Crash - The beginning

Robin89

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    Autore: Robin89
    Titolo: Crash - The beginning
    Rating: verde - arancione
    Avvertimenti: Long-fic
    Personaggi/coppia: team, Cameron Leane.
    Disclaimer: I personaggi non mi appartengono(tranne quelli da me inventati), sono di Jeff Davis. Criminal minds appartiene alla CBS. Questa storia non è a scopo di lucro.
    Note: lo spazio temporale di questa storia è nove mesi prima della 5x23 e tratta del primo caso di Cameron appena entrata nella squadra. La pronuncia che preferisco per "Leane" è "Lein" o "Leàn" anche se come è scritto non sarebbe così. Dunque, buona lettura e avanti con i commenti che fanno sempre piacere ^^

    Crash - The beginning

    image

    Prologo


    Richiuse lo sportello della macchina mentre componeva sul suo palmare un numero di telefono, aveva dovuto aspettare tutto il giorno e ora era impaziente di dare la notizia. Cominciò a salire i gradini che portavano al palazzo dove abitava quando dopo qualche squillo rispose una voce affettuosa maschile.
    - Cameron! Stavo giusto aspettando novità dalla parte orientale dell’America.
    - Sei pronto per questa notizia allora? Mettiti seduto detective, stai parlando con un agente del FBI.
    - Cosa? Ti hanno presa? – la ragazza immaginò la faccia entusiasta dall’altra parte della cornetta - È fantastico Cam!
    - Già, devo ancora farci l’abitudine, ora sono l’agente speciale Cameron Leane non è un suono meraviglioso? – chiese retoricamente.
    - E quando dovresti cominciare? – incalzò lui.
    - Domani sarà il primo giorno di lavoro e non ho idea di cosa mi aspetta – rispose con tono preoccupato.
    - Devi solo essere te stessa e cercare di non combinare casini, non so se mi spiego.
    - Cristallino, farò del mio meglio, o comunque mi impegnerò.
    - Lo sapevo che prima o poi ci saresti riuscita. Ehi sono in servizio adesso, devo riattaccare mi dispiace.
    - Okay non preoccuparti, non ti trattengo oltre.
    - Ci vediamo a fine mese giusto?
    - Certo, come sempre.
    Ci fu una breve pausa nel discorso poi riprese lui.
    - Lo sai che sono fiero di te, vero?
    - Sì, lo so – le si allargò un sorriso mentre si toccava il labbro con la mano - a presto Matt. *


    Riattaccò nel momento in cui doveva aprire il portone del palazzo, spinse con la mano finchè non si spalancò facendo un ticchettio poi lo lasciò chiudersi senza accompagnarlo. Salì le scale con un borsone che pendeva dalla spalla destra, si rincuorò di abitare al primo piano dato che non c’era neanche l’ombra di un ascensore funzionante in quella baracca. Prese le chiavi con la mano sinistra e rigirò nella serratura un paio di volte prima che si aprì con un rumore sordo, entrò dentro liberandosi subito degli impedimenti: borsone nel divano, cappotto sopra il borsone, chiavi sopra il tavolino. Guardò sconsolata quello che sperò essere il suo appartamento ancora per poco, non ne poteva più di vivere in quel buco rumoroso, o quando toccava ai muratori del vicino o quando piangevano e strillavano neonati al piano di sopra, sbuffò preparandosi ad un'altra lunga notte, almeno però aveva qualcosa a cui pensare se non riusciva a dormire.
    Si sedette sul divano e prese in mano il distintivo che le aveva consegnato quella sera la sua istruttrice all’Accademia, Sarah Collins. (1). Decisamente diverso da quello che portava prima alla Crimini Sessuali di Los Angeles, lo guardò con attenzione in ogni scritta e particolare, non si era ancora resa conto di essere entrata nel team, sicuramente ne avrebbe preso coscienza il giorno dopo quando le avrebbero presentato la squadra e questo le diede da pensare parecchio. Non sapeva esattamente come funzionava lì dentro, non era abituata a lavorare in un team con più di due persone compresa lei, specialmente sapendo che prima di entrare all’ Accademia aveva passato gli ultimi mesi di lavoro sotto copertura. Era diventata una specie di investigatore solitario.
    Ripose con cura distintivo e pistola sul tavolino e andò a farsi una doccia rinfrescante, restò sotto l’acqua per parecchi minuti sentendo i rivoli che scendevano freschi sulla schiena. Quando uscì dal box si avvolse in un asciugamano e prese il telefono per ordinare qualcosa da mangiare, non era il caso che si mettesse a cucinare per restare poi a digiuno, si vestì con un top nero e un paio di pantaloni neri che usava solo per restare in casa, comodi e semplici.
    Al suono del campanello aprì la porta e pagò un giovane ragazzo dall’aria innoqua e ritirò la sua cena, divorò quel mega panino con hamburger e patatine fritte accorgendosi man mano che mangiava che il suo stomaco era decisamente vuoto.
    Finito anche “l’obiettivo cena” fece spazio sul divano e si accoccolò mentre guardava un po’ di tv, non c’era decisamente nulla di interessante a parte i telegiornali, così decise che era ora di andare a dormire definitivamente, doveva essere sveglia e riposata per quello che l’attendeva il giorno dopo, prese con sé la pistola e la sistemò sotto il cuscino, si addormentò a pancia in giù con una mano sotto di esso e l’altra sopra, vicino alla testa, mentre le gambe erano scomposte e leggermente piegate.
    La mattina seguente arrivò più in fretta di quanto potesse immaginasse.


    * Il Matt in questione è lo stesso Matt Spicer della 5x23
    (1) cosa accadde quella sera? andate a -> "Carry me through your mind" di unsub al capitolo "Capitolo XIX: A little riddle: you and I."

    Continua....
     
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  2. robin89
     
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    Capitolo I : Crash - The Beginning


    Fissava i numeri dell’ascensore cambiare man mano che superava i piani della sede del B.A.U.
    Si ricompose un attimo abiti e capelli con qualche gesto sfuggente della mano, si vestì così come era abituata a lavorare: indossava dei jeans chiari attillatissimi come al suo solito, questi, venivano infilati dentro degli anfibbi neri che arrivavano a metà polpaccio, una maglietta con le maniche a tre quarti nera che lasciava visibile un sottile orologio di pelle marrone con il quadrante dorato, la maglietta incorniciata da un jillette grigio lasciato aperto. I capelli color miele lunghi fino alla schiena li aveva raccolti in una mezza coda con il ciuffo laterale fermato da una forcina invisibile, un bel po’ di mascara e una linea sottile di matita facevano risaltare due grandi occhi espressivi.
    Il suono del campanello dell’ascensore la fece scostare dalla parete della cabina pronta per affrontare un nuovo inizio.
    Questa volta l’open-space era carico di vitalità e di scrivanie piene di fascicoli con il proprio agente attento al suo lavoro, non erano molti per ora visto che era mattina presto e buona parte del personale doveva arrivare, ma decisamente diverso dall’aria vuota del giorno prima quando non c’erano ormai che pochi agenti dediti a lasciare il posto per l’indomani mattina.
    Doveva salire nell’ufficio del suo nuovo capo-squadra come stabilito il giorno prima e poi sarebbe cominciato tutto, salì le scale oltre l’open-space che attraversò decisa senza guardarsi intorno e bussò alla porta, alzò gli occhi alla targhetta appesa davanti “Aaron Hotchner”, quando sentì un deciso “avanti” aprì e richiuse dietro di lei.
    - Buongiorno Agente Leane, la stavo giusto aspettando .
    L’accolse con uno sguardo serio e formale in fase di studio dei movimenti della ragazza. C’erano voluti quattro mesi di tempo da parte di Sarah Collins per convincere lui e la Strauss a farla entrare nella squadra e ora che l’aveva accettata ci andava coi piedi di piombo,anche perché la scheda della ragazza ne diceva di cotte e di crude riguardo il suo temperamento.
    - Sono in ritardo?
    - No, in perfetto orario. Appena arriva il resto del team la presenterò alla squadra, poi potrà cominciare a stilare un profilo preliminare su questi due casi – detto questo le avvicinò due pliche di fascicoli.
    Cameron li afferrò e cominciò a dare una veloce occhiata, niente a che vedere con stupri e violenze, “solo” conseguenze di uno psicopatico troppo amante della medicina.
    - Okay, lo farò entro la mattinata – disse mentre se li metteva sotto braccio.
    Intanto Hotch vedeva dal vetro i movimenti nell’open-space, stavano arrivando tutti e man mano si sistemavano nelle loro postazioni – sono arrivati, andiamo.

    Morgan era seduto sopra la sua scrivania con Emily in piedi al suo lato destro, JJ era appena scesa dal suo ufficio e si affiancò a loro raggiunti da una coloratissima Garcia.
    - È lei? – chiese JJ, vedeva Hotch chiudere la porta del suo ufficio con una giovane ragazza che lo seguiva con un plico di fascicoli.
    - Direi proprio di sì – rispose Emily.
    - È molto giovane, secondo voi quanti anni ha? – chiese Garcia.
    - 25 – Reid li raggiunse con una tazza di caffè in mano.
    - Come lo sai? – aggiunse Emily.
    - Me l’ha detto Sarah, e non fatemi altre domande perché oltre all’età credo sia l’unico argomento di cui non so nulla.
    - Secondo voi resisterà qui dentro più di due giorni? – chiese Morgan in aria di scommesse.
    Emily lo guardò a sua volta con un aria divertita – è passata sotto le grinfie di Sarah, se ha resistito a quello, può resistere a tutto – scoppiarono a ridere tutti e cinque tornando subito seri quando Hotch e la ragazza si piazzarono davanti a loro, Cameron li studiava uno per uno con uno sguardo indagatore aspettando che parlasse l’uomo di fianco a lei.
    - Loro sono gli agenti speciali Derek Morgan, Emily Prentiss esperta in lingue, Jennifer Jereau che si occupa dei rapporti con la stampa.
    - Puoi chiamarmi JJ come fanno tutti – le disse la bionda allungando la mano con un dolce sorriso.
    - Il dott. Spencer Reid che risponderà ad ogni domanda su qualsiasi argomento e lei è Penelope Garcia la nostra informatica.
    Strinse la mano a tutti tranne a Reid che la salutò con un cenno movimentato della mano.
    - Lei è l’agente speciale Cameron Leane esperta in crimini sessuali e da oggi farà parte della squadra a tutti gli effetti.
    Si rivolse poi direttamente a lei – bene, da ora puoi occupare la tua scrivania. Non ci sono casi urgenti per adesso – si girò verso il team - quindi riprendete tutti il lavoro che avete lasciato ieri,rapporti e profili preliminari.
    Annuirono tutti mentre Hotch augurava buon lavoro a Leane e si congedò risalendo nel suo uffcio, lei poggiò i fascicoli sul tavolo e si girò verso il team.
    Rimase ferma circondata dai suoi nuovi colleghi, non sapeva che dire, sembrava un gattino impaurito in preda a un branco di cani randagi.
    Ci pensò Reid a rompere il silenzio, corrugò la fronte in un’espressione incuriosita e s’infilò le mani in tasca.
    - Ehm..tu sei “quella” Cameron Leane?.
    - Dipende a cosa ti riferisci, se è quello che penso io, sì – cercò di prendere il discorso alla larga, ma tanto a qualsiasi cosa si riferisse il ragazzo,era sicuramente lei.
    - Sei la figlia di Johnathan Leane e Amanda Ramìrez – più che una domanda quella di Reid era un’affermazione.
    - Sì, sono io – “bene, cominciamo con il mio discorso preferito” pensò sarcastica.
    - Ehi fermi di cosa state parlando? – s’intromise Morgan confuso, Cameron gli schiarì le idee.
    - Johnathan Leane e Amanda Ramìrez , furono uccisi da un serial killer. Quello che chiamarono “L’uomo con la scure”.
    - È successo 10 anni fa – continuò Reid guardandola come se fosse un discorso tra loro due– era famoso per uccidere le donne con un machette e i maschi con una fucilata, quello è stato il suo ultimo omicidio e non sono mai riusciti a prenderlo.
    Emily assunse un’espressione contrita – mi dispiace.
    - A me sinceramente, no – la freddezza e il cinismo di Cameron a quella frase li lasciò senza parole, si allontanò verso la sua scrivania cominciando a ordinare i fascicoli sul tavolo mentre loro la guardavano perplessi.

    Erano rimasti solo Emily, Derek nella postazione di fronte a lei e Reid, JJ salutò i ragazzi e si diresse nel suo ufficio e così fece Garcia. Leane stava seduta nella sua nuova sedia, sfogliava i fascicoli ma faceva solo finta, era intenta a studiare i suoi nuovi compagni scrutandoli silenziosamente.
    “JJ è la ragazza bionda, un viso troppo angelico per immaginarla in un lavoro così macabro. Derek Morgan il ragazzo di colore, un gran bel pezzo di maschio alfa, mi ci posso rifare gli occhi ogni giorno. Emily Prentiss è molto più solare del tailleur scuro che indossa, l’informatica sembra uscita da un circo, Rossi sembra il tipico saggio del villaggio, Reid è piuttosto timido e impacciato e forse il più sensibile. Hotch,non credo di stargli molto simpatica. Cameron smettila di fare il profilo a ogni essere umano che incontri!”
    Tornò alla realtà sbattendo le palpebre, era ora di cominciare quel profilo preliminare se voleva consegnarlo entro la mattina.

    Le ore passavano più in fretta del dovuto, si sentì osservata e alzò gli occhi, si trovò quelli scuri di Morgan di fronte a lei che la fissavano.
    - Ehi, puoi anche fermarti ogni tanto se non ti vuoi fondere con quei fogli.
    - Finisco questo e mi prendo un ..
    - Caffè – finì lui porgendogli la tazzina.
    - Grazie – restò seria e non abbandonò la freddezza di prima.
    - Sei sempre così silenziosa?
    - Diciamo che non parlo a vanvera se non sono interpellata, sono piuttosto diffidente. Ora basta farmi il profilo, faccio una pausa.
    Si alzò e si diresse verso l’ascensore, Morgan la guardò “fuggire” e tornò al suo posto.
    Era stato gentile si disse Cameron, ma le ci voleva ancora tempo prima di aprirsi con loro, lei prima osservava i movimenti e i modi di fare della gente prima di fidarsi, poi si sarebbe comportata di conseguenza senza essersi aperta per prima, essere troppo estroversa a primo impatto la faceva sentire nuda e vulnerabile, preferiva calarsi nel mistero e lasciarsi scoprire man mano.
    Era l’una ed era iniziata la pausa pranzo, quello sarebbe stato un giorno piuttosto lento e noioso, voleva andare sul campo e muoversi, non stare incollata ad una sedia. Scese al piano di sotto dove c’erano le macchinette con i panini, ne prese uno qualunque e tornò all’open-space, sentì una voce femminile squillante, era quella dell’eccentrica informatica si disse, troppo estroversa dal canto suo, fece il giro del cucinino e passò dalla seconda porta del bagno, si fermò con la mano sulla maniglia, accostò l’orecchio alla porta e restò immobile ad ascoltare.

    - Ragazzi sturatevi le orecchie, non ascolterete mai più cosa sto per dirvi.
    - Di che parli? – chiese curiosa e divertita Emily.
    - La nuova arrivata, Cameron.
    Morgan corrugò la fronte intuendo - Hai letto la sua scheda?
    - Ooh, sì ragazzo mio. Allora, sentite qua: padre americano di Los Angeles e madre spagnola di Madrid. È cintura nera di judo e tecniche di difesa personale israeliane.
    Si rivolse a Morgan alzando un sopracciglio - questa potrebbe diventare il tuo giocattolo preferito mio pasticcino al cioccolato – lui rispose con un sorriso.
    - Per quanto riguarda il caso dei genitori, sono usciti numerosi articoli sui giornali che parlavano della figlia, Cameron appunto, che fu l’unica a salvarsi e in un primo momento i giornali scrissero che poteva essere stata lei a ucciderli visto che poi non si è più fatta viva con nessuno da quel giorno, poi l’omicidio venne attribuito al cosiddetto “uomo con la scure”,comunque lei sparisce dalla circolazione fino all’anno scorso.

