Uncontrollable Feelings

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  1. Franci;;
     
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    Titolo: Uncontrollable Feelings
    Rating: Verde/Giallo
    Categoria: Romantico, sentimentale
    Avvertimenti: Long Fic
    Personaggi/coppia: Emily Prentiss, Aaron Hotchner, Team BAU, Jack Hotchner (qualche comparsa)
    Disclaimer: I personaggi non mi appartengono, sono di Jeff Davis. Criminal Minds appartiene alla CBS. Questa storia non è a scopo di lucro.
    Note: Postata per e sotto costrizione di Emily†



    uncontrollable feelings






    1. Rules


    Era sera inoltrata e oramai nella sede della BAU solo poche persone erano rimaste nell'ufficio.
    L'agente Hotchner stava compilando il rapporto di un caso risolto qualche settimana fa, ma che non aveva ancora fatto e giaceva sulla sua scrivania da troppo tempo per essere ignorato.
    Sentì dei passi sicuri dirigersi verso il suo ufficio ed alzò lo sguardo per vedere la figura di Emily sulla soglia della porta.
    "Vieni, entra pure".
    La ragazza si avvicinò alla sua scrivania e gli porse il fascicolo con il simbolo dell'FBI.
    Era il caso che avevano appena risolto.
    "Tieni".
    Hotch lo afferrò e lo mise da parte, poi si soffermò sulla sua figura. Indossava un maglioncino rosso che la rendeva ancora più bella di quanto già non fosse, il viso era stanco, ma rimaneva comunque bellissima. Il rossetto metteva in risalto le sue labbra morbide.
    Era tutto il giorno che aveva solo un pensiero in mente: lei.
    Negli ultimi tempi, qualcosa era cambiato in lui.
    Aveva cominciato a vedere Emily con occhi diversi, non come la determinata ragazza di sempre, ma come una donna attraente, di carattere.
    "Grazie" le disse.
    Aaron fece un cenno col capo, poi proprio mentre se ne stava andando pronunciò le ultime parole che avrebbe mai immaginato di dire "Ti accompagno", si schiarì la voce, ed assunse il tono diplomatico di sempre "Qui ho finito".
    Emily rimase spiazzata dalle sue parole ed annuì secca, ed insieme si diressero all'auto di Hotch.
    Una volta arrivati sul veicolo, entrambi erano profondamente imbarazzati, estranei a quella situazione che aveva un qualcosa di intimo.
    "E' stato raccapricciante il caso di oggi, eh?" esordì Emily, dandosi mentalmente della stupida per aver detto delle cose così banali.
    "Sì. Era da un pò che non capitava un SI così terribile".
    Lei sapeva che Hotch si stava riferendo a Foyet ma preferì non dire nulla, per non turbarlo.
    L'auto accostò ed era arrivato il momento decisivo, di salutarsi. "Grazie per il passaggio".
    Lui annuì "Non è niente.", aggiunse ma sapeva che stava solo prendendo tempo, per rimandare.
    Emily fece per scendere dall'auto, quando lui aggiunse un "buona notte". La ragazza sentì il suo cuore accelerare, e mentre esitava, Aaron si avvicinò a lei e con un movimento impercettibile la baciò.
    Le loro labbra si scontrarono, e i loro respiri diventarono qualcosa di unico ed indivisibile. Entrambi, non seppero dire con precisione quanto durò quel momento, ma era sicura una cosa: era sembrato interminabile.
    Quando Hotch si allontanò per guardarla negli occhi, lei accennò un sorriso, poi lo guardò "A domani, Aaron".
    Tutti e due però, sapevano che quella, non sarebbe stato nè il primo, nè il loro ultimo bacio, ma ce ne sarebbero stati molti altri.
    Emily si convinse che per il suo capo, quello era stato solo un momento di debolezza e nient'altro ma poi ricordò il suo sguardo, non appena lui si era allontanato: oltre il desiderio che Emily aveva scorto nei suoi occhi scuri, c'era la dolcezza. Sospirò e sorrise richiudendosi la porta alle sue spalle.


