I'll fight for You

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    Titolo: I'll fight for You
    Rating: Giallo/Arancione
    Categoria: Romantico, sentimentale, azione.
    Avvertimenti: Alcune scene potrebbero non essere troppo belle..
    Personaggi/coppia: Emily Prentiss, Aaron Hotchner, Team BAU. (Hotch/Prentiss)
    Disclaimer: I personaggi non mi appartengono, sono di Jeff Davis. Criminal Minds appartiene alla CBS. Questa storia non è a scopo di lucro.
    Note: Eccomi con una nuova pazzia! XD Questa FF l'ho scritta da tempo ... Ma su carta, quindi devo ancora trascriverla tutta!
    Spero che vi piaccia, comunque :D



    I'll fight for you






    Cap.1


    Sbattè la porta della stanza, esausta.
    Continuava a piovere da 3 giorni, e il lavoro era a dir poco sfiancante.
    Non ne poteva più. Voleva tornare a casa, a Washington.
    Si trovava, insieme alla squadra, sotto copertura. Si trovava a Vancouver per risolvere un complicato caso.
    Un serial killer, sadico,catturava delle giovani ragazze, tenendole prigioniere per giorni, torturandole e violentandole ripetutamente.
    Erano in quella città ormai da 1 settimana e mezza. Era il soggiorno più lungo che avessero mai fatto.
    Si era deciso di mandarla in una scuola, come insegnante, perchè probabilmente l'SI trovava le sue vittime proprio in quel liceo, ma di lui non c'era traccia, almeno per ora.
    Probabilmente era un insegnante, tra i 30 e 40 anni, bianco, di ceto sociale medio, ovviamente, istruito ed abbastanza intelligente, narcisista, odiato dai colleghi.
    Quando avevano ricevuto la chiamata, avevano ipotizzato di riuscire a risolvere il caso in una settimana circa, ma ovviamente, si sbagliavano.
    L'SI aveva già ucciso 18 ragazzine.

