. Fece per scappare da lì, si appoggiò al muro per raggiungere la porta, poi la sua immagine sconvolta e distorta si fermò davanti al muro, incorniciata in uno specchio dorato. Guardò se stessa nel riflesso, i vestiti pieni del sangue che colava dalle braccia, nella mano destra teneva un machete e con la sinistra un fucile, il respiro si fece sempre più affannoso con il cuore che batteva così forte da uscirle dal petto. Urlò contro lo specchio con più fiato aveva in corpo, ma dalla bocca non usciva alcun suono.”

    Si svegliò all’improvviso con un urlo soffocato nella gola, come se stesse affogando spalancò gli occhi sul soffitto stringendo le lenzuola tra le dita. Era sudata e il cuore batteva all'impazzata, si alzò a mezzo busto guardandosi intorno e affondando le mani nel materasso. Era arrivato anche oggi, un'altro giorno inaugurato con quell'incubo, ormai ci aveva fatto l'abitudine .. anzi no,era impossibile convivere con quegli incubi. La notte si addormentava, sapendo che sarebbe arrivato sempre alla stessa ora. Erano le 5:30 non ne valeva la pena cercare di riprendere sonno, così andò a farsi una doccia fredda, il suo rituale giornaliero come se l'acqua fredda potesse lavare via quelle sensazioni di angoscia e paura.
    La colazione l'avrebbe fatta in ufficio come sempre, odiava restare a casa sua troppo tempo da sola, chissà a quali pensieri sarebbe andata la sua mente, preferiva andare presto a lavoro e aspettare che arrivassero gli altri, erano passati nove mesi ormai dal suo arrivo nel team e considerava casa sua la sede della BAU e non quell'appartamento. Strano come le cose fossero cambiate nel giro di mesi, adesso era quasi tutto diverso, Derek poteva essere considerato come il suo migliore amico, colui che sapeva di cosa aveva bisogno in qualunque momento e al quale avrebbe sempre confidato i suoi segreti; Emily era la sua migliore amica, una specie di sorella maggiore al quale a Ronnie riusciva a fare anche da mamma. Era felice di come si fosse trasformata la sua vita, si sentiva felice, realizzata.
    Indossò un paio di jeans a tubo, chiari e ben stretti che disegnavano bene la silouettes longilinea, una maglietta a maniche corte nera, un jillett verde militare e un paio di anfibi neri che le arrivavano a metà polpaccio, le andavano comodi e le davano sicurezza facendola stare con i piedi ben piantati per terra. Non portava più i capelli colon miele, adesso erano color mogano con i boccoli che scendevano sulle spalle.

    Come al solito fu la prima ad arrivare, mancava ancora un po’ prima che arrivassero gli altri così sfoderò la pistola e cominciò a pulirla con un panno che teneva perennemente nella sua scrivania, la rilassava quella piccola mania, l'aiutava a stendere i nervi e rilassarsi prima di iniziare un'altra giornata che tanto rilassante non sarebbe stata, specialmente questa volta.

    Continua....

    Edited by robin89 - 5/10/2011, 18:33
     
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  2. robin89
     
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    Capitolo I

    Le porte dell’Open-Space si aprirono e uno dopo l'altro arrivarono gli altri membri della squadra, sembravano essere arrivati tutti nella stessa macchina. Il primo a precederli fu Hotch.
    -Buongiorno Leane, hai dormito qui anche oggi? - non fece caso a quello che lei stava facendo,era abituato a vederla lucidare fino al più nascosto angolo la sua adorata compagna di salvavita.
    - Forse dovrei iniziare a farlo effettivamente, eviterei il viaggio di dieci minuti.
    La sua voce era cupa, persa ancora nei pensieri della notte.
    - Tutto ok? – le chiese quindi Hotch fermandosi a guardarla.
    - Certo – rispose lei con un sorriso rassicurante.
    Lui annuì e riprese il cammino verso l’ufficio della Strauss, i suoi compagni nel frattempo erano entrati e si stavano sistemando ognuno nella propria postazione, Reid la vide armeggiare con la pistola e corrugò la fronte.
    - Ti sei svegliata con istinti omicidi ?
    - Lo sai che dorme con quella sotto il cuscino vero? Penso le dia anche da mangiare – fu Derek a parlare mentre con la mano destra, passando dietro di lei, le scarmigliava i lunghi capelli spettinandola, lei rispose con un'occhiata divertita girandosi verso di lui e disse:
    - Le pistole sono i nostri gioielli, devono sempre essere brillanti – sorrise al piccolo genio mentre accarezzava l’arma.
    Passò un’ora quando sentirono chiudere la porta e all’unisono si girarono a scorgere Hotch che scendeva le scale frettolosamente.
    - In sala riunioni, andiamo a Los Angeles.
    Cosa? Los Angeles? Cameron in un baleno mise al proprio posto panno e pistola e si alzò in piedi, raggiungendo insieme agli altri la sala con mille domande che balzavano nella sua testa.

    **
    Erano seduti intorno al tavolo rotondo, davanti al tabellone nel quale JJ, rubata la scena primaria a Hotch, faceva scorrere le immagini degli omicidi.
    - Un omicidio con violazione di domicilio la notte scorsa. Gli agenti hanno trovato Gregory Everson,56 anni, picchiato,con una ferita da arma da fuoco alla testa. Anche la moglie Coleen è stata picchiata e violentata ripetutamente.
    - Ripetutamente? – chiese Emily storcendo il naso.
    - Così dice il rapporto – rispose la biondina.
    - Aspetta – interruppe Cameron - è sopravvissuta?
    - Sì, l’S.I. ha scelto di lasciarla viva.
    - Un testimone volontario? - affermò quasi Reid alzando entrambe le sopracciglia.
    - Sembra un aggressore organizzato ed esperto.. – azzardò Rossi.
    Redi ritornò su JJ -è stata in grado di identificarlo? – lei alzò le spalle.
    - Ha detto che è un maschio bianco, con occhi crudeli e un alito disgustoso.
    Cameron fece un’aria disgustata - marcio fuori e dentro,l’ha violentata davanti al marito?
    - Sì – le rispose Hotch con freddezza.
    Rossi era perplesso continuava a girarsi la penna fra le mani - una sola aggressione non convincerebbe la Strauss a mandarci a Los Angeles, c’è dell’altro?
    - Beh sì, la balistica ha trovato un riscontro con un duplice omicidio nel centro, a 80 km. Dove tre giorni fa sono state violentate e uccise queste due donne. – così altre due foto comparvero davanti a loro.
    - Ma la notte scorsa è successo in periferia e l’ha lasciata viva – intervenì Morgan dubbioso – come fanno a collegarli?
    - Hanno paura di un altro Night Stalker - affermò Rossi alzando lo sguardo su di lui.

    Interno del jet.

    Emily era seduta a fianco a JJ, davanti a loro Spencer con Derek, Cameron da sola dietro di loro guardava fuori dal finestrino, Hotch con Rossi dalla sua parte opposta del corridoio.
    Cameron era completamente assorta nei suoi pensieri quando le si avvicinò Derek costringendola a girare il viso su di lui che si sedette al suo fianco e le punterellò la punta del naso con un dito. In quei momenti lei era sempre la prima a stuzzicare Spencer con battutine o aneddoti, invece adesso era cupa e silenziosa.
    - Ehi ragazzina, cos'è tutto questo mistero? Niente battute, niente sorrisi, non hai detto una parola da quando si è aperto il caso.
    Alzò le spalle - sono solo concentrata sull’indagine.
    – Di nuovo quell’incubo? – chiese lui con aria preoccupata.
    - Sì, ma non preoccuparti, ci convivo da dieci anni ormai..
    - E se ci fosse dell'altro me lo diresti … non è vero?
    Lei gli diede una pacca sulla guancia – certo.

    jpg

    - Questo tizio è troppo bravo perché sia la prima volta. E’ andato avanti a torturare per ore e ha ucciso senza allertare i vicini – fu Emily a rompere il silenzio aprendo la conversazione sull’indagine.
    - …e ha rapinato la casa, potrebbe essere un’abitudine. – aggiunse Reid.
    - Credi abbia iniziato come ladro? – indugiò la mora.
    - Se era lì solo per gli omicidi – le rispose - non si sarebbe preso il fastidio di rapinarli.
    - Aspetta, come ha fatto a entrare la notte scorsa? – chiese Rossi posando una delle foto della scena del crimine.
    - La signora Everson ha detto che hanno sentito un rumore fuori dalla porta, sono usciti dalla stanza per qualche minuto e quando sono tornati lui era lì. – disse JJ mentre sfogliava il fascicolo del rapporto.
    - E’ così che li distrae per entrare in casa, per poter entrare nella camera da letto – affermò Morgan.
    - Chiamo Garcia – disse JJ - vediamo se lo stesso modus operandi è stato usato in altre rapine.
    - Leane cosa ne pensi? – Hotch smosse il silenzio della ragazza che non aveva aperto bocca. Si voltò verso di lui.
    - Secondo me non c'entra niente con una rapina, è solo un diversivo, il suo obbiettivo è esercitare il suo potere sui testimoni, nessun ladro lo farebbe. - Hotch la guardò annuendo.
    - Sceglie in modo del tutto casuale, vecchi, giovani, neri, bianchi, ispanici. Implica poca prevedibilità, è questo il punto.
    - Ronnie ha ragione, la diversità delle persone è il suo messaggio, vuole che tutti lo temano – convenne Emily.
    - E lo faranno – chiuse Rossi.

    Continua...

    Edited by robin89 - 5/10/2011, 18:49
     
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  3. robin89
     
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    Capitolo II

    Cameron aveva avuto la conferma dalle parole di Hotch prima di scendere dal jet.

    “- Leane, collaboreremo con la crimini sessuali, quindi ci sarai di grande aiuto con la tua esperienza.”
    Lei rimase gelida, annuì e ascoltò gli ordini successivi. Hotch e Prentiss sarebbero rimasti al dipartimento a studiare la vittimologia, Dave e Reid dovevano recarsi all’ospedale a far visita alla signora Everson mentre Morgan e Leane avrebbero raggiunto la casa degli Everson che grumava di poliziotti.

    Appartamento Everson.

    Lo vide di schiena, Matt, ma Leane non riconobbe il detective al suo fianco. Sembravano una coppia di modelli pensò quest’ultimo quando vide i due profiler entrare nel salotto della casa..
    - Una bella folla la’ fuori. – disse lui accennando alla strada -Adam Kurzbard e Matt Spicer.
    -Salve – allungò la mano - Derek Morgan e … - Cameron stava già salutando Spicer con un abbraccio - … e Cameron Leane. - finì aggrottando la fronte, perplesso.
    - Ti stavo aspettando, bello vederti in veste di profiler, anche se la situazione non è delle migliori - gli disse Spicer entusiasta di vederla.
    - Sarò sempre trai tuoi piedi con distintivo o senza – rispose lei con un sorriso.
    -Voi due vi conoscete? – chiese confuso Morgan riportando i due a considerare la realtà circostante.
    - E’ una storia lunga – rispose lui.
    - Bene, torniamo al caso – riprese quasi infastidito Kurzbard.
    - Cosa avete qui? – gli domandò Morgan.
    - Abbiamo di tutto. Il tizio ha attraversato la città in una settimana – disse Spicer.
    - I crimini sembrano completamente casuali. Lo credete anche voi? – domandò Leane.
    - Le prime due vittime erano vicino al nostro dipartimento, alla crimini sessuali, l'unica cosa che ci ha portato qui sono stati i proiettili – infirmò Kurz.
    - E lo stupro immagino – ribattè Cameron che nel frattempo aveva salito metà delle scale – tutte le vittime sono state violentate. Test del DNA? – chiese proseguendo.
    - Non ha lasciato tracce – rispose Kurzbard, poi prese la parola Spicer - Gli Everson erano nella camera da letto al piano di sopra quando è saltata la luce.
    - Quindi il soggetto ignoto ha tolto la corrente – affermò Derek.
    - No. Hanno programmato dei blackout periodici. Si tenta di superare l’ondata di caldo senza lasciare al buio l'intera città.
    - Quindi è per questo che si è fatto vivo qui? – domandò Cameron dal piano di sopra.
    - Bhe, le persone hanno paura del buio, probabilmente sfrutta questo fatto – rispose Spicer a mani sui fianchi.
    - Va bene – si accigliò Morgan - quindi le luci si spengono e questo tizio inizia a prendere a pugni la porta, ma perché avvertirli e non irrompere e basta?
    - Probabilmente gli piace far scorrere la loro adrenalina, vuole divertirsi. – rispose la collega tornando a scendere.
    - La moglie è davvero sconvolta, non credo che possa essere d’aiuto – Spicer scosse la testa deluso.

    **

    Stavano rientrando nel SUV quando Morgan accennò con la testa al detective Spicer mentre guardava Cameron di sbieco.
    - Come conosci Spicer?
    - E’ un vecchio amico, te l'ho detto …
    Entrati nella macchina sbatterono le portiere e lei si girò verso di lui con un'occhiata maliziosa.
    - Sei geloso? Non preoccuparti, sei sempre tu l'eroe dei miei sogni proibiti - gli fece l'occhiolino – ora concentriamoci sul caso, non è importante del come e perchè conosco le persone. E poi dovresti arrivarci da solo.
    - Sai che non ti sopporto quando fai la misteriosa acida?
    - Sì… lo so, e io ti adoro quando fai il maschio alfa geloso – lo zittì con un sorriso.

    Dipartimento Los Angeles.

    Reid e Dave avevano appena esposto il colloquio che avevano avuto con la vittima, così avevano fatto anche Morgan e Leane.
    - Il detective Matt Spicer e l’agente Kurzbard sono le persone di riferimento per i crimini sessuali, sede centrale, divisione di Newton, la più impegnata di Los Angeles. – cominciò Morgan rivolto alla squadra, subito dopo squillò il telefono di Hotch.
    - E’ Garcia – annunciò al team, poi posò il telefono sul tavolo - bambolina sei in vivavoce – disse Morgan poggiandosi alla scrivania.
    - Siano lodati gli dei! Allora pasticcini miei, Los Angeles ha una percentuale stranamente bassa di furti in abitazioni occupate. Ho scovato un caso a Westchester, in cui un tizio ha abbattuto con violenza la porta principale,ha preso a calci il cane ed è scappato con la televisione.
    - Abbattere la porta principale è un messaggio. Cercava di intimidire le vittime – la interruppe Reid
    - Gia’ dottorino, e per quanto sembri spaventoso questo ladro che prende a calci quelle povere bestiole, penso che il tizio che stiamo cercando sia ancora più terribile – mugugnò Penelope.
    - Garcia – intervenne Hotch - questo soggetto ignoto ha fatto molta pratica, forse non a Los Angeles, ma senza dubbio l’ha gia’ fatto.
    - Afferrato, questa non è la prima festa con delitto, non riesco proprio a trovare un solo caso a Los Angeles che eguagli questo livello di annientamento emotivo.
    - Dobbiamo espandere la ricerca a tutta la California meridionale – continuò il capo squadra- può spostarsi in altre città con un veloce tragitto in autostrada.
    - Okay consideratelo fatto..

    Continua...

    Edited by robin89 - 5/10/2011, 18:34
     
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  4. robin89
     
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    Capitolo III

    Il detective Matt Spicer era arrivato alla stazione di polizia e si dirigeva insieme ad Emily in uno degli uffici dove lo aspettava JJ.
    Si voltò verso la mora con fare curioso - pensate mai al perché questa vittima o perché questo giorno?
    - Sempre – rispose Emily decisa senza voltarsi.
    - Non potevano essere semplicemente nel posto sbagliato al momento sbagliato?
    - A volte… – annuì lei con fare sicuro.
    - Beh, io non credo nelle coincidenze.
    - Come mai? – ora fu lei a storcere il viso.
    - Ho sempre creduto che le cose succedano per un motivo.
    - Sì, ma è difficile trovare la ragione per questo però. Non trova? – chiese retoricamente continuando a camminare.
    - Delitti totalmente privi di significato senza un movente palese, è pura malvagità – in quel momento varcarono la soglia dell’ufficio in cui si trovavano JJ e Reid, che aveva appreso l’ultima frase.
    - Il male non può essere definito scientificamente, è un concetto illusorio che non esiste in natura, le sue origini e connotazioni sono legate alla religione e alla mitologia, questo criminale non ha mostrato di appartenere ad alcuna fede… - Spicer lo guardava stralunato facendo fatica a seguire così velocemente quelle parole - ah io sono Spencer Reid – disse il ragazzzino sollevando una mano come il saluto di un bambino.
    - Matt Spicer.
    - Jennifer Jereau – la bionda si alzò dalla sedia – i media hanno chiesto di lei.
    - Gia’, beh, nessun altro qui vuol parlare con loro…
    - Vorrebbero intervistarla per il telegiornale delle undici, possiamo ripassare alcuni punti? – gli chiese lei con fare gentile.
    - Assolutamente – così prese posto nella poltrona e vennero lasciati soli.