    Mentre Hotch guidava verso casa, rivisse la scena di qualche minuto fa in modo ossessivo, analizzando ogni singolo gesto di lei, capendo che anche Emily provava qualcosa per lui.
    Era sbagliato, irrazionale, ma non aveva potuto fare a meno di baciarla. Lo voleva fare da tempo. Ma non era solo la bellezza fisica in lei che lo attraeva. C'era anche qualcos'altro, qualcosa di talmente potente da avergli fatto infrangere le regole dell'FBI.
    Parcheggiò il SUV, chiuse gli occhi e respirò profondamente. Poteva ancora sentire il suo profumo inebriante, dolce che sapeva di lei.

    Nel cielo la luna era l'unica custode di quel segreto, che sarebbe diventato sempre più prezioso.





    Note Autrice: Okay,riguardando vecchie puntate di CM ecco cosa la mia mente ha prodotto.
    Non so come mai, ma ho sempre amato le coppie impossibili e amo loro due, così
    ho deciso di fare una piccola raccolta su alcuni loro momenti (ovviamente, inventati da me).
    Spero che vi sia piaciuta!
    Recensite, mi raccomando.
    Fra

    Edited by Franci;; - 14/2/2011, 21:14
     
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  2. Franci;;
     
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    2.Souls



    "Stai bene?" le chiese Hotch non appena uscì dalla doccia.
    Era avvolta in un accappatoio bianco. Aveva i capelli bagnati e le gocce d'acqua le scendevano lungo il viso pallido.
    Lui si era offerto di accompagnarla a casa, anzi, l'aveva costretta a farsi accompagnare a casa, utilizzando il suo tono autoritario e ordinandoglielo come suo capo.
    Erano casa di lei e Hotch era seduto sul divano del salotto in attesa che lei uscisse dal bagno.
    Emily alzò gli occhi al cielo e lo guardò seria.
    "Certo che sto bene".
    Lui corrugò la fronte "Devo ricordarti che sei stata picchiata?" chiese torvo.
    "Sto bene!" replicò lei, insistente, mentre si stringeva nell' accappatoio caldo.
    Si sedette accanto ad Aaron e lui ebbe l’occasione sentire l'odore dei suoi capelli che profumavano di fragola, il suo shampoo preferito.
    La guardò e pensò che nonostante i lividi che aveva sul viso, era comunque bellissima.
    Gli ritornò in mente quella mattina, quando aveva sentito le urla di Emily che veniva picchiata da Cyrus.
    Non si era mai sentito così impotente.
    Gli era montata una rabbia dentro che era indescrivibile. Aveva dovuto impegnare tutto sè stesso per non correre a difenderla e rimanere lucido e distaccato come sempre.
    "Mi dispiace di non aver fatto nulla, quando Cyrus ..." sospirò, lasciando incompleta la frase. "E' stato orribile non poter fare niente" confessò, mentre strinse i pugni "Quel verme ....".
    Si alzò con uno scatto dal divano "Io avrei dovuto e voluto proteggerti e invece non ho potuto fare nulla! Tutto quello che ho fatto è stato ascoltare mentre tu venivi aggredita da quello psicopatico!".
    Emily sorrise all'uomo che amava, colpita dal suo modo di reagire. La proteggeva.
    Con lui si sentiva al sicuro, protetta ed era una sensazione che aveva riscoperto da poco: era piacevole.
    Lui si risedette e sospirò, tranquillizzatosi. Le afferrò la mano, stringendogliela lievemente.
    "Non importa" riprese lei "Non mi ha fatto così male".
    Hotch la guardò, sapendo che stava mentendo. Aveva imparato a conoscerla.
    "D'accordo, ti ho mentito" rispose subito, alla sua domanda muta.
    Si conoscevano troppo bene. Capivano subito quando uno dei due mentiva, e non perchè erano profiler, ma perchè quando si ama una persona la si capisce senza bisogno di parlare.
    "Ma non avresti potuto fare niente lo stesso. L'operazione sarebbe saltata e sarebbero stati uccisi degli innocenti, dei bambini ..." continuò la ragazza.
    Emily era quasi riuscita a convincerlo, ma Hotch non poteva togliersi dalla testa le urla di lei e la crudeltà di Cyrus.
    "Mi dispiace. Non avrei voluto che ti accadesse nulla di male" replicò Aaron, poi prese il volto della donna tra le sue mani e osservò quegli occhi scuri e magnetici, quegli occhi che l'avevano rapito.
    Sollevò la mano e la passò delicatamente sui lividi e sui graffi che aveva sul volto.
    Le sorrise, poi con lentezza calcolata avvicinò le sue labbra a quelle di lei. Si sfiorarono per un istante, provocando ad Aaron un brivido, poi Emily, colta dal desiderio, annullò quella distanza.
    Le loro labbra danzavano silenziosamente in perfetta sincronia. I loro corpi si scontrarono.
    Aaron la fece distendere, e la spogliò, con lentezza esasperante.
    Emily baciò le labbra del suo capo e passò la mani tra i suoi capelli scuri .
    Lo sentì sopra di lei, dentro di lei. I loro respiri si confondevano, mischiandosi in qualcosa di unico.
    Lei sorrise.
    Erano perfetti insieme, come due pezzi di un puzzle ormai completato.
    Si guardarono negli occhi e lei lo baciò di nuovo, questa volta con dolcezza, assaporando quel momento.
    Hotch smise di pensare a quanto tutto questo fosse sbagliato: lui era il suo capo.
    Ma ora, tutto quello che gli importava era stare con lei.
    Quando furono stanchi, si allontanarono leggermente l'uno dall'altro, rimanendo comunque vicini.
    "Grazie Aaron" gli sussurrò lei, vicino all'orecchio "Era la cosa migliore che avresti potuto fare".
    Lui la abbracciò e chiusero gli occhi.
    Morfeo li accolse tra le sue braccia in questo modo.
    I loro corpi erano legati tra le lenzuola bianche.
    la luce lunare illuminava debolmente la stanza, creando un'atmosfera surreale, quasi magica.
    Era l'atmosfera che si poteva creare solo tra due anime innamorate.