    Con la squadra, si incontrava solamente per cena, e solitamente si aggiornavano, per sapere se c'erano degli sviluppi.
    Sospirò, e si gettò sotto la doccia, dove rimase a lungo, per riflettere.
    Negli ultimi mesi le cose erano cambiate, avevano preso una svolta del tutto inaspettata.
    Il rapporto che aveva con Aaron Hotchner andava oltre il professionale.
    Tutto era iniziato una sera qualunque. Alla BAU non era rimasto più nessuno.
    Era stata una giornata tranquilla, passata a compilare documenti burocratici.
    Lei era andata nel suo ufficio per consegnargli un rapporto, quando lui aveva proposto di uscire per andare a mangiare qualcosa.
    Erano andati a cenare in un posto accogliente, avevano parlato di argomenti generali. Lavoro, impegni durante il week end.
    Apparentemente era una semplice cena tra due colleghi...
    Al termine della cena, si salutarono, scambiandosi sguardi piuttosto espliciti.
    Questi incontri "segreti" erano andati avanti per un bel po’, ed entrambi cercavano di convincersi che erano semplici colleghi, che le cene che facevano e il tempo che trascorrevano insieme fosse solamente professionale, ma era palese che le cose non erano così, non più oramai.
    Anche ora, la persona che vedeva più spesso era lui, il suo capo, Aaron.
    Emily era felice da quando aveva cominciato a frequentarlo. Le sue attenzioni erano gratificanti. Aaron, nonostante fosse il suo supervisore, rimaneva un bell'uomo e questo non poteva negarlo ... Tuttavia non si erano mai sfiorati, neanche un bacio.
    Adesso, si incontravano "casualmente" sulla metro, ed apparivano una normale coppia, tranne per il fatto che erano degli agenti dell'FBI, che lei era sotto copertura e che stavano infrangendo tutte le regole.
    Lei era l'unica, infatti a non partecipare attivamente alle indagini, benchè fosse costantemente aggiornata, conoscendo tutti gli sviluppi.
    Se l'SI, la stava tenendo d'occhio, e avesse scoperto che era dell'FBI, la copertura sarebbe saltata.
    Chiuse il getto della doccia, ed uscì dal box, avvolgendosi in un accappatoio bianco, con le iniziali dell'hotel in cui alloggiava.
    Si asciugò i capelli ed indossò dei pantaloni e una camicia bianca.
    Afferrò il telecomando, sedendosi sul divano, cominciando a fare zapping, ma non c'era nulla di interessante.
    Si alzò, prendendo la cornetta del telefono in mano, quando bussarono alla porta.
    Aprì, trovandosi davanti Aaron, vestito, come sempre, in giacca e cravatta.
    Le accennò un sorriso.
    "Ciao" la salutò.
    "Ehi". Si scostò per farlo entrare,
    "Come stai? Oggi ti ho vista turbata" osservò lui, mentre si sedettero sul divano, guardando l'enorme vetrata di fronte a loro. "Oggi?" chiese di rimando lei.
    "Ti ho seguita." ammise "Quando sei uscita da quella scuola. Non posso lasciarti disarmata e ... senza qualcuno che ti protegga sarebbe rischioso".
    "Mi hai seguita fino a qui?".
    Aaron annuì, deciso "Esatto. Poi sono tornato al mio albergo per rinfrescarmi un po’, e sono tornato qui".
    Emily gli sorrise, intenerita dalle sue parole.
    Nel frattempo, nella città cominciava a calare il buio.
    Era sera e la gente cominciava a prepararsi.
    "Sono solo stanca. Avere a che fare con degli adolescenti in balia degli ormoni è piuttosto sfiancante".
    Hotch assunse un'espressione preoccupata.
    "Qualcuno ti ha dato fastidio?" chiese serio.
    "Beh ... Un ragazzo di una delle classi, Charlie, mi ha fatto capire chiaramente che gli piaccio. E' il classico bullo egocentrico".
    Lui assunse un'espressione corrucciata "Mi dispiace che tu debba affrontare tutto questo". Le sfiorò il braccio per confortarla.
    Una scossa percorse entrambi, solo per quell'innocente contatto. Se mai avessero .... No! Emily tirò un lungo sospiro. Non poteva fare dei pensieri del genere su Hotch!
    "Non ti preoccupare. Affronto quotidianamente serial killer ... Saprò tenere a bada un ragazzino. Anche se devo ammettere che si fanno concorrenza".
    Aaron rise, divertito ed Emily ascoltò estasiata la sua risata. Era un suono bellissimo.
    Incredibile. Era riuscita a far ridere l'agente speciale supervisore Aaron Hotchner.
    Rimasero in silenzio, poi Hotch propose di andare a cena.
    Lei annuì, indossò il cappotto ed uscirono per le strade di Vancouver.
    Andarono in un ristorante di alta classe, come tutti quelli presenti nel centro della città. Le spese erano tutte a carico dell'FBI.
    Mangiarono, parlando liberamente di tutto ciò che passava loro per la testa,
    Lui era felice di passare il tempo con Emily. Quando era con lei, si sentiva di nuovo libero e spensierato, come una volta.
    La guardò sorridere e notò quanto fosse bella ed attraente.
    Avrebbe voluto baciarla, ma non poteva.
    La parte razionale di lui, gli ricordava che lui era il suo capo e che avere dei rapporti personali con i colleghi era proibito.
    La parte meno razionale, il cuore, gli diceva di farlo, di non pensare, per una volta, alle conseguenze, di stringerla a sè e proteggerla.
    Era riuscito finalmente a superare la morte di Haley, trovando in Emily una donna a dir poco stupenda.
    Non aveva dimenticato il suo primo amore, ma era pronto a ricominciare, a voltare pagina.
    Quando finirono di cenare, fecero una breve passeggiata, incuranti del freddo pungente.
    Aaron la prese per mano, senza dire nulla.
    Era un gesto intimo, ma nessuno fece una mossa in contrario.
    Il battito di Emily accelerò e fu percorsa da un brivido, ma non era dato dal freddo.
    Lui se ne accorse e fraintendendo, decise di riaccompagnarla in albergo.
    Il suo hotel, come quello degli altri del team, era di fronte. La camera di Hotch, era al suo stesso piano.
    Si ritrovarono davanti all'ingresso dell'hotel.
    Non avrebbero mai voluto separarsi.
    "Resta con me … Solo per questa notte," sussurrò Emily, Si stupì della sua stessa frase, ma ormai non poteva negarlo. Provava qualcosa per Aaron, anche se non sapeva ancora cosa esattamente.
    Lui annuì.
    Salirono le scale, per poi entrare nella camera 235.
    Rimasero per un lungo istante a fissarsi, ognuno immerso nei suoi pensieri, ognuno pensando se fosse il caso di fare il prossimo passo o meno.
    Aaron sospirò, poi si avvicinò a lei.
    Carpe diem, pensò.
    Prese il viso di lei tra le sue mani, le sfiorò una guancia, posando poi un tenero bacio vicino alle sue labbra.
    Avvicinò il suo viso a quello di Emily, la quale chiuse gli occhi, assaporando quel bacio tanto desiderato.
    Si sentì leggera, felice. Il suo sogno si stava avverando.
    Si baciarono, dapprima esitando, poi diventarono sempre più passionali e quel semplice bacio si trasformò in un qualcosa di più.
    Si diressero in camera da letto, dove Aaron la fece sdraiare delicatamente.
    Si spogliarono lentamente, ognuno assaporando quel momento magico.
    Emily passò le dita tra i capelli di lui, attirandolo verso di sè.
    Si unirono in una danza che solo loro due potevano conoscere.
    Quando si staccarono l'uno dall'altra, si guardarono con dolcezza.
    Lei si strinse di più a lui, che la abbracciò facendola sentire al sicuro,
    Si addormentarono così, abbracciati e felici.