    Cameron teneva gli occhi chiusi e scuoteva la testa mentre ascoltava il prolisso discorso.
    - Torna sui giornali quando subì un processo per omicidio, udite udite, ha sparato ad un poliziotto sotto copertura, uccidendolo, ma venne scagionata per difesa personale. Ragazzi ci hanno mandato una serial killer non una profiler.

    Stavano ancora rimuginando su quelle informazioni appena udite quando sentirono la porta aprirsi dietro di loro, si trovarono Cameron che incrociò le braccia e rimase immobile, loro girandosi divennero statue di ghiaccio, l’espressione della ragazza faceva capire oltremodo che aveva sentito tutto. Così aprì la bocca lasciando spiazzata Garcia.
    - Stia tranquilla scelgo accuratamente le mie vittime. Sono laureata in psicologia criminale, specializzata in psicologia investigativa e Criminal Profiling all’università di San Francisco, ho frequentato l’Accademia Internazionale delle Scienze Forensi in California e un corso per una borsa di studio alla Duke University in Profiling e Crimini Sessuali, tutto questo con il massimo dei voti e ho lavorato sul campo alla crimini sessuali di Los Angeles per un anno. Se fosse brava almeno la metà di quello che mi hanno detto e meno superficiale avrebbe trovato qualcosa di più interessante da fare. Lei si fa sempre gli affari degli altri o questo è un trattamento riservato a me?

    Garcia era a bocca aperta per le parole sentite e per la pessima figura che aveva fatto con la nuova arrivata, aveva gli occhi velati di lacrime, alzò i tacchi e se ne andò senza dire niente nel suo ufficio il più in fretta che poteva. Morgan era seduto sopra il tavolo, rivolse l’attenzione a Garcia mentre si allontanava poi si mise in piedi e si girò verso la nuova arrivata con il piede di guerra.
    - Stammi a sentire ragazzina, se vuoi lavorare qui, scendi dal piedistallo che non sei nessuno per rispondere così ad uno di noi, specialmente a lei!
    Un’aria e un tono strafottente apparvero sulla ragazza che socchiuse leggermente gli occhi.
    - Allora mettimi una museruola e insegna le buone maniere alla tua amica.
    Emily diede un colpetto con il gomito a Derek per intimargli di non rispondere oltre, il ragazzo moro fulminò un'altra volta Cameron che lo fissava con la stessa espressione e infine seguì Garcia.

    Continua....

    P.S. commenti commenti ^^
     
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  3. robin89
     
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    Capitolo II: Test

    - Non mi piace, non la voglio, mandatela via! – Garcia faceva uscire qualche lacrima mentre Morgan l’aveva raggiunta nel suo ufficio.
    - Mi dispiace dolcezza non ho la bacchetta magica, temo che da oggi in poi dovrai fare più attenzione al dove e con chi parli.
    - Hai visto che faccia tosta ha avuto? Sembrava così calma e tranquilla quando si è presentata!
    Derek scoppiò a ridere.
    - Tesoro, quella ragazza ora che sappiamo il suo curriculum è tutto tranne che tranquilla, comunque pensaci, è appena entrata nella squadra e la prima cosa che sente dai suoi colleghi è la stesura del suo passato a sua insaputa, e di essere paragonata ad un serial killer, tu come avresti reagito? – Derek era sempre infuriato con quella ragazzina ma voleva comunque far sbollentare le acque, non era il caso di avere tensioni all’interno della squadra.
    - Mmh, forse hai ragione.Ho detto forse – mugugnò l’informatica - Dunque secondo te devo chiedere pure scusa?
    - Fai quello che ti senti, ma ricorda che devi lavorarci insieme.
    - Ci penserò – rispose amareggiata.

    Cameron aveva addosso gli occhi di Prentiss e di Reid spalancati da quell’uscita improvvisa.
    - Non credi di aver esagerato un tantino con lei? ti assicuro che non c’era nessuna cattiveria in quello che ha detto – Emily ci mise una punta di acidità.
    - Potresti farle la stessa domanda – si era resa conto di aver esagerato, ma non poteva farci nulla,aveva reagito di conseguenza - Ora scusatemi ma devo finire un profilo.
    Riacquisì possesso della sua postazione e si rimise al lavoro senza guardare più nessuno, il sangue le stava ribollendo nelle vene ripensando alle parole di Derek, se davvero lei “poteva essere il suo giocattolo preferito”, quel ragazzo avrebbe trovato pane per i suoi denti, di sicuro la guerra era appena cominciata pensò, “Se questo è l’inizio, non oso immaginare come continua”,nel frattempo Morgan era ritornato fra loro nell’open-space e con Cameron non si degnarono di uno sguardo neanche quando si sedette nella sua postazione di fronte alla sua.

    Leane stava riempiendo fogli bianchi per portare avanti il profilo preliminare che gli era stato assegnato quando la penna andò a farsi benedire e si riempì le mani d’inchiostro. Sospirò mandando a quel paese quel pezzo di plastica, “cos’altro mi deve succedere adesso”, si alzò buttandola nel cestino e andò nel bagno a lavarsi.
    Sfregava il sapone contro quelle macchie scure quando sentì aprirsi la porta, Reid la guardava incuriosito mentre la studiava con le mani in tasca, Cameron lo guardò a sua volta asciugandosi le mani e sospirò poggiandosi al muro, aveva degli occhioni nocciola dolcissimi.
    - Io non sono così stronza. O meglio, non volevo dare quest’impressione il primo giorno di lavoro. Di solito lo sono solo con chi devo interrogare – aveva assunto un’espressione da cane bastonato - Io mi sono solo difesa.
    - Garcia ha sbagliato a spifferare sul tuo passato, e tu sei stata piuttosto …aggressiva, direi che siete pari e potete ricominciare da capo.
    - Sono ancora in tempo?
    - Certo, non è mai troppo tardi – seguì una lunga pausa di silenzio e Reid fece per andare via.
    - Ehi aspetta – lei lo richiamò subito - cosa sai dell’Uomo con la scure? Io ho cercato di saperne il meno possibile.
    Reid restò perplesso a quella curiosità della ragazza.
    - Sei sicura di volerlo sapere allora?
    - Sì – rispose decisa.
    - Era un uomo sulla trentina, uno psicopatico sadico che uccideva già da cinque anni o più, aveva molta esperienza. Le vittime erano intere famiglie, circa due o tre al mese nel cuore della notte nelle loro case e i suoi erano “attacchi lampo”, il suo scopo era quello di sfogare la sua rabbia con le donne e annientare i maschi senza avere contatti con loro per questo con loro usava il fucile e con le donne un’ascia prima di spogliarle, lasciava i loro corpi esattamente dove li aveva uccisi e prendeva sempre qualcosa di personale alle donne, come una catenina o un bracciale come trofeo. Non ha mai lasciato traccia sulle scene del crimine e quello dei tuoi genitori è stato l’ultimo omicidio, non si sa perché si sia fermato,poi è sparito dalla circolazione e non sono mai riusciti ad arrivare a lui - Cameron era basita dalla velocità con cui dava quelle informazioni - Inoltre ho letto tutti gli articoli sulla stampa che parlavano di te: la figlia di quindici anni che non si trovava da nessuna parte, non era morta perché il corpo sarebbe stato in casa, si pensò che fosse stata rapita e poi non avendo nessuna pista da seguire scrissero che forse ..
    - .. ero stata io, lo so. Che idioti, io avrei semplicemente sparato due colpi di pistola invece di fare quel casino.
    Reid sgranò gli occhi,restò spiazzato da quella risposta cinica che aveva dato, come poteva pensare quelle cose così freddamente riguardo l’omicidio dei genitori? Indugiò e la guardò più attentamente dubbioso se chiedere o meno.
    - Posso farti una domanda?
    - Sì – rispose temendo cosa stesse andando a sentire.
    - Come hai fatto a salvarti?
    - Semplicemente non ero in casa – alzò le spalle - non c’ero spesso negli ultimi due anni - “ci manca solo che mi chieda dov’ero e siamo apposto per oggi, beh l’ho iniziato io l’argomento dunque peggio per me” – come fai a ricordare tutte queste cose? È successo 10 anni fa’ e con tutti i casi che ci sono…
    - ..ho una memoria eidetica – rispose lui tirando le labbra ai lati in un mezzo sorriso.
    - Wow – ora fu lei a sgranare gli occhi - mi sarebbe utile per sapere dove dimentico la testa quando perdo il controllo - quello fu il suo primo sorriso della giornata.

    Usciti dal cucinino Reid riprese il posto e Cameron alzò gli occhi al piano superiore, Hotch era affacciato e la stava chiamando nel suo ufficio.
    Prese i fascicoli congratulandosi che era riuscita a finire appena in tempo il suo lavoro.
    - Ho finito con i profili – disse mentre si posizionava al centro della stanza.
    - Grazie, appoggiali pure sul tavolo.
    Eseguì il gesto e aspettò che il suo nuovo capo dicesse qualcos’altro.
    - Il carcere di Gaithesburg ha chiesto il nostro aiuto per interrogare un detenuto – l’uomo alzò la testa per osservarla - vista la tua esperienza alla crimini sessuali penso sia giusto portarti con me.
    - Questa si chiama scusa per mettermi alla prova - sorrise lei.
    - Qualche obiezione? – la redarguì Hotch serio.
    - Assolutamente no. Non vedo l’ora.
    - Bene, saremo di rientro per stasera.

    - La porta nella fossa dei leoni dal primo giorno? – chiese Derek retoricamente guardandoli andare via.
    Emily fece spallucce - Il giochetto di Hotch per mettere alla prova i nuovi arrivati, vuole vedere di che pasta è fatta.
    - Te lo dico io, yoagourt scaduto – la voce di Derek era ancora rabbiosa.
    - Infondo è il suo primo giorno, hanno sbagliato tutte e due, diamole solo un po’ di tempo – rispose Reid speranzoso.
    - Ti ha detto qualcosa lì dentro prima? – chiese ancora Emily.
    - Niente d’importante, solo scambio d’informazioni – non voleva dire altro sulla loro conversazione, inoltre aveva visto una parte della ragazza che aveva nascosto fino ad allora, aveva sorriso per la prima volta.
    - Quella ragazzina è solo piena di arroganza e presunzione, voglio proprio vedere se resiste a fare questo lavoro per più di due giorni – continuò Derek -sempre se non la sbatte fuori Hotch prima.
    Reid non rispose oltre, sapeva che c’era molto più di quell’arroganza in Cameron.

    Carcere di Gaithesburg.

    Hotch e Leane erano nell’ascensore del carcere, lei stava riguardando la scheda del detenuto da interrogare mentre lui davanti a lei stava in silenzio, quel giorno era decisivo per studiare la nuova arrivata.
    - Agente Leane, quando passeremo alle celle…
    - … non guardare, non ascoltare e non rispondere. Lo so.
    La presunzione di quella ragazza lo aveva già fatto irritare per la seconda volta.
    Le porte dell’ascensore si aprirono e cominciarono la loro sfilata tra le celle dei detenuti, Leane camminava dietro di lui con i fascicoli in mano,testa alta e passo deciso, non guardava altrove se non di fronte al lei ed ignorò i commenti spregevoli che sputavano i carcerati alla vista della bella ragazza.

    Arrivarono di fronte una piccola stanzetta interrogatori, Hotch parlò con due agenti e poi si girò da lei.
    - Puoi entrare, io resterò dietro il vetro – detto questo uno degli agenti fece aprire la porta con un pulsante e Leane vi entrò.

    Un uomo sulla quarantina, capelli biondi spettinati con la riga da una parte, due occhi maliziosi e grigi la scrutavano mentre prendeva posizione, era ammanettato al tavolo e fece uscire una risata mentre guardava quella ragazzina avvicinarsi. Leane lasciò cadere i fascicoli sul tavolo come se fossero spazzatura, allungò la sedia e vi si posò stile regina sul trono, braccia lunghe sui braccioli e gambe accavallate con quell’aria sfacciata di chi guarda i suoi sudditi.
    - Guarda che hai sbagliato posto – iniziò lui senza perdere tempo - le barbie non le trovi qui.
    - Mi dispiace deluderti ma credo di non averci mai neanche giocato in tutta la mia vita. Tu ne vorresti una invece, vero? Magari di dimensioni reali, così te la puoi sbattere come hai fatto con le altre cinque.
    L’uomo girò la faccia da una parte e dall’altra come se altri lì dentro potessero aver sentito. La sua voce era melodica e tutto sommato aveva un viso affascinante.
    - Chi diavolo ti credi di essere?
    - Una che ti conosce molto meglio di te stesso – alzò un sopraciglio - Allora,vediamo se ricordo bene. Hai ucciso cinque donne,di cui quattro prostitute, decisamente troppo vigliacco, le prostitute sono il bersaglio più facile per quelli come te. Le hai strangolate con i loro collant dopo averle picchiate, violentate e hai abbandonato i loro corpi nudi, la prima sulla riva di un fiume,la seconda la terza e la quarta in un bosco coperte dalle foglie, l’ultima in mezzo ad una stradina isolata.
    - E con questo? Chi ti dice che sia stato io? Non c’è uno straccio di prova contro di me.
    - La tua fedina penale la dice lunga sulle tue abitudini e per questi ultimi omicidi le prove sono tutte nella tua testa.
    - Dimostramelo – la sfidò lui, non sapeva che poi se ne sarebbe pentito.
    Leane si alzò dal suo trono e prese la sedia con sé, la posizionò al lato del tavolo girando lo schienale e si sedette cavalcioni con le braccia poggiate su di esso.
    Hotch continuava a seguire attento i suoi movimenti da dietro il vetro, Leane stava facendo di tutto per provocarlo.

    - Sai cosa penso? – ricominciò lei con occhi fermi e tono provocatorio - Che il tuo problema non sia con le donne, ma con tua madre. Era una prostituta per caso? Magari portava i suoi clienti a casa e tu spiavi dalla porta, tu non capivi più chi fosse quella donna, ti picchiava? Come tu fai con loro, magari era spesso ubriaca - Sorrise vedendo gli occhi dell’interlocutore sgranarsi dalla rabbia, come faceva a sapere quelle cose? - Tutto questo prima di abbandonarti e sbarazzarsi di te lasciandoti a casa da tuo nonno, eri un impiccio anche per lei che doveva badare a te, visto che tuo padre non sai nemmeno che faccia abbia, peccato che anche a tuo nonno piaceva alzare il gomito, era un bravissimo vecchietto alcolizzato.
    - BASTA! SMETTILA!
    - Questo non ha fatto altro che aumentare la tua rabbia, così hai cominciato con furti, ricettazione, a 15 anni ti hanno arrestato per stupro e istigazione alla prostituzione.
    Cameron spostò di sbieco la testa, c’era una luce divertita nei suoi occhi - è così frustrante farsi dominare da una donna?
    - Slegami e ti assicuro che ti faccio la stessa cosa che ho fatto a loro!
    - Non credo, preferisci le bionde.
    - Piccola troia che non sei altra ti ammazzo! – arrivato al limite della rabbia scattò in piedi divincolandosi ma fu trattenuto dalle manette per la fortuna di Leane.
    Lei si alzò tranquillamente ignorandolo e rimise la sedia al suo posto.
    - Sai cosa sei tu? – lo guardò in faccia un ultima volta con aria di disgusto - Noi lo chiamiamo “psicopatico sessualmente sadico con tendenze narcisistiche e istrioniche”. Ah, grazie per la confessione. Buona giornata.

    Uscì dalla porta da cui era entrata senza badare al delirio dell’uomo appena abbattuto e si affiancò ad Hotch.
    - Quanto ci ho messo? – gli chiese guardando dentro la sala da cui era uscita.
    - Un quarto d’ora – bene, prova superata pensò Hotch, ora non aveva neanche la scusa del “non ha la stoffa” per mandarla via, doveva cominciare ad abituarsi all’irrequieta profiler.


    Quantico, sede B.A.U.