    Note Autrice: Ecco un altro piccolo frammento di questa raccolta.
    E' ambientato, ovviamente, nella 4x03, e ho sempre pensato ad una scena simile.
    Beh, che dire?
    Forse non è venuta bene come speravo, ad ogni modo, spero vi sia piaciuta.
    Recensite, per me è importante.
    Fra.
     
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  3. Franci;;
     
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    3. Rain

    Era un giorno di pioggia, uno come tanti, ed Aaron Hotchner era a casa sua, da solo.
    Jack era uscito con sua cognata per fare delle compere.
    Sospirò, tornando al lavoro che aveva in arretrato. Doveva compilare almeno una decina di rapporti sugli ultimi casi.
    Si alzò dalla poltrona, per osservare la pioggia che finiva sui vetri di casa sua e le gocce scivolare giù. Rimase in quella posizione per un pò, lasciando che la sua mente viaggiasse liberamente.
    Gli ritornò in mente quando, l'altro giorno, era andato furtivamente a casa di Emily, colpito da un bisogno disperato di rivederla. Erano rimasti insieme tutto il pomeriggio, passeggiando per le strade come una qualsiasi coppia, e si erano fermati a mangiare qualcosa. Di sera, invece di rimanere a casa, uscirono per cena, andando in uno dei ristoranti più belli di Washington. Non avrebbe mai scordato il suo sguardo quando ritornarono dal locale: era lo sguardo che aveva visto soltanto una volta, negli occhi di Haley. Era lo sguardo di una donna innamorata. Innamorata di lui.
    Sorrise, stavano bene insieme. Il tempo trascorreva velocemente quando erano insieme.
    Anche sua cognata doveva aver capito quando che stava vedendo qualcuna. Le fughe da casa senza motivo, ritornare nel cuore della notte ... Eppure non gli aveva mai chiesto nulla. Aveva voluto lasciargli un pò di privacy, cosa che lui aveva apprezzato.
    Scosse la testa, poi ritornò ai suoi rapporti. Rilesse i fascicoli e con la mente, rivide davanti a sè tutte le scene dell'indagine, che purtroppo, non era andata a buon fine. L'SI era un uomo bianco, sui 45 anni. Era un pedofilo preferenziale.
    Aveva già rapito ed ucciso 7 bambini. L'ultima vittima si chiamava Jeremy, 5 anni.
    Era stato rapito in un centro commerciale, era con la madre. La donna aveva lasciato la mano del figlio per un istante, e quello dopo, il bambino non era più accanto a lei.
    Le ricerche erano proseguite, interminabili. Il profilo era chiaro, ed erano riusciti a trovare lui e il bambino, ma era troppo tardi.
    L'uomo si era suicidato, sparandosi, il bambino era stato ucciso. Strangolato.
    Hotch era rimasto scosso. Quel bambino assomigliava incredibilmente a Jack, a suo figlio.
    Scacciò quei brutti pensieri e ritornò ai suoi rapporti da compilare.
    Qualche ora dopo, stanco, chiuse l'ultimo fascicolo li mise nellla 24 ore.
    Sbirciò l'ora: erano le 18.30 e Jack non era ancora tornato.
    Non erano ancora rincasati. Si chiese come mai avessero ritardato tanto.
    Che fosse successo qualcosa?
    Proprio quando stava prendendo in considerazione l'idea di chiamare, la porta dell'ingresso si spalancò.
    Aaron sentì delle voci familiari in salotto, così scese al piano inferiore. Appena lo vide, Jack gli saltò in braccio e lui lo colse al volo, in perfetta sincronia.