    La mattina seguente...
    Emily si risvegliò di soprassalto, confusa.
    Si ritrovò intrappolata da due braccia forti e poi sorrise.
    Allora non l'aveva immaginato. Avevano davvero fatto l'amore ... Perchè non si era trattato solo di sesso ... Il rapporto che avevano avuto era stato intenso, pieno di emozioni.
    Sentimenti che non si potevano provare con una persona qualunque.
    Anche Hotch si ridestò, trovando Emily accanto a sè, già sveglia. Era bellissima.
    Lei gli sorrise e si avvicinò a lui, sfiorandogli timidamente le labbra.
    "Buongiorno" gli mormorò.
    "Ciao".
    Le sfiorò i capelli con la punta delle dita. "Dobbiamo andare" le ricordò.
    Emily sbuffò "Non credo di poter affrontare un'altra giornata con quei ragazzini".
    "Purtroppo devi" rispose serio, poi accennò un sorriso "Vai o arriverai in ritardo a scuola.".
    Emily alzò gli occhi al cielo, diede un ultimo bacio all'uomo e sgusciò nel box doccia, lasciandolo solo.

    Poco dopo si diressero ad un bar, mentre la città doveva ancora svegliarsi.
    Si presero per mano e sorrisero.
    Immersi nella loro spensieratezza, non si accorsero di due occhi che li stavano spiando, nella penombra di un vicolo.
     