    Il primo giorno di lavoro stava finendo, Hotch aveva dato il via libera per tornare ognuno a casa propria e i membri del team si salutavano scambiandosi qualche battuta, Cameron prese la borsa e si diresse verso l’ascensore.
    - Ehi Cameron!
    Si girò trovandosi Emily con aria dubbiosa.
    - Noi stiamo andando a mangiare al cinese,tutti insieme, vuoi unirti a noi?
    Leane passò gli occhi di sfuggita al resto della squadra, Reid la guardava aspettando una risposta, Derek non la guardava proprio con aria di attesa snervante e JJ aveva la stessa espressione ansiosa di Reid.
    - Grazie ma sono stanca, sarà per un'altra volta – scorse le facce deluse dei tre profiler e s’incamminò spedita verso l’ascensore.
    - Beh io ci ho provato –Emily si girò verso i compagni.
    - Sempre se ci sarà un’altra volta – finì sarcastico Derek .

    Continua....
     
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    Capitolo III: A first case


    Open-space.

    La sera prima aveva rifiutato l’invito di Emily ad unirsi a loro, più che rifiutato aveva semplicemente rimandato, non era ancora pronta ad affrontarli tutti insieme, avrebbe rischiato di fare scena muta per tutta la serata sapendo che la metà di loro già non la sopportavano, doveva chiarire un paio di cose in privato e di sicuro non sarebbe stata di compagnia. Forse Reid era l’unico che stesse dando una possibilità, ma il coltello dalla parte del manico ce l’aveva lei si disse,ed era compito suo darsi da sola una possibilità. Pensava a tutto questo mentre puliva accuratamente la sua pistola ormai lucida con un panno che teneva sempre con sé.
    - Non ammazzo nessuno, tranquillo, almeno non qui. È una cosa che mi rilassa – alzò la testa verso Reid sgamato ad osservarla silenzioso mentre leggeva un libro.
    - Com’è andata ieri? Al carcere intendo – Reid ora sembrava interessato a non farla isolare troppo.
    - Bene, ha confessato in un quarto d’ora cinque omicidi, prova superata? – chiese con mezzo sorriso al giovane genio che non ebbe tempo di rispondere.
    - E non si è ucciso quel tizio dopo che l’hai interrogato? – Emily fulminò Derek con un’occhiataccia, si girò da Cameron temendo un'altra uscita come il giorno prima.
    - Sai non ho controllato – rispose pacata e sarcastica fermando la mano sulla pistola - siamo andati via subito ma non escludo che abbiano trovato un corpo appeso ad un cappio questa mattina.
    I tre profile si sorrisero divertiti mentre Derek rimase a bocca asciutta.
    - Prova superata – rispose Reid.
    Facciamo progressi pensò Leane, questo è il mio secondo sorriso in due giorni.

    JJ stava scendendo dalle scale insieme ad Hotch facendo intuire che c’era un nuovo caso in arrivo. Aveva un plico di fascicoli in mano e si trovarono gli occhi del team puntati addosso.
    - Tutti in sala riunioni – Hotch era già sulla porta mentre diede l’ordine.
    Presero posto nella sala stile tavola rotonda,Leane non aveva mai visto una situazione del genere dove lavorava prima,JJ prese un telecomando e cominciò a far scorrere le immagini sotto gli occhi attenti del suo pubblico senza perdere altro tempo.

    - Boston, Massachusetts. Sei mesi fa due ragazze Bre Blair 18 anni e Chastie Winters 19, sono state sparate di fronte alla casa di Bre da un uomo in macchina, Bre morì con un colpo al collo mentre Chastie fu colpita alla coscia e si salvò. Tre mesi dopo Stuart Bennett 23 anni e Melissa Keenan 21 sparati anche loro davanti a casa della ragazza da un uomo in macchina, Stuart colpito alla testa rimase ferito e menomato dopo l’intervento alla testa mentre Melissa non fu nemmeno colpita. Due mesi dopo ancora due ragazze,Lynn Clemons e Kimberly Adams, 16 e 18 anni, un uomo si fermò a chiedere informazioni ma estrasse la pistola e fece fuoco, Lynn morì e Kimberly rimase paraplegica. L’ultimo omicidio è stato stanotte,Jordan Dale 26 anni e il suo ragazzo John Freund, erano nella loro macchina dopo una serata in un locale, il parabrezza va in pezzi dopo alcuni spari da fuori e sono morti entrambi, Jordan in macchina e John al’ospedale.
    - E non hanno trovato nessun proiettile? – chiese Leane sconcertata.
    - Solo uno appartenente ad una calibro 44, la polizia non ha trovato nessun collegamento e cominciano a pensare si tratti di un serial killer, per questo ci hanno chiamato solo ora.
    Hotch alzò la testa dal fascicolo rivolgendosi ai presenti - Vi voglio sul jet tra mezz’ora, studieremo lì i particolari – così si alzò seguito dai movimenti degli altri che annuirono in silenzio.
    Mentre la saletta si svuotava Garcia si fermò con il portatile in mano con un’espressione incerta, Leane intuì che aveva qualcosa da dirle e che non sapeva da che parte cominciare, così restò sola con lei aspettando che dicesse qualcosa.
    - Io … ti volevo dire che mi dispiace per ieri – cominciò Penelope con una voce instabile.
    - Se queste sono scuse non m’interessano – quella di Leane invece,era piuttosto ferma e decisa – io non ne faccio e tanto meno ne voglio ricevere, le trovo inutili e ipocrite, sarebbe come rimangiarsi quello si fa e si dice ed essere falsi con sé stessi e io non mi rimangio mai nulla. Dunque dimentichiamo quello che è successo ieri e ricominciamo da capo. Okay?
    Garcia la guardava stralunata,praticamente non ne azzeccava una giusta.
    - Ehm… okay – Leane annuì e l’informatica la guardò raggiungere l’open-space senza capire che tipo di ragazza aveva davanti.

    Era decisamente il momento giusto per prendere un caffè per svegliarsi ed essere attivi al pieno delle forze, raggiunse il cucinino e si fermò di colpo quando vi trovò dentro Morgan con altrettanto caffè in mano. Si avvicinò alla macchinetta con noncuranza del presente e aspettò paziente alcuni secondi prima di parlare.
    - Sei sempre così silenzioso?
    - Diciamo che non parlo se non sono interpellato, sono piuttosto diffidente.
    - Io e Garcia abbiamo chiarito se può interessarti. Diciamo che azzeriamo tutto e ricominciamo dall’inizio – poi gli tese la mano lasciando il caffè sul tavolo.
    - Facciamo una tregua anche noi? Infondo dobbiamo lavorare insieme e non mi va’ di restare col muso per tutto il tempo.
    - Stai alzando bandiera bianca?
    - Ehi ho detto tregua, non confondere.
    Derek non credeva a quello che sentiva, poi ripensò alle parole di Sarah al telefono, poteva concederle infondo una seconda possibilità.
    - Tregua – rispose ricambiando la stretta di mano, chissà quanto sarebbe durata.

    Interno del jet.
    Leane stava seduta di fronte JJ e Reid, al suo fianco Emily e alla parte opposta a loro stavano Morgan e Hotch, JJ aveva tolto fuori una foto del piccolo Henry che stava facendo il giro tra le loro mani.
    - È tuo figlio? – domandò Cameron prendendo la foto dalle mani di Emily.
    - Sì, e Spencer e Penelope sono i padrini – JJ le rispose con occhi sognanti e un sorriso luminoso.
    - È bellissimo, vi somigliate tanto – Cameron si stupì della forza di quella donna - come fai a lavorare e fare da madre?
    - È difficile lo ammetto, ma si fa quel che si può, quando lavoro cerco di dare il meglio di me e quando sono a casa faccio lo stesso come madre – l’espressione della ragazza bionda mentre parlava era qualcosa che dava serenità - Tu vorresti bambini un giorno?
    - Ehm, non ci ho mai pensato – sorrise con la bocca storta in una smorfia - è già complicato badare a me stessa figuriamoci se devo badare ad un'altra persona contemporaneamente. Preferisco strapazzare quelli degli altri.
    Ora Cameron era decisamente in imbarazzo – era circondata da sorrisi di risposta così ripassò la foto alla proprietaria e si girò dalla parte del finestrino mentre meditava su tutti loro, Derek aveva difeso a spada tratta la collega Garcia e anche tutta la squadra e lei e Reid erano i padrini del figlio dell’altra collega. Non era una squadra,era una grande famiglia in cui lei si sentiva un’intrusa alle prime armi.
    - Allora cominciamo con le informazioni che abbiamo – la voce perentoria di Hotch riportò tutti alla realtà del loro lavoro.
    - Le prime due vittime erano davanti all’appartamento di una delle due, Bre, rientravano da una serata fuori e restarono nel giardino a parlare poi un uomo si è affacciato al finestrino e ha cominciato a sparare alle ragazze. Il padre è sceso e ha portato la figlia all’ospedale ma ormai non c’era nulla da fare mentre Chastie diede una descrizione dell’assalitore che non servì a niente – Emily aprì il dibattito continuato da Cameron che sfogliava il suo fascicolo.
    - Nel secondo caso Stuart Bennett diede un passaggio all’amica Melissa Keenan con la quale si fermò davanti a casa sua, anche qui un uomo si affacciò da una macchina e sparò 5 volte ma Melissa non venne colpita.
    - Lynn Clemons e Kimberly Adams – fu il turno di JJ- qui l’S.I. si è fermato a chiedere informazioni, le ragazze si spaventarono, erano sole al buio e camminarono più velocemente così sparò più colpi uccidendo Lynn.
    - Non guarda livello sociale, sesso e razza, le vittime non hanno praticamente niente in comune se non essere giovani ed essere sempre in due – aggiunse Derek.
    - L’ultimo caso? – incalzò Hotch.
    - Uscirono da un locale dopo la mezzanotte e questa volta li sparò dentro la loro macchina – riprese a parlare Leane - Jordan morì dentro la macchina colpita alla testa e John chiamò i soccorsi ma è morto anche lui in ospedale.
    - Dunque abbiamo uno psicopatico che sceglie le vittime a caso nel cuore della notte come se andasse a caccia limitandosi a sparare – affermò Reid.
    - Già, non c’è rabbia nel modus – operandi e nulla di altrettanto personale con le vittime, evita ogni contatto se non quello di seguirle forse.
    Hotch annuì – se il suo divertimento consiste in questa specie di caccia al buio riprenderà presto e più frequentemente finchè non ne avrà abbastanza, dopodiché il suo scopo potrebbe essere quello di farsi uccidere o di peggiorare la situazione.
    - Questo sempre se prova rimorso dopo gli omicidi – constatò Morgan.
    - Tu, Reid e Leane sull’ultima scena del crimine, io e Prentiss dal medico legale e parleremo con i medici che hanno soccorso l’ultima vittima. Domande?
    Nessuno aveva niente da obiettare così rimaneva solo da aspettare l’atterraggio, Leane era decisamente ansiosa di lavorare sul campo, ripiegò la testa sul finestrino e si perse in pensieri su quello che le aspettava.


    Continua....
     
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    CAPITOLO IV: Accidents of run

    Arrivarono verso l’ora di pranzo, finite le presentazioni e i doveri con il detective Lambrace del dipartimento di polizia di Boston si recarono ognuno al proprio obiettivo. Derek era alla guida del SUV messo a loro disposizione, Reid alla sua destra e Cameron dietro sedeva al centro, c’era silenzio e nessuno parlava,si poteva sentire il rumore dell’asfalto sotto le ruote del veicolo, dopo qualche minuto Derek ruppe l’atmosfera.
    - Cos’è oggi, il giorno del mutismo?
    - A questa domanda ho già risposto – Morgan la guardava dal finestrino del posto di guida.
    - Dunque ragazzina, sei mezzo spagnola giusto?
    - Sì. Parlo spagnolo e francese – rispose senza nessun tono particolare.
    Non ti ho chiesto quante lingue sai parlare, presuntuosa”.
    - E hai sempre abitato a Los Angeles?
    - No, in realtà ho sempre abitato a Madrid, ma avevamo una seconda casa a LA.
    - Posso farti una domanda.. più personale?
    - Compresa questa?
    - Spiritosa. Sei libera di non rispondere.
    - Dimmi.
    Spencer assisteva al dialogo attento.
    - Hai studiato in America, dunque non sei più tornata in Spagna dopo quel fatto, perché? Non era meglio andare via da lì dopo quello che era successo?
    - No. Non potevo.
    - Scusa come hai fatto a cavartela da sola? Sei rimasta da parenti?
    - Ehi cos’è un interrogatorio? – ora ricambiò lo sguardo attraverso lo specchietto - Risparmia il fiato per gli S.I. Ho risposto alla tua domanda, ora sono troppe.
    - Okay okay, scusa – decise di lasciar perdere per non tirare troppo la corda,anche se quelle risposte lo incuriosivano ancora di più.

    Il SUV si fermò in una strada che dava su un piccolo parco vicino ad un locale,un pub notturno e qualche casa gli faceva da contorno insieme ad altre poche macchine della polizia, s’incamminarono verso un parcheggio al lato del parco dove un nastro giallo incorniciava la vettura in questione con il parabrezza in frantumi bagnato dal sangue delle vittime, i tre profiler mostrarono le loro credenziali e si avvicinarono alla macchina rossa.
    - Qui c’era la ragazza – inidicò Leane al posto del passeggero ai due colleghi– l’ha colpita alla testa ed è morta sul colpo – aprì la portiera posteriore e diede uno sguardo al sedile mentre Derek e Reid prestavano attenzione al posto di guida e parlavano con gli agenti.
    - Nessun vicino ha sentito niente? Ci sono parecchie case nei dintorni – Reid si rivolse ad uno di questi.
    - No, molte sono occupate solo nel periodo delle vacanze e ora non c’è nessuno, inoltre le vittime stavano tornando da un locale del quartiere ed era notte – l’agente indicò una casa isolata dietro di lui - da quella hanno solo sentito due spari e una macchina che correva, il ragazzo è riuscito a chiamare i soccorsi ma è morto in ospedale.
    - Tutte le altre vittime le ha uccise davanti a casa loro – aggiunse Derek - perché loro li ha uccisi in macchina, in un parcheggio e lontano dall’abitazione?
    - Perché il luogo è a caso come le vittime, sceglie chi sparare chi gli capita a tiro in quel momento – gli rispose Reid cercando conferme.
    - Ehi! – la voce di Cameron interruppe il loro discorso, un agente le si avvicinò rispondendo al gesto della ragazza – c’è un proiettile nella spalla sinistra del sedile posteriore, non ce ne sono altri – fece il giro della vettura togliendosi i guanti e si affiancò ai colleghi.
    - Spara solo a coppie giovani però – dicendo questo fece capire di aver sentito tutto nonostante fosse impegnata in altro – se fossero così a caso le vittime ucciderebbe anche bambini,anziani..
    - Questo S.I. colpisce di notte e le giovani coppie sono più facili da trovare a quell’ora, speriamo solo che non degeneri troppo in fretta altrimenti tutti sarebbero possibili vittime.
    Leane e Reid annuirono convinti a Morgan, non c’era altro da vedere sulla scena, le circostanze erano abbastanza chiare a tutti, Leane si fermò a fissare un punto del parco restando immobile, si era sentita osservata tutto il tempo.
    - Che c’è? – le chiese Derek.
    - Niente, andiamo.