    Nell'ufficio a fianco si trovavano Hotch, Morgan, Dave, Cameron e un'agente di polizia di Los Angeles.
    Leane aveva visto arrivare Matt dalla porta, osservata dagli occhi di Morgan alle sue spalle. Non voleva stargli troppo appiccicata, non voleva dare vita a possibili domande dei colleghi, avrebbero cominciato a chiederle come lo conosceva, che rapporto c’era e tante altre cose, avrebbe trovato sicuramente altro tempo per restare con lui e al lavoro non doveva farsi distrarre.
    Il primo a prendere la parola fu Dave.
    - Le prime vittime della settimana? – chiese all'agente mentre guardava il tabellone con le foto.
    - In centro, uccise intorno alle due del mattino, le abbiamo trovate all'alba.
    - Non a mezzogiorno? – chiese confuso Morgan.
    - Beh no, la buoncostume è arrivata lì intorno alle sei del mattino.
    Morgan si avvicinò al tabellone e staccò una delle tante foto, così la girò ai suoi compagni – questi due orologi sono fermi a mezzogiorno, c è stato un blackout?
    - Sono iniziati ieri sera – rispose il detective
    - Quindi ha tolto lui la corrente – affermò Cameron che stava sopra il tavolo.
    - Ma la notte scorsa ha lasciato che fosse la municipalità a farlo - Hotch era a un passo da lei e si voltò verso i colleghi - dove si verificherà il prossimo blackout controllato?


    **
    Erano stati avvisati poco dopo la riunione, un altro omicidio con violazione di domicilio. JJ si era fermata a parlare con i giornalisti fuori dall'ingresso della casa in questione, mentre Morgan e gli altri raggiungevano la porta dove li aspettava il detective Kurzbard.
    - Annie Danzi, trent'anni, madre single – disse subito vedendoli a un passo da lui.
    - Suo figlio era in casa? – gli chiese Morgan.
    - Spicer è con lui proprio ora - Il detective si spostò da un lato per farli passare.
    - Quindi la corrente è stata staccata dalle dieci all’una di notte.. – affermò Emily entrando nell’ingresso.
    - Segni di effrazione? – chiese Hotch guardandosi intorno.
    - Nessuno.
    - Ci sono stati dei blackout controllati anche la scorsa estate? – continuò.
    - Oh, più o meno succede tutti gli anni.
    - E’ già successo qualcosa del genere allora? – corrugò la fronte, quasi infastidito di sapere quell’informazione solo ora.
    - Beh i crimini aumentano sempre col caldo e col buio, ma come questo assolutamente no.
    - Cacciare nell’oscurità fa parte della sua firma – la voce di Cameron sbucò dalle spalle di Emily.
    Hotch prese poi il telefono e rintracciò la loro fonte di informazioni.
    - Garcia?
    - Sì! Presente!
    - Controlla se l’estate scorsa ci sono state violazioni di domicilio durante i blackout controllati in California. Cerca in tutto lo stato – chiuse la chiamata e si girò nuovamente verso il team, vide il detective storcere la bocca.
    - Questa volta ha lasciato un messaggio – Kurbard fece segno alla stanza di sopra, così Emily e Cameron cominciarono a salire le scale.

    HELLO THER

    Una scritta sul muro faceva capolino sopra la testiera del letto.
    - Pensi stia salutando noi? – domandò Emily alla collega.
    - Almeno ad ogni scena del crimine aggiunge un particolare, speriamo ne faccia uno sbagliato.
    Rossi li aveva raggiunti e si era fermato con loro davanti alla scritta - è poco istruito – affermò con decisione - manca la “i”.
    - Manca la “i” e ha obbligato il figlio a guardare. È uno schifoso sadico – disse Leane in tono ironico, come se le due cose fossero collegate.
    Rossi mandò lo sguardo in tutta la stanza che sembrava ci fosse stata un’esplosione – ha devastato questo posto anche se non c’era molto da rubare. E’ arrabbiato.
    - Preferisce cacciare ed uccidere nell’oscurità. Non vuole essere visto, perché? – Emily alzò le spalle.
    - Forse si vergogna per qualcosa – rispose Cameron - non c’era motivo che le mettesse a faccia in giù – mentre lo disse girò la foto posata sul comodino - non voleva nessuno sguardo addosso, a parte quello del ragazzo.
    - Non voleva che lui si perdesse nulla – aggiunse freddo e pensieroso il più anziano.

    Piano di sotto.

    Morgan e il detective Spicer erano nella cucina insieme al figlio della vittima, un bambino dai capelli castani e riccioluti, uno sguardo vivace che ora era segnato dalla paura.
    Morgan lo guardava di continuo, Spicer, come se il lui trovasse le risposte che Cameron non voleva dargli, aveva detto che ci sarebbe dovuto arrivare da solo, ma in quel momento non riusciva a collegare le due persone. Un ex fidanzato? Quell'idea non gli piaceva affatto, non li vedeva bene insieme. Lui era troppo grande per lei, decisamente non era il suo tipo.
    Lui e il bambino erano seduti con le braccia poggiate sul tavolo mentre Spicer era in piedi vicino alla finestra, Morgan fece segno con la testa al giocattolo del bambino -che cos'hai lì?è un robot?
    - E’ un mostro - rispose lui correggendolo, quasi offeso.
    - Un mostro eh.. e che cosa fa?
    - Ti protegge vero? - lo precedette Spicer – Morgan alzò lo sguardo su di lui “lascia parlare il ragazzino” pensò tra sè.
    - Tiene lontano quell'uomo – disse quella voce innocente.
    - Sei riuscito a dare un'occhiata a quell'uomo? – domandò Morgan.
    - O era troppo buio sotto il letto? – anticipò ancora una volta Spicer - Derek lo fulminò con gli occhi, che diavolo stava facendo? Era lui il profiler!
    Il ragazzino abbassò lo sguardo, dopo poco cominciò a parlare.
    - Mi ha spostato verso l’armadio e mamma mi ha detto di chiudere gli occhi.
    - Ti dispiace farmi vedere come hai fatto? – gli chiese gentilmente Derek.
    Il bambino si mise le mani agli occhi come risposta.
    - Quindi non l’hai proprio visto? – domandò Spicer - una volta che se n è andato cos hai fatto? Ti sei nascosto di nuovo sotto il letto?
    - Non volevo lasciarla sola – disse il piccolo con quasi un senso di colpa.
    - Ma eri spaventato –Spicer gli mise un braccio intorno alle spalle – senti, Carter, hai per caso uno zaino, da riempire con delle cose da portare a casa di tua cugina?
    - E’ nella mia stanza.
    - Mi accompagni? – gli chiese.
    - Certo! –si alzò dal tavolo e cominciò a salire le scale insieme al detective che però venne fermato per un braccio da Derek che gli parlò a sottovoce.
    - Sono contento quanto te che il ragazzo non abbia visto niente ma questo non ci sarà di nessun aiuto.
    - Ma coprendosi gli occhi in quel modo non si è potuto coprire le orecchie – così superò Derek e seguì il ragazzo già avanti a lui.

    Continua...


    Edited by robin89 - 5/10/2011, 18:35
     
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  5. robin89
     
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    Capitolo IV

    Dipartimento Los Angeles, sala riunioni.

    Leane, Morgan, Spencer e JJ erano seduti a fianco a Hotch nell'ufficio davanti al tabellone con le foto delle vittime, mentre Rossi ed Emily erano in piedi dietro la scrivania che regnava in mezzo alla stanza.
    - Forzare un ragazzo a vedere è un atto chiaramente sadico - cominciò Hotch rivolto alla schiera di poliziotti davanti a lui che ascoltavano in silenzio - gli ha distrutto l'innocenza e gli ha portato via la sua infanzia, è probabile che questo rispecchi un ‘esperienza analoga del soggetto ignoto.
    - E’una specie di giustificazione quello che sta facendo? – chiese uno di loro a braccia conserte.
    Hotch lo fulminò con un’occhiata - Non ci sono scuse per quello che sta facendo.
    –Non stiamo giustificando nulla – intervenì Rossi – tutto quello che fa, che dice, ci rivela che cosa lo spinge ad agire, tutto qui.
    - L'ortografia del messaggio che ci ha lasciato era sbagliata, questo ci rivela che non è molto istruito – aggiunse Emily.
    Un altro poliziotto fece per parlare – perché ne ha lasciato uno proprio ora?
    - È una cosa che non sappiamo, per ora – rispose Morgan.
    - Solo perché le sue aggressioni più recenti si sono verificate a Los Angeles non significa che sia una persona del luogo – riprese Rossi – uccidere nell’oscurità è un dovere per lui, crediamo per questo che sia tornato a Los Angeles.
    Ora fu il turno di Leane - questo e la sua propensione a uccidere gente a caso ci rivela che è un criminale opportunistico ed è un criminale incredibilmente difficile da prevedere..
    - …e come già sapete i blackout programmati sono stati annunciati per far si’ che i residenti siano preparati alle poche ore in cui rimarranno al buio – continuò Morgan - sfortunatamente tutto ciò permette all’assassino di sapere quali finestre saranno aperte e quali allarmi saranno disattivati.
    - L'oscurità è la sua firma – affermò Rossi.
    JJ annuì e prese la parola - la stampa lo ha soprannominato “il principe dell’oscurità”.
    - Tutto ciò alimenta il suo ego – disse Emily.
    - Una volta che scopriremo perché gli serve l'oscurità, lo troveremo – concluse serio Hotch.

    **

    Spicer era insieme a Morgan, una giornata tremendamente calda, avevano il compito di riaccompagnare Carter a casa della zia, il profiler fermò la macchina e così scese il detective con il ragazzino. I due attraversarono il giardino mano a mano mentre Derek lo aspettava appoggiato al SUV.
    - E se tornasse di nuovo? – il bambino si fermò davanti alla porta di casa. Spicer si inginocchiò guardandolo negli occhi.
    - Non lo farà, non può più farti del male.. okay?
    - Come fai a saperlo? Non l'hai ancora preso – disse quasi arrabbiato.
    -Hai ragione – ammise lui – ma lo troverò.
    Il bambino continuava a tenere gli occhi bassi, con un’espressione delusa e arrabbiata.
    - Avrebbe dovuto saperlo.
    - Chi? Tua madre? – domandò lui.
    - Ha cercato di lottare ma lui aveva una pistola. Perchè lo ha fatto?
    - Beh, voleva proteggerti, Carter. L'uomo che ha fatto questo è davvero cattivo. Lo troverò, te lo prometto – gli toccò la spalla con la mano..

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    Derek li osservava da lontano, squillò il suo telefono in quel momento, lo prese e rispose senza togliere lo sguardo da loro.
    - Sì Prentiss, qual'è il piano?
    - I blackout controllati sono ancora previsti per stanotte.
    - E in che modo hanno intenzione di perlustrare la zona?
    - Con il numero di chiamate che stanno ricevendo, sono già arrivati al limite.
    - Beh allora dovranno cancellarli.
    - E’ proprio questo il punto. Se lo fanno l'intera città rischia di rimanere al buio, se le centrali si sovraccaricano.
    - Già hai ragione, non funzionerebbe. A Los Angeles la polizia è sovrastata di diecimila a uno. Va bene, tienimi informato.
    Richiuse la chiamata e vide Spicer tornare da lui senza il bambino.
    - Le hai detto che domani dovremo parlare di nuovo con Carter? – gli domandò Morgan mentre entravano in macchina.
    -Non ricorderà nulla – rispose lui sicuro.
    -Abbiamo dei riferimenti psicologici, cose che potrebbero aiutarlo a ricordare – ribattè lui.
    -Vuoi fargli rivivere la scena? – chiese quasi scocciato.
    – Se può aiutarci a catturare questo tizio sì!
    Spicer scosse la testa – lo hai visto, è debole, vulnerabile, non c'è niente che avrebbe potuto fare ma continua a sentirsi in colpa.
    - Sai una cosa? Carter non ha lasciato trasparire nulla di tutto questo, come fai a saperlo?
    Spicer serrò la mascella, voltò il viso da una parte all'altra poi lo fermò sul finestrino davanti a sè - perché quando ero piccolo ho perso i miei genitori.
    Derek si tolse gli occhiali da sole - come?
    - Un pirata della strada, ubriaco.
    - E tu eri in macchina con loro?
    - No.
    - Beh..sembra che tu ne abbia un'immagine, come se ci fossi stato - affermò Derek con decisione.
    - Forse perché l'ho immaginato migliaia di volte. I miei genitori, stavano correndo a casa perché ero malato, sai – abbassò gli occhi e li rialzò su di se’ - se non fossero andati di corsa, non sarebbero passati da quell'incrocio e non ci sarebbe stato l'incidente.
    Derek lo osservava, con uno sguardo incuriosito e come qualcuno di chi comprende.
    - Io ho perso mio padre quando avevo nove anni, gli hanno sparato davanti ai miei occhi, non potevo fare niente. Così ho scelto di vederla in questo modo: tutti abbiamo delle persone nella nostra vita, alcune sono buone, altre cattive, ma condizionano la nostra vita detective. Per questo porta quel distintivo, ed è il motivo per cui siamo seduti su quest’auto.
    Scese il silenzio dopo quella frase, entrambi senza più parole per quella situazione, poi Derek decise di cambiare discorso.
    - Spicer, posso chiederti una cosa?
    - Certo – lui alzò le spalle.
    - Come conosci Cameron?
    - Non te l'ha detto, vero?
    - No. Mi ha solo detto che siete vecchi amici.
    Spicer sorrise - tu sei il suo migliore amico, vero?
    - Come lo sai? – chiese accigliandosi all’improvviso.
    - Lei mi parla sempre di te, so che fai tutto per proteggerla e per tenerla a bada. Se Ronnie non ti ha detto niente è meglio che lasci perdere, ha bisogno di tempo per fidarsi delle persone e credo che tu sia uno dei pochi. Quando vorrà te lo racconterà.
    Fu in quel momento che Derek collegò il rapporto dei due, era lui il poliziotto che l’aveva aiutata quando erano morti i genitori! Si diede dello stupido per non esserci arrivato prima.
    - Beh qualcosa mi ha raccontato – gli disse, lasciando il discorso a metà.
    - Lo sai che prima di venire in America abitava in Spagna, no? Il padre è di Los Angeles, i genitori vennero uccisi da un serial killer mentre lei non era in casa. Io l'ho trovata quella stessa notte in mezzo alla strada, aveva 15 anni all’epoca. Sai lei era – tentennò per capire quanto doveva rivelare – era una tossicodipendente, quella notte è stata aggredita da due uomini..che hanno abusato di lei e quando l’ho trovata stava andando in overdose. È stata in coma per qualche giorno, e quando si è ripresa mi sono preso l’impegno di aiutarla, non aveva più nessuno e l’ho portata a casa mia. L’ho mandata in un centro per tossicodipendenti e una volta pulita ha cominciato a lavorare in una comunità per aiutare ragazze come lei e poi..diciamo che frequentando il mio mondo, si è innamorata anche del vostro. E ora è lì da voi.
    Derek ascoltava, attento e concentrato immaginandosi il racconto come un film, sentì quasi una stretta allo stomaco nel sentire quei particolari di cui non era a conoscenza, non sapeva che lei fosse stata dipendente dalla droga. Provò una grande riconoscenza nei suoi confronti, per averla fatta diventare com’era adesso, per averle dato un’altra vita. Riflettè ancora tra sè e sè, mentre in macchina era sceso di nuovo il silenzio, provocato dalla drammaticità di quel passato. Capì adesso perché a fine mese prendeva gli stessi giorni di ferie, non diceva mai dove andava e ora tutti i piccoli tasselli andavano al loro posto, lei andava Los Angeles a trovare quello che considerava suo padre.
    Spicer si girò a guardare il profiler silenzioso -Questa conversazione non c'è mai stata.
    - Ci puoi contare. E.. grazie.
    - Per cosa?
    - Per averle salvato la vita.


    Continua...