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    Cap.2


    "Sei stanca?" le chiese una donna dai capelli castani. Era giovane, al primo anno di insegnamento. Avrà avuto al massimo 28 anni.
    Emily alzò le spalle, mentre avanzò di un passo.
    Erano in coda alle macchinette, per prendere un caffè, e come sempre, pioveva a dirotto.
    "Sei stata con qualcuno, ieri sera?" indagò ancora, sorridendo maliziosamente.
    Sembrava più un'adolescente che un'insegnante, pensò.
    "Forse…" mormorò lei.
    La collega rise "Per caso, era quel bell'uomo tutto elegante che ho visto qui fuori, ieri?".
    "Potrebbe essere...".
    Emilu si rese conto che l'unica persona con cui poter parlare di Aaron, era Chiara.
    Non era dell'FBI, non era una "vera" collega e non l'avrebbe detto a nessuno. Nessuno che lei conoscesse, almeno.
    Chiara battè le mani, come una bambina che ha appena scartato un pacco regalo, trovandoci il suo gioco preferito.
    "Wow! Sono così contenta per te!".
    "Grazie", poi inserì i soldi nella macchinetta, e prese il suo tanto desiderato caffè.
    "Sai, l'ho notato subito. Spiccava come un fiore in un deserto" continuò la ragazza. "L'ho notato innanzitutto per la sua bellezza", ammiccò, "e poi per il suo abbigliamento e il suo comportamento".
    "Che intendi dire?" chiese Emily.
    "Beh ... Era ... Strano. Affascinante, ma strano. Era nervoso. Sai, mi ha ricordato tanto un agente segreto, uno dell'FBI o della CIA.".
    Emily rise, leggermente nervosa.
    Chiara sarebbe stata un'ottima profiler.
    "Ieri sera ti sei data ai telefilm, per caso?" la prese in giro, per sviare i sospetti.
    "Hmpf" fece la collega "Spiritosa! Comunque, mi piace un sacco il tuo uomo. E' davvero un gran figo! Nel caso in cui ti stufassi di lui, potresti darlo a me".
    Lei ridacchiò. Se solo ci fosse stato Aaron con lei! Avrebbe voluto vedere la sua faccia.
    "A proposito, come si chiama?", chiese Chiara.
    "Aaron" rispose Emily, sognante.
    "Ooh! Aaron!" la prese in giro la ragazza. "Ed è bravo a letto, il tuo Aaron?".
    Poi scoppiarono a ridere, camminando per i corridoi della scuola.
    Questo, gliel'avrebbe raccontato!



    Nel frattempo, le indagini proseguivano senza sosta,
    Entro due giorni, il killer avrebbe potuto colpire ancora.
    "Perché pensiamo che l'SI frequenti quella scuola?" chiese Derek. Più che una domanda, era un tentativo per fare il punto della situazione.
    "Beh, tutte le vittime frequentavano o avevano frequentato quel liceo", rispose prontamente Reid, riesaminando il fascicolo.
    "Garcia" esclamò Hotch "ricontrolla tutto. Amplia il campo di ricerca. Guarda tutti gli insegnanti o ex insegnanti licenziati negli ultimi 2 anni, con precedenti penali. Un soggetto del genere, sviluppa nel corso del tempo la sua perversione. Probabilmente ha iniziato con crimini minori nell'adolescenza, per poi arrivare ad un tentato stupro ed infine al rapimento e all'uccisione" riepilogò Aaron.
    Penelope controllò velocemente, ma non ci fu nessun riscontro.
    "Maledizione!" sbottò Morgan, frustrato. "E' da quasi 2 settimane che siamo qui e non abbiamo risolto nulla!".
    Rossi gli mise una mano sulla spalla "Lo troveremo".
    "Sì, ma quando?" chiese dopo essersi calmato.
    Calò il silenzio, quando Garcia piombò nella stanza.
    "Venite a vedere, presto".
    Li portò nella sala principale, davanti a uno schermo TV.
    Il telegiornale annunciava un'altra vittima.
    "Come mai nessuno ci ha avvertiti?" chiese Hotch, rivolgendosi al della sede di polizia.
    "L'abbiamo appena saputo".
    Lui annuì, sbrigativo.
    "Morgan, con me. Andiamo sulla scena del crimine." continuò "Rossi e Reid rimanete qui e rivedete insieme ai poliziotti tutti i possibili sospettati. JJ parla con i giornalisti. Dobbiamo scoprire come è arrivata loro la notizia.
    Dobbiamo trovarlo!" esclamò.
    Detto questo, i due agenti uscirono, dirigendosi sulla scena del crimine.