    Derek pensò a congedarsi coi poliziotti e seguì con Reid la ragazza, continuò a guardarla dubbioso mentre lei procedeva verso la strada dove avevano parcheggiato poco prima. Cameron aveva appena oltrepassato il parco e messo piede sul’asfalto quando sentirono sgommare una macchina, si voltarono tutti e tre contemporaneamente verso la curva da dove sbucò il veicolo, Cameron non ci pensò due volte si piazzò in mezzo alla strada, divaricò le gambe, sfoderò la pistola e cominciò a sparare a braccia tese una serie di colpi verso la vettura in corsa.
    - Ma che diavolo sta facendo! - Derek era ancora in mezzo all’erba del parco e la vide compiere quella pazzia, Reid invece era già sul marciapiede e cercò di chiamarla quando vide la macchina color avorio accelerare sempre di più.
    - Spostati Cameron!
    Aspetta non l’ho ancora colpito” pensò tra sé, rimase ferma nella sua posizione sparò gli ultimi colpi fino a scaricare l’arma.
    - SPOSTATI! – le urlò ancora Reid, ma la macchina era troppo vicina e lei si sentiva paralizzata per riuscire a muoversi.
    Reid attraversò la strada in un baleno, l’afferrò con le braccia spingendosi sull’altro lato e rotolarono sull’asfalto entrambi, la ruota della macchina le passò a un soffiò dalla testa da farle chiudere gli occhi e trattenere il fiato mentre sentiva il rumore della gomma vicino all’orecchio. La macchina si allontanò così com’era arrivata, Reid era steso con un braccio ancora intorno alla vita della ragazza che stava a terra a pancia in su, si mise in ginocchio controllando se fossero feriti in qualche modo.
    - Stai bene?
    - Sì – gli rispose riaprendo gli occhi – tu?
    - Sto bene.
    Derek li aveva raggiunti di corsa, era accaduto tutto troppo in fretta, li vide rialzarsi e spolverarsi gli abiti così avvicinandosi si portò faccia a faccia con Leane che ricambiò lo sguardo.
    - Si può sapere cosa diavolo hai nel cervello? Volevi farti ammazzare?
    - Anch’io sto bene, grazie – gli rispose stizzita lei.
    - Mi prendi in giro ragazzina? È un miracolo che Reid fosse lì con te e che non lo abbia investito!
    - Morgan lascia perdere – Reid cercò di evitare lo scontro ormai evidente.
    La voce di Leane tornò quella provocatoria e strafottente del giorno prima - beh, ognuno è responsabile delle proprie azioni, non di quelle degli altri – vide l’espressione di Derek cambiare in un baleno,se si lavora in una squadra e si sta “parlando” con lui, questa era l’ultima cosa da dire.
    La mano del profiler colpì a pieno la guancia di Leane in un veloce e sonoro schiaffo, dopo di che scese il silenzio, Reid restò a bocca aperta e Cameron rimase immobile, il viso girato e gli occhi chiusi, non si portò neanche la mano sulla guancia rossa, sospirò voltandosi lentamente,superò entrambi ed entrò nel SUV sbattendo forte la portiera.
    Derek si rivolse a Reid con un tono ancora pieno di rabbia - La prossima volta lasciala in mezzo alla strada.

    Dipartimento di Boston.
    Quando arrivarono al dipartimento di polizia, Hotch e Prentiss erano già arrivati.
    - Novità? – chiese lui vedendo Leane arrivare per prima, ma lei lo ignorò deliberatamente e con un passo veloce e deciso entrò nel bagno chiudendo forte la porta. Quello era un brutto segno e Hotch cominciò ad allarmarsi.
    - Morgan si può sapere cos’è successo?
    - Vuole giocare a fare l’eroina - Derek pensò a ricostruire dettagliatamente l’accaduto mentre Hotch assumeva piano un’espressione furiosa.

    Leane nel piccolo bagno pensò di sciacquarsi il viso con acqua fredda, era ancora sotto shock e cercava di riprendersi il più in fretta possibile, era grata a Reid per averla salvata poichè era pienamente cosciente che se non fosse stato per lui non si sarebbe spostata in tempo. Restò pochi secondi con le mani ai lati del lavandino poi tirò una ginocchiata sotto di esso, tanto per sfogarsi in qualche modo, come si era permesso Derek di prenderla a schiaffi? Decise di uscire e sentire cosa dicevano.
    Appena Hotch la vide uscire dalla porta la prese per un braccio e la trascinò in un angolo in disparte, la lasciò mentre la guardava con il viso più duro e serio che riuscì a fare.
    - Quale parte non ti è chiara del fatto che lavori in una squadra?
    - Mi è tutto chiarissimo. Ho solo agito d’istinto, quello poteva essere l’S.I..
    - Beh lascia a casa tua l’istinto Leane – lei girò la faccia - mettiti nuovamente in pericolo di vita volontariamente o mettici quella di un altro membro e questo sarà il tuo primo e ultimo caso, dunque vedi di darti una calmata. Sono stato abbastanza chiaro adesso?
    - Sì – disse guardando altrove, ma non era un sì molto convinto.

    Continua....
     
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    Capitolo V: Profiling


    image

    Seguì Hotch nella sala riunioni addobbata con le foto degli omicidi al tabellone e un tavolino pieno di fascicoli e informazioni su questi.
    - Se era lui perché non vi ha sparato? – domandò Emily.
    - Forse voleva solo spaventarci – le rispose Reid alzando le spalle.
    - Beh non c’è riuscito – la voce tagliente di Cameron non si smentì- e un altra cosa .. quando eravamo lì, mi sono sentita osservata tutto il tempo, mi sono girata verso il boscho del parco ma non ho visto nessuno, finchè non è uscito con la macchina.
    - Allora potrebbe aver avuto paura di esser stato visto, ecco perchè l’obiettivo eri solo tu e non ha sparato agli altri – constatò Hotch.
    - L’hai visto in faccia? – le chiese nuovamente.
    - Mmh – Leane chiuse gli occhi cercando di ricordare - maschio bianco, capelli scuri,corti, nient’altro…la targa non si vedeva era sporca.
    Dopo un’occhiata alla ragazza parlò ancora Hotch - Se davvero era lui vuol dire che che rivisita le scene per trarne un’ulteriore eccitazione , è più probabile che richiami la nostra attenzione per cercare di smettere.
    - Cos’avete scoperto all’ospedale? – gli chiese Derek che fino ad allora aveva evitato di interloquire con Cameron.
    - Nulla che ci possa aiutare, tutto quello che abbiamo è qui davanti. Chiamo Garcia, vediamo se ha scoperto qualcosa.
    Prese il palmare e dopo aver premuto un tasto lo mise al centro del tavolo.
    - Garcia sono Hotch sei in vivavoce, cos’hai scoperto sulle vittime?
    - Niente di niente signori, nel senso che tra loro non c’è niente in comune, frequentavano posti diversi, scuole diverse, vite diverse e fedine immacolate.
    - Insomma, che colpisce a caso ora ne siamo più che certi – commentò Leane – puoi fare una lista dei possessori di calibro 44? Magari che abbiano ricevuto segnalazioni in questi sei mesi a Boston e dintorni.
    - Al volo dinamite.
    - Cosa? – si accigliò Cameron.
    - Dinamite, è il tuo nuovo soprannome.
    - Okay – rispose alzando un sopracciglio - mi piace.
    - Ehm bene, qui ho i risultati e sono centinaia di persone, bambini miei dovete restringermi il campo.
    - Bianco,capelli corti, scuri, sui 30 anni… – continuò Hotch.
    - Fatto, sono ancora moltissimi ma continuo a lavorarci man mano che mi date informazioni.
    - Va bene Garcia chiamaci appena hai novità.
    Chiuse la chiamata e alzò la testa verso i presenti - Possiamo stilare un profilo con quello che abbiamo? – più che una domanda era un’incentivazione.
    - Allora abbiamo capito che è un maschio sui 30 anni, decisamente squilibrato – iniziò Emily.
    - Per ora ha colpito solo nella parte nord della città - Reid era in piedi di fronte alla cartina e segnava i punti dei vari omicidi.
    - Avrà qualche legame personale con quella almeno, forse ci ha abitato o ci vive adesso – aggiunse Derek.
    - Non rischierebbe così tanto se abitasse dietro l’angolo degli omicidi, forse ha qualche legame del suo passato con il posto ma non certo da abitarci ora – gli rispose Leane mentre guardava seduta la cartina sul muro.
    - E le vittime sono tutte giovani in una media intorno ai 20 anni – fu il turno di Emily – forse ha avuto un trauma a quell’età e ora si sta vendicando per quello che gli è successo.
    - Dunque abbiamo uno psicotico che va’ a caccia di notte per eliminare quello che per lui rappresenta una gioventù felice – affermò Derek, Reid continuava a girarsi il pennarello tra le dita quando si rivolse a loro.
    - Sono stati tutti attacchi lampo e attraverso un’arma da fuoco, questo significa che non ha capacità interpersonali per avvicinarsi oltre alle vittime, preferisce starci a debita distanza e poi c’è stato il fattore sorpresa, dunque probabilmente può averle seguite.
    - Deve avere un lavoro che gli permette di non stare a contatto con la gente quindi, piuttosto solitario e invisibile alla società, probabilmente era un bambino introverso che non interagiva con i compagni più dello stretto necessario.
    - Okay –Hotch annuì a Cameron dopo averla sentita - presenteremo questo profilo agli agenti di polizia tra dieci minuti, vado a parlare col Lambrace.


    Cameron aspettò che Derek fosse solo nella piccola sala ristoro ,era in piedi davanti una macchinetta e lei entrò dirimpetto piazzandosi davanti a lui ottenendo così la sua attenzione.
    - Lo avresti fatto anche tu! – sbottò con la stessa aria strafottente che aveva avuto il giorno prima con lui e Garcia.
    Derek sospirò continuando a guardare la macchinetta, non aveva voglia di stare dietro quella ragazzina scalmanata.
    - Di che parli?
    - Di stamattina, alla macchina che ho sparato.
    - Ti sbagli.
    - Sai cosa c’è? Che per quanto tu non voglia ammetterlo siamo uguali – incrociò le braccia e lo fissò da capo a piedi - pensi che io sia una stupida ragazzina arrogante e presuntuosa che snobba il mondo intero e che crede di essere la super eroe di turno,okay è vero, tu cosa sei? Maschio alpha che crede che tutte le donne gli sbrodolino intorno, cerchi di fartene il più possibili per confermare la tua virilità e dormire sonni tranquilli, egocentrico e narcisista che non si fida di nessuno al di fuori di sé, affetto anche tu dal morbo dell’eroe di turno, dimmi, quante volte ti ha rimproverato Hotch per essere troppo avventato a dimostrare il tuo coraggio? Quante volte hai agito da solo senza aspettare gli altri?
    Morgan sentì il sangue ribollire nelle vene, gli stava sbattendo il suo profilo in faccia come se elencasse la lista della spesa, si girò ringhiandole di smetterla.
    - Chiudi quella bocca!
    - Altrimenti che fai? Mi prendi nuovamente a schiaffi? Sei patetico – si girò per uscire ma la prese per un braccio.
    - Non mi toccare! – lo strattonò per liberarsi dalla presa e fece partire la mano destra verso il suo viso, Morgan la bloccò prima che lo colpisse e le afferrò il polso, si ripetè lo stesso con la mano sinistra che afferrò a sua volta. Ora aveva tutti e due i polsi e gli alzò le braccia spingendole la schiena contro la macchinetta con un tonfo.
    Cameron rispose scandendo lentamente ogni sillaba mentre con gli occhi si fulminavano a vicenda. Era la prima volta che lui le vide quello sguardo “assassino”.
    - Derek Morgan, lasciami immediatamente prima che faccia qualcosa di cui pentirmi.
    Ora era lui che aveva quello stesso sguardo e le sbattè un’altra volta i polsi contro la parete.
    - Io non avrei mai fatto rischiare la vita ad un mio compagno di squadra. E sì, hai ragione, sei una stupida ragazzina arrogante e presuntuosa. Non so come abbiano fatto i tuoi genitori a sopportarti per 15 anni ..menomale che ora, non ti sopportano più.
    Cameron si gelò in un istante, si sentì un nodo alla gola e Morgan le vide gonfiarsi gli occhi di lacrime, lasciò la presa ai polsi che lei abbassò lentamente e si voltò per andarsene lasciandola sola nella stanza.

    Si era asciugata rabbiosamente qualche lacrima che non riuscì a trattenere e li raggiunse nella sala che pullulava di divise tutte uguali. Quella conferenza per presentare il profilo agli agenti fu un’ulteriore novità per lei oltre al lavoro in squadra, osservò gli agenti annuire ad ogni frase di Hotch o di Morgan che stavano in piedi davanti ad una cattedra, lei aggiunse qualche informazione di tanto in tanto ma la voce insicura e nervosa tradiva ogni sua sicurezza.
    Tornarono in albergo di tarda sera, era stata una giornata decisamente lunga,piena di novità, di imprevisti e di ..casini.
    Quando gli altri si chiusero nelle loro stanze lei aspettò che nessuno la vedesse,o almeno così credeva, per sgattaiolare fuori nel terrazzo del pianerottolo. Si tirò su una coperta fino al collo e si sedette in una panchina, restò così in silenzio a fissare le luci di Boston che splendevano di notte come tante stelle in mezzo ai grattacieli, rimuginò su tutto quello che era successo in un solo giorno di lavoro e alla cosa che gli aveva fatto più male, cioè le parole di Morgan, appena se le sentì risuonare nelle orecchie prese a piangere come non aveva potuto fare prima, ora non c’era nessuno e poteva sfogarsi fin che voleva. Questo era quello che credeva lei fino a che non vide Prentiss uscire nel balcone, la guardò come se fosse impaurita e si asciugò subito le guancie, Emily provava una grande tenerezza per quella ragazza in quel momento.
    - Non stavo piangendo – disse subito Leane.
    - Anche se fosse non ci troverei nulla di male, come mai qui al freddo tutta sola?
    - Avevo bisogno di pensare, e il freddo mi rilassa.
    Emily indicò la panchina con gli occhi- mi fai un po’ di spazio?
    Lei annuì e si spostò di lato lasciandole un po’ di coperta.
    - Ho parlato con Derek – ricominciò Emily dopo una pausa – so’ cos’è successo.
    - Bene, mi risparmio il racconto allora.
    Seguì un'altra pausa poi si girò a guardarla.
    - Derek è sempre così?
    - Così come?
    - Non lo so…aggressivo?
    - Solo quando si tratta di difendere o proteggere qualcuno della squadra… ma ti assicuro che è molto meglio di quello che ti è sembrato fin ora, e tu sei stata bravissima a fargli dare il peggio di lui.
    Pensò che infondo avesse ragione, non aveva fatto altro che provocarlo in effetti.
    - Anch’io penso di essere migliore di quello che sono sembrata. Anche se ora magari mi odiate.
    - Ti odiamo? Non dire sciocchezze noi non odiamo nessuno, solo gli S.I. chiaro? Ma tocca a te darci la possibilità di vedere quello che sei, sai,io penso che tu sia solo impaurita di tutta questa situazione,di noi, dei primi giorni.. non ci conosci e noi non conosciamo te, così hai alzato una barriera di difesa per proteggerti.
    - Credo che non stia funzionando però – disse amareggiata.
    - Cerca di abbassare le barriere allora, almeno un poco per adesso se vuoi che impariamo a conoscerti. Sono sicura che dietro quella corazza c’è una Cameron ben diversa, simpatica e allegra,non devi avere paura di farti conoscere, specialmente con noi, siamo una squadra dentro e fuori l’ufficio, no?
    - Perché fai così? – le chiese dubbiosa.
    - Cioè?
    - Perché sei gentile con me?
    - Ehi, non sei finita mica dentro una gabbia di leoni – le rispose con una risata - puoi considerarmi tua amica da adesso in poi, okay?

    Cameron annuì mentre la guardava con gli occhi lucidi, poi li riportò sul panorama pensierosa,si chiese cosa stesse succedendo nella sua vita e in quel momento. Un’altra novità per finire la giornata si disse, aveva acquisito la sua prima vera amica in 25 anni.


    Continua....


     
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  7. robin89
     
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    Capitolo VI: Confidences



    Uscirono dalla discoteca verso le tre di notte, la sera prima di partire non potevano fare altro che divertirsi un po’ sapendo poi cosa gli avrebbe aspettati, il viaggio dei loro sogni. Non avevano neanche esagerato con gli alcolici ed erano ancora in grado di guidare, raggiunsero la macchina nel parcheggio e vi entrarono lasciandosi il locale alle spalle.
    - Non mi sono mai divertita così tanto! – esclamò Lauren con una voce raggiante di gioia.
    - Chi ti dice che la serata sia già finita? – un ragazzo dai capelli biondi gli sorrise dal posto di guida.
    - Che vuoi fare Steven? Domani mattina dobbiamo partire, ricordi?
    - Secondo te cosa voglio fare? – dicendo così si sporse dal sedile e la baciò con passione, lei lo ricambiò altrettanto coinvolta.
    Quando allontanarono le loro bocche Steven mise in moto la macchina e iniziò le manovre per uscire dal parcheggio.
    - Al solito posto? – le chiese voltandosi nuovamente, lei annuì decisamente con aria maliziosa.