    Edited by robin89 - 5/10/2011, 18:35
     
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    Capitolo V

    Cameron era seduta nell'ufficio insieme al resto della squadra e al detective Kurzbard, si stava rigirando i capelli con la mano destra e con l'altra si rigirava la penna fra le dita, con la coda dell’occhio vide arrivare Derek e Spicer, mancavano solo loro alla riunione, la divertiva vedere il suo amico in versione amante geloso, la faceva sentire ancora di più una bambina intoccabile.
    I due entrarono nella stanza, Cameron scambiò un’occhiata con entrambi e poi si girò nuovamente, la faceva sorridere vederli insieme. Ora non mancava più nessuno, Hotch girò il computer verso loro e sullo schermo apparve una colorata Garcia.
    - Okay – disse la rossa con espressione allarmata - sedetevi tutti quanti perché sto per sconvolgere il vostro mondo, ed è una cosa che non gradisco per niente. Ho fatto ricerche e indagini ed avevate pienamente ragione, questo tizio è in azione da sempre, non c'è luogo dove non sia stato negli ultimi 37 anni. Davvero, ogni singolo Stato, beh almeno i 48 sul continente. Se volete la mia opinione penso che questo sia il peggiore che abbia mai visto e di cose ne abbiamo viste parecchie – disse tutto d’un fiato.
    - Come hai collegato i casi? – le chiese Hotch.
    - Con tutti gli elementi che mi avete dato. È attratto dall’oscurità..appare durante un blackout, rapina, uccide e lascia un testimone…
    - Com’è riuscito a cavarsela? – domandò Kurzbard che stava al lato della stanza, viso segnato dalla stanchezza e mani sui fianchi.
    - Non colpisce mai due volte nella stessa città, a parte Los Angeles. Sono almeno 200 casi. Vi sto spedendo tutto quanto e fareste bene a ricaricare la stampante perché sembra abbia cominciato nell'estate del 1973 nella California meridionale.
    - Grazie a Dio la stampa non ha colto i collegamenti – affermò JJ a braccia conserte.
    - Sembra abbia iniziato in estate durante un blackout a San Diego, da lì è finito ad Orange County, poi si è trasferito a Los Angeles e da lì tutta la costa – continuò ad informare Garcia.
    - Ma perché è ritornato? E perché adesso? - chiese Derek alzando le spalle.
    Nessuno aveva la risposta.

    ***

    La sala riunioni si era svuotata, Cameron era ferma davanti alla cartina per osservare gli spostamenti dell’S.I. quando Derek le si avvicinò da dietro.
    - Ehi, a che stai pensando? – le chiese.
    Ronnie si girò un attimo a guardarlo, poi posò di nuovo gli occhi seri sulla cartina - è assurdo che in tutti questi anni non siano riusciti a collegare i casi, quante probabilità ci sono che esistano più di 200 S.I. che usano lo stesso modus operandi? Quante persone devono morire ancora prima che qualcuno se ne accorga! – lo scansò e uscì dalla stanza sotto lo sguardo torvo di Derek.

    Scena del crimine.

    Erano appena arrivati sul luogo dell'omicidio, un altro. Il principe delle tenebre aveva colpito ancora. Era notte fonda ed erano tutti estremamente stanchi.
    - La copertura dei media è stata davvero utile, i vicini erano in allerta e appena hanno sentito gli spari hanno chiamato la polizia – informò Kurzbard dopo essersi passato fra i capelli.
    - Ha lasciato un messaggio questa volta? – chiese Hotch.
    - Ha lasciato un neonato nell'armadio..
    - Un neonato – fece pensieroso Spicer - ci dev'essere per forza qualche significato.
    - Sì, ci sta provocando – gli rispose subito Derek girandosi verso di lui – lascia in vita testimoni che sono troppo piccoli per essere utili.
    - Ha ucciso queste due donne prima dei blackout programmati, in una zona ben illuminata, non ha niente a che vedere con gli altri casi - dedusse il detective in dibattito con il moro.
    - E’ accaduto di nuovo nella vostra divisione – suggerì Hotch – mettiamo che non sia una coincidenza.
    - Cosa vuol dire, voleva la nostra attenzione? – indugiò Spicer corrugando la fronte.
    - Di sicuro l'ha avuta , fidatevi, questo tizio è piuttosto unico – concluse Hotch.

    Dipartimento.

    Spicer teneva le mani sui fianchi e fissava un punto a caso davanti a lui mentre andava avanti e indietro nella stanza, Cameron lo guardava in modo preoccupato.
    – Ha iniziato 37 anni fa, la mia età, ha a che fare con me forse? – esclamò confuso e spaventato - Queste persone sono morte a causa mia?
    - Beh – parlò Spencer – due donne sono state uccise nella vostra divisione, nessun superstite, poi una coppia con la moglie lasciata viva come testimone, quindi una madre e lascia vivo il figlio, ora due coniugi. È uno schema, c’è un motivo se ha girato intorno a Los Angeles.
    - I primi due omicidi erano vicini qui a Los Angeles, Long Beach è al confine tra Los Angeles e Orange County – rispose il detective.
    - Dopo Long Beach dov’è andato? – chiese Hotch.
    - A Santa Monica.
    - Aspettate – interruppe Leane alzandosi in piedi - Matt la tua famiglia è di Santa Monica!
    - Si, è dove sono cresciuto, ma...
    Derek prese il fascicolo in mano e cominciò a leggere - Violazione di domicilio, rapina, doppio omicidio, Joe e Sylvia Spicer furono assassinati.
    Spicer si fermò immediatamente - È il nome dei miei genitori. Non ha senso mi faccia vedere- si fece dare il fascicolo e piano aprì la bocca contorcendo le sopracciglia – i miei genitori.. morirono in un incidente d’auto, un pirata ubriaco – disse incredulo a ciò che leggeva, non capiva più niente, la realtà in cui era cresciuto si stava sgretolando davanti a lui come un pugno di sabbia.
    - Chi glielo disse? – domandò Hotch.
    - I miei nonni.
    - Forse i tuoi nonni pensavano di proteggerti, sei stato il primo bambino che lasciò in vita – Leane diede voce alla verità che ormai non potevano ignorare – era in piedi e si era avvicinata a lui.
    - È stato su tutti i notiziari in questi anni, questo tizio sa chi è lei – intervenne Emily.
    Spicer si allontanò in un angolo e si mise le mani in testa - è pazzesco.
    - Questo tizio la sta provocando – continuò Derek - ha lasciato vivo un ragazzino e ora un neonato, vuole che sappia che è lui.
    - Come posso saperlo?
    Hotch alzò lo sguardo dal fascicolo verso di lui - Lo sapeva, nel profondo del cuore, ma ha subito un grave trauma da bambino, ha creduto alla storia perché era più facile.

    jpg

    Ufficio detective.

    Cameron stava un passo davanti Spicer quando entrarono nella stanza da soli. Adesso era lei che doveva aiutare lui e lo avrebbe fatto nel migliore dei modi.
    - Andiamo Ronnie, è successo 37 anni fa. Che cosa può uscirne di utile?
    - Non sei obbligato Matt, ma è utile – gli assicurò sedendosi e indicandogli la sedia davanti a lei.
    - E’ tipo ipnosi o roba simile? – domandò lui prendendo posto.
    - No, cercherò soltanto di far riemergere alcuni ricordi guidandoti attraverso fatti accaduti quella notte – gli diede una pacca sul braccio e sorrise - andrà tutto bene.
    - Okay – sospirò lui.
    Cameron lo guardò attentamente, quando credette che fosse il momento giusto iniziò, porgendosi verso di lui.
    - Chiudi gli occhi… era luglio e faceva caldo, le finestre erano aperte?
    - Sì, c'era un po’ di brezza.
    - Okay…cosa senti?
    - Niente.
    - Sicuro? Concentrati … annusa, ascolta.
    - Sì, mio nonno mi sveglia e mi dice dell’incidente ….
    - Okay okay aspetta, seguimi. Allora, c'era un po’ di brezza..che odore senti?
    - Sul serio?
    - Sì Matt, provaci, fidati di me…
    - Non lo so’,l’odore dell’oceano, il profumo di mia madre…sigarette?
    - Senti odore di sigarette?
    - Sì, è strano..
    - Tuo nonno fumava?
    - Mai…
    - Pensaci bene allora, chi era?
    - Ciao.. Ha detto “ciao” – disse con una smorfia del viso.
    - È stato il suo primo messaggio - affermò Ronnie - Cosa sta facendo?
    Spicer cominciò ad agitarsi - Mi trascina, sento piangere la mia sorellina. Sento mio padre. Urla. “Vai via di qui! Non toccarmi, figlio di p****** “ Ha ucciso mio padre! ”per favore non fare del male ai bambini ….” Non riesco a vedere la sua faccia …. “prendi me”.. è troppo buio … lo sta supplicando …”per favore non far loro del male”…. Non riesco..non riesco a vedere..solo … mi dispiace..non riesco.. – aprì gli occhi all’improvviso come dopo aver visto la cosa più terribile della sua vita.
    Cameron gli prese un braccio e cercò di calmarlo – ehi! Ehi! Guardami Matt! – gli scosse il braccio finchè lui non girò il viso sul suo e si guardarono negli occhi - basta così, sei stato bravissimo..
    - Okay – Spicer annuì, sospirò e riprese a respirare normalmente lasciandosi scivolare via l’adrenalina, riprese controllo della realtà in cui era adesso ancora un pò confuso – perché lo sta facendo? – domandò con una nota di tristezza.
    - Lascia dei superstiti in modo che non possano dimenticarlo, e con te è andato oltre, crede di averti trasformato nell’eroe della città, se i tuoi genitori non fossero stati uccisi – era l’ultima cosa che avrebbe voluto dire e tentennò prima di finire la frase - non saresti mai diventato un detective.
    Quelle parole lo punsero come dei chiodi.
    - Matt mi dispiace io.. devo aiutarti in questo modo, devo dirti la verità e non vorrei, io… - poggiò la schiena sulla sedia e si passò una mano sul viso – tutta questa storia è assurda ma..
    - Ronnie calmati – si alzò e le si accostò di fianco con una mano sulla spalla – non è colpa tua, tu mi stai solo aiutando a ricordare e ci sei riuscita, l’obiettivo è prenderlo, no?
    - Sì però, è tutto così ingiusto..non meritavi tutto questo – riuscì a riassumere i suoi pensieri in quella frase, vedere l’uomo che le aveva salvato la vita regalandogliene una nuova essere vittima di un serial killer mandava in tilt tutto il suo mondo magico e protetto che si era creata nella sua vita con lui, e l’unico modo per aiutarlo e per prendere l’assassino era scavare in una verità che faceva male.
    - Come faceva a saperlo? – le chiese Spicer distogliendola dai suoi pensieri.
    - La stampa ha raccontato la sua storia, lui non ne fa parte e ora vuole quel riconoscimento.
    - Come ci riuscirà?
    Cameron prese la foto sulla scrivania che ritraeva la sorella di Spicer e la figlia Ellie, cercò di non far vedere quanto la mano stesse tremando di paura nel sentir affiorare dentro di sé una brutta sensazione che la colpì all’improvviso – dove sono adesso?
    - A casa di mia sorella.

    Continua...

    Edited by robin89 - 5/10/2011, 18:36
     
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    Capitolo VI

    Cameron era alla guida del SUV con Spicer a fianco a lei quando squillò il telefono.
    - Dove state andando? - le chiese Hotch quando lei rispose.
    -Stiamo provando a casa di Kristin, la sorella di Spicer, credo che siano loro l’obbiettivo, è una questione personale con lui.
    - Qual è il suo indirizzo?
    - 1720 Sheridan.
    - Okay..ci vediamo lì, vi mando rinforzi aspettate il loro arrivo.
    - Rievuto.
    Chiuse la chiamata e ripose il telefono in un angolo ritornando a guardare la strada buia, poi si rivolse a Spicer con una voce che nascondeva a stento le sue preoccupazioni – era Hotch, stanno arrivando e ci mandano rinforzi.
    Spicer non disse niente, la tensione costringeva entrambi a non proferire parola e Cameron si sforzava di mantenere la calma e il sangue freddo, tenendo fisso lo sguardo sulla strada, sperava che quello che le era venuto in mente non si fosse già realizzato, o che fosse solo frutto di una sua innata paura, che si stesse sbagliando, che avevano sbagliato tutto e che l’S.I. non ce l’aveva con Spicer. Non riusciva neanche a pensare che un altro serial killer le potesse portare via la sua famiglia, la sua prima vera famiglia, era assurdo, gli avrebbe distrutto la vita e non credeva sarebbe riuscita a sopportarlo. Scacciò i suoi pensieri quando sentì la voce di Spicer, anche lui teso come una corda di violino e come l’aria dentro la macchina.
    - Ronnie, stai calma..andrà tutto bene.
    Lei inghiottì e strinse le mani sul volante – se fa del male a qualcuno di loro..Matt..
    - Non succederà – cercò di tranquillizzare quella che per lui era come figlia nata già grande, l’unico modo per non pensare al peggio era dare a lei le speranze che lui faticava a trovare, c’era sua sorella e sua figlia in pericolo e il suo cuore batteva fin troppo forte.

    Nel frattempo, Emily, nel SUV insieme ad Hotch, si mise in contatto con Reid, che era nell’altra macchina con Morgan.
    Si portò il telefono all’orecchio e con tono preoccupato disse – Reid, siamo bloccati nel traffico, manca la luce.
    - Sì anche qui, credo sia esteso a tutta la città.
    - C'è Cameron sull'altra linea – s'intromise Hotch - è con Spicer e l’incontreremo a casa di Kristin, raggiungeteli al 1720 Sheridan.
    - Okay - annuì il ragazzo - con una popolazione di otto milioni di abitanti è solo una questione di tempo che la ricezione dei telefoni venga ….
    Apparve una scritta sul telefono di tutti. CHIAMATA PERSA.

    - Reid?? Ci sei? Reid?... oh fantastico! – esclamò Emily mentre roteava gli occhi spazientiti.

    Appartamento Kristin.

    Ronnie e il detective scesero dalla macchina in silenzio, sfoderando entrambi le pistole restarono leggermente chinati con la schiena. Era notte e intorno a loro il buio era rischiarato dei raggi della luna.
    - Matt - sussurrò Ron – sta’ fermo qui, dobbiamo aspettare i rinforzi – gli ordinò vedendolo avanzare troppo.
    - Non abbiamo tempo Ron. C’è una porta sul retro. La controllo io, tu vai in quella principale. Ci vediamo dentro.
    Ronnie non fece in tempo a ribattere, lui si era diretto oltre il giardino e Cameron dovette affrettarsi a raggiungere la sua postazione.
    Si avvicinò lentamente alla porta di mogano e l’aprì con le due forcine che teneva sempre con se’.
    Tutte le luci erano spente, c’era silenzio e si sentiva odore di candele, la casa era illuminata solo da esse e un brivido scosse la sua schiena con una sgradevole sensazione. Ronnie si mosse lentamente, puntando la pistola in ogni angolo con movimenti delle braccia veloci e trattenendo il fiato ogni volta che fissava un punto. Dopo essere entrata in tutte le stanze del primo piano si avvicinò alle scale, tenendo la schiena al muro e salendo i gradini di lato. L'odore di candele si fece più forte dando un’atmosfera cimiteriale, quasi densa. Seguì la scia di candele aprendo una ad una le stanze prima di arrivare all'ultima infondo al corridoio, impugnò la pistola ancora più forte, le mani sudavano e la pistola le scivolava, si chiese dove fosse finito Spicer.
    Spinse la porta con una mano fino a spalancarla piano, entrò nella stanza anch’essa illuminata dalle candele poggiate sul comò e per terra, fece in tempo a vedere due sagome in piedi, accanto alla finestra, quando qualcosa di duro la colpì facendola cadere sul pavimento con un tonfo.