    Ps. Non è tutto il cap.2 ma solo una parte :D
     
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    Cap 2.
    Continuazione.



    Scena del crimine.
    L'aria era fredda, e la pioggia continuava a cadere.
    Hotch e Derek scesero dal SUV, trovando già diversi poliziotti della scientifica e ovviamente i giornalisti. Li schivarono, non riuscendo però ad evitare flash e sentire le domande che ponevano loro.
    "Sono peggio degli avvoltoi" borbottò Morgan.
    "E' il loro lavoro." rispose Aaron.
    "Siete dell'FBI?" chiese un uomo che aveva il cartellino di appartenenza alla scientifica. "Keith Harson" si presentò.
    "Agenti Hotchner e Morgan" rispose Hotch, mentre oltrepassava il nastro giallo, osservando il corpo senza vita di una diciassettenne.
    Era insopportabile la vista di quel corpo, pieno di lividi e graffi.
    "E' morta da circa 24 ore. Segni evidenti di tortura. E' stata legata, probabilmente con delle manette" spiegò Keith.I 2 agenti federali annuirono, mentre Hotch distolse lo sguardo dal corpo. Aveva visto abbastanza.
    Il modus operandi era lo stesso. Tuttavia i tempi tra un omicidio e l'altro si erano notevolmente ridotti.
    "Si chiamava Samantha Jhonson" continuò Keith "Qui ci sono i suoi effetti personali".
    Porse loro una collana e un cellulare.
    Aaron afferrò il telefonino e controllò le ultime chiamate.
    C'erano diverse conversazioni con un certo Samuel Ryan. Avrebbero dovuto interrogarlo per scoprire qualcosa di utile.
    Mentre si avvicinavano verso il SUV, un poliziotto urlò "Chi è l'agente Aaron Hotchner?"
    Hotch si fermò di colpo, tornando indietro "Sono io".
    Gli venne dato un biglietto, trovato nella tasca del giubbotto della ragazza.
    Era scritto: Sono stato bravo, agente Hotchner?
    Ho ucciso un'altra ragazza, E tu non mi hai fermato. Ma la parte più bella e divertente deve ancora venire. Sarà memorabile, agente Aaron Hotchner.

    Aaron sospirò. Tutti gli SI si accanivano contro di lui.
    Prese il bigliettino e lo mise in tasca. Avrebbe dovuto farlo vedere agli altri.


    Circa un'ora dopo, tornati alla sede, il resto del team, insieme a Hotch, aveva esaminato il biglietto.
    "E' un chiaro segno di sfida" proclamò Morgan.
    "Inoltre ti conosce" aggiunse Rossi, pensieroso.
    "Potrebbe avermi visto ad un notiziario, o potrebbe avermi cercato online" disse Aaron mentre continuava a pensare. La sua mente rievocò l'immagine di Foyet. Cercò di non pensarci. Non poteva essere un altro Foyet, non doveva essere. Eppure, lo sfidava apertamente, proprio come aveva fatto il Mietitore.
    "E' il classico segno di narcisismo. Si crede più furbo di noi e pensa che nessuno possa fermarlo" analizzò Reid.
    "Ma che cosa intende con la frase 'la parte più bella deve ancora venire, sarà memorabile'? chiese JJ.
    "Ci sfida a fermarlo. Probabilmente spera che non ci riusciamo e questo aumenterebbe il suo EGO" spiegò Spencer, parlando velocemente, come al suo solito.
    "All'inizio dice 'Sono stato bravo? Ho ucciso un'altra ragazza'. Questo indica che si sente onnipotente. E' lui a decidere chi vive e chi muore, come Dio" aggiunse Hotch, serio e professionale come sempre.