    Fermarono la macchina in una piazzola asfaltata, era isolata con dietro un boschetto e davanti una vista mozzafiato della città. Sapevano di un killer che si aggirava per la città ad uccidere giovani coppie e Lauren assunse un’espressione tirata mentre spense la radio.
    - E se fosse qui ?
    - Chi?
    - Hai sentito la radio, quel pazzo che sta uccidendo a Boston.
    - Non può essere qui tesoro, hanno detto mille volte che uccide solo nella parte nord della città, tranquilla non ci pensare adesso.
    Si sporse nuovamente per baciarla e lei seguì il suo consiglio,decisamente non era ora di pensare agli squilibrati della città, lei cercò di posizionarsi sopra di lui al posto di guida e si voltarono insieme vedendo una macchina parcheggiarsi di fianco.
    - Fantastico, abbiamo compagnia– esclamò lei delusa, tornò nel suo sedile e Steven mise la mano intorno alle chiavi – andiamo più avanti - non fece in tempo a girarle, il finestrino della macchina vicina si abbassò e l’ultima cosa che videro fu la canna di una pistola.

    Hotch venne svegliato alle cinque del mattino dalla chiamata del detective Lambrace, c’era stato un altro omicidio e dovevano recarsi subito alla scena del crimine, stavano tutti riposando nelle proprie stanze e all’avviso di Hotch balzarono in piedi in un attimo.

    Arrivarono nella piazzetta dopo circa mezz’ora di tragitto e questa venne in pochi minuti circondata da SUV e macchine della polizia.
    Andarono incontro al detective che vedendoli arrivare spostò l’attenzione dalle vittime a loro.
    - Steven Marshall e Lauren Shepard, 25 e 23 anni, hanno ancora il timbro della discoteca in cui erano stanotte.
    - Come hanno fatto a trovarli?
    - Una coppia è venuta circa un’ora fa e ha trovato la macchina in queste condizioni, così hanno chiamato subito la polizia – indicò un uomo e una donna al lato della piazza, parlavano con degli agenti che annotavano su un taquino.
    - Abbiamo sbagliato – disse Reid - eravamo convinti che colpisse solo nella parte nord della città.
    - Sta degenerando – rispose Emily.
    Il detective ascoltò i loro commenti poi prese una busta di plastica con dentro un foglietto – questo era incastrato nel tergicristallo - la scritta era grossolana fatta a matita e in stampatello, lo porse a Hotch che leggendolo sospirò girando gli occhi, così lo passò direttamene a Leane.
    - Cos’è? – chiese Derek.
    - La conferma che quello di ieri era lui – gli rispose il capo squadra.
    Leane sgranò gli occhi e li alzò subito verso Hotch, poi lesse a voce alta con un moto di sconfitta.
    - “Se avessi preso meglio la mira a quest’ora sarebbero ancora vivi, per fermarmi dovete uccidermi”. Mi sta sfidando?
    - No, sta sfidando tutti – gli rispose lui.
    - Dunque ora sappiamo che colpirà presto e in qualsiasi parte della città, bene – commentò Reid sarcasticamente.
    - Se sta degenerando – aggiunse Hotch - questa fretta lo porterà a fare i primi errori.
    - Spero li faccia prima di uccidere mezza città – dicendo così Leane si allontanò verso la macchina delle vittime.
    Il finestrino del guidatore era in frantumi e i corpi erano ognuno al proprio posto, lui con un buco sulla nuca era girato verso destra e lei con un foro rosso al petto stava china in avanti.
    Leane stava di fronte al parabrezza e li osservava in silenzio quando le si avvicinò Derek in punta di piedi.
    - Li avrebbe uccisi lo stesso, non è colpa tua.
    Cercò di annuire disinvolta, anche se non ci riusciva – già – si limitò a rispondere.

    Tornarono al dipartimento con ben poco entusiasmo, non avevano un gran che in mano per fare ricerche, solo conferme di quello che già sapevano.
    - Sembra il foglio di un diario – commentò Reid riguardando la foto del reperto.
    - Di sicuro non ne ha comprato uno appositamente per scriverci una frase – continuò Leane – forse ne tiene uno per annotarsi gli omicidi.
    - Così oltre a ricercare il piacere nelle scene del crimine lo cerca anche nel rileggere quello che ha fatto – finì Morgan.
    - Non tornerà su questa scena credo, non dopo l’episodio di ieri – affermò ancora lei - vuole ancora tempo per giocare con noi e non rischierebbe un’altra volta di farsi ammazzare, anche perché la prossima volta sarà l’ultima che mi vede.
    - Non hanno trovato impronte sul foglio – Hotch teneva ancora gli occhi inquieti su Leane - dunque è anche piuttosto attento ai particolari.
    Il telefono squillò interrompendolo e prontamente mise il vivavoce.
    - Cos’hai scoperto Garcia?
    - Allora Steven Marshall e Lauren Shepard studiavano entrambi alla Brown, avevano prenotato un volo diretto a Parigi e sarebbero dovuti partire questa mattina ahimè – Leane si chiuse sempre più a riccio sentendo le notizie, si stava auto convincendo che Derek avesse ragione ma dentro di lei c’era sempre una punta di senso di colpa per aver distrutto le loro due vite – anche loro non hanno niente in comune con le altre vittime e nessun pregiudicato che possiede una calibro 44 può aver avuto contatti con loro visto che sono o morti o in carcere o dall’altra parte del mondo.
    - Okay grazie Garcia – Hotch alzò nuovamente la testa verso di loro – non abbiamo niente in mano insomma, facciamo una pausa per schiarirci le idee. Riprendiamo tra 10 minuti.

    Leane entrò subito nel cucinino per farsi un caffè, aveva bisogno di distrarsi un attimo, sentì la porta riaprirsi e vide Morgan fare altrettanto, restarono in silenzio mentre aspettavano che la macchinetta finisse il suo lavoro e una volta fatto Derek era pronto per uscire.
    - Non andartene … per favore – lui girò gli occhi e sospirò.
    - Vuoi aggiungere qualcosa al mio profilo che hai dimenticato?
    Leane pensò che forse era meglio seguire qualche consiglio,anche se non era il momento più opportuno per le confidenze, ma aveva voglia di farlo per più di un motivo.
    - Ho 25 anni e sono figlia unica…
    Morgan l’assecondò capendo che sicuramente quello per lei stava diventando un momento piuttosto intimo e personale, così restò fermo ad ascoltarla, si poggiò al muro e lasciò le braccia lungo i fianchi.
    - Casa mia era un inferno, i miei genitori si odiavano e io odiavo loro, ero una figlia inesistente, si liberavano di me semplicemente ignorandomi e dandomi i soldi che chiedevo..questo quando mio padre non era ubriaco e alzava le mani. L’unica cosa che sentivo erano urla e litigi, così cominciai a uscire e stare lontano da casa il più tempo possibile, questo mi portò a frequentare … cattive compagnie, ma almeno non ero in casa e questo per me era la cosa più importante. Quella notte sono stata io a trovare i loro corpi per terra – fece una pausa incerta se continuare, poi sospirò e riprese – sono scappata senza una meta in giro per Los Angeles, non son potuta tornare in Spagna perché… lascia perdere non è importante. Comunque un poliziotto mi ha tirato fuori dai casini e mi ha tipo.. “adottata”, mi ha fatto da padre. Sono rimasta a casa sua e ho cercato di dimenticare tutto costruendomi un’altra strada, per tua sfortuna sono finita qui.
    Si voltò di schiena, aveva parlato anche troppo per quello che era abituata a rivelare del suo passato, si mosse in avanti per andarsene.
    - Non eri obbligata a dirmi queste cose se non volevi.
    - L’ho fatto perché volevo – gli rispose girando lo sguardo altrove - e credo sia la prima volta che lo dico a qualcuno dunque puoi anche sentirti onorato, se c’è una cosa che odio è l’essere fraintesa – fece un'altra pausa - come vedi.. non erano loro che sopportavano me.
    Morgan la guardò andarsene perplesso, rimase a pensare se fosse sempre la stessa ragazza del giorno prima, adesso era sembrata così innocente e indifesa senza quell’atteggiamento arrogante e provocatorio che non l’aveva mai abbandonata, si chiese chi ci fosse realmente dietro quella barriera…forse una ragazza che aveva solo bisogno di sicurezza e protezione pensò.

    Continua…..
     
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  8. robin89
     
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    Capitolo VII : Caos and order in my mind

    Mentre attraversava il corridoio del dipartimento Cameron stava ancora pensando a come fosse riuscita a parlare di quelle cose a Morgan, aprirsi così con persone nuove la faceva sentire nuda e spaesata, ma adesso era diverso, si era sentita quasi obbligata a farlo anche se quella sensazione rimaneva.
    In 25 anni aveva parlato della sua vita solo a Spicer e al suo “pubblico”durante il periodo di disintossicazione, a Derek ovviamente non aveva rivelato tutti i dettagli del suo passato burrascoso, non era né il tempo né c’era bisogno che qualcuno li sapesse.. magari in futuro, una volta trovato il coraggio e confidenza avrebbe svelato anche quelli, ma ne dubitava, ormai facevano parte del suo passato e non aveva intenzione di rinvangare cose vecchie che non facevano più parte di lei. Fatto sta’ che ora si sentiva stranamente sollevata, come se avesse preso un lungo respiro durante una battaglia che non aveva né capo né coda, non avrebbe resistito un attimo di più a continuare con quel peso con il suo nuovo collega.
    Quando Morgan l’aveva sbattuta con forza alla macchinetta delle bevande Cameron aveva avuto davvero paura di lui, le aveva fatto anche male ai polsi, se fosse stata un maschio non osava pensare come avrebbe reagito, infondo non poteva certo aspettarsi che la ringraziasse dopo che lei gli aveva sbattuto il profilo di punto in bianco e dopo che si era già presa uno schiaffo, l’aveva provocato fino a farlo arrivare al limite della pazienza e ne aveva subito le conseguenze, “peggio per me”, tuttavia pensò amaramente che il suo rapporto con lui sarebbe stato sempre così.
    Poi le aveva detto quella frase, strinse i pugni al solo pensiero,“non so come abbiano fatto i tuoi genitori a sopportarti per 15 anni”, le tornò un nodo alla gola ripensando alla realtà contraria che aveva vissuto, le sue parole furono come una pugnalata al cuore, era insopportabile vivere con l’idea che qualcuno potesse anche solo pensare questo di lei, loro non sapevano niente di lei e di quello che aveva superato per arrivare fin lì, potevano solo avere informazioni dagli articoli dei giornali e giudicarla per quello che lei stava mostrando di essere, almeno in parte, ora era stufa di essere fraintesa, sbuffò..qualunque cosa facesse aveva riscontri negativi, le sembrava di muoversi in un campo minato.


    Quei pensieri l’accompagnarono fino alla fine del corridoio che si diramava in due direzioni, alzò la testa e vide davanti a lei Reid, sbucò dall’angolo alla sua destra, non la vide e aveva tutta l’intenzione di rientrare nella sala riunioni in mezzo al bivio, Cameron non volle farsi sfuggire quell’occasione. Lo chiamò in tempo con un “hey” prima che lui potesse aprire la porta, Reid si girò di scatto al richiamo, si mise le mani in tasca e aspettò paziente che lei lo raggiungesse.
    Cameron si muoveva lentamente, come se stesse studiando la situazione mentre prendeva tempo per pensare a cosa dire, anche se in realtà sapeva benissimo cosa doveva fare, infine si posizionò di fronte a lui per poter incrociare i suoi occhi nocciola e cercò di dire qualcosa, lui la guardava accigliato chiedendosi perché si mostrava tanto insicura, era ovvio che si trovasse in imbarazzo e stesse cercando di nasconderlo.
    - Volevo dirti una cosa..
    - Dimmi pure – lui la invogliò con un sorriso rassicurante. Cameron di risposta roteò gli occhi verso la parete come se leggesse lì le parole.
    - Okay, riguardo l’altro giorno, lo so che se non fossi intervenuto tu quel tizio mi avrebbe investito, dunque non badare a quello che ho detto a Morgan sul fatto delle responsabilità, non era riferito a te.. l’ho detto solo per difendermi.
    Reid con l’espressione del viso sembrò gradire quell’affermazione - sono contento che non sia la tua filosofia di vita, perché qui non funziona così, qui ognuno è responsabile dell’altro, ci guardiamo le spalle a vicenda – poi tirò le labbra senza sorridere e sollevò le sopraciglia facendo sembrare quella frase così ovvia.
    Cameron non gli staccò gli occhi di dosso meditando su quelle parole, poi lui si mosse per rientrare in sala.
    - Hei aspetta, manca la parte più importante.
    - Qual è?
    - Grazie.
    Reid mostrò un piccolo sorriso di risposta.
    - Tu avresti fatto lo stesso - poi entrarono entrambi nella stanza.


    Era il terzo giorno che lavoravano a quel caso e ancora non avevano una pista precisa da seguire, questo rendeva l’atmosfera ancora più snervante del solito.
    JJ nella conferenza stampa, come suggerito da Hotch, invitò la popolazione a limitare le uscite notturne, di non andare in posti isolati e di non restare mai soli ma in gruppi di più di due persone. Tutti in città sapevano che c’era un serial killer che andava a sparare i ragazzi durante la notte, questo lo sapevano da sei mesi ma adesso gli omicidi erano sempre più frequenti e la popolazione cominciava a prendere la questione con più serietà, anche se alcuni ragazzi restavano sempre pericolosamente incoscenti.

    Il detective Lambrace entrò nella stanza con il telefono in mano e uno sguardo rassegnato sul volto, al rumore della porta si girarono tutti verso sinistra, Reid era in piedi davanti al tabellone, Cameron seduta sulla scrivania, Rossi Emily Hotch e JJ le facevano da contorno chi seduto sulle sedie chi in piedi.
    - Abbiamo un altro corpo – informò scuotendo il capo. Si destarono dalle loro posizioni e seguirono il detective all’uscita.

    Era già sera, arrivarono sul luogo e scesero dai rispettivi SUV avvicinandosi al corpo della ragazza. Questa volta non c’era nessun veicolo a fare da ostacolo tra loro e la vittima, il corpo giaceva supino sul marciapiede con uno zaino a qualche centimetro, era forato ed era chiaro che la ragazza si fosse coperta il viso con quello appena vista l’arma.
    - Virginia Broder, 21 anni – Lambrace aveva i documenti della vittima in mano – nata a Boston.
    Cameron alzò il lenzuolo che copriva il corpo per poi riposarglielo subito, il proiettile aveva colpito Virginia in pieno volto diventato una macchia di sangue senza espressione.
    - Chi ha chiamato la polizia? – chiese Hotch.
    - C’era una pattuglia dall’altra parte dell’isolato, hanno sentito uno sparo e sono corsi qui, sono loro – così indicò due agenti al di là di qualche macchina dalla loro.
    - Ci parlo io – Cameron li superò raggiungendo i due uomini non più tanto giovani, Morgan la seguì.
    Leane fece vedere il distintivo mentre studiava i suoi nuovi interlocutori.
    - Agente Leane dell’FBI e l’agente Morgan, vorremo farvi qualche domanda.
    - Certo, fate pure – rispose il più anziano dei due.
    - Potete ripetere cos’è accaduto?
    - Allora, eravamo di pattuglia dall’altra parte del vicinato,la città adesso è piena, stavamo finendo il nostro turno per dare il cambio quando abbiamo sentito uno sparo. Abbiamo fatto il giro e abbiamo visto un uomo correre..
    - Avete visto l’S.I.? che avete fatto? – chiese Morgan.
    - Siamo andati in contro alla ragazza, abbiamo visto il corpo per terra e pensavamo di fare in tempo a chiamare i soccorsi.
    - Non avete inseguito l’S.I.? – domandò Cameron.
    - No, come ho detto ci siamo subito diretti qui, lui è riuscito a fuggire.
    Cameron sgranò gli occhi sentendo quelle affermazioni – e non potevate dividervi? Eravate in due, avevate una macchina e un uomo che correva! Era così difficile inseguirlo?
    I due poliziotti rimasero basiti e Morgan tirò un’occhiataccia alla collega che girò il viso.
    - Avete visto da che parte è andato? – il profiler cercò di cambiare discorso prima di farlo precipitare.
    - È entrato in quel vicolo, poi non sappiamo dire altro.. mi dispiace.
    - Grazie per la collaborazione – chiuse la conversazione Morgan, dopo di che prese Leane da una parte.
    - Ti avviso che sei qui per fare domande e collaborare non per accusare due poliziotti.
    - Non condivido il loro comportamento.
    - Non è compito tuo farcelo presente. Limitati a fare il tuo lavoro.