    "Papà!" urlò il piccolo, abbracciandolo "Mi sono divertito tanto! Abbiamo incontrato la tua amica!".
    Lui lo guardò confuso "La mia amica?".
    Jack sorrise "Emily! E' qui!".
    "Che cosa?".
    Non ebbe il tempo di guardarsi attorno che sentì una voce più che familiare, dire "Ciao".
    Suo figlio ridacchiò e corse in cucina, insieme alla zia.
    Lui la guardò: indossava una camicetta bianca e dei pantaloni neri, i capelli erano sciolti e aveva il viso riposato.
    "Ciao" le rispose avvicinandosi a lei e la abbracciò, veloce, furtivo "Sono contento che tu sia qui".
    Lei sorrise "Anche io", poi lo guardò "Jessica ha insistito perchè mi fermassi per cena. Spero non ti dispiaccia.
    "Non può farmi che piacere."
    "Forse ha intuito qualcosa".
    Aaron annuì.
    Poi si avviarono in cucina, dove mangiarono tutti insieme allegramente. Jack era molto contento della presenza di Emily in casa. La invitò a giocare con i suoi pupazzetti preferiti e le mostrò dei disegni che aveva fatto.
    "Zia! Posso venire a casa con te? Dai cugini?"
    La donna sorrise "Devi chiederlo a papà".
    Il piccolo si volto verso il padre, "Posso, papino? Ti prego!" chiese.
    "Ehi, non mi starai mica abbandonando?" replicò il padre, divertito.
    "Certo che no, papà! Non potrei mai!".
    "D'accordo, vai".
    Jack sorrise e abbracciò Aaron "Sì! Che bello!!".
    Corse in camera, ed aiutato dalla zia, fece la valigia, poi tornò a salutarli, dando un bacio sulla guancia e abbracciando forte suo padre.
    "Ciao papino!".
    Lui gli scompigliò i capelli e l'abbracciò "Ciao Jack".
    "Ti voglio bene, papà!".
    Aaron sorrise "Ti voglio bene, campione. Comportati bene".
    "A domani" disse Jessica. "Ciao Emily".
    La cognata sorrise, in direzione di Hotch. Lui capì che lei aveva compreso perfettamente.
    Dopo un ultimo saluto, Jack per mano alla zia, lasciò la casa ed Aaron e Emily si ritrovarono soli.
    I due si guardarono per un lungo istante, poi Aaron strinse Emily a sè, inspirando il suo profumo inconfondibile.
    "Mi sei mancata, oggi" confessò lui.
    "Anche tu".
    Lui le sfiorò la guancia con le dita ed Emily chiuse gli occhi.
    I loro volti si avvicinarono pericolosamente, le loro labbra si sfiorarono.
    Il cuore della ragazza batteva velocemente, come ogni volta che si baciavano. Non riusciva ad abituarsi alla sensazione magnifica che provava ogni volta che sfiorava Aaron.
    E poi si baciarono, dolcemente, lentamente.
    Il tempo sembrava essersi fermato, niente aveva più importanza che stare insieme, che sentire i respiri confusi e unirsi all'altro, per dimostrare nuovamente, quanto si amassero.
    La pioggia continuava a cadere ed un tuono squarciò il silenzio.
    Quando i due si fermarono, rimasero abbracciati, avvinghiati. Emily appoggiò la testa sul petto di Aaron e sospirò, felice.
    "Tutto bene?" si preoccupò lui, subito.
    Lei sorrise e gli sfiorò la guancia "E' tutto perfetto ora".
    Aaron le accarezzò il braccio e la strinse di più a sè.
    Nel frattempo, il cielo si era schiarito, lasciando spazio ad una notte illuminata dalla luna e dalle stelle, che brillavano alte nel cielo.
    Ora, che si erano ritrovati, tutto era tranquillo.