    Era seduta per terra accanto ai piedi del letto, mani e caviglie erano legate con un nastro adesivo così stretto da farle venire il prurito, un dolore acuto le martellava la tempia e del sangue scorreva lungo una guancia. Le sagome che vide cercando di metterle a fuoco erano sfocate e doppie, almeno per i primi secondi, sbattè le palpebre più volte e scosse la testa, la stanza sembrava girarle intorno e un senso di nausea la opprimeva.
    Davanti a lei, in piedi, Spicer puntava la pistola contro l'S.I., quest’ultimo teneva Kristin di fianco a se legata mani e piedi mantenendola in piedi con un braccio intorno alla vita, nella mano una pistola e appena poggiato a lui stava Ellie, la tratteneva con il braccio sinistro intorno alle spalle.
    Spicer inghiottì - Prendi me.
    - Matt! – esclamò Cameron, guardando ora lui ora la sua famiglia nelle mani dell’S.I., cercò di mettersi con la schiena dritta poggiandola al letto.
    Si stava avverando tutto.
    - Papa’, aiuto… - disse Ellie cominciando a piangere.
    Spicer volse lo sguardo verso di lei - Lasciala - supplicò.
    - Prima tu..butta la pistola – la sua voce era quasi cavernosa, degna della sua stazza massiccia e si poteva vedere il giallo dei denti anche da lontano.
    - Per favore papa’. Ascoltalo – continuò Ellie terrorizzata.
    - No Matt non ascoltarlo! - intervenne Leane - Non uccide i bambini e lo sai benissimo anche tu!
    - Sicura? - l'S.I. voltò gli occhi verso il viso sanguinante di Ron, quasi sfottendola. Lei lo ignorò, concentrandosi sul detective. Poi l’S.I. tornò su di lui, sorridendo.
    - Mettila giù Matt, è così facile. Mettila giù o lei morirà - fece un cenno col viso a Ellie aumentando la presa intorno al collo, facendola singhiozzare.
    - Ronnie aiuto.. – pianse la piccola.
    - Lei non può fare niente, mi dispiace – le rispose lui.
    - Fai del male a qualcuno di loro e sei morto figlio di puttana.
    - Penso che ci divertiremo – disse ancora con quel sorriso ironico e malvagio su di lei – forza detective, mettila giù – aumentò la presa su Ellie che tirò la testa indietro.
    - Per favore papà! Papa’ ..papa’ mi sta soffocando! Non riesco a respirare…
    - Non farlo! - gridò Cameron girata su Spicer- sei molto più forte di lui! Non le farà del male a meno che non ti arrendi! Ascoltami!

    - Metti giù la pistola, hai perso.
    - Ti ucciderà Matt! Vuole avere il controllo su di te, non gli importa se lo fai o no! Sparagli!
    - Papa’..mi fa male… papa’..papa’! – tossì Ellie. Al suo fianco Kristin era in preda ad una crisi di pianto isterico.
    Cameron guardava immobile Spicer, in attesa di una sua mossa che tardava ad arrivare, sembrava si fosse fermato il tempo mentre Spicer ed Ellie si guardavano a vicenda, scambiandosi un addio.
    Lentamente alzò le mani e chinandosi posò la pistola ai suoi piedi. Cameron si agitò disperatamente cercando di liberarsi, ma era impossibile.
    - Che fai! – gridò arrabbiata - riprendila subito! RIPRENDILA!
    L'S.I. li aveva tutti in pugno, aveva vinto lui e li guardava divertito, assaporando tutta la drammatica scena con goduria.
    - In ginocchio - ordinò a Spicer.
    Lui obbedì, lentamente, senza togliere lo sguardo da Ellie.
    Cameron trattenne un nodo alla gola, il suo petto si gonfiava e si abbassava ritmicamente sotto i respiri pesanti, dettati dalla disperazione e dall’impotenza di non poter fare niente - Matt non farlo – gli supplicò - Non farlo ti prego..
    - Tua sorella è diventata molto carina. – l’S.I. accennò col viso a Kristin - L'ultima volta che l'ho vista era una cosina tanto piccolina. Comunque, non come tua madre, si agitava così tanto nel letto..
    - Va’ all'inferno. – gli disse Matt in ginocchio.
    - Alzati immediatamente! Alzati! – continuò a pesuaderlo Cameron - Alzati Matt!! Forza!
    - Credi che mi ricorderanno adesso? – domandò l'S.I..
    - Mi hai distrutto. – rispose Spicer - È questo quello che volevi sentire?
    Lui fece aria pensierosa prima di parlare - Beh..sì …va’ meglio – annuì.
    Spicer si girò per la prima volta verso Cameron, incontrando due occhi rigati di lacrime.
    - Ehi Cameron, promettimi che starà bene..
    - NO! – gli gridò decisa.
    - Forza, promettiglielo! – fu Kristin a parlare per la prima volta, anche lei con la voce rotta dal pianto, ma decisa e quasi arrabbiata.
    - Promettimelo Cameron - Spicer e Leane continuavano a guardarsi, quasi sfidandosi, con lo sguardo dolce di lui e quello determinato di lei.
    - Okay ..te lo prometto – si arrese infine, sputando quelle parole che odiava solo perché costretta.
    Matt si voltò a guardare la figlia che piangeva - Ti voglio bene Ellie.
    - Matt che diavolo stai facendo!! – urlò Cameron, poi si rivolse all'S.I. - Prendi me bastardo! Prendi me! Lascia andare loro e uccidimi!
    Ma lui la ignorò, aveva già il suo bottino - Bravo ragazzo – lasciò cadere Kristin per terra che venne affiancata da Ellie in lacrime.
    Spicer chiuse gli occhi mentre l’uomo si avvicinava a lui, andandogli di fianco, poi li riaprì quando non sentì più i suoi passi e si voltò verso Leane con uno sguardo così dolce che tradiva il suo addio.
    - Sei stata come una figlia per me, lo sai..
    Ronnie lo guardava disperata, senza voler credere a quell'incubo, piangeva quasi in silenzio, costretta solo a guardare, singhiozzò un paio di volte.
    - Per favore non lasciarmi.. sei tutto quello che ho…ti prego..- lo supplicò.
    - Ti voglio bene Ronnie.
    -Non lasciarmi! – in uno scatto d’ira spinse indietro la schiena e picchiò il legno del letto con la spalla con un tonfo.
    L’S.I. rise, poi gli puntò la pistola al cuore.
    - NO! Non farlo ti prego! Non farlo!
    - Ciao – disse rivolto a Spicer. Poi uno sparo e Cameron chiuse gli occhi.
    Matt si accasciò sul pavimento in un secondo, lasciando che il sangue circondasse il suo corpo.

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    L‘S.I. lasciò Kristen, svenuta sul pavimento, e si avvicinò a Cameron che con le mascelle serrate con forza e con il cuore che le sembrava avesse smesso di battere all’improvviso, cercava di non fissare il corpo di Spicer mentre dentro di se’ avrebbe voluto urlare e morire.
    L’uomo si chinò alla sua altezza lentamente, incontrando nella luce della candele i suoi occhi fermi che in quel momento, avrebbero fatto rabbrividire chiunque. Si fissarono per qualche secondo, in silenzio, poi prese la pistola e cominciò a carezzargli il viso con questa, accarezzandole tutto il suo profilo, dalla fronte al mento mentre lei continuava a fissarlo con odio.
    - Di solito non m'interessano i bambini. Ma questa è…speciale – sorrise indicando Ellie, impietrita accanto a Kristin.
    - Considerati morto. Schifoso figlio di puttana.
    - Questa è un'altra promessa? – l'alito che uscì dalla sua bocca disgustò Cameron, e denti così marci da sembrare d'oro.
    Continuarono a fissarsi in silenzio, come se lei volesse ucciderlo solo guardandolo, lui cominciò a far scendere la pistola dal collo verso il basso, disegnando tutto il profilo del suo corpo con estrema lentezza, poi allungò una mano e cominciò a slacciarle i bottoni dei jeans e la cerniera, dopo di che fece scendere la canna della pistola verso il suo punto più intimo, con la stessa lentezza di prima. Un brivido la pervase sentendo quell’oggetto così vicino a lei, il respiro si fece più veloce e profondo, dalla rabbia, dalla voglia di ucciderlo in quel momento, ma durante quel gioco perverso rimase di ghiaccio senza abbassare gli occhi da quelli di lui nemmeno per un istante. Provocandolo e sfidandolo.
    Fermò la pistola a metà della sua lunghezza, sorridendogli, poi la tolse, poco soddisfatto della reazione impassibile della ragazza.
    - Potrei scoparti in questo momento se lo volessi. – si avvicinò al suo orecchio - Decido io chi vive, e soprattutto, decido io chi muore - le sussurrò.
    Poi un altro colpo alla testa, e tutto ritornò buio.

    Continua...

    Criminal.Minds.S05E23.Our.Darkest.Hour.HDTV.XviD-FQM.%5BVTV%5D.avi1125

    Edited by robin89 - 5/10/2011, 18:37
     
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    CAPITOLO VI

    La stanza era silenziosa ma i raggi del sole cominciavano a rischiarare l’oscurità. Quando Morgan e Hotch videro il corpo di Spicer per terra, non osarono dire niente e si concentrarono sulle due ragazze a terra. Hotch era corso ad aiutare Kristin che respirava a fatica, come se qualcosa la stesse schiacciando, Derek pensò a Cameron che senza guardarlo si fece strappare lo scotch dai polsi e dalle caviglie. Una volta libera si mise in piedi lentamente, tentennando e sorretta dall’amico.
    - Cameron cos’è successo? – le chiese Derek.
    Lei spostò lo sguardo verso la porta, lo ignorò, lo scansò bruscamente colpendogli la spalla con la propria ed uscì dalla stanza senza rispondere. Derek la seguì con gli occhi, poi si voltò allarmato a guardare Hotch.
    Leane scese le scale come se avesse fretta, Emily era al centro della stanza e come vide Cameron le andò in contro.
    - Ronnie come stai? – le chiese preoccupata, ma contorse la fronte quando la collega dopo aver risposto un gelido – bene - la superò senza degnarla di uno sguardo.
    Fece qualche passo oltre Prentiss poi si fermò di colpo, colta da un capogiro improvviso vide la stanza girare e farsi sfocata e buia, riempirsi di tanti puntini, barcollò senza equilibrio cercando di aggrapparsi a qualcosa.
    - Derek! – urlò Emily, fece in tempo a sorreggerla per le spalle prima che cadesse.

    Gli occhi di Leane erano fissi sulla parete da qualche minuto, sembrava una bambola di porcellana, ma osservandola attentamente si poteva leggere la tristezza nel suo sguardo.
    Prentiss, Hotch, Morgan e Reid fissavano cupi l’espressione immobile di Cameron, seduta in un divanetto con un’infermiera di fianco, non era svenuta, ma Derek l’aveva presa in braccio e l’aveva fatta sdraiare di lì fino a riprendersi.
    - - Come sta? – chiese Hotch con un cenno all’infermiera.
    - Ha una commozione celebrale, dobbiamo metterle i punti e fare una TAC.. e deve riposare parecchio – rispose la donna mulatta.
    Hotch voltò lo sguardo sulla paziente, cercando di farle aprire bocca - Cameron cosa c'è negli appunti?
    - Ho chiesto a Kristin di dirmi tutto quello che ricordava su quel figlio di puttana.
    - Vado a parlare con lei – informò subito Prentiss, così li lasciò e raggiunse la strada dove lin ambulanza stavano portando via Kristin.

    - Maledizione! – sbottò Cameron contro l’infermiera che le tamponava la ferita - ci metta una stupida benda e mi lasci in pace!
    Reid inghiottì e abbassò lo sguardo, mentre gli altri si chiesero quanto ancora poteva reggere.
    Il detective Kurzbard raggiunse il team di profiler in quel momento, facendo voltare i presenti finchè si posizionò tra loro.
    - Spicer? – domandò a nessuno in particolare.
    - Abbiamo fatto più in fretta che potevamo – rispose Hotch scuotendo la testa, Ronnie girò il viso di lato.
    - Kristin? – continuò il detective diventato cupo.
    - E’ stata picchiata e violentata, che si è portato via Ellie già lo sai.
    – Perché diavolo non avete aspettato i rinforzi! - Kurzbard si girò verso Cameron sentenziando senza delicatezza - Che razza di agente sei!?
    - Ehi si calmi! Non è colpa di Leane! – gli ringhiò Derek.
    Ronnie inghiottì senza rispondere.
    Lui scosse la testa con le mani sui fianchi – avrei dovuto aspettarmelo da una come te! La tua reputazione non si smentisce mai!
    – Che gran bastardo! - si alzò in piedi con fare minaccioso - Chiuda subito quella maledetta boccaccia!!
    Hotch fu costretto ad avvicinarsi e mettersi tra i due, portò una mano sull’addome della ragazza per allontanarla. Lei, furiosa, gli afferrò quello stesso braccio stringendolo con tutta la rabbia che aveva in quel momento.
    - Se avessi fatto il tuo dovere tutto questo non sarebbe successo! – disse l’uomo con lo stesso tono avvelenato di prima.
    Subito Ronnie lasciò la presa su Hotch e cambiò espressione del viso, da arrabbiata e offesa, a colpita e affondata, come se le avesse appena detto una verità che la trafiggeva come una spada nel cuore.
    - Dimenticavo.. – continuò distogliendo gli occhi da lei - un'altra coppia è stata assassinata a un miglio da qui un'ora fa, i nostri ci stanno lavorando e siamo piuttosto sicuri che si tratti dello stesso uomo. Dov’è Matt? – chiese infine.
    Hotch gli fece segno di seguirlo e lo accompagnò per le scale.
    Cameron si sedette di nuovo, affondando nel divano, quell’aria da bambola sciupata si impossessò ancora di lei come una nuvola grigia che arrivava al’improvviso, lasciando i presenti in silenzio. Pochi istanti dopo si alzò e fece per uscire, ma prima si sistemò la pistola nella cintura.
    - Ron… - la chiamò Derek.
    Lei non rispose, continuando a imbragarsi la vita con le armi.
    - Sicura di stare bene? – intervenne Reid per la prima volta.
    - Reid. Sta’. Zitto.
    Il ragazzo si gelò. In quel momento entrò anche JJ e li raggiunse, fece un cenno rivolto verso Cameron e s’incupì osservando la ragazza compiere quei movimenti con decisione e rabbia senza alzare il viso.
    - Ancora niente su Ellie?
    A quella frase Cameron si fermò e alzò lo sguardo su di lei, fulminandola, Derek non l'aveva mai vista così fuori di sé, a JJ bastò quell’occhiata per tacere e girare gli occhi altrove.
    Ronnie si mosse per uscire dalla stanza, superò il tavolo e diede un calcio ad una sedia che intralciava il suo cammino, dopo di ché li superò senza proferire parola.
    JJ fece quasi un passo indietro quando le passò di fianco, sentendo solo l’aria che aveva spostato con il suo passaggio. Intuendo di aver sbagliato a porre quella domanda si girò verso Derek – stavo..solo..
    – Non è colpa tua – la rassicurò lui.