    Morgan si girò per tornare da Hotch quando sentì nuovamente Cameron.
    - Aspetta, visto che ritorna sulla scena quando c’è la polizia, magari è ancora nascosto nel vicolo.
    Aveva ragione pensò, valeva la pena controllare. Informarono Hotch dei loro movimenti e si diressero verso il vicolo alla loro sinistra distante una ventina di metri, fecero il giro al contrario nel caso l’uomo li vedesse arrivare.
    Era un vicolo piuttosto stretto e lungo, sfoderarono entrambi le pistole e cominciarono l’ispezione. Derek controllava la parte sinistra mentre Leane si muoveva a destra,si avvicinò alla scale antincendio pronta per salirle.

    Sentiva i loro passi farsi sempre più vicini mentre stava accovacciato in quell’angusto angolo, si era messo in un bel pasticcio non sarebbe dovuto restare a curiosare, ora doveva cercare di fuggire ma qui due agenti erano troppo vicini prima o poi l’avrebbero scoperto. Restò ancora qualche secondo piegato dietro il cassonetto della spazzatura, poi vide le gambe della ragazza davanti a lui incamminarsi verso le scale.

    - Hei, aspetta a salire – la fermò Derek.

    Non poteva aspettare ancora, la ragazza si era girata al richiamo del collega e stava per scoprirlo.
    Cameron si voltò e non fece in tempo a vedere la figura davanti a lei, sbucò fuori all’improvviso alle sue spalle, le diede un forte spintone prima di scavalcarla e salire le scale, Leane cadette di schiena sbattendo contro la ringhiera, sentì un dolore acuto alla spalla destra poi finì a terra. Derek fu subito accanto a lei mentre dava informazioni al trasmettitore nel polso.
    - Vai sto bene sto bene! – lo rassicurò lei. Morgan così prese a inseguire il ragazzo, era entrato in una porta a metà edificio e sparirono entrambi.

    Continua….
     
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  9. robin89
     
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    Capitolo VIII: What is this feeling?


    Sala interrogatori

    Guardava l’uomo di colore davanti a lui mentre si girava le mani nervoso, non era stata una buona idea andare contro degli agenti federali, la prossima volta si sarebbe fatto gli affari suoi.

    - Perché eri nascosto nel vicolo ? – Morgan stava seduto con le braccia poggiate sul tavolo mentre guardava l’uomo che aveva catturato. Cameron era in piedi al lato della stanza con le braccia incrociate sul petto e un viso imbronciato.
    - Io non volevo fare niente di male, ero lì per caso.
    - Eri lì per caso durante un omicidio? – domandò la ragazza.
    - Ve lo giuro! Io non c’entro niente con tutto questo! Ero solo curioso e volevo guardare..
    - Okay, mettiamo che tu abbia ragione – lo assecondò Morgan – dicci tutto quello che hai visto e che hai fatto da quando sei arrivato lì.
    - Poi mi lascerete andare?
    - Se collabori non verrai denunciato per aggressione ad un federale – gli rispose lui.
    Il ragazzetto impaurito si grattò la testa cercando di ricordare, l’ultimo dei suoi problemi era finire incartato in quel casino in cui si era messo con le sue stesse mani.
    - Okay, ehm … ero da un amico,abita nella zona potete chiedere a lui..
    - Lo faremo – lo interruppe Cameron.
    - Avevo un appuntamento in un bar e stavo andando lì quando ho sentito uno sparo, mi sono spaventato e mi sono nascosto dentro un portone..ho aspettato un po’ e quando sono uscito ho visto dei poliziotti..
    - Quanto eri lontano? – chiese Morgan.
    - Un centinaio di metri..
    - E non hai visto nessun altro lì vicino? – continuò la giovane ragazza.
    - No, non credo era buio..non mi sembra..
    “Stiamo solo perdendo tempo” pensò Cameron – vai avanti.
    - Sono rimasto lì nel portone e quando ho visto arrivare tutti quei federali mi sono avvicinato nel vicolo, volevo solo guardare.. è la verità..
    - Nel vicolo non hai notato niente? – chiese poi Morgan.
    - Ehm,no… anzi sì - si grattò nervosamente il naso - ora che ci penso, appena sono arrivato ho sentito il rumore di una macchina che si allontanava, ma non l’ho vista, mi dispiace… ora posso andare? – aggiunse frettolosamente.
    - Metti tutto per iscritto – Morgan gli avvicinò un foglio e una penna.
    - La prossima volta che intralci un’indagine federale ti faccio rispolverare la fedina penale, scommetto che ci troverei un sacco di cose.
    Cameron si spostò dal muro per uscire della sala mentre il ragazzo la guardò impaurito prendendo la penna.
    Una volta uscita si avvicinò a Hotch davanti al vetro della sala.
    - Anche se ci fossero tutte le prove contro di lui non crederei un solo secondo che quell’idiota possa uccidere qualcuno – disse con decisione.
    - Almeno sappiamo che l’S.I. era nel vicolo prima che arrivasse lui – le rispose Hotch, era un’amara consolazione su quell’imprevisto.


    Cameron e Derek erano nel cucinino a prepararsi una tazza di caffè durante una breve pausa dopo l’interrogatorio, Morgan pensò a prepararli per entrambi mentre Cameron stava contro il muro e si teneva una spalla con la mano, sentiva delle fitte all’altezza della scapola da quando era caduta, pensava gli potesse passare col tempo, invece stava peggiorando ad ogni minimo sforzo, senza volerlo aprì la bocca facendo uscire un sonoro lamento che fece voltare il collega.
    - Cos’hai? – le chiese abbassando gli occhi all’altezza della spalla – ti fa ancora male?
    Lei annuì con decisione.
    - Fammi vedere - Morgan si avvicinò allungando un braccio verso di lei.
    - Sei anche un medico adesso?
    - In questo momento te ne servirebbe uno e visto che non abbiamo tempo fossi in te mi accontenterei - fece cenno con la testa in direzione della spalla - allora, posso?
    Cameron si arrese, annuì girando la faccia, spostò la sua mano e si affidò a quelle del collega - okay, mi accontento.
    Morgan percorse con la mano aperta tutta la lunghezza della spalla e della scapola, arrivato al punto critico sentì un altro gemito uscire dalla bocca della ragazza.
    - Hai la spalla fuori, devo rimetterla dentro.
    - Okay – sbuffò - basta che fai in fretta.
    - Aggrappati a me – dicendo così la fece mettere con la spalla indolenzita fuori dal muro e l’altra metà schiena poggiata alla parete, Cameron gli afferrò con la mano sinistra la sua spalla, lui le prese il braccio indolenzito e lo alzò piano all’altezza del mento, con l’altra mano le teneva ferma la schiena.
    - Pronta?
    - Sì, sbrigati - chiuse gli occhi stringendo la spalla del collega.
    - Al mio tre. Uno…
    Morgan le spinse indietro la spalla con un colpo secco. Sentì che gli graffiava l’incavo del collo mentre gridava a denti stretti per qualche secondo, infine la ragazza si piegò in avanti poggiandosi su di lui che l’accolse a braccia aperte.
    Leane restò ancora qualche secondo con il fiatone e col viso poggiato sotto il mento di Derek beandosi di quelle carezze premurose che sentiva alla schiena, per un momento si sentì protetta e al sicuro, come se fosse in un mondo in cui nessuno potesse più farle del male, non si era mai sentita così pria d’ora. Riaprì gli occhi e si rese conto di avere un braccio intorno al collo di lui e l’altro poggiato nel pettorale scolpito del ragazzo.
    - Non mi hai detto che avrebbe fatto così male.
    - Va’ meglio adesso?
    Annuì con la testa - grazie.
    - È stato un piacere - in quel momento gli sembrava solo una bambina di cui prendersi cura, quella ragazzina aveva decisamente una doppia personalità.


    Erano di nuovo nella sala riunioni con le foto dell’ultima vittima sul tabellone, improvvisamente entrò Reid con Emily attirando subito la loro attenzione.
    - Guardate cos’ha trovato il medico legale – esclamò con enfasi il ragazzo, dicendo così collegò subito le foto che aveva scattato sul palmare facendole apparire sullo schermo, notò le facce dei colleghi attente e concentrate sui particolari delle immagini.
    - Era..
    - Sì – Emily interruppe Cameron – era nella gola della vittima.
    Ora l’attenzione era tutta sull’ultima foto scattata, mostrava un foglio di carta molto simile,se non uguale, a quello dell’ultima volta, stessa scritta grossolana e in stampatello.

    AMO LA GENTE. MI PIACE ANDARE A CACCIA. NON VOGLIO UCCIDERE Più MA DEVO. FATE SMETTERE I CANI E SPARATEMI PER PRIMI.

    - Ha uno strano concetto di amare le persone – disse Garcia in diretta col vivavoce - che vuol dire fate smettere i cani?
    - Non lo so, diccelo tu – rispose Hotch – cerca qualsiasi cosa che riguardi Boston e i cani negli ultimi due anni, denunce, aggressioni, qualsiasi cosa sarà importante.
    - Okay lo faccio subito.
    Reid nel frattempo si era posizionato di fronte alla mappa della città armato di evidenziatore che andava su e giù ritmicamente.
    - Cosa stai segnando? – chiese dubbiosa Cameron.
    - I canili della città in verde e in rosso quelli più vicini ai luoghi degli omicidi – rispose senza staccare gli occhi di dosso alla cartina.
    Derek si mise a rileggere la frase scritta dall’S.I. cercandone un significato plausibile.
    - Mi sembra un chiaro invito a fermarlo – disse girandosi verso gli altri – non vuole ma deve, perché si sente obbligato?
    - I cani? – provò Leane.
    - E in che modo?
    Cameron alzò le spalle sconfitta – bisognerà chiederlo a lui prima di ucciderlo.
    La discussione fu interrotta dallo squillo improvviso del telefono, prontamente venne riaperto il vivavoce.
    - Cos’hai trovato Garcia? – Derek non era in vena di troppi giochetti con la sua complice.
    - Due cose molto importanti, almeno credo. Allora sei mesi fa la famiglia Allen ricevette una lettera di minacce nei confronti del cane che abbaiava troppo, qualche giorno dopo fu sparato ma riuscirono a salvarlo adesso è zoppo. La polizia venne informata ma non fece niente di rilevante e tutto finì nel dimenticatoio ma, una settimana fa la famiglia Richardson ricevette la stessa lettera di minacce per il cane…
    - Com’è finita? – chiese Emily notando la pausa dell’informatica.
    - Il cane è morto qualche giorno dopo, sparato. Avete gli indirizzi delle famiglie sui palmari.
    - Grazie Garcia – convenne Hotch chiudendo la chiamata.
    - Morgan e Prentiss dalla famiglia Allen e Leane e Reid dalla Richardson, io resto qui a parlare con Lambrace, vedete cosa riuscite a scoprire dalle famiglie.
    Annuirono tutti destandosi dalle loro posizioni preparandosi ad eseguire i nuovi ordini.

    Continua…


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    Capitolo IX: Questions and answer..

    Reid e Leane arrivarono a casa Richardson, era una palazzina di tre piani con un piccolo recinto che faceva capolino sul retro, si vedeva poco più in là ancora una grande cuccia di legno ormai vuota.
    Suonarono il campanello guardandosi intorno, la vita sembrava tranquilla da quelle parti, almeno apparentemente.
    Una signora dai capelli biondi raccolti in una coda si trovò davanti due giovani ragazzi con in mano i tesserini del FBI.
    - FBI – tuonò Cameron – agenti Leane e Reid, possiamo entrare?
    La donna confusa restò con gli occhi spalancati – cos’è successo? Mio figlio sta bene ? - chiese spaventata.
    - Ci scusi signora vorremmo solo farle qualche domanda circa quello che è successo al vostro cane la settimana scorsa – cercò di rimediare Reid con gentilezza.
    - E se ne occupa l’FBI?
    - Sì – rispose Leane – se ci fa entrare vi esporremo i motivi.
    - Okay – sillabò la donna, aprì oltre la porta e fece spazio per farli accomodare, Reid rispose con un cenno cortese del capo a differenza di Leane che se ne infischiava altamente dei modi formali e cortesi.

    Pochi minuti dopo comparì anche il marito della signora Richardson che una volta chieste le circostanze della loro presenza si accomodò anche lui insieme alla moglie nel divano.
    - Allora, come mai l’FBI s’interessa al nostro cane? – domandò l’uomo austero.
    - Sappiamo che vi è arrivata una lettera di minacce una settimana fa, l’avete ancora? – chiese Reid con discrezione.
    - Sì certo, ma l’avevamo già detto alla polizia e non è stato fatto niente, non vedo cosa possa interessare ora che Sheri è morta.
    - Possiamo vedere la lettera? – aggiunse Leane frettolosa.
    Il sign.Richardson si alzò all’invito e aprì un cassetto da un mobile mogano del salotto, tolse fuori un foglio di carta che passò poi alla ragazza.
    I due agenti la guardarono senza stupirsi più di tanto, stessa scrittura, stesso foglio,stessa calligrafia.
    - Ora ci dite cosa sta succedendo? – continuò la donna spazientita.
    - Crediamo si tratti di un serial killer… - informò Reid.
    - …Un serial killer? – lo interruppe subito la donna - Quello di cui si parla in tv adesso?
    - Sì lui – le rispose Leane - conoscete la famiglia Allen?
    - No, perchè? – domandò il cupo signore.
    - Anche loro hanno ricevuto la stessa lettera sei mesi fa e anche a loro è stato sparato il cane, ma è rimasto zoppo – informò Reid,fece una pausa aspettando la loro reazione poi continuò - Non avete mai notato i comportamenti di un vicino del quartiere, un tipo isolato, che evita contatti con gli altri abitanti, ma sgarbato e timido quando gli si rivolge la parola..
    - Aspetti – lo interruppe il marito della signora che si rivolse proprio a quest’ultima – ti ricordi cosa disse David?
    - Chi è David? – chiese Leane.
    - Nostro figlio, ci parlava sempre di un vicino di casa piuttosto strano, come ha detto lei… ora che ci penso coincide proprio con la descrizione che è stata fatta in tv.
    - Come si chiama? – domandò Leane tirando uno sguardo complice a Reid.
    - Non ne ho idea, sappiamo solo quello che vi abbiamo detto – affermò dispiaciuta.
    - Okay, ci da l’indirizzo dell’appartamento? – aggiunse Cameron.
    L’uomo si scompose subito per alzarsi, prese un foglio da un taccuino dentro un cassetto del mobile e scrisse con una penna dallo stesso cassetto l’indirizzo, poi aggiunse passandosi la mano fra i capelli – nostro figlio non abita più lì, ma nell’ultimo periodo disse che non vedeva più quell’uomo..probabilmente si è trasferito anche lui.
    - Ci basterà questo, vedremo noi se ci abita ancora o meno – disse Leane facendo svolazzare il pezzo di carta con l’indirizzo.
    Infine si congedarono con formali saluti tranquillizzandoli che lo avrebbero catturato, traversarono un piccolo giardino e raggiunsero il SUV posteggiato davanti al cancello d’entrata. Redi si girò verso Leane che procedeva a passo spedito verso la vettura.
    - Tu non conosci la diplomazia vero? – le chiese con tono ironico.
    - Non ne ho mai avuto bisogno. Quando lavoro penso ai fatti, non alle persone.
    - Già..me ne sono accorto – rispose alzando le sopraciglia.
    - Andiamo a dare un’occhiata? Magari ha lasciato qualche traccia prima di andarsene - la collega stava davanti alla portiera del posto di guida e lo invitava a seguire l’idea. Reid la guardò perplesso ancora un secondo poi prese il telefono per avvertire Morgan delle novità e della loro destinazione.