    Note Autrice: Questo pezzo non mi piace per niente ... Ad ogni modo, l'ho postato comunque!
    Spero che (almeno a voi) sia piaciuto!
     
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  4. Franci;;
     
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    4. Coffee

    Emily Prentiss era seduta alla sua scrivania, mentre Morgan scambiava messaggi con una donna incontrata la sera precedente, Reid aveva il naso infilato in un tomo di filosofia e JJ era al telefono con Will che tentavano disperatamente di riuscire ad organizzare la festa per il compleanno di Henry, che sarebbe avvenuto di lì a poco.
    Lei fissava il vuoto, perdendosi nei suoi pensieri, ed in ognuno di questi, lei ed Aaron Hotchner erano insieme.
    Quella relazione clandestina andava avanti ormai da qualche mese e a loro due piaceva –e da una parte erano costretti- che nessuno ne era al corrente. Sembravano due ragazzini che vivevano un amore segreto, quasi proibito.
    Sorrise, poi salvò il documento sul rapporto che stava scrivendo e si alzò dalla scrivania, catturando l’attenzione di Morgan e Reid, i quali le chiesero “Dove vai?”.
    “A prendere un caffè. Volete venire?”.
    “Nah” rifiutò Derek, tornò con il suo cellulare.
    Spencer rifiutò gentilmente, dicendo che sarebbe stato il suo quinto caffè.
    Emily scosse la testa, divertita. Il piccolo genio era drogato di caffè.
    Si avviò verso la macchinetta, quando si sentì afferrare per un polso, gentilmente. Riconobbe la sua presa ed il suo profumo Just Cavalli, inconfondibile.
    “Dove stai andando?” le chiese. Lo osservò. Aveva il suo abito da agente –perfetto- dell’FBI, con una camicia azzurra accompagnata da una cravatta blu. I capelli erano pettinati accuratamente, con il solito ciuffo ribelle sul davanti, perfettamente rasato. Era bellissimo, non poteva fare a meno di notarlo.
    “Sei la terza persona che me lo chiede” disse sorridendo “Comunque, sto andando a prendere un caffè”.
    “Ti accompagno” aggiunse subito lui “Ma non andiamo alle macchinette. Andiamo al bar”.
    “Aaron Hotchner che va via dal suo ufficio per andare a prendere un caffè al bar? È una data da segnare sul calendario!”.
    Lui abbozzò un sorriso. “Ogni tanto, faccio una pausa anche io”. Si guardò intorno, per controllare che nessuno lo vedesse, si avvicinò a lei e le sfiorò la guancia. “Sei bellissima oggi”.
    Emily rabbrividì a quel contatto intimo che le strappò un sorriso. Aaron non manifestava mai proprio apertamente i suoi pensieri e ciò che provava, ma ultimamente, le rivolgeva diversi complimenti che lei apprezzava sempre. Era bello avere qualcuno che ti dicesse quanto eri bella quel giorno.
    Si staccò dolcemente da lei, e continuarono a camminare, scendendo ai piani inferiori, rimanendo vicini.
    Contrariamente a ciò che si poteva pensare, nessuno li guardò. D’altronde, sembravano semplici agenti federali che prendevano un caffè insieme, discutendo del più e del meno.