    Arrivata nel giardino si fermò al centro di questo e prese il telefono dalla tasca, premette uno dei tanti tasti e se lo portò all’orecchio.
    - Tesoro! Va tutto bene? Mi hai fatto preoccupare! Non prendevano i telefoni e…
    - GARCIA. ORA! – la interruppe spazientita.
    - Scusa – si zittì l’informatica.
    - Cerca un vecchio camper, la targa della California inizia con M D 3. Kristin ha visto solo questo e crede siano le prime tre lettere della targa.
    - Lo faccio subito.
    Ronnie richiuse la chiamata e sbuffò con una mano sulla fronte, si girò indietro sentendo dei passi avvicinarsi.
    - Certe volte non la sopporto - disse ad Hotch comparso alla sua destra, ora di fronte a lei.
    - Porta sempre a termine il proprio lavoro.
    - Beh non m’interessa – lo stizzì - oggi deve farlo in fretta.
    Hotch la scrutò perplesso, era nervosa, non più apatica come prima, come presa dall’ansia di dover fare qualcosa che ancora non poteva. Il fatto che l’S.I. fosse fuori con Ellie la faceva impazzire, non avevano niente in mano per fermarlo e l’unica cosa che lei desiderava in quel momento era saltare dentro al SUV e inseguirlo fino a ucciderlo, invece era costretta ad essere legata ai tempi e modi di indagine mentre dentro ribolliva, ogni secondo che passava senza lo straccio di un indizio le sembrava un’eternità.
    - Leane – incalzò Hotch - so’ che è l’ultima cosa che vorresti sentire in questo momento, ma devo estrometterti dal caso.
    - COSA? Stai scherzando forse?
    - Ho visto le foto con te e Spicer, e Kristin ed Ellie….
    - …non siamo qui per parlare delle foto ricordo – ringhiò lei.
    - Morgan mi ha detto qual è il vostro rapporto e non posso farti continuare un’indagine che adesso è una vendetta personale. Mi dispiace.
    - Ti dispiace? Hotch ma che cazzo stai dicendo! – strillò disperata portandosi entrambe le mani alla testa – non puoi farmi questo!
    - Cameron è impossibile che tu riesca ad essere obiettiva dopo quello che è successo, come faccio a….
    - …e per questo non ho il diritto di cercare il suo assassino? – lo interruppe - Hotch conosco quel figlio di puttana, ha iniziato una guerra con me dentro quella stanza e la finirà con me, con o senza di voi, mettitelo in testa! Se mi cacci dall’indagine lo cercherò da sola, ci puoi giurare!
    Come finì di urlargli in faccia, girò il viso dall’altra parte dimenticando quasi quell’isterismo diventando cupa. Incrociò le braccia e aspettò che Hotch dicesse qualcosa, la guardava cercando di prendere la decisione giusta.
    - Hotch – riprese con un tono diverso da prima – ha ucciso mio padre e ha preso mia sorella, sono un agente del FBI e voglio solo fare il mio lavoro, prendere un assassino, non posso solo perché il regolamento dice che sono troppo coinvolta? Che potrei fare qualcosa di inappropriato? Beh la farei lo stesso, e tu non eri coinvolto con Foyet? Cos’avresti fatto se ti avessero legato mentre lui andava da tua moglie? Lo so’ cosa è successo, anche se io non ero nella squadra. Siamo tutti troppo coinvolti nel momento in cui inizia un nuovo caso. Facciamo ogni giorno delle vendette personali, ogni volta che arrestiamo un serial killer.
    Si fermò e girò il viso, senza riuscire a trovare le parole giuste per continuare, o forse non ne aveva più.
    - Allora… mi butti fuori o no? – gli chiese guardando l’erba.
    - Ti tengo d’occhio – le disse, poi si allontanò facendole sentire nei passi il calpestio dell’erba schiacciata.
    Rimase ferma in quel punto, sentendo nel viso la brezza notturna di Los Angeles. Davanti a lei le luci delle ambulanze, dietro di lei l’ingresso di quella casa che le aveva cambiato la vita in una lunga notte, improvvisamente vedere quelle persone in un momento di silenzio e di calma fu come rendersi conto che quello che stava vivendo era reale, non un brutto sogno, intorno a lei agenti di polizia e della scientifica che andavano avanti e indietro, riportandola alla realtà, ma lei non vedeva e non sentiva nulla, tremava e sentiva la ragione abbandonarla, aveva in mente solo un’immagine, un suono e un pensiero, se solo non fossero entrati..
    Derek la raggiunse lentamente, osservando nel percorso del giardino quanto fossero persi gli occhi della sua migliore amica. Sembrava un cerbiatto che da solo, braccato dai cacciatori non sapeva più dove andare.
    Quando fu abbastanza vicino da poterla toccare, la prese per un polso delicatamente.
    - Vieni, ti prendo un bicchiere d’acqua, sei sotto shock – ma si fermò senza riuscire a fare un passo quando incontrò la resistenza della ragazza, lei aveva solo allungato il braccio tirato da lui ed era rimasta immobile sull’erba. Si voltò a guardarla.
    - Ron…. – fece un passo verso di lei che per la prima volta lo fissò in viso con occhi fermi e quasi terrorizzati.
    - L’ha ucciso davanti a me. Davanti a Ellie. Davanti alla sorella. – disse senza nessuna emozione - Mi ha detto, “ ti voglio bene Ronnie”… poi gli ha sparato, vedevo il sangue che si avvicinava fino a toccarmi, ma non capivo cos’era successo, forse non ho capito neanche ora, o non voglio capire - scosse la testa agitandosi di nuovo - non voglio sentire più quello sparo dentro la mia testa! Io gli ho detto di non entrare ma lui non mi ha ascoltato! L'ho pregato di non lasciarmi e invece l’ha fatto! Perché? Perché mi ha lasciato se ha detto che mi voleva bene?!
    - Ronnie…
    - Sono così stupida che sto aspettando che si alzi da quel lettino e che..
    Derek l’abbracciò subito zittendola, l’accompagnò contro il suo petto facendole poggiare la testa sulla sua spalla, carezzandole la schiena e la testa dietro la nuca, come piaceva a lei – non riesco neanche a piangere! – singhiozzò senza lacrime battendogli una mano arrabbiata sul fianco, non aveva risposto all’abbraccio dell’amico risultando piuttosto una marionetta senza vita.
    Derek la sentiva contro di sé tremare come una foglia, era bianca pallida e i suoi occhi non avevano più nessuna emozione, come se fossero di vetro, continuò a coccolarla e a stringerla a sé come fosse il suo pupazzo preferito.
    - Ronnie devi reagire, per favore – gli disse.
    La scostò piano da sè e gli prese il viso fra le mani, lei fissava per terra un punto lontano da Derek.
    - Devo trovare Ellie. Devo trovare Ellie e devo ucciderlo – disse gelida.
    - Cosa? Ronnie, promettimi di non fare stupidaggini.
    Lei alzò gli occhi, disperati e determinati, su quelli di lui.
    - Forza promettimelo Ronnie, lo prenderemo insieme.
    - Non ti prometto niente.

    Continua...

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    Edited by robin89 - 5/10/2011, 18:37
     
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    Capitolo VII

    Dipartimento di polizia.

    - Va bene, abbiamo un soggetto ignoto in pieno caos comportamentale. – disse Hotch entrando nella stanza attirando l'attenzione dei presenti.
    - Vale a dire? – domandò Kurzbard perplesso.
    - I criminali seriali, specialmente quelli che hanno successo a lungo termine non cambiano improvvisamente quello che fanno o come lo fanno. Dare la caccia ad un obiettivo ad alto rischio come un detective di polizia e poi rapire una bambina è abbastanza senza precedenti.
    - Abbastanza? - esclamò Cameron sollevando la testa improvvisamente, era appoggiata alla scrivania con braccia e gambe incrociate - degenerano quando sanno che si sta avvicinando la loro ora. E non è una bambina qualsiasi … è sua figlia – precisò - Dunque non sembra affatto degenerare. Ha solo cambiato obiettivo. Sta diventando più controllato.
    - Per tutta la vita ha ucciso vittime a caso poi improvvisamente va’ a cercare Spicer – Derek diede un’occhiata a Cameron prima di continuare - ricrea l'omicidio dei suoi genitori, lo attira in una trappola, lo uccide e prende sua figlia, lo spettro comportamentale è cambiato in maniera allarmante.
    Lo squillo del telefono di Leane interruppe la conversazione. Rispose alla chiamata e fece qualche passo in avanti – sì..
    - Ciao.. ehm, vorrei avere notizie migliori, ma non c'è nessun caravan nello stato della California con M D 3 sulla targa, mi dispiace.
    - Non me ne faccio niente delle tue scuse! – esclamò arrabbiata, chiuse il telefono e posò l’oggetto sul tavolo con poca delicatezza. Derek e gli altri si scambiarono un’occhiata e aspettarono qualche istante.
    - Garcia non ha trovato nulla sulla targa – informò lei dopo aver preso un lungo respiro.
    - Forse Kristin si è sbagliata – azzardò Emily - non c'è da stupirsi vista la sua situazione..
    - Quindi come accidenti lo troviamo?
    - Possiamo contattarlo – rispose Hotch a Ronnie.
    - Kristin in ambulanza si è ricordata che il soggetto ignoto ascolta incessantemente i giornali alla radio – lo interruppe Emily – ha smesso anche di violentarla quando parlavano del principe delle tenebre.
    - Ha senso per un narcisista - annuì Derek.
    - Oh no.. – esclamò JJ portandosi una mano alla tempia.
    - Cosa c è? – le chiese Hotch.
    - La polizia di Los Angeles ha appena dato tutte le informazioni che aveva. Stava parlando del caravan e di Ellie.
    - Quindi ora questo tizio sa esattamente quello che sappiamo noi – affermò cupo Rossi.
    Emily si torturava le mani congiunte - Questo potrebbe spingerlo ad abbandonare il caravan - ipotizzò.
    - O a uccidere – affermò gelida Cameron.
    - No..non credo – la contraddisse Rossi. Lei sollevò lo sguardo su di lui, dubbiosa.
    - Perchè no?
    - Avrebbe potuto uccidere te e la sorella, ma non l'ha fatto, vi ha tenuti in vita, non può essere sorpreso se sappiamo cosa guida e che ha un ostaggio.
    - L’unico motivo perché non mi ha uccisa è perché non ho mostrato paura e per poterlo ringraziare quando gli punterò la pistola sulla fronte – quell’affermazione detta in modo così deciso e freddo fece rabbrividire l’atmosfera, Hotch si girò verso Rossi dopo aver distolto lo sguardo torvo da lei.
    - Cosa ne pensate del sistema di allerta per le emergenze? Potremmo trasmettere su tutte le stazioni contemporaneamente.
    - E cosa dovremmo dirgli? – intervenne di nuovo Cameron con fare scocciato - "Per favore lascia andare Ellie, arrenditi, sta fermo dove sei che veniamo a prenderti"!? Non si fermerà certo per quattro chiacchiere per quanto persuasivi possiamo essere! Ci sta sfidando perché ha lasciato vivo un agente dell’FBI, figuriamoci se si arrende adesso!
    - Cosa proponi allora di aspettare al prossimo omicidio? – le rispose stizzito lui.
    Si fissavano nel silenzio che si era creato nella stanza, Cameron girò la faccia – okay, proviamoci e perdiamo tempo – si spostò dalla scrivania e se ne andò in bagno, seguita poco dopo da Emily che fece un cenno agli altri.
    Ronnie si fece una coda di cavallo e aprì il rubinetto, vi affondò le mani portandosi l’acqua gelida al viso, si sciacquò un paio di volte e prese la carta per asciugarsi. Restò qualche istante poggiata al muro portandosi una mano alla tempia, chiudeva gli occhi ed estraniandosi dalla realtà quella scena si ricreava nella sua mente..quelle parole e poi quello sparo, il corpo che cadeva senza vita, strinse gli occhi e si tappò le orecchie per non sentire.
    La porta si aprì delicatamente facendo entrare Emily, la richiuse piano e si avvicinò a lei che non si era voltata.
    - Ehi, tutto okay?
    - Sì, ho solo un po’ di mal di testa – le disse ancora in quella posizione.
    - Ci credo Ronnie, con quella ferita saresti dovuta stare a riposo. Da quanto tempo non mangi?
    - Da ieri a pranzo, Emily smettila di farmi da mamma, mi sono riempita di zucchero e caffè, mi basta questo.
    - Se continui così crollerai da un momento all’altro..
    - Beh non ho tempo per andare a farmi un’abbuffata mi dispiace.
    Vennero interrotte da Derek che dopo aver bussato si affacciò per informarle, tentennò prima di parlare osservando Ronnie.
    - Un ragazzo dice di essere sfuggito al principe delle tenebre, ha svegliato tutti i vicini. Dice che sono ancora a casa sua.
    - Sono? – ripeté Cameron.
    - Sì, c'è anche una ragazzina con lui.
    Leane superò Prentiss a passi svelti ed uscì dal bagno, lasciandoli interdetti scambiarsi uno sguardo preoccupato.

    Il viaggio in macchina era stato estremamente silenzioso, nessuno osava rivolgerle la parola e nessuno voleva parlare di quello che li aspettava, cercavano solo di arrivare in fretta.
    Era metà mattina e arrivarono sul posto tutti piuttosto nervosi e ansiosi di far finire quell’incubo il più in fretta possibile, l’aria tesa si tagliava con il coltello, specialmente intorno a Cameron.
    - I vicini si erano uniti per andare a cercarlo – informò Kurzbard attraversando il giardino per arrivare davanti all’ingresso - la prima pattuglia è arrivata circa cinque minuti dopo la chiamata, il comandante locale ha isolato una griglia di 15 km quadrati e c è un avviso di ricerca per la vettura – concluse.
    - Dì ai tuoi agenti di non avvicinarsi a lui, se lo individuano è pronto a tutto – lo avvertì Cameron.
    - Non sarà facile con uno che ha ucciso un poliziotto, saranno loro pronti a tutto – ribatté lui.
    - Allora chiedigli come si sentirebbero se la figlia di quel poliziotto venisse uccisa – lo superò ed entrò dentro l’appartamento.

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    I profiler cominciarono a ispezionare la casa in lungo e in largo dividendosi nelle stanze finchè la voce di Derek fece voltare su di lui Hotch, Leane, Rossi e Kurzbard.
    - Ecco come riesce a stare sveglio - prese un giornale da un mobiletto – guardate quest'articolo su Spicer, e guardate cosa è sottolineato – lo passò ad Hotch che lesse a voce alta - “una figlia solare e vivace di 8 anni, Ellie”.
    In rosso c'era una freccia che indicava una scritta fatta con una matita rossa: “questa è davvero speciale.”
    - Di solito non sono attirato dai bambini ma questa è davvero speciale - sussurrò Cameron come se parlasse a sé stessa.
    - Cosa? – si accigliò Hotch.
    - È quello che ha detto quando eravamo in casa, è sempre stata Ellie il suo obiettivo non Spicer, non aveva senso che non l'avesse uccisa se non stava cercando lei.
    - Ce ne sono un mucchio come questi nel camper. Reid li sta leggendo adesso. – informò Emily che li aveva raggiunti dal retro.
    - Noi avevamo pensato che avesse una fissazione per lui dovuta al fatto che la sua carriera non era stata riconosciuta, forse voleva che la figlia fosse riconosciuta come speciale – ipotizzò Derek alzando le spalle - Si sente responsabile per lei.
    - Infatti Ellie non sarebbe nemmeno qui se lui non lo avesse lascito vivo 37 anni fa – aggiunse Kurzbard.
    - Una versione corrotta di nonno – affermò Hotch.
    - Decisamente corrotta, deve avere senso solo per lui. E quando una fissazione crolla, è devastante – finì cupo Derek.
    L’ispezione della casa continuò, Cameron era in un angolo del salotto, si era isolata dal resto della conversazione e del gruppo, cercava di entrare nella testa dell’S.I., di pensare come lui, di mettersi nei suoi panni, di diventare per un attimo una serial killer. “Cosa farei se fossi in lui, cosa farei adesso al suo posto?” continuava a ripetersi.
    - Ragazzi… - JJ rientrava in quel momento col telefono in mano, prima guardò Cameron che la ignorò, timorosa della sua reazione a quello che stava per dire JJ tentennò con la voce – Kristin è morta dieci minuti fa.. tutti e due i polmoni sono collassati.
    Cameron uscì dal retro immediatamente, seguita con gli occhi degli altri dicendo che doveva prendere un po’ d'aria, nessuno la seguì, neanche Derek che venne fermato da Hotch con una mano sul braccio, era meglio lasciarla in pace.
    Il capo squadra si girò verso i presenti facendo il punto della situazione - Okay, sappiamo che è rinchiuso in 15 km quadrati e se ascolta la radio di sicuro lo sa anche lui, o se ne accorgerà presto, è giorno e se ha intenzione di continuare a uccidere al buio deve trovare un nascondiglio fino a stanotte con il rischio che venga riconosciuta la macchina..è in piena fuga e confusione mentale questo potrebbe fargli cambiare i piani …
    - ..se sa che sta per finire tutto – lo interruppe Emily - il suo unico obiettivo adesso è quello di organizzare la sua fine … ma dove andrebbe?
    - Aspettate – s’intromise Kurzbard – la casa di Spicer credo si trovi nel raggio dei 15 km..
    Derek prese immediatamente il telefono e chiamò Garcia.
    - Agli ordini!
    - Ascoltami bene bambolina. Hai già le coordinate di dove ci troviamo, dimmi quanto dista da qui la casa di Spicer di Santa Monica.
    - 13 km, vi mando le coordinate sui palmari – si fermò dubbiosa - anche se l'avevo già detto a Cameron..
    - Cosa? – esclamò Derek.
    - Sì, pensavo fosse con voi, ha chiamato poco fa e mi ha fatto la stessa domanda..pensavo ve l'avesse detto e …
    - Maledizione! – esclamò lui zittendola, corse nel retro della casa dove era uscita Cameron, ma di lei nessuna traccia – ti richiamo dopo.
    - Derek cosa… - non finì la frase che la chiamata era già chiusa.
    - Che succede? – gli domandò Hotch vedendolo rientrare furioso.
    - Cameron sta andando a casa di Spicer da sola, c’era arrivata prima di noi.

    Continua...

    Edited by robin89 - 5/10/2011, 18:38
     
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    Capitolo VIII

    Morgan era furioso, alla guida del SUV con al suo fianco Hotch che non aveva neanche fatto in tempo ad avvicinarsi al posto di guida che era già stato occupato da Morgan.
    - Avrei dovuto seguirla – disse al capo squadra.
    - Non è il momento per i sensi di colpa – gli rispose lui.
    Derek prese immediatamente il telefono e chiamò Ronnie.