    Nel frattempo a casa Allen, Morgan e Prentiss procedevano con le stesse domande una volta finiti i convenevoli delle presentazioni.
    - Sì conosciamo un tizio così, lo conoscono tutti nel quartiere per via di questo suo atteggiamento, mesi fa aveva preso in affitto uno dei nostri appartamenti ma poi andò via senza pagare la metà dell’affitto lamentandosi del chiasso del canile vicino – disse una donna mora sui 40 anni.
    - Come si chiamava? – domandò subito Emily.
    - Dylan…Dylan qualcosa… - provò il marito, un uomo dall’aria poco sveglia.
    - Dylan McAllister ! – esclamò il figlio ventenne con memoria più lucida del padre.
    Derek si allontanò subito e chiamò Garcia mentre Emily si affrettava a congedarsi ed estrapolare qualche altra informazione utile.
    - Garcia devi cercare Dylan McAllister, dimmi tutto quello che trovi.
    - Faccio in un lampo tesoro…ecco fatto, nato nel 1974, cresciuto nel Bronx e fin qui va tutto bene ma quando aveva 10 anni stato dato in adozione ad una famiglia ebrea senza figli, la madre adottiva poi è morta tre anni dopo di tumore al seno mentre il padre adottivo si è risposato e ora vive in Florida. A scuola non era certo un genio, ha abbandonato gli studi per entrare nell’esercito e lì rimane tre anni e poi ecco una macchiolina sulla fedina penale, è stato incriminato a New York per aver appiccato un incendio ma non c’erano prove e fu rilasciato.
    - È il nostro uomo, qual è l’ultimo indirizzo di casa sua?
    - È il…
    Quando sentì il nome dell’indirizzo in vivavoce Emily sgranò subito gli occhi.
    - Non è dove sono andati Reid e Leane?



    Continua…
     
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    Capitolo X: The dark king


    I due agenti arrivarono davanti alla casa indicatagli dalla famiglia Richardson, era una piccola casa ad un piano, poco curata e senza dettagli, solo erbacce, recinti di contorno e una facciata poco decorosa color mattone.
    Superarono il giardinetto arrivando davanti alla porta bianca, si affacciarono in una finestra e Leane provò a bussare. Sembrava disabitata da tempo.
    - Non c’è nessuno – affermò Reid non sentendo il minimo rumore provenire dall’interno.
    Cameron aprì una tasca interna del giubbotto e tolse fuori due aggeggi metallici simili a due forcine per capelli, Reid aggrottò la fronte mentre la guardava armeggiare.
    - Che stai facendo? Non abbiamo un mandato..
    - Quando sei sotto copertura impari molte cose per cavartela da solo – dicendo così finì di muovere gli arnesi dentro la serratura fino a sentire un “clic”.
    - La porta era aperta – gli sorrise maliziosa Cameron.
    - Ooh fantastico.. Lo scrivi tu il rapporto a Hotch!
    - Come vuoi fifone.

    Entrarono nell’appartamento con cautela sfoderando le pistole, si apriva con un piccolo salottino formato da qualche poltrona e un tavolino di legno basso, infondo alla loro destra una porta scura di legno portava in uno stretto corridoio che accompagnava alle altre poche stanze dell’appartamento. Nell’aria aleggiava l’odore della muffa e dell’aria viziata, Reid restò nel salotto a frugare nei cassetti mentre Leane si era già volatilizzata silenziosa nelle altre stanze.
    Aprì uno dei cassetti del mobiletto di legno scrostato e trovò un piccolo diario, i fogli erano uguali a quelli arrivati a Leane e alle famiglie. Cominciò a sfogliarlo e leggere gli appunti, date e indirizzi tutti numerati in ordine, erano gli appunti di tutti gli incendi che aveva appiccato a New York e un'altra metà del diario era dedicata agli omicidi con tanto di descrizione di ciò che aveva provato per ognuno di essi. Scriveva che i latrati dei cani erano come il richiamo del diavolo per ordinargli di andare a uccidere, di andare a caccia. Aveva cominciato un anno prima cercando di aggredire una ragazza di 15 anni, poi tentò di ucciderne una con un coltello ma la vittima riuscì a scappare. Smise per un po’ credendo di essere sazio di quelle sensazioni fin che ricominciò più deciso utilizzando una calibro 44, Spencer continuò a leggere alla velocità della luce, arrivò al punto in cui l’S.I. aveva scritto che uccidendo tutte quelle ragazze, loro sarebbero diventate sue mogli.
    - Leane? – chiamò la collega che perlustrava il resto della casa.
    Era nella camera da letto in cui sul muro c’era una scritta nera “qui vive il demone malvagio”, e altre scritte più piccole che facevano contorno, i nomi delle vittime.

    Spencer sentì il rumore della serratura aprire la porta, conservò in fretta il diario e quando cercò di prendere la pistola se ne trovò una puntata addosso. Dylan stava a un passo dalla porta e teneva sottotiro Reid con le mani alzate.
    - Come hai fatto a trovarmi? – chiese Dylan con una strana voce spaventata.
    - Non è importante come ho fatto, voglio solo aiutarti.
    - Aiutarmi?
    - Sì, è questo che hai cercato di dirci…vero?
    Improvvisamente squillò il telefono di Reid, guardò dubbioso l’uomo di fronte a lui che gli intimò di rispondere.
    - Rispondi e digli che va’ tutto bene..forza!
    Reid prese il telefono piano e schiacciò il tasto per accettare la chiamata.
    - Uscite immediatamente da quella casa! – tuonò Derek alla guida del SUV.
    - È tutto a posto Hotch, non aspettateci a pranzo.
    Derek recepì il messaggio in codice e tirò un’occhiata di allarme a Prentiss.
    - Va bene David, faremo senza di voi.
    Chiuse la chiamata soddisfatto del gioco di parole e posò il telefono sul tavolino con una mano alzata.
    - Sei solo?
    - Sì, non c’è nessun altro con me..se non mi credi vai pure a controllare.
    Dylan non avrebbe rischiato di perdere tempo e dargli la possibilità di reagire, si accontentò delle sue parole.
    - Qual è il tuo nome?- domandò Reid prendendo tempo.
    - Lo sai già, io sono il demone malvagio.
    - Io non credo che tu sia malvagio, hai detto che ami le persone...
    - Sì, io amo tutti ,sono gli altri che non mi amano.
    - Per questo uccidi quelle ragazze? Perché vuoi essere amato da loro?
    - Sì, mi ameranno tutte e la lista è ancora lunga.
    - Ma se tu le ami non devi ucciderle…
    - Dovevano essere sacrificate tutte! Sono io il demone che deve ripulire il mondo!
    Che fosse uno psicotico era ovvio, era inutile cercare di farlo ragionare ormai stava degenerando e cominciava ad avere confusione su tutto quello che faceva. Reid poteva solo prendere tempo mentre si chiedeva dove fosse finita Leane
    - Ripulire il mondo da che cosa? Dall’odio che hai ricevuto tu forse? – azzardò riferendosi a quello che aveva letto sulla sua vita privata..
    - Sì, tanto odio, non avrebbero dovuto farmi questo..mi hanno sempre odiato tutti.
    - Tutti chi? La tua famiglia?
    - Io non ho una famiglia, io appartengo al re oscuro.
    - Parlami di questo re oscuro.
    - Il re oscuro non mi lascerà smettere di uccidere finchè non sarà sazio di sangue, io sono il suo spirito che vaga nella notte assetato e vado a caccia per lui. Devo compiacerlo.
    - Hai scritto che i latrati dei cani sono il richiamo per uccidere..allora perché hai scritto di farli smettere?
    - Hai letto il mio diario?
    - Te l’ho detto voglio aiutarti, io non ti odio.. puoi fidarti di me – lo vide fare una pausa riflessiva e continuò – tu sai dentro di te che non vuoi fare del male a nessuno, non vuoi più ascoltare il re oscuro, non sei malvagio come lui,non sei obbligato a compiacerlo Dylan, puoi smettere quando vuoi, dipende tutto da te non da lui.
    - Smettila smettila!! – gridò, schifato da quello che sentiva dal profiler – sei tu che uccidi le persone! Quante persone hai ucciso con quella pistola?
    - Io uccido le persone malvage non uccido chi voglio che mi ami.
    - Allora ti ucciderò come gli altri! - prese meglio la mira e Reid trattenne il fiato - Io vivo in un incubo non sono come voi!


    Continua...
     
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    Capitolo XI: Trust me

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    Morgan, Prentiss e Hotch erano arrivati in tempo davanti la piccola casa per sentire uno sparo provenire dall’interno, facendogli trattenere il fiato mentre si scambiavano un’occhiata ansiosa. Scesero dal SUV di corsa con le pistole spianate precipitandosi dentro l’abitato, consapevoli di cosa avrebbero potuto vedere, Derek sfondò la porta con un calcio e si fermarono di colpo davanti al corpo inerme poggiato sopra una pozza di sangue.
    Reid aveva ancora le mani alzate e ricominciò a respirare normalmente dopo essere precipitato in apnea. Leane, in un angolo dietro Reid, aveva seguito tutta la scena dal riflesso della finestra aspettando il momento adatto per reagire, abbassò piano la pistola e si avvicinò ai compagni rimettendola nella fondina.
    - Io lo dico sempre che quando bisogna uccidere qualcuno non ci si deve perdere in chiacchiere.
    - Mi hai fatto venire un’infarto! – esclamò Reid rivolto alla collega.
    La ragazza indispettita gli tirò un pugno amichevole sul braccio – pensavi davvero che fossi in bagno a farmi le unghie?
    - La prossima volta spara prima che dica “ora ti uccido” – balbettò Reid grattandosi il braccio.
    Derek ed Emily sorrisero a quella scenetta mentre Hotch aveva già il telefono in mano per avvertire dell’accaduto e recuperare il corpo dell’S.I.

    Leane guardava la barella uscire dalla casa coperta con un lenzuolo bianco, Hotch parlava con il detective Lambrace mentre Emily, Reid e Derek erano in un angolo vicino alle macchine a ricostruire gli ultimi fatti.
    Sentì qualcuno avvicinarsi e quando si girò vide Derek con un aria insolitamente tranquilla, le si mise di fianco nella stessa posizione a guardare i tecnici della scientifica e poliziotti vari entrare e uscire dalla casa. Dopo un imbarazzante silenzio da parte di Leane, Derek decise di rompere il ghiaccio.
    - Sai ragazzina, pensavo che sei in gamba infondo infondo.
    - Certo che sono in gamba! – fece sembrare quella frase così ovvia incrociando le braccia.
    - Ehi adesso non ti gasare troppo.. anche perché se fosse successo qualcosa a Reid, c’eri tu su quella barella adesso.
    - Ehi non ti gasare troppo neanche tu, sono ancora in tempo per restituirti lo schiaffo.
    Derek scoppiò a ridere – e come pensi di fare ragazzina? Se mi tocchi ti rovescio da una parte all’altra e una lezione te l’ho già data mi sembra.
    Ora fu Cameron a ridere – se quella era una lezione allora, hai trovato pane per i tuoi denti caro mio, fossi in te starei sempre in guardia.
    - Idem – rispose divertito alla provocazione.
    Hotche arrivò in quel momento e diede l’ordine che potevano andare via.

    Sul jet.

    Mentre Derek era seduto con Emily, Hotch e Leane nel sedile a quattro posti con le cuffie nelle orecchie, Reid stava per conto suo in un sedile poco dietro di loro, si era fermato a riflettere su quello che era successo nella casa e si rese conto che aveva davvero avuto paura per la prima volta. Quando vide la canna della pistola pronta a fare fuoco su di lui l’ultimo pensiero lo rivolse a Sarah e a suo figlio Christopher, si fidava di Leane , ma ora che quelle due persone facevano parte della sua vita la paura di perderli era sempre ai massimi livelli ogni giorno nonostante sia lui che Sarah erano consapevoli dei rischi che affrontavano avendo fatto parte anche lei della squadra. Quei pensieri familiari l’avevano avvolto durante il viaggio per il ritorno a casa, e non aveva mai visto l’ora di tornarci come in quel momento.
    Si destò improvvisamente quando vide la poltrona al suo fianco essere occupata da Leane, quella ragazza era fin troppo silenziosa pensò, beh almeno aveva i suoi vantaggi oltre lo spavento che gli fece prendere adesso.
    - Ciao – mugugnò lei accomodatasi vicino a lui.
    - Ciao, come va’ ? – cercò di avere una voce sicura e serena.
    - Io bene..senti – continuò con lo stesso tono di voce contrito - mi dispiace se ti ho fatto prendere un colpo in casa, ma voglio che sappia che puoi fidarti di me.
    - Lo so’ - rispose lui con un sorrisino senza allegria.
    - Okay – si alzò per lasciarlo nuovamente ai suoi pensieri.
    - Aspetta – la richiamò lui – ho dimenticato la parte più importante.
    - Qual è?
    - Grazie.
    Lei gli sorrise solo con gli occhi - ci guardiamo le spalle a vicenda, no?
    Reid annuì ricambiando il sorriso e tutto tornò silenzioso come prima.

    Continua…
     
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    Non si era ancora seduta alla sua scrivania che Hotch aveva preteso il rapporto la sera stessa appena erano rientrati in ufficio.
    Si chiedeva come mai pretendesse così tanto da lei e perché fosse così freddo, in tutta la settimana non l’aveva visto battere ciglio, nessuna emozione, nessuna reazione fuori dall’ordinario..a parte la ramanzina che aveva fatto a lei in cui si notava una leggera aggressività dettata dal senso di protezione della squadra. Erano molto diversi pensò, Ron non sarebbe riuscita a mantenere la calma per più di cinque minuti in quelle situazioni e si era visto e poi a lei non sembrava di sbagliare niente, le sembrava normale comportarsi così, fare di testa sua, l’obiettivo era risolvere il caso e arrestare i serial killer, cosa importava dei metodi o dei rischi che poteva correre?
    Sotto copertura ne aveva passate di molto peggiori, aveva pestato piedi a poliziotti, si era fatta un buon numero di nemici e la cosa bella era che non doveva rendere conto a nessuno delle sue azioni, contava solo l’obiettivo. Adesso la situazione si era rovesciata e non era più lei ad avere il controllo e il comando di tutto, si sentiva con le mani legate e senza libertà di movimento, una marionetta che stava agli ordini di altre cinque persone..decisamente non c’era più abituata e questo la metteva a disagio.
    In più Hotch la stava mettendo sotto pressione da quando era arrivata, prima con la scusa del carcere e ora non le dava neanche il tempo di respirare, si sentiva già all’altezza e la infastidiva essere trattata come una pivellina.
    Circa un’ora dopo riuscì a finire il rapporto e salì nel suo ufficio a consegnarlo, si preparò ad altre ramanzine.
    Stava seduta nella poltrona in pelle davanti a lui agitando un piede e aspettava impaziente che finisse di leggere, nel frattempo cercava di studiare la sua espressione gelida.
    - Va bene? – chiese quando vide alzarsi uno sguardo severo.
    - Dovevate solo dare un’occhiata da fuori invece di entrare senza un mandato..
    - ..era un sospettato, corrispondeva al profilo e ho pensato fosse la cosa più ovvia. Tutto qui.
    - Tutto qui? – ripetè infastidito dalla sua arroganza - Senza la mia autorizzazione vi siete infilati in casa di un sospettato rischiando di essere uccisi e per te era la cosa più ovvia?
    - Ehm..sì – rispose girandosi una ciocca di capelli in mano.
    - Come siete entrati in casa? – continuò rigido – hai scritto che la porta era aperta, ma non ci credo.
    Leane girò la faccia in un sorrisino furbo – ho usato qualcosa di utile.
    Continuò a fissarla con aria di sfida, nessuno dei due cedeva e Hotch si domandò chi diavolo si credeva di essere quella ragazzina presuntuosa.
    - Hai intenzione di continuare a fare di testa tua?
    - Lo abbiamo preso no? Cioè .. l’ho ucciso, non basta?
    Hotch si alzò in piedi pronto a sbatterla fuori, Leane restò seduta e alzò la testa mostrando una calma apparente.
    - Non sei a Los Angeles mettitelo in testa – il tono era più tagliente e duro di prima - sei in una squadra e questo vuol dire collaborazione, immagino tu non sappia cosa vuol dire – continuò con un tono palese.
    - Quindi mi licenzia? – provò a sfidarlo lei.
    - No, perché non vorrei pensare di aver perso tempo a decidere se accettarti qui o no. Mi auguro che non si ripeta più una cosa simile altrimenti si può considerare in volo per l’Interpool. Sempre se l’accettano ovvio.
    Leane rimase in silenzio e girò la faccia costretta ad annuire, credeva di essere arrivata al suo ultimo giorno di lavoro quando lo vide alzarsi in piedi.
    - Ora puoi andare, domani mattina alle sette.
    - Bene.
    Si alzò lentamente e uscì dalla porta amareggiata incontrando Morgan nelle scale, tenne gli occhi bassi e continuò la sua strada, Derek dopo averle dato un’ultima occhiata interrogativa si diresse verso l’ufficio.
    - Entra – disse Hotch con aria combattuta.
    - Non sembrava molto felice Leane.
    Hotch lo guardò con le mani sui fianchi con una faccia stanca e palesemente irritata – cosa ne pensi di lei?
    - Vuoi il mio parere o il suo profilo?
    - Niente profilo, sappiamo già cosa ne uscirebbe fuori.
    - È arrogante e presuntuosa ma è in gamba, ha salvato la vita a Reid e per ora mi basta questo – alzò le spalle.
    - Dopo che lei l’ha fatta rischiare a lui. Nessuno deve mettere in pericolo la vita di un altro membro e lei l’ha fatto per due volte.
    - Questo è vero non è abituata a lavorare in squadra ma diamole ancora un po’ di tempo, non è così male infondo. È un buon agente.
    - Forse hai ragione.
    - Io ho finito, ci vediamo domani – aggiunse Derek.
    - A domani, buonanotte.