    Si sedettero ad un tavolino isolato, messo nell’angolo della piccola caffetteria messa a disposizione dall’FBI. Notarono diversi agenti che prendevano una pausa.
    Aaron si alzò, andando a prendere i loro due caffè.
    Tornò poco dopo con due tazze fumanti, che Emily accolse con un gran sorriso che fece illuminare lo sguardo di Hotch.
    “Grazie” gli disse Emily, mentre lui si sedette di fronte a lui.
    Aaron abbozzò un sorriso, sorseggiando la bevanda, imitato dalla donna.
    “Che cosa diremo a Reid, Morgan o JJ se ci trovassero qui?”.
    “Cosa dovremmo dire? Stiamo solo prendendo un caffè, Emily. Non stiamo facendo nulla di male. E poi anche Reid o JJ, o Garcia e Morgan vanno a prendere i caffè insieme, ma nessuno sospetta di niente”.
    Lei sorrise “Osservazione molto acuta, agente Hotchner”.
    “Hai dormito questa notte?” le chiese lui, con un tono preoccupato nella voce.
    Emily sospirò, abbassando lo sguardo “Non molto”. Confessò.
    “Mi dispiace. Avrei voluto rimanere con te ma …”.
    “Lo so. Non devi preoccuparti per me. Jack è più importante, è tuo figlio”.
    Lui aggrottò la fronte “Anche tu sei importante”.
    “Lo so, Aaron.”.
    “Questa notte, se Jack starà meglio, dormirò con te … Certo, se per te va bene”.
    “Certo che mi va. Solo quando ci sei tu riesco a riposare tranquillamente” gli sussurrò lei.
    Lui sorrise “Sono lusingato”.
    Scoppiarono a ridere. Una risata vera. Emily rimase ad ascoltare la risata dell’uomo … Lo sentiva raramente ridere. Ed era quasi sempre lei a farlo essere così sereno.
    I due rimasero ancora un po’ a godersi quel momento in cui erano insieme, da soli. Erano rari i momenti, specialmente sul lavoro, in cui stavano insieme, anche se ultimamente, Hotch era sempre affiancato da Prentiss, soprattutto nelle azioni. Lui voleva averla affianco, in modo di saperla al sicuro.
    “Credo che ora dobbiamo tornare. Cominceranno ad insospettirsi”.
    Lei annuì, poi si alzarono dal tavolino ed Aaron pagò.
    “Meglio se torniamo separatamente” suggerì lei, avendo la sua approvazione.
    “Ci vediamo tra poco, Emily”.
    “Ah sì?”.
    “Sì. Dovrai consegnarmi un rapporto” disse lui, allusivo.
    Lei ridacchiò, poi Hotch fece per andarsene ed Emily lo seguì con lo sguardo “Aaron, aspetta!”.
    Si fermò, guardandola con aria interrogativa, poi si rintanarono in un angolo.
    Emily si guardò attorno, gli buttò le braccia al collo e gli diede un bacio fugace.
    “Grazie” mormorò lei, a pochi centimetri dalle sue labbra.
    Aaron sorrise “E di cosa?”.
    “Per questo”.
    “E’ solo un caffè”.
    “No, Aaron. Non è stato solo un caffè”.
    Emily prese l’ascensore, guardandolo fino a quando le porte si chiusero.
    Lui le aveva detto che era importante.
    Era stato molto di più che un caffè.