    2 ore dopo...
    Il cellulare di JJ squillò, annunciando la presenza di un nuovo messaggio. Si diresse nell'ufficio in cui si ernao sistemati, trovandoci gli amici che chiacchieravano durante una pausa caffè.
    "Samuel Ryan è arrivato".
    Aaron annuì "Ce ne occupiamo io e Morgan".

    Il ragazzo di fronte a loro doveva avere circa 18 anni. Indossava una camicia nera e dei jeans.
    "Samuel Ryan?" chiese Morgan, entrando nella sala interrogatori.
    "Sono l'agente Derek Morgan, FBI".
    Si accomodò sulla sedia di fronte a lui.
    Qualche minuto dopo, anche Hotch entrò, presentandosi. A differenza di Derek, lui rimase in piedi.
    Dall'altra parte del vetro, Reid e Rossi osservavano la scena incuriositi.
    "Sono accusato di qualcosa?".
    "Vogliamo solo farti delle domande" rispose Aaron.
    "Conoscevi April Jhonson?" chiese Morgan, instaurando con lui un rapporto visivo.
    Se, come avevano supposto, la ragazza era la sua fidanzata, stava per dargli una pessima notizia.
    "Certo che la conoscevo. E' la mia fidanzata. Perchè?" chiese, allarmandosi "Le è successo qualcosa?".
    "Samuel, mi dispiace ma l'abbiamo trovata questa mattina. E' stata uccisa".
    Il ragazzo scosse la testa "Cosa? No, no! Voi sbagliate! State mentendo! Lei è a casa, sta bene!".
    "Mi dispiace".
    Assunse un'espressione di sconcerto, poi di dolore. Fu colpito da un giramento di testa, ma i 2 agenti tennero sotto controllo la situazione.
    Qualche minuto dopo, il ragazzo si era calmato, riacquistando il controllo.
    "Posso vederla?".
    "Qualcuno ti accompagnerà" rispose Hotch "Ora vorremmo farti qualche domanda. Non ci vorrà molto" lo rassicurò.
    "D'accordo".
    "La tua ragazza era sparita da due giorni e mezzo. Non ti sei mai chiesto perchè non si era più fatta sentire?".
    Samuel Ryan scosse la testa "Avevamo litigato, per cui quando non mi ha chiamato, ho pensato che fosse ancora arrabbiata".
    Hotch annuì "Ultimamente ti era sembrata strana? Preoccupata per qualcosa?".
    "No ... Me l'avrebbe detto. Lei mi diceva sempre tutto".
    Quando le domande furono esaurite, Morgan fece accompagnare il ragazzo all'uscita.
    Hotch prese il fascicolo del caso e lo mise nella sua valigetta.
    L'avrebbe riesaminato con calma.
    Qualcosa sfuggiva a tutti loro, ma cosa?
    Avevano fatto un altro buco nell'acqua e non avevano ancora un sospettato.
    Poi il suo cellulare squillò.
    Aveva ricevuto un messaggio. Lo aprì.
    Era Emily.
    "Vieni da me questa sera. Ti aspetto."
    Mise il cellulare nella tasca interna della giacca e sorrise, poi uscì dalla sede di polizia, immergendosi nelle strade affollate della città.



    PS. Non è ancora tutto perchè il cap 2 è lungo tipo 10 pagine xD

    Edited by Franci;; - 8/3/2011, 20:37
     
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    Cap 2.
    Continuazione