    Nel frattempo Cameron si affrettò a prendere cappotto e borsa dalla scrivania con aria poco felice.
    - Vai a casa? – le domandò Emily vedendola arrivare.
    - Sì, più che casa la chiamerei bunker.
    - È così disastrosa?
    - Tra bambini che strillano la notte, muratori di primo mattino, scassi e furti nelle vicinanze direi che mi trovo in zona di guerra, ma non ho trovato altro a quel prezzo – rispose disinteressata.
    - Dove abiti?
    - Vicino alla Rosehill nella parte ovest..
    - Oh capisco, quella sì che è una brutta zona – disse girando gli occhi.
    - Già ...
    - Senti – continuò Emily pensierosa – perché non stai un po’ a casa mia? Ti trovo un appartamento che fa al caso tuo, ordinato silenzioso vicino alla sede e spendi poco.
    - Davvero?
    - Certo, ho già un’idea - continuò con un sorriso.
    - E non disturbo? – chiese titubante.
    - Ma no tranquilla, allora ci stai?
    - Okay, ci sto.
    - Bene, da domani starai a casa mia.
    Restò un attimo senza rispondere poi le uscì un timido – grazie.

    Emily aveva già raggiunto l’ascensore oltre l’open-space quando Cameron si era fermata a prendere le ultime cose dalla scrivania, maledì immediatamente la sua lentezza quando riconobbe la sua voce echeggiare sopra di lei.
    - Agente Cameron Leane. – tono freddo e imperativo allo stesso tempo.
    Ronnie alzò la testa verso gli scalini del piano superiore e trovò due occhi verdi che la stavano fulminando a braccia conserte, “maledizione, ci mancava la ciliegina sulla torta oggi” pensò riabbassando il viso.
    Sarah Collins scese le scale lentamente con fare spavaldo e deciso a dare una tirata d’orecchie a quella ragazzina presuntuosa e imprevedibile che già alla sua prima settimana di lavoro all’unità, aveva dato motivi più che validi a farsi sbattere fuori.
    Dopo aver affrontato il suo sguardo di ghiaccio per tutto il percorso, Ronnie la vide fermarsi di fronte a lei e squadrarla dall’alto verso il basso con due occhi gelidi e furiosi. Cameron si posizionò alla stessa spavalda maniera e la scrutò con lo stesso sguardo che pochi osavano rivolgere a Sarah Collins.
    - Professoressa, che piacere – disse ironica.
    - Peccato Leane, perché in questo momento per me, parlare con lei è un vero dispiacere.
    - Beh io non le ho chiesto niente, è lei che mi ha chiamato, dunque a cosa devo questo spiacere? – calcò il tono sarcastico che fece sembrare la frase una mera provocazione e questo alimentò l’ira di Sarah.
    La mano della donna partì così veloce che Cameron non si rese conto dello schiaffo che colpì la sua guancia sinistra, chiuse gli occhi e si portò una mano sulla pelle che pungeva senza resistere nel massaggiarla dal dolore.
    - Non volevo prenderti a schiaffi – riprese Collins - perché mi si rovina la manicure.
    - Ci ha già pensato Morgan a usare le “buone maniere” – rispose offesa Ronnie.
    - Sì, e come vedi con te nemmeno io riesco a controllarmi, piccola incosciente che non sei altra.
    - Come ha detto? – si girò di scatto verso di lei.
    - Hai sentito bene. Sapevo che il tuo primo incarico nella squadra sarebbe stato un disastro ma non pensavo fino a questo punto. Sei così irresponsabile che non ti rendi conto di quello che fai e non t’importa un gran che se fai rischiare la vita a qualcun altro, vero? Tu, stupida ragazzina, per colpa tua mio marito Spencer Reid ha rischiato la vita per due volte – finì pietrificandola con quegli occhi verdi.
    - Sbaglio o forse..sono stata io a sparare all’S.I. e riportargli il marito tutto intero? Uno schiaffo non mi sembra il massimo del ringraziamento.
    - Se mio marito è vivo è solo per la buona fortuna mia cara, non certo per merito tuo e adesso ascoltami bene - gli occhi di Collins erano così inquietanti che Leane cominciò a sentirsi a disagio, girò la faccia indispettita e tornò a guardarla da sotto le ciglia osservando il movimento delle labbra della ex professoressa.
    - Prova a mettere un'altra volta a repentaglio la vita di Spencer facendo di testa tua e come ti ci ho fatto arrivare io in questa squadra, ti ci butto fuori a calci. Sono stata chiara? - La voce tagliente e secca tradiva ogni emozione che provava.
    - Cristallina – rispose Ronnie alzando un sopraciglio.
    - Me lo auguro per lei – la superò senza aspettare risposta e se la lasciò alle spalle insieme alla sua rabbia.
    Cameron restò immobile senza fiatare e senza muovere un muscolo, come si era permessa a prenderla a schiaffi? Rimase imbambolata dinanzi alla collera che era uscita da quella donna con quella calma nascosta che la faceva irritare, con la rabbia che lei stessa le aveva provocato era riuscita comunque a restare gelida. Ronnie non sopportava che qualcuno le mettesse i piedi in testa e la umiliasse così, in special modo se si trattava del suo lavoro, troppo orgogliosa per avere il coraggio di sentirsi dire di aver sbagliato.
    Sbuffò, si girò alle sue spalle e riprese il cappotto che aveva lasciato nella scrivania e con l’umore diventato una nuvola grigia prese ad uscire di lì il più veloce possibile, quella giornata doveva essere dimenticata.
    Entrò nell’ascensore e suo malgrado i suoi pensieri tornavano sempre a lei, la sua ex professoressa Collins, strinse i pugni mentre i piani scendevano lentamente. Non la sopportava, fin dal suo primo giorno all’accademia con lei era sempre stata troppo severa, non faceva altro che criticarla al minimo sbaglio, e anche se non sbagliava, era presuntuosa e irritante con quell’aria di superiorità che si trascinava dietro da “so tutto io, ora ti faccio vedere come te in confronto non sei nessuno”, adesso le aveva tirato anche uno schiaffo e avrebbe dovuto sentirsi onorata. Nessuno l’aveva mai vista perdere le staffe con qualcuno, mostrare qualche sentimento, positivo o negativo, era sempre e solo contornata da un’aurea di superiorità e freddezza che con quegli occhi magnetici teneva alla larga da sé chiunque … quegli occhi verdi di ghiaccio che tutti temevano di affrontare come gattini impauriti, ma a Ronnie non importava l’effetto che facevano, erano un invito a guardarla nello stesso modo, e non le importava quanto lei la provocasse o quanto la trattasse male, per lei quel suo atteggiamento da prima donna era solo un gustoso invito a sfidarla e dimostrarle che lei, Cameron Leane, non si sentiva inferiore a nessuno tantomeno a Sarah Collins.
    Forse però, riguardo il tema “Spencer Reid”, era meglio stare attenti.


    Derek la vide fuori dalla sede vicino al parcheggio, aveva assistito alla scena tra lei e Collins mentre usciva dall’ufficio di Hotch.
    Cameron aveva il telefono in mano e la sentì parlare senza troppo entusiasmo, restò fermo in un angolo e aspettò che finisse.
    - Cos’hai combinato questa volta? – le chiese Spicer dall’altra parte della cornetta.
    - Nulla di che.. mi sono appena presa il secondo schiaffo della settimana, ho litigato con mezza squadra il primo giorno, ho rischiato di essere investita, non ho seguito il protocollo, ho rischiato di far uccidere un collega per due volte e ho ucciso un serial killer, a parte questo va’ tutto bene.
    - Non so’ perché mi aspettavo una cosa simile..
    - Non preoccuparti andrà meglio, loro sembrano carini infondo. Tranne qualcuno..
    - Almeno cerca di non fare nulla di illegale, anche perché non ho tempo in questo periodo per toglierti fuori dai guai, dunque stai lontano dai tribunali – aggiunse con un tono un po’ divertito misto a preoccupazione.
    - Tranquillo, mi terrò a bada.
    Leane rimase in silenzio qualche secondo spostando una foglia dall’asfalto.
    - Matt..e se non ci riuscissi?
    - A tenerti a bada?
    - No, a lavorare in squadra, io non l’ho mai fatto non so’ come si fa, non so’ da dove cominciare non so’ nulla – si fermò un attimo - mi sento sola in mezzo a un fiume in piena..
    - ..Cameron fermati! So’ bene quanto sia difficile per te poterti fidare di qualcuno, so’ che sei abituata a lavorare da sola e so’ che ti fidi solo di te stessa, ma sei lì per imparare anche questo, no?
    - Sì, però..tutto quello che faccio qui è sbagliato, non so se ho fatto bene a venire, forse non è il mio posto.
    - Abbi un po’ di pazienza, hai fatto solo una settimana.
    - Sì una settimana disastrosa – sembrava rassegnata - cosa devo fare oltre la pazienza? Non so come muovermi..
    - Ti posso dire che quando loro si fideranno di te allora anche tu ti fiderai di loro, prima o poi lo capirai.
    Cameron sentì dei movimenti dietro di lei, temendo che qualcuno potesse ascoltare decise di chiudere lì.
    - Devo andare adesso, la settimana prossima vengo a Los Angeles.
    - Ti aspetto. Tu rimani sempre te stessa ed evita solo di farti buttare fuori, il resto si sistemerà col tempo.
    Sospirò - Okay, grazie.
    Chiuse la chiamata e restò a fissare il telefono pensierosa, non si accorse che qualcuno le si stava avvicinando.
    - Chi era il tuo ragazzo?
    - Era un modo carino per chiedermi se ne ho uno? – si girò verso Derek.
    - Sono solo stupito che sia riuscita a parlare con qualcuno al di fuori di noi con un tono pacato, quindi dev’essere una persona importante.
    - Lo è. Ti ho già parlato di lui.
    - Già, ricordo – disse riportando la mente alle confidenze fatte da Leane nel cucinino.
    Cameron si sedette su uno scalino con aria diffidente e vide lui fare lo stesso vicino a lei, si girò di scatto verso lui quando lo sentì parlare.
    - Sono cresciuto a Chicago e ho visto morire mio padre quando avevo 9 anni, era un poliziotto. Da allora anche io cominciai a frequentare cattive compagnie e anche io sono stato aiutato da qualcuno, questo qualcuno mi ha fatto arrivare fin qui solo che..non era il tipo che non voleva niente in cambio..
    - Capisco.
    Derek restò in silenzio con i gomiti poggiati sulle ginocchia e guardava davanti a lui un punto qualsiasi.
    Cameron era indecisa su cosa dire o meno, infine fece quello che sentiva in quel momento senza farsi troppe domande.
    - Anch’io… - si schiarì la gola - avevo 16 anni, erano in due.
    Derek si girò a guardarla, si disse che quella ragazza aveva un bel bagaglio di traumi per farla interagire con gli altri in quel modo brusco e diffidente - Avevi ragione, non siamo così diversi.
    Lei continuò a guardare per terra.
    - Non eri obbligato a dirmi queste cose, infondo io non ti rappresento nulla..
    - Neanche io ti rappresentavo niente eppure sei stata tu a cominciare, fai conto che siamo pari, ora mi manca solo da farti il profilo..
    - Provaci e te ne faccio pentire.
    - Ne dubito.
    Pausa di riflessione per entrambi.
    - Anche tu hai una storia niente male – continuò lei - sei stato un cattivo ragazzo anche tu..
    - Pensavi di essere l’unica con un passato disastroso?
    - Meglio fermarci qui allora, perché se continuo finiamo tra un mese.
    - Perché ci manca ancora qualcosa? Pensavo avessi già toccato il fondo – disse sorridendo.
    - Ce ne mancano di cose – rispose lei divagando – non ne vado molto fiera per raccontarle.
    - Un'altra cattiva ragazza - Derek allungo una mano e le spettinò i capelli, lei si spostò e cercò di afferrargli la mano al volo ma in quel momento vennero interrotti dall’arrivo di Prentiss e Reid.
    - Bambini avete finito di giocare? – chiese Emily girandosi le chiavi in mano.
    Derek si avvicinò a loro mentre Cameron rimase ferma al suo posto guardandoli di sbieco. Si girò indecisa su cosa fare o dire, la diffidenza tornò capolina a dominarla.
    - Noi stiamo andando al cinese – iniziò Reid.
    - Ma se si stanca e preferisci tornare a casa lo capiamo - continuò Emily.
    Ci pensò qualche secondo poi rispose - Non sono poi così stanca.
    - Prometto di non farti il profilo – aggiunse Derek alzando le mani.
    - Meglio per te – sorrise con occhi furbi.


    Si buttò nel divano ripensando alla serata passata intorno a un tavolo di un piccolo ristorantino cinese, più che altro lei stava in silenzio persa nel suo mondo di osservatrice mentre loro si divertivano in battute e racconti di strani episodi. Le sembrava sempre più di essere un’intrusa a cui non apparteneva quel mondo che per loro sembrava così naturale, erano una grande famiglia e lei non aveva idea di cosa volesse dire averne una. Ripensò poi all’offerta fattagli da Emily di ospitarla a casa sua e non credeva che ci fosse qualcuno al mondo così generoso con lei, Morgan le aveva confidato parte del suo passato e lei aveva fatto lo stesso con un’inaspettata naturalezza, Reid era così gentile e rassicurante quando gli si parlava, e poi si erano salvati la vita a vicenda, Garcia aveva cominciato a tempestarla di nomignoli bizzarri e sembrava aver dimenticato quell’episodio iniziale, JJ sembrava così innocente pensò, una bambola di porcellana in mezzo agli omicidi più cruenti che si divideva tra quello e il ruolo di mamma, poi c’erano Hotch e la Collins, gli unici artigli da limare.
    Sospirò, infondo non era poi così male come inizio a parte loro due, forse qualcosa nella sua vita stava cambiando davvero e valeva la pena aspettare.


    FINE

    Edited by robin89 - 28/4/2011, 16:10
     
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