     
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  5. Franci;;
     
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    5.Superhero


    Aaron Hotchner era insieme ad Emily ad un supermercato della città.
    Era un loro momento quotidiano, tranquillo, senza lavoro, uno dei pochi momenti in cui potevano essere due persone normali, solo Aaron e Emily.
    La donna teneva il carrello, e lui metteva dentro ciò che diceva la lista, chiedendosi perché avessero bisogno di così tante cose, ma non osò controbattere.
    “Quando finiremo?”.
    “Se continui a lamentarti, mai” lo riprese Emily.
    “Era meglio se rimanevo a casa a compilare il rapporto” mormorò Hotch, pensando a quanto lavoro dovesse ancora svolgere una volta che fossero tornati a casa.
    “Pensi sempre e solo al lavoro”.
    “No. Ma mi toccherà farlo stasera”.
    Lei sbuffò “Smettila di preoccuparti del lavoro. Esci dai panni del capo brontolone” lo prese in giro lei.
    Aaron ridacchiò, divertito da quella situazione.
    Si diressero al reparto alimentari, quando udì un bambino piangere.
    Il padre che era in lui, si preoccupò, dirigendosi verso il piccolo che non accennava a smettere. Inoltre, notò, era solo.
    “Ehi” lo chiamò, abbassandosi per arrivare alla sua altezza.
    Emily lo raggiunse, guardandoli, preoccupata per il bambino ed ammirata.
    “Ti sei perso?” chiese ancora.
    Il piccolo annuì timido, asciugandosi le lacrime con la manica della maglietta che portava. Doveva avere avuto 6 anni o forse era meno. Aveva i capelli bruni e gli occhi del medesimo colore.
    “Non trovo la mia mamma” mormorò il bimbo, preoccupato.
    “D’accordo, non preoccuparti. La cerchiamo insieme, d’accordo?” fece Hotch mentre gli sorrise. “Come ti chiami?”.
    “Kyle”.
    “Okay. Io sono Aaron. Vieni”, disse prendendolo per mano, gentilmente. Era un gesto che faceva abitualmente con Jack.
    Il bambino però, non accennò a muoversi. “Non voglio. Ho paura.”.
    Lui sorrise, poi decise di prenderlo in braccio, dato che non voleva muoversi da dove si trovava.
    Emily notò che i due si somigliavano. Poteva passare benissimo per suo padre.
    Avrebbe potuto essere il loro bambino … Aveva i capelli del suo stesso colore, riflettè.
    La donna li seguì, mentre si dirigevano alle casse per fare un annuncio.
    “Mi scusi” disse lei ad una donna nervosa, che passava i prodotti sul lettore dei prezzi.
    “Dica”.
    “Questo bambino ha perso i suoi genitori” continuò lei “Potrebbe chiamarli?”.
    “Come si chiama il bambino?” chiese, continuando a fare il suo lavoro.
    “Kyle” rispose Aaron al posto della donna.
    “Kyle e poi?”.
    Il piccolo sussurrò “Kyle Davis”.
    La donna annuì, guardandolo a malapena.
    I genitori di Kyle Davis sono pregati di rivolgersi alla cassa numero 32. I genitori di Kyle Davis sono pregati di rivolgersi alla cassa numero 32.
    “Grazie” disse Hotch, professionalmente, poi si mise da parte, insieme al bambino, mentre Emily ne approfittava per pagare i loro acquisti.
    Aspettarono lì circa 10 minuti, poi videro una coppia correre affannati.
    “Oddio! Kyle!” urlò una donna dai capelli bruni. Era vestita elegantemente. I capelli erano raccolti in una coda morbida ed ordinata.
    L’uomo accanto a lei, era vestito esattamente come lui, con giacca e cravatta. Aveva un’aria composta ma preoccupata.
    Doveva essere un avvocato. Dai vestiti che indossavano appartenevano ad una classe sociale alta.
    “Mamma!” urlò il piccolo, correndole incontro ed abbracciandola.
    Ad Aaron si strinse il cuore. L’amore di una madre per il proprio figlio era un qualcosa di fantastico.
    “Grazie” gli disse l’uomo, stringendogli una mano.
    “Si figuri” rispose l’agente federale, accennando un sorriso.