    Leane aveva occhi solo sulla strada, schiacciando l’acceleratore rischiando di andare sopra i marciapiedi ad ogni curva, teneva così stretto il volante da fargli sudare le mani e diventare bianche le nocche. Squillò il telefono, rimase a sentire quel suono per un bel po’ quando si decise finalmente a rispondere al settimo squillo, sapeva già chi c'era dall'altra parte.
    - Ti avevo detto di non fare stupidaggini.
    - Ma io non ti avevo promesso nulla.
    Morgan scosse la testa - fermati immediatamente!
    - Non ci penso neanche!
    - Maledizione! Hai intenzione di farti ammazzare per caso!
    - Non mi ucciderà! Non l'ha fatto prima e non lo farà ora…
    - ..STUPIDA RAGAZZINA PRESUNTUOSA!! Hai mai pensato che magari potresti sbagliarti?!
    - Tu avresti fatto lo stesso non farmi la ramanzina!
    - Non è della mia vita che mi preoccupo adesso ma della tua idiota!!
    Ronnie si allontanò il telefono dall’orecchio prima di rispondere, non le piaceva quando urlava così.
    - Allora sbrigati – gli disse senza aspettare risposta.
    Morgan lanciò il telefono nel parabrezza. Avrebbero dovuto ammanettarla e rinchiuderla dentro una stanza.
    Ora fu il telefono di Hotch a squillare, era Kurzbard, lo informò che era stata avvistata una macchina rubata proprio davanti alla casa di Spicer e stava arrivando lì la Swat, ma ci sarebbe voluto tempo per organizzarsi e loro non ne avevano.

    Cameron arrivò a casa di Spicer qualche minuto dopo la chiamata. Scese dalla macchina sbattendo la portiera e si assicurò di avere le armi al proprio posto, una nella cintura e una nascosta dietro la schiena, si avvicinò alla porta socchiusa ed entrò spalancandola piano. Avanzò lentamente puntando la pistola davanti a sé, muovendosi con cautela e concentrazione.
    Lui uscì poco dopo da una porta alla sua destra, gli puntò subito la pistola e si guardarono fermi.
    - Finalmente. Carina questa foto – sorrise lui, teneva la pistola abbassata, con fare disinvolto e la foto di Spicer, Ronnie e Ellie nell’altra mano.
    - Mi ricorderò di disinfettarla – disse Cameron - Sei così impaziente di morire? Dov'è Ellie?
    - Ellie….non è qui, l'ho liberata.
    Cameron trasse un sospiro di sollievo dentro di sè, ma non abbassò la guardia.
    - Cinque anni fa ti avrei ucciso in quella stanza - riprese lui.
    - Avresti dovuto farlo stanotte.
    - Anche tu impaziente di morire? - rise.
    - Hai ucciso la persona più importante della mia vita, come posso avere paura di morire adesso.
    - Spicer era importante per te? Sono stato io a crearlo, è grazie a me che è diventato un detective, è grazie a me se esiste Ellie, siete tutti creazioni di qualcuno. Ellie è mia e adesso lo sarà per sempre. Tu chi devi ringraziare? Anche tu sei opera di un serial killer? Perchè fai questo lavoro?
    - In ginocchio figlio di puttana.
    - Non sfidarmi, potrei ucciderti adesso – disse mostrando i denti.
    - Non l'hai fatto perché sei solo un codardo – Ron abbassò l’arma e la buttò per terra alzando le mani lungo i fianchi - sparami, non ho paura di te. Fallo adesso – lo provocò senza badare ai rischi.
    - Ora sei tu che hai bisogno di me, io sono come Dio sai …non tu, per questo ho liberato Ellie, adesso è felice lassù – alzò lo sguardo in alto e Ronnie non capì più niente.
    - L’hai uccisa! L’hai uccisa!! – urlò. Afferrò la pistola che teneva nella schiena pronta a fare fuoco ma non fece in tempo a puntarla che era già su lei. Sbatté forte la schiena contro il muro, lui gli prese la pistola e gliela buttò per terra dopo di ché la spinse contro pavimento – adesso tocca a te - gli si buttò sopra e appena fu abbastanza vicino si prese un pugno sul viso e un calcio ai genitali da Ronnie, lamentandosi per il dolore diede il tempo a Cameron di gattonare dietro di lei per raggiungere la pistola. Quando toccò la punta dell’arma aprì la mano per prenderla ma riuscì solo ad avvicinarla, perse la presa quando lui le afferrò la caviglia trascinandola di nuovo indietro, le fu di nuovo sopra e dopo averle tirato uno schiaffo che la stordì, le fermò le gambe con le proprie, gli alzò la maglietta fino al seno e cominciò a slacciarsi i propri pantaloni con fretta, lei cercava di liberarsi agitando le gambe, ma il peso di lui la schiacciava togliendole quasi il respiro. Si girò di lato cercando di riprendere la pistola allungando il braccio più che poteva mentre sentiva le mani dell’uomo cercare di slacciare i suoi jeans, ma non fece in tempo a prenderla, quando riuscì a sbragarla si chinò su di lei schiacciando il suo corpo, così Cameron con la sua testa a portata di mano poté sferrargli una gomitata alla tempia che lo stordì a sua volta, approfittò di quel momento per girarsi nuovamente e allungare il braccio, strisciò per terra riuscendo a liberare un poco le gambe e prese la pistola fra le mani. Con l’arma pronta a fare fuoco si voltò sull’uomo che in ginocchio primeggiava alto su di lei e Ronnie si vide una pistola puntata nel petto – forse è meglio farti stare buona prima – le disse in un attimo prima di premere il grilletto. Non capì di chi dei due fu il primo e il rumore di spari uno dopo l’altro si intrecciò nell’aria.

    Continua...

    Edited by robin89 - 5/10/2011, 18:38
     
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    Capitolo IX

    La pistola le scivolò dalla mano cadendo per terra con un rumore metallico. Era schiacciata dal peso di quell’uomo che le cadde addosso a peso morto, aveva fatto in tempo a spostarsi un poco ma rimase comunque bloccata sotto di lui, sentiva la pelle della pancia bagnarsi di sangue caldo in pochi istanti e non capiva se fosse suo o solo dell’S.I., girò piano il viso di lato e vide il buco sul parquet fatto dal proiettile che l’aveva sfiorata, e rabbrividì.
    - Derek era alla soglia della porta e abbassò l’arma, aveva sparato lui il primo dei suoi sei colpi facendo deviare quello dell’S.I. sul pavimento, fu seguito dagli spari di Cameron e avevano crivellato il suo corpo all’unisono, senza che Cameron se ne accorgesse l’amico era arrivato appena in tempo per salvarle la vita.
    - Cameron! - Derek rinfoderò l’arma e corse verso di lei che tossiva e respirava male.
    Morgan e Hotch spostarono il corpo della vittima facendolo sdraiare di schiena alla destra di Cameron, lei rimase immobile con il suo corpo che tremava mostrando un addome nudo e rosso di sangue. Si girò verso l’amico con voce che balbettava.
    - Derek.. mi dispiace – disse ancora sdraiata per terra.
    - Sei ferita?
    - No.. – inghiottì e chiuse gli occhi ancora sotto shock per poi riaprirli poco dopo.
    Derek le abbassò la maglietta e con calma l’aiutò a rimettersi in piedi, lei si chiuse i jeans sbottonati e poi la guardò dritto negli occhi, severo - Non ti azzardare mai più a rifare una cosa simile. Chiaro? - non la fece rispondere e le diede le spalle allontanandosi, si tolse il giubbotto antiproiettile e lo buttò per terra.
    - Ellie? – gli chiese Hotch.
    Lei rimase in piedi a guardarlo, a guardare tutti i presenti che la guardavano a sua volta, impietrita.
    - È morta … – vomitò quelle parole tenendo lo sguardo basso che piano si riempiva di lacrime che non scesero. Si allontanò anche Hotch, rispondendo al telefono, Prentiss e Rossi fecero lo stesso lasciando Ronnie con Reid che fu l’unico a regalarle un abbraccio di conforto. Lei si poggiò a lui e si fece accompagnare fuori dove aspettavano le ambulanze.

    Morgan si era isolato con il viso nascosto tra le braccia appese alla tettoia del suo SUV, aveva voglia di prenderla a calci ma tirò solo un pugno alla portiera.
    Ronnie lo vide di sbieco e si fermò nel vialetto – aspetta un attimo – disse a Reid – si scostò dalle sue braccia e raggiunse Derek con fare impaurito e le braccia conserte. Si fermò alla sua sinistra e lo guardò poggiato alla vettura, non la degnò di uno sguardo.
    - Hm..
    - Non dire niente Cameron. Non ti voglio sentire – le disse senza mostrare il volto, nascosto nella sua rabbia. Lei piegò le sopracciglia e inghiottì il magone, si allontanò in silenzio senza aggiungere niente.
    Una volta lontana Emily si avvicinò a Derek cercando i suoi occhi.
    - Non hai esagerato? – gli disse con quasi rimprovero.
    - Anche lei.
    - Ha bisogno di noi Derek, non di essere allontanata.
    - L’unica cosa di cui ha bisogno è un paio di schiaffi belli forti. Vediamo se la capisce – gli rispose guardandola in viso, sospirò ed Emily decise di lasciarlo da solo.
    Ronnie era seduta nel retro dell’ambulanza mentre sorseggiava un bicchiere d’acqua passato da Reid, seduto vicino a lei, in quel momento le si parò davanti Hotch togliendole la visuale.
    Lei non aveva il coraggio di alzare lo sguardo oltre il bordo del bicchiere.
    - Fallo un'altra volta e ti sbatto fuori dalla squadra – e si allontanò così com'era arrivato.
    Reid si girò verso di lei, vedendola chiusa e tremante una foglia provò a consolarla come poteva - Anch'io ho fatto una cosa simile una volta, ho lasciato la pistola, ho tolto il giubbotto antiproiettile e sono andato incontro ad un assassino. Io coprivo la traiettoria fra lui e la squadra, non potevano difendermi.
    - E com’è finita? – gli domandò fissando l’acqua nel bicchiere.
    - L'ho convinto ad arrendersi e lo abbiamo portato in centrale.
    - Questo non mi consola affatto. Non hai avuto paura?
    - Tutti abbiamo paura quando facciamo questo lavoro, ma i nostri obiettivi non ce la fanno vedere.
    - Tu non hai ucciso due persone. Io ho ucciso Spicer, e ho ucciso Ellie.
    - Ronnie tu non hai ucciso nessuno, ma non possiamo salvare tutti. Me lo disse Gideon – aggiunse. Lei alzò gli occhi su quelli nocciola del ragazzo, poi li spostò verso una barella che usciva dalla casa. Si alzò e le andò incontro – Ronnie! – cercò di fermarla Reid, ma senza risultati la seguì.
    La barella si fermò al suo segnale e guardò per un attimo Emily che si era avvicinata.
    - Era sdraiata nel suo letto – le disse la collega con voce delicata - è morta da circa 2 ore e aveva questo biglietto sopra, glielo porse per leggerlo.
    “ A presto”.
    Ronnie le scoprì il viso solo per qualche secondo, poi lo rialzò senza riuscire a guardarla oltre e la barella riprese il suo percorso. Emily le passò una mano sulla spalla prima di allontanarsi, Ronnie sembrava non essersene neanche accorta del suo tocco, non si era neanche resa conto che le lacrime le stavano bagnando la maglietta.
    Reid la prese con se’ e l’abbracciò di nuovo mentre lei si lasciava andare tra i singhiozzi. Le tornarono in testa quelle immagini, quell’addio, uno sparo e il corpo di Matt che cadeva, quella promessa che non aveva mantenuto.
    Ronnie si strinse a Spencer, lo strinse forte, come quando da piccola sentiva il padre ubriaco picchiare la madre, allora allungava il braccio e stringeva forte il suo orsacchiotto, pensava che più lo stringeva più quelle voci sarebbero scomparse. Ma non succedeva mai, neanche adesso. Cacciò un urlo disperato, quasi isterico, che fece girare i presenti verso di lei, si staccò bruscamente da Reid e si rinchiuse nel suo SUV.

    Interno del Jet.

    - Dov’è Cameron? – domandò Rossi già seduto al suo posto.
    Gli rispose Hotch alzando la testa su di lui – mi ha chiesto un paio di giorni per restare a Los Angeles.
    - Non dovremmo lasciarla sola – intervenne Reid cupo.
    - Non posso neanche legarla e portarla via con la forza – disse Hotch – ha 25 anni non 10.
    - Lei è come se ne avesse dieci – sentenziò Derek dal suo posto. Si mise le cuffie e si isolò dal resto del mondo, come fecero tutti del resto, cercando un po’ di pace per dimenticare l’orribile risultato di quel caso e allontanarsi in fretta da Los Angeles.

    Continua…

    lasthour48

    Edited by robin89 - 5/10/2011, 18:39
     
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    Capitolo X

    Poligono di tiro, Quantico. Qualche giorno dopo.

    Era passato qualche giorno dal ritorno di Cameron a Washington, aveva partecipato ai funerali della sua famiglia a Los Angeles, più propriamente era rimasta in disparte a osservare il corteo senza farsi vedere da nessuno, i fiori sulle tombe li aveva messi quando il cimitero si era svuotato e lei poteva restare da sola con loro, a chiedere perdono senza riuscire a dirgli addio.
    Poi era andata a casa sua, che era quella di Spicer dove si era consumata l’ultima tragedia, aveva preso un paio di effetti personali, delle foto, dei regali che le aveva fatto lui o Ellie in quegli anni, sapendo che lì non sarebbe più tornata e non li avrebbe più trovati voleva portarsi via qualcosa di loro, per tenerli sempre vicino. Non sarebbe più andata a fine mese a raccontare le sue avventure a Matt..o per vedere Ellie che le saltava addosso abbracciandola.
    Aveva dato un ultimo sguardo alla casa, la sua prima casa che l’aveva accolta come una figlia ben accetta. Magari sarebbe tornata un giorno, aveva chiuso la porta fra le lacrime e desiderò allontanarsi da lì il più in fretta possibile prima di restarci rinchiusa per sempre.
    Lì era rinata ed era morta di nuovo.
    Aveva perso il conto di quante volte aveva ricaricato la pistola, braccia lunghe e dritte e occhi fissi nel bersaglio. Quella sagoma nera di fronte a lei aveva solo un viso che la sfidava. Sparò a ripetizione tutti i colpi finchè non sentì il rumore del grilletto andare a vuoto un paio di volte. Rimase ancora in quella posizione a fissare quella sagoma puntellata di pallini bianchi, tirò un sospiro e abbassò l'arma esausta, aveva le braccia e il collo indolenziti. Si era sfogata abbastanza anche per quel giorno. Rimise ogni cosa al proprio posto e salì sull’ascensore per raggiungere il quinto piano.
    Le porte dell’Open-Space si aprirono e fecero voltare gli occhi del team verso di lei, pistola e distintivo in mano, Reid alzò gli occhi dal libro che stava leggendo e insieme a Prentiss e Morgan la osservarono attraversare la sala senza guardare nessuno se non davanti a se..
    - Avete visto che faccia? – esclamò Prentiss - Non ci ha nemmeno guardato!
    – Qualcuno ha parlato con lei dopo che è rientrata? – continuò Penelope arrivata in quel momento.
    – Sono passato a casa sua e mi ha sbattuto la porta in faccia. Ti basta? – le rispose Morgan osservando Ronnie salire le scale.

    Ufficio Hotch.

    Aaron Hotchner alzò lo sguardo dai fogli che aveva davanti per posarlo su Leane che si era appropriata del centro della stanza, aveva una canottiera nera e i capelli sciolti lungo le spalle.
    - Siediti – le disse serio – abbiamo molte cose di cui parlare.
    - Non ce n’è bisogno – rispose lei raggiungendo la scrivania e posandoci sopra la pistola e le credenziali.
    Hotch alzò subito la testa per cercare il suo viso - Cosa significa?
    - Me ne vado.
    - Leane, non sai quanta fatica abbiamo fatto io e Collins per convincere la Strauss a non rispedirti a calci in Spagna e tu vuoi andartene? Siamo riusciti a farti sospendere solo una settimana, dovresti ringraziarci, non mollare tutto.
    - Beh grazie per lo sforzo, allora credo che la Strauss sia contenta di non avermi più tra i piedi.
    - Ti rendi conto di quello che stai facendo? E’ la stessa cosa che hai fatto per Ellie.. stai scappando dalla squadra.
    - Dovresti capirmi – disse girando il viso verso la finestra.
    - Si e non me ne sono andato perché so che il mio posto è qui.
    - Beh.. io non credo più che sia il mio – incrociò le braccia sul petto e rimasero in silenzio per qualche secondo.
    - Hotch… - cercò le parole mentre guardava la finestra, poi tornò su di lui - è grazie a Spicer se sono diventata un'agente dell FBI, gli ultimi dieci anni li ho superati grazie al fatto che ho sempre avuto lui a seguirmi. Ora non ho più neanche questa sicurezza, non ha senso continuare… ho fallito come agente e non voglio più avere a che fare con questo lavoro. Lo odio.
    - Capisco che tu abbia più fiducia in quello che facciamo ma non sei sola Leane, hai noi e te ne stai dimenticando di nuovo.
    Spostò gli occhi da quelli di Hotch, sospirò e fece qualche passo indietro – credo di aver iniziato a odiare questo lavoro, mi dispiace, non è più il mio posto e non voglio nessuno che me lo ricordi.
    Fece per andarsene quando fu alla porta sentì di nuovo Hotch – io mi fido di te Cameron, forse mi fido anche troppo, tu non ti fidi di noi ma ne hai bisogno e non lo vuoi ammettere.
    - Non farmi il profilo Hotch – disse severa – dopo quello che è successo non voglio più fidarmi di nessuno, non voglio più affezionarmi a nessuno. Ho bisogno di stare da sola. Lasciatemi in pace.
    Aprì la porta e uscì senza aggiungere altro, Hotch si buttò sulla poltrona dalla quale si era alzato portando gli occhi delusi sulla pistola e il distintivo della ragazza.