    “Eravamo preoccupati per Kyle. L’abbiamo cercato ovunque” disse la madre mentre teneva suo figlio stretto a sé. “Per fortuna l’avete trovato voi” , disse ancora, sorridendo ad Aaron ed Emily che sorrisero.
    “Vi ringrazio ancora” ripetè la donna.
    I due sorrisero, poi, salutarono e le loro strade si divisero.
    Gli agenti dell’FBI uscirono dal centro commerciale, trovandosi nelle strade affollate di Washington. Avevano deciso di non prendere l’auto e fare una passeggiata, godendosi l’aria serale fresca.
    Aaron le cinse la vita, posandole un bacio delicato sulla guancia che fece arrossire Emily, intenerita da quel gesto dell’uomo.
    Sorrise poi all’accaduto di quel pomeriggio.
    “Sei stato molto gentile, oggi”.
    “Ho fatto quello che tutti avrebbero fatto”.
    Lei scosse la testa “No, voglio dire … Fai sempre la cosa giusta, Aaron” disse stringendosi più a lui.
    “Anche tu” disse confuso, non capendo dove la donna volesse andare a parare.
    “Pensi sempre al prossimo ed è una qualità davvero singolare, quasi unica”.
    “Grazie.” Disse commosso “Ma posso dire la stessa cosa di te. Se non fossimo così, non saremmo nemmeno degli agenti, non pensi?”.
    Un leggero vento si alzò, scompigliando i capelli ad Emily, che si lasciò accarezzare dall’aria.
    “Jack ha ragione a dirti che sei un super eroe.”.
    “Perché lo pensate tutti?”.
    “Perché è così”.
    “Ma …”
    “Sei il capo della squadra, colui che ha la maggior responsabilità … Per cui sei un super eroe per me.”.
    “Non sono Superman” disse lui, serio ma con un pizzico di ironia nella voce.
    La ragazza sorrise, guardandolo negli occhi “Sei molto meglio di Superman. Sei il mio super eroe personale che mi salva ogni volta che ne ho bisogno” concluse lei, mentre sulle labbra di lui, si disegnò un sorriso.
    Era emozionato dalle parole uscivano dalla bocca della donna che sentiva di amare e con cui avrebbe voluto stare per il resto della sua vita.
    “Emily …” sospirò lui, senza fiato. “Io … Ti amo” le sussurrò. Era la prima volta che glielo diceva. Aveva sempre pensato che non ci fossero bisogno di parole tra loro, che si capissero al volo, che erano legati da una specie di filo invisibile … Ma aveva voluto dirglielo perché voleva vedere lo sguardo colmo di emozioni nei suoi occhi, voleva farla sentire …. Completa. E poi perché era un sentimento davvero sentito, che si teneva dentro da troppo tempo.
    “Come?” mormorò Emily, troppo scombussolata per parlare.
    “Io ti amo, Emily”.
    La donna non disse nulla, rimanendo in silenzio. Non credeva di aver sentito bene ma …
    Le aveva detto che l’amava!
    Sorrise, avvicinando il viso a quello di lui e lo baciò, incuranti dei passanti che li guardavano curiosi e sorridenti. In quel momento erano sul loro pianeta, si erano isolati dal resto del mondo.
    Quando si staccò da lui, aveva il cuore che batteva ancora all’impazzata.
    “Ti amo anche io, Aaron Hotchner.”
    Entrambi sorrisero, si presero per mano e continuarono quella strada insieme. Insieme, sentivano che avrebbero potuto affrontare ogni cosa.


    Trovare qualcuno da amare ed esserne ricambiati è una cosa meravigliosa. Ma trovare l'anima gemella è veramente il paradiso. L'anima gemella è una persona che ti capisce come nessun'altra, che ti ama come nessun'altra, che sarà lì per te sempre, qualsiasi cosa succeda. Dicono che niente dura in eterno, ma io credo fermamente che per alcuni l'amore continui a vivere anche quando non ci sono più. So molto bene cosa voglia dire avere vicino una persona così.
    (Cecilia Ahern, PS. I love You)




    Note Autrice: Okay ragazze! Ecco qui che si conclude questa raccolta su Hoctch ed Emily e … Mi mancheranno un po’.
    Spero che comunque vi sia piaciuta!
    Grazie per aver letto e commentato!
    Franci.
     
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4 replies since 13/2/2011, 20:00   611 views
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