    - Ci provo io – disse Emily ai compagni vedendo Cameron uscire dall’ufficio, la seguì nell’ascensore e rimase sola con lei che non spostò lo sguardo dai numeri.
    - Ronnie hai intenzione di non guardarci più in faccia?
    Non sentendo nessuna intenzione di risponderle continuò a stuzzicarla - dove sono la pistola e il distintivo?
    - Al loro posto. Non è importante. – rispose svogliata guardando le porte dell’ascensore.
    - Te ne vai dalla squadra e dici che non è importante? – esclamò.
    - Emily è inutile, non ce la fai a convincermi è una battaglia persa, lasciatemi in pace tutti quanti non voglio vedere nessuno.
    - Non ti lasciamo in pace! Ti vogliamo nella squadra e non ti lasciamo sola!
    Arrivarono al pian terreno, le porte si aprirono e Ronnie la superò cercando di raggiungere il suo SUV nel parcheggio a passi veloci, Emily fu costretta a seguirla quasi correndo – Ronnie aspetta! Non puoi andartene così! Ronnie fermati! Mi vuoi ascoltare almeno! – le urlò stufa. Ronnie si girò spazientita allargando le braccia – Emily è finita! Okay? – esclamò facendola tacere di colpo. Entrò dentro la macchina e mise in moto, lasciando Emily guardare inutilmente come si allontanava da quel parcheggio per l’ultima volta.

    Continua…

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    Edited by robin89 - 5/10/2011, 18:39
     
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    Capitolo XI


    Appartamento Cameron. Giorni dopo.


    Aveva addosso solo un paio di coulotte nere e una maglietta nera che arrivava sotto il seno lasciandole scoperti gli addominali. Barcollò mantenendosi al mezzo muro con la bottiglia e un bicchiere di whiskey in mano, raggiunse la parete libera vicino al divano e si sedette per terra. Era tornata a casa sua rompendo ogni legame con il mondo esterno, voleva solo dimenticare, smettere di ricordare, smettere di sentire le loro voci e l’alcool le sembrò il suo migliore amico e la migliore cura.
    Posò il settimo bicchiere riempito e svuotato in un sorso, poggiata con la schiena nel muro aveva le gambe vicino al petto e mandava giù un bicchiere dopo l’altro come se fosse acqua. Vicino a lei c’era la sua pistola di riserva, quella che teneva dentro un mobiletto del salotto, se la mise a fianco e ogni tanto le dava uno sguardo. Mandò giù l’ottavo bicchiere e strinse gli occhi sentendo la gola bruciare, ormai c’era abituata, erano giorni che andava avanti così, con la sola bottiglia a farle compagnia e a saziarla. Era dimagrita visibilmente e il viso pallido era contornato da occhiaie e stanchezza, senza contare le volte che andava in bagno a vomitare.
    Allungò la mano e prese la pistola, la portò fino alla tempia e chiuse gli occhi poggiando la testa sul muro. Si carezzò il viso lentamente con la canna dell’arma, dalla tempia fino alla guancia, come per prendere confidenza prima di sparare.
    Improvvisamente sentì bussare forte alla porta, quel suono la riportò per un attimo alla realtà ma non fece il minimo sforzo per alzarsi.
    - Lo so che sei lì dentro apri la porta ! – esclamò Derek.
    Sbuffò e cercò di alzarsi, ma non si reggeva bene in piedi e fu costretta ad aggrapparsi ad ogni mobile che trovava. Aprì la porta tenendosi con una mano appoggiata al muro.
    - Vattene – gli disse affacciandosi, lui potè sentire la puzza di alcool sul viso e vedere due occhi spenti. Ronnie fece per chiudere ma Derek la fermò con la mano – fammi entrare.
    - Ti ho detto di andartene! – spinse la porta per chiuderla ma trovò resistenza.
    - Spostati subito o giuro che la sfondo a calci!- ringhiò Derek, aumentò la forza fin che Ronnie lasciò la presa e la porta si spalancò del tutto facendo avanzare lui e indietreggiare lei.
    Se lo trovò davanti e lo guardò senza dire niente.
    - Sei ubriaca? – non era una domanda, girò il viso per terra e notò la bottiglia quasi vuota.
    - Tu che dici – rispose con un sorriso sarcastico.
    Lui sospirò e girò la faccia.
    - Non puoi andartene dalla squadra..
    - L’ho già fatto.
    - Beh ti sbagli di grosso se credi che me ne starò a guardare mentre ti distruggi!
    - Nessuno ha chiesto il tuo aiuto Derek – gli diede le spalle e chinandosi riprese la bottiglia per bere un altro sorso. Se l’avvicinò alla bocca e prima di bere si girò su di lui – vuoi sapere in quale stadio del dolore sono? – alzò la bottiglia come per brindare – depressione – e sorrise. Se la portò alla bocca e fece per bere ma lui l’aveva già raggiunta e la fermò prima che potesse mandare giù il sorso, le mise un braccio intorno alla vita e l’aveva allontanata strappandole la bottiglia dalle mani – che fai lasciami! – urlò. Quando la lasciò libera, Ronnie cadde per terra e lo guardò svuotare l’ultimo whiskey nel lavandino, poi tornò a un passo da lei.
    - Hai bisogno di aiuto Ron! Guarda in che condizioni ti sei ridotta! - gli disse, Ronnie lo guardava da terra con le lacrime agli occhi.
    - E pensi di aiutarmi TU? Credi di poter resuscitare i morti o di entrare nella mia testa e muovermi come una marionetta? Non puoi fare un accidenti di niente per rimettere le cose a posto! Tutti quelli che mi stanno intorno muoiono! Faresti meglio a starmi alla larga anche tu! Ho chiuso con voi e ho chiuso con questo schifo di lavoro voglio morire e basta! Hai capito? – urlò disperata.
    Derek si mosse così velocemente che lei non ebbe il tempo di muoversi, l’afferrò per le braccia e alzandola dal pavimento la trascinò contro il muro.
    - Che diavolo stai facendo lasciami! – gridò mentre agitandosi tra le sue braccia cercava di liberarsi dalla presa. In pochi secondi Ronnie si ritrovò con la schiena contro la parete, Derek gli prese le braccia bloccandole al muro e la tenne ferma a un soffio da lui. Lei girò la faccia dall’altra parte.
    - Guardami!
    Lei non si mosse.
    - Ron guardami!! – la scosse bruscamente.
    Lei si girò e i loro occhi s’incrociarono. Lui la fissò duramente.
    - Non dire mai più che vorresti morire. Non dirlo mai più!
    Lei riusciva solo a guardarlo con le iridi che tremavano e piangevano.
    - Non posso resuscitare nessuno – continuò Derek - e non posso entrare nella tua testa, so solo che stai sbagliando e finirai per ammazzarti con le tue mani.
    Aspettò che rispondesse ma lei rimase a guardarlo con la stessa espressione di prima.
    - Sai qual è la verità? Che sei solo una vigliacca. Non hai il coraggio di prendere in mano la tua vita e di affrontarla, ti nascondi dietro una bottiglia e pensi che questo basterà a sopportare i sensi di colpa ma non è così.
    Ronnie cercò di spingerlo via ma senza risultati, quelle parole non le piacevano e le bruciavano come l’alcool - Mi stai facendo male! Lasciami! – esclamò agitandosi.
    - Di cosa hai paura? – continuò imperterrito lui cercando i suoi occhi - Tu non hai coraggio di fidarti di noi, come non ti sei fidata per Ellie. Non dovevi dimostrare niente a nessuno, dovevi solo restare con noi e fidarti del tuo lavoro. Credi sempre di poter risolvere tutto da sola e di avere la situazione sotto controllo ma quando ti sfugge di mano non sai da che parte girarti, metti uno scudo tra te e gli altri perché sei talmente orgogliosa che preferiresti ucciderti piuttosto che rimetterti in gioco. L’S.I. l’ha uccisa perché credeva di non avere più una via uscita, non gli restava più nulla perché era braccato da qualunque parte si girasse. Tu ce l’hai una via d’uscita e la stai buttando via perché sei una vigliacca tale e quale a lui!
    Derek sentì una ginocchiata all’addome che lo piegò in due, così lasciò subito un braccio a Ronnie per portarsi una mano alla pancia e subito dopo gli arrivò uno schiaffo a mano aperta. Si allontanò facendo qualche passo indietro e la guardò tenendosi con una mano sul divano.
    - Sei venuto a sbattermi il profilo in faccia? – urlò lei furiosa.
    - Ho forse sbagliato? – chiese retoricamente.
    Lei lo fulminò con uno sguardo furibondo – Vattene! – gridò.
    Restarono a fissarsi uno di fronte all’altro senza dire niente, Derek le regalò un’ultima occhiata poi si avviò verso l’uscita – hai perso la testa Cameron, stai attenta – aprì la porta ed uscì.
    Ronnie rimase immobile finché non udì più nessun rumore, era di nuovo sola nel suo appartamento, come prima. Scivolò lungo il muro e affondò la testa tra le mani piangendo disperata.
    Derek aveva fatto qualche passo nel giardino quando si fermò di colpo, sentendo le sue lacrime in lontananza tornò in dietro e inginocchiandosi da lei corse ad abbracciarla, la strinse forte e la dondolò tra le sue braccia mentre lei riprendeva a piangere come prima stringedolo a sua volta.
    - Shhh - le disse coccolandola e dandole un bacio fra i capelli - mi dispiace.
    – Non faccio altro che vedere quelle immagini! Non ce la faccio più! Non voglio vedere più niente! Ho paura di vivere, ho paura di volervi bene.. - esclamò piangendo.
    Lui non rispose, continuò solo a carezzarle la schiena e tenerla vicino al suo petto.

    Continua...

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    Edited by robin89 - 5/10/2011, 18:40
     
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    Capitolo XII

    “ Vedeva se stessa in terza persona. L’S.I. la teneva immobilizzata alle sue spalle tenendole solo una mano che impugnava la sua pistola puntandola davanti a sé. Sentiva nell’orecchio l’alito dell’uomo che le sussurrava parole che non capiva, poi sentì quella frase ma con la voce di Matt – ti voglio bene Ronnie – poi cominciò a sparare all’immagine di Spicer che comparve davanti a lei, man mano che sparava Matt cambiava forma, diventava Ellie, poi Derek poi Horch e così tutto il team, lei urlava cercando di fermarsi ma la mano dell’uomo le teneva il dito sul grilletto finchè non vide davanti a sé una carneficina fatta con le sue stesse mani”.


    L’incubo di quella notte fu il peggiore di tutti quegli anni. Si svegliò terrorizzata e si nascose sotto le coperte come se qualcuno la stesse per colpire, aspettò nelle lenzuola che quella sensazione di paura le scivolasse addosso e quando si rese che era solo frutto della sua mente mise la testa fuori lentamente. Era nel suo letto e non ricordava come ci fosse finita, si alzò col busto e si sedette sul bordo portandosi una mano alla testa che le faceva così male come se avesse preso una martellata, si guardò intorno e sentì un profumo di ciambelle. Derek comparve sulla porta con le labbra tirate in un sorriso.
    - Buongiorno, ci sono un paio di ciambelle calde che ti aspettano sul tavolo.
    - E tu che ci fai qui? – gli chiese storcendo le sopracciglia.
    - Sono qui da ieri notte. Il tuo divano è più comodo del mio letto e prima di addormentarti hai vomitato tutto il whiskey. Come stai?
    Ronnie lo guardava stralunata mentre cercava di evocare le immagini della sera precedente.
    - Ho mal di testa – rispose con la voce stanca, poi aggiunse accigliata - Mi hai tenuto i capelli mentre vomitavo?.
    - Sì, non è stata una bella esperienza. Dai vieni a mangiare – la incitò lui.
    Ronnie abbassò gli occhi spenti per terra - Non ho fame.
    - Come fai a non avere fame se sono giorni che non mangi niente!
    - Ho lo stomaco chiuso okay? Non ci riesco.
    Derek si avvicinò e la prese per una mano cercando di alzarla in piedi tirandola su – forza alzati, vai a rinfrescarti e poi vieni in cucina, o mangi da sola o ti porto in ospedale. Decidi.
    - Non ci vado in ospedale! – ribattè lei offesa.
    - Allora mangia! Ronnie non ti reggi in piedi! …. E non farmi quel faccino! – aggiunse fissando l’espressione curiosa che aveva assunto lei.
    - Davvero mi hai preparato le ciambelle?
    - Sì, e sbrigati a mangiare o mi fai fare tardi a lavoro.
    - Ci sposiamo?
    - Ronnie, tu hai bisogno di un badante non di un marito.

    Guardava la ciambella davanti a lei inebriandosi dell’odore che emanava fino alle sue narici, la voleva addentare ma il suo stomaco non voleva collaborare come se al suo posto ci fosse una pietra.
    - Non ti piacciono le ciambelle? Le ho fatte a posta per te.
    - Derek, con quelle mani puoi farmi tutto quello che vuoi.
    Lui rise scosse la testa divertito, poi spostò lo sguardo all’orologio – mangia.
    Timidamente prese la ciambella in mano come se fosse la cosa più disgustosa e addentò il primo morso. Inghiottì e sentì subito il bisogno di finire quella cosa tanto buona.
    - Hai visto che non ti morde? – scherzò Derek.
    In pochi minuti il vassoio si svuotò, un morso dopo l’altro sparirono le ciambelle dalla sua vista e si sentì per lei “stranamente” meglio.


    Qualche giorno dopo.

    Derek da quel giorno passava ogni mattina qualche minuto da lei per assicurarsi che non fosse svenuta in qualche angolo della casa e poi andava in ufficio, dalla ormai ex squadra di Cameron.
    Adesso era sola, erano partiti per la Florida e già quei giorni senza vederlo, senza avere qualcuno che la sostenesse le stava pesando. Si buttò nel divano, circondata di nuovo nel silenzio guardandosi intorno, quando era con Derek si sentiva al sicuro, persino al sicuro dai suoi pensieri, ma ogni volta che restava sola i suoi pensieri finivano sempre al motivo che l’aveva spinta a bere il primo sorso. Il whiskey gliel’aveva buttato fino all’ultima goccia e non aveva niente con la quale rimpiazzarlo, poteva sempre uscire a prendere una bottiglia, no? Accantonò l’idea resistendo alla tentazione, il fatto che non ce ne fosse più in casa era una buona scusa per evitare la dipendenza, anche se ricominciava a sentirne il bisogno. Decise di andare a farsi una doccia e smettere di pensare, poteva piangere sotto l’acqua almeno. Si accucciò nel fondo e piegò le ginocchia fino al petto cingendosele con le braccia, si dondolò avanti e indietro come si fa ad una bambina e aspettò che finissero le lacrime.
    Uscì dalla doccia senza guardarsi allo specchio, sapendo che avrebbe trovato due occhi lucidi e rossi, asciutta e rinfrescata indossò una vestaglia bianca e si arrotolò come un gatto sul divano, stava per addormentarsi quando qualcuno suonò al campanello.
    Non poteva essere Derek o qualcuno del team, mancavano solo da pochi giorni, si alzò furtiva e prese la pistola dal cassetto raggiungendo la porta, guardò dallo spioncino e rimase di stucco nel vederla lì davanti a casa sua. Aprì e la lasciò entrare facendole quasi sbattere la porta sul naso, non era di buon umore specialmente se doveva parlare con lei.
    Sarah Collins la guardò con quegli occhi gelidi e incontrando il silenzio e l’espressione quasi intimidita di Cameron addolcì lo sguardo, non era abituata a vederla così, con quegli occhi tristi senza la minima determinazione e presunzione nello sguardo. Ronnie da parte sua, non aveva nessuna voglia di lottare con lei o di nascondere il suo stato d’animo. Sarah fu la prima a prendere la parola.
    - Stammi a sentire Leane – disse portandosi al centro della stanza - so cosa stai passando e non ho intenzione di vederti in questo stato perciò apriti bene le orecchie. Non ti ho fatto entrare nella squadra per mollare alla prima difficoltà. Che tu ci creda o no, ne ho passate quante e più di te e non ho mai rinunciato a essere quella che sono, i periodi difficili li abbiamo passati tutti okay? Ma non li abbiamo superati da soli, cos’hai intenzione di fare? – allargò le braccia - Passare il resto dei tuoi giorni rinchiusa qui a ubriacarti? Io non ho scelto questo tipo di agente! Non è quella che conosco! Ho scelto l’agente Cameron Leane, quella che non si arrenderebbe mai a costo della vita da quanto è orgogliosa, quella che sfiderebbe qualunque situazione pur di difendere la sua squadra, quella testarda e determinata che non si farebbe mai sopraffare da qualsiasi sentimento, positivo o negativo, quella che affronta la vita a testa alta. Che fine ha fatto quella ragazza? – esclamò con aria interrogativa.
    Ronnie la guardò senza battere ciglio, poi buttò lo sguardo per terra, troppo debole per affrontare quello deciso di lei – forse non sono mai stata così, o non lo sono più.
    - Te lo dico io dov’è quella ragazza! È qui di fronte a me che ha troppa paura per guardarsi dentro e capire chi è veramente! Non sei diventata un agente dell’FBI per fare un favore a qualcuno, lo sei diventata perché sapevi qual’era il tuo posto, l’hai sempre saputo e l’ho capito nel momento in cui ti ho scelta! Non capisci? Tu sei sempre quella ragazza! Hai solo bisogno che qualcuno ti prenda per mano e ti riporti a casa. Ma tu hai voglia di farti riaccompagnare? – la fissò decisa senza trovare uno sguardo che la soddisfacesse – altrimenti saresti una grande delusione, soprattutto per te stessa.
    La osservò ancora, ma Ronnie guadava per terra e non fiatava, così fece per andarsene e quando fu vicino alla porta sentì la sua voce.
    - Aspetta…. – la chiamò girandosi. Sarah si fermò guardandola di nuovo, ora Ronnie ricambiava lo sguardo ma vedeva che gli occhi erano gonfi di lacrime.
    - Io… non so cosa fare, non ho mai avuto così paura di… - cercò la parola giusta mentre la voce tremava - ..vivere. Ho paura del mio lavoro perché mi ha portato via la mia famiglia e ora non so più chi sono… vorrei crederti ma è difficile.. – una sola lacrima le scese per il viso e qualche secondo dopo si trovò sotto l’abbraccio di Sarah, Ronnie l’abbracciò per la prima volta e come se avesse bisogno di lei e della sua forza la strinse a sé mentre piangeva.


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    Un mese dopo la morte di Spicer.


    Cameron non era ancora rientrata a lavoro, non era più andata in ufficio, erano passate due settimane da quando Sarah era stata a casa sua e non aveva fatto niente, avrebbe dovuto correre nell’ufficio di Hotch e reclamare le sue credenziali, ma ancora non era pronta, stava aspettando il momento giusto, stava aspettando che le si accendesse la lampadina e sentire quella vocina che le diceva,“che ci fai ancora qui! Svegliati!”
    Forse quel momento era già arrivato, ma solo ora ebbe il coraggio di affrontarlo.

    Derek non la vedeva da una settimana passata in Arizona, così decise di andare a casa sua come ormai faceva spesso. Ronnie non vedeva nessuno se non lui e anche quando usciva era solo per andare al poligono di tiro nelle ore in cui era sicura di essere sola con massimo due estranei.
    Derek sospirò. Non c’era nessuno a casa sua. Si guardò intorno e anche la sua macchina non c’era, poi gli venne in mente quello che gli disse Spicer in macchina, era il week-end di fine mese e questo gli suggeriva dove poterla trovare.

    Cimitero Los Angeles.

    Era una bellissima giornata di sole e un poco di vento alleviava il caldo, era così tranquillo e c’era una tale pace intorno che non si udiva alcun rumore se non la melodia delle foglie una contro l’altra.
    Spostò gli occhi dalla lapide ai fiori, poi agli alberi lontani, e di nuovo li chiudeva poggiando la testa contro l’albero sotto la quale era seduta. Aprì gli occhi e tornò per un attimo alla realtà, quando sentì dei passi silenziosi dietro di lei, Derek si avvicinò piano e le si sedette accanto senza dire niente. Lei lo guardò curiosa per un attimo, entrambi rimasero in silenzio a contemplare ciò che avevano davanti, un mese lungo e difficile riassunto in un paio di lapidi.
    - Mi ha detto di essere orgoglioso di te – le disse ad un tratto Derek. Lei sospirò, continuando a fissare la pietra.
    - E che importanza ha adesso. L’ho deluso.
    - L’hai deluso perché hai rinunciato a te stessa.
    Ronnie non rispose a quella frase che le fece sentire un pugno allo stomaco, parlò dopo qualche secondo – stavo pensando a quel giorno. Quando sei venuto a casa… mi dispiace se ti ho colpito in quel modo, non te lo meritavi.
    - Ricordi cos’è successo? – chiese lui stupito.
    - Sì. – rispose a fior di labbra.
    - Devo chiederti una cosa. – continuò lui poggiandosi le braccia sulle ginocchia - Riguardo quella sera.
    - Dal tono non credo sarò felice di sentire la domanda.
    - Non è proprio una domanda. Avevi la pistola vicino alla bottiglia, l’ho vista – affermò guardando davanti a sé – mi sto chiedendo cosa avresti fatto se io se io non fossi venuto a casa tua.
    Ronnie inghiottì e si portò le ginocchia vicino al petto, alzò le spalle - non lo so, so solo che volevo scappare da dov’ero in quel momento, volevo smettere di pensare – disse guardando l’erba vicino alle scarpe.
    Si creò un altro momento di silenzio, Derek voleva solo farle compagnia e aspettare che fosse lei a fare qualcosa. Ronnie si circondò le ginocchia con le braccia e dopo un po’ si schiarì la voce, aveva voglia di parlare con lui, di essere se stessa con qualcuno oltre Spicer.
    - Quando avevo 13 anni, prima che i miei morissero, ho conosciuto un ragazzo. Anche lui aveva una “famiglia” simile alla mia, stessi problemi, stessa solitudine.. però… non era il tipico bravo ragazzo. – disse con voce titubante e pensierosa - Ho cominciato a frequentare lui e i suoi amici perché era la sola via d’uscita da casa mia, erano gli unici amici che mi capivano e… - inghiottì e girò gli occhi di sbieco per vedere la sua espressione - ho cominciato con l’alcol e con la droga insieme a loro.
    Derek la guardò negli occhi e lei girò il viso altrove - li ho frequentati per due anni, andavamo in una vecchia casa dove potevamo bere e spacciare in santa pace, c’era di tutto, birra, cocaina..eroina. Era il nostro paradiso – fece un sorriso amaro - Poi ci fu l’omicidio dei miei genitori e come al solito non ero in casa. Sai cosa vuol dire a 15 anni vedere casa tua imbrattata di sangue e i corpi dei tuoi genitori ridotti in quello stato? Sono scappata finendo in un vicolo, lì mi sono nascosta dietro un bidone e – si fermò per riprendere subito dopo – non mi sono mai fatta così tanto in un solo giorno, volevo evadere dalla realtà.
    Derek si tolse gli occhiali da sole e se li appese alla maglietta, Ronnie si chiese se stesse provando pena per quella vita e se la stesse giudicando per quello che era.
    - la festa non era finita – riprese quasi ironica - Poco dopo mi hanno trovato due ubriachi del bar di fronte, mi hanno violentato in una casa abbandonata uno dopo l’altro e io non ero certo in condizioni di difendermi. Quando mi ha trovato Spicer ero ancora lì per terra e stavo per andare in overdose, fece in tempo a chiamare i soccorsi. Sono stata in coma, credo qualche giorno, ecco perché non sono più tornata in Spagna. Matt mi disse che voleva aiutarmi e mi ha fatto frequentare un centro per tossicodipendenti, così tornai pulita nel giro di un anno e cominciai a lavorare in un centro di riabilitazione. Nel frattempo vivevo con lui e mi dava una mano con gli studi, quando poteva mi portava nel dipartimento di polizia così mi innamorai del poligono – sorrise - e divenni la migliore tiratrice, cominciai a interessarmi alla criminologia e ai crimini sessuali, volevo capire cosa porta un essere umano a rovinare la vita a qualcun altro. E sono finita a studiare profiling. Ho sostituito la droga con i libri e il poligono – alzò le spalle - sono cresciuta così..
    Derek sospirò, era turbato da tutto quello che aveva sentito, sapeva della droga e delle violenze ma ascoltare il racconto nei dettagli direttamente da lei era qualcosa che metteva solo tristezza - Bene – disse deciso, tradendo il suo stato d’animo nei suoi confronti - ti ricordi la determinazione che ti ha portato fin qui? Tutta la fatica che hai fatto?
    Lei si voltò a guardarlo con gli occhi lucidi.
    - Devi solo riprendertela e ricominciare da dove hai lasciato, loro non ci sono più e non è colpa tua, è colpa dei serial killer che studiamo in questo lavoro, il tuo obiettivo era combatterli, no?
    - Quando dovevo non ci sono riuscita però – affermò.
    - - Allora e’ il momento di rimetterti in gioco, se rimani dentro questo circolo vizioso non uscirai più e devi farlo finché sei in tempo - Si alzò aiutandosi con una mano e gli porse l’altra una volta in piedi, lei lo guardava dal basso.
    - Andiamo, ti riporto a casa ragazzina.
    - Avevi ragione sul mio profilo – gli disse restando immobile – ho paura.
    – Spicer non c’è più ma ci siamo noi, ti ha cresciuta bene, ti ha fatto il regalo più grande, la tua vita. Vuoi deluderlo ancora?
    – E se perdo anche voi?
    – Non succederà, non ti lasceremo mai – le fece un gesto con la mano per invogliarla ad alzarsi.
    Ronnie guardò la mano tesa e allungò la sua per prenderla, si alzò in piedi e rimase di fronte a lui - Non è cambiato niente? – gli domandò lei perplessa.
    - Che intendi?
    - Ti ho detto che ero una drogata, una ragazzaccia sbandata e se vuoi saperlo sono anche stata in carcere, mi vuoi bene ancora?
    - Ronnie ti voglio bene perché sei così grazie a quello che hai passato e comunque anche io non avevo una bella fedina penale prima che la ripulissero.
    - Wow..siamo due cattivi ragazzi – disse con un sorrisetto furbo - mi fai una promessa?
    - Dimmi.
    Ronnie tornò seria in un attimo - Promettimi che non mi lascerai mai sola, che non mi abbandonerai mai, che ci sarai sempre.. e non ti azzardare a morire prima di me! – lo disse come un rimprovero.
    Derek rise e dopo aver girato il viso divertito da una parte all’altra le disse – Non l’ho mai fatto e non lo farò mai, promesso. Semmai sono io che uccido te se fai un’altra cavolata come quella! – le diede una pacca sulla guancia girandole il viso - Tu promettimi che non scapperai più. Che ti fiderai della squadra e di me.
    Guardò lontano da lui prima di spostare gli occhi sui suoi – promesso – gli disse spostando l’erba con un piede avanti e indietro - Mi abbracci adesso? – gli chiese con gli occhi dolci.
    Le scarmigliò i capelli e la circondò con le braccia - Vieni qua idiota.
    Ronnie si fece abbracciare circondandogli le braccia nel collo e lui le poggiò il mento sulla testa carezzandole la nuca. Se fosse stata avrebbe fatto le fusa di come si beava di quelle coccole.
    - Mi accompagni in un posto prima di andare via? – gli chiese ancora stretta tra le sue braccia.

    Casa Leane.

    Erano passati dieci anni e si vedeva, l’erba del giardino era secca, le piante spoglie, i segni di una casa disabitata da tempo erano ben visibili all’esterno. All’ingresso della porta poteva vedersi ancora il nastro che indicava una scena del crimine all’interno.
    - Sei sicura di volerlo fare? – gli chiese dubbioso Derek osservando l’ingresso.
    - Sì – Ronnie gli prese la mano e spinse la porta.
    Si trovò catapultata in un vortice di ricordi non appena intravide le pareti, i mobili, le porte delle stanze. Camminarono lentamente lungo il corridoio in cui Ronnie vi immaginò i corpi dei genitori esattamente come 10 anni prima e come le ricordava quell’incubo frequente. Un brivido nella schiena la costrinse a fermarsi, non voleva salire in camera sua, quella era triste e piena di pianti nascosti, si fermò dove il corridoio terminava con delle scale per salire al piano di sopra.
    Gli girò le spalle e tornò indietro ed ecco rivivere le immagini dell’incubo. Il corridoio intriso di sangue, i loro corpi per terra, lo specchio di fronte a lei, gli strinse forte la mano quando se lo ritrovò davanti, guardò il suo riflesso incorniciato ma non c’era una ragazzina con un machete e un fucile insanguinati tra le mani, vedeva lei con Derek al suo fianco, non credeva che avesse più avuto paura, aveva la soddisfazione di aver affrontato l’incubo a viso aperto.
    - Ok, basta così – disse tirandogli la mano verso l’uscita - torniamo a casa.

    Quantico.

    Quella notte fu profonda e senza sogni, come non era da tempo. Erano le sei quando suonò la sveglia ed era tempo di tornare alla vita reale. Si fece una doccia tiepida assaporò l’attesa che la separava dall’inizio di quel nuovo giorno. Si vestì con un paio di jeans neri e un dolcevita color petrolio con le maniche arrotolate, ai piedi indossò i suoi neri anfibi che venivano sostituiti di tanto in tanto solo da alti stivali di pelle con tacco da 12 o un paio di all-stars nere o beige.
    Si sistemò i capelli pettinandoli un po’ con le mani e si profumò dietro le orecchie.

    Non c’era nessuno, era troppo presto nell’open-space, potè attraversarlo senza incontrare i colleghi e salire al piano di sopra. Bussò alla porta e quando sentì l’approvazione di Hotch entrò timida.
    Hotch sollevò gli occhi dai fogli e li spalancò su di lei – Leane.. – disse alzandosi dalla poltrona – vieni siediti. Come stai?
    La ragazza, con fare quasi colpevole, si avvicinò alla poltrona e si sedette davanti a lui – sto bene, grazie, anche se potrei stare meglio.
    - Credo di sapere perché sei venuta – anticipò lui con un sorriso sotto i baffi.
    - Pensavo che quella sedia vuota – fece cenno alla sua scrivania al piano di giù – sia un po’ triste. Hai idea di chi potrebbe sostituirmi?
    - E chi ti dice che ho intenzione di sostituirti? – replicò lui.
    - La Collins non trova nessuno altro alla mia altezza? Lo sapevo, siete nei guai con un agente in meno.
    - Io un’idea per occuparla ce l’avrei – azzardò lui guardando la sua espressione.
    - Ah sì? – piegò il viso all’ingiù – se proprio non c è nessuno che la scaldi, mi chiedevo se mi volevi ancora.
    - È un mese che sto aspettando che entri da quella porta.
    - Perché non mi hai chiamato? Perché non hai cercato di convincermi come hanno fatto gli altri?
    - Volevo che fossi tu da sola a capirlo, ti ho dato il tempo che volevi e lo sapevo che saresti tornata.
    - Non ti montare la testa, lo faccio solo perché senza di me non ce la fareste un giorno in più – sorrise ironica.
    - Quindi posso tornare? – domandò alzando gli occhi dubbiosi.
    - Perché? Te ne sei mai andata? La Strauss non sa neanche che ti sei dimessa, crede che sia solo un mese di pausa – la informò sorridente lui.
    - Dov’è la mia pistola? E il mio distintivo? - chiese sgranando gli occhi.
    - Non sono qui, mi dispiace – rispose cupo lui - ce li ha un'altra persona ….
    La faccia di Ron sbiancò di colpo e cambiò espressione in un baleno, poi sentì la porta aprirsi e vide entrare Collins. Questa, ascoltando il discorso dall’esterno dell’ufficio, le allungò la mano e gli porse la pistola e le credenziali.
    - Credo che questi siano tuoi - le disse con un leggero sorriso di soddisfazione.
    Ronnie si alzò dalla poltrona lentamente e le andò incontro, prese pistola e distintivo e sollevò lo sguardo verso di lei – grazie - mormorò.
    Sarah se l’avvicinò piano per poterle dare un delicato abbraccio, Ronnie non se l’aspettava, fissava la porta con la testa poggiata sulla sua spalla e sentì nell’orecchio la sua voce - Ben tornata a casa.


    FINE
     
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