    Circa 3 ore dopo, Emily ed Aaron erano nella stanza di lei, avvolti nelle coperte e nel silenzio, ad eccezione dei loro respiri.
    Lei si strinse di più a Hotch. Lui si limitò a sorridere.
    Non gli era ancora spontaneo assumere certi gesti intimi con Emily ... Era impacciato come un ragazzino in certe cose.
    La ragazza sospirò, mentre Aaron incrociò le braccia sotto la testa.
    "Tutto bene?" le chiese premuroso.
    "E' solo che ... Voglio tornare a casa".
    Lui annuì "Anche io. La Strauss continua a farmi pressione. Ha detto che se tra una settimana, il caso non sarà risolto, ci farà tornare in ogni caso.".
    Emily si mise a sedere, di scatto "Che cosa?!".
    "Purtroppo è così.".
    "Ma non può sollevarci dall'incarico".
    "Non siamo arrivati a nulla in una settimana e mezza, Emily".
    Lei sbuffò "E quindi? Se non ci sei riuscito te, se non ci siamo riusciti noi, nessun altro ce la farà. Tu sei il migliore.".
    Sorrise "Ti ringrazio per la fiducia che riponi in me. Ma purtroppo non sono il migliore, anche se mi piacerebbe esserlo. Vorrei non sbagliare mai, ma sono un essere umano, anche io commetto degli errori".
    Emily lo abbracciò, posandogli un bacio sulla guancia "Lo prenderemo.".
    Poi si alzò dal letto, coperta solo da un lenzuolo.
    Lo guardò, indossò la camicia di lui e un paio di pantaloni. "Allora, rivediamo il caso insieme?".
    Aaron sapeva di poter sempre contare su di lei.
    Annuì e ricostruirono insieme ogni cosa, rividero il profilo, fino a quando non furono esausti.
    Erano le 5 passate.
    "Aspetta, Hotch!"
    "Che cosa?" chiese, chiudendo il fascicolo. Aveva gli occhi stanchi e la mente piena di brutali immagini.
    "E se stessimo vedendo le cose dal punto di vista sbagliato?".
    "Che intendi dire?".
    "E se l'SI avesse un complice?".
    Lui aggrottò la fronte "Abbiamo considerato questa possibilità, ma non è possibile. Andrebbe contro il profilo. L'SI è egocentrico. Un narcisista, innamorato di sè stesso. Non accetterebbe mai di avere un complice. In questo modo riconoscerebbe la sua incapacità.".
    "Ma se fosse costretto a richiedere l'aiuto di qualcuno?".
    "Dove vuoi arrivare?" le chiese ancora, mentre si avvicinò a lei.
    "Forse l'SI non può adescare le vittime perchè non ha tempo, oppure non ha i mezzi per farlo".
    "Potrebbe avere qualcuno a cui badare, intendi?".
    "Esatto.".
    Hotch sospirò "Il profilo è chiaro. L'SI non ha famiglia".
    "Non intendo solo una famiglia. Anche un parente, o una madre anziana".
    "Quindi il complice lo aiuterebbe a catturare le vittime, a spiarle ...".
    "Sì. Ovviamente, il nostro SI è il dominante".
    "Dovremo tracciare un altro profilo, allora" aggiunse Aaron.
    "Già ... Vuoi farlo ora?".
    Lui la guardò, malizioso. "Ora volevo fare altro". Poi la attirò a sè, e la baciò.
    Avevano ancora un pò di tempo, prima che la giornata iniziasse.
    Emily sorrise, contro le labbra di lui.
    Scopire che il suo capo, era un uomo serio ma così passionale, le piaceva.

    Al mattino Emily si fece una doccia, rilassandosi e rimanendo a pensare.
    Aaron era fantastico.
    Doveva abituarsi a non vederlo sempre serio, ma sorridente e passionale.

    Nel frattempo Hotch era tornato nel suo albergo in modo da non destare sospetti.
    Gli altri se ne sarebbero accorti se non l’avessero visto all’albergo quella mattina e avrebbero fatto domande a cui non avrebbe saputo rispondere.
    Indossò una camicia bianca e cravatta blu, poi scese nelle hall trovando gli altri profilers.
    “Hotch, finalmente!” lo salutò Derek “Stavamo per preoccuparci … Come sta Emily?” continuò.
    Aaron si irrigidì impercettibilmente.
    Non potevano aver capito.
    D’accordo erano ottimi profiler, ma non potevano aver già capito. Avevano preso ogni precauzione!
    Ricorse a tutta la sua bravura da esperto profiler e rispose, serio “Sta piuttosto bene. L’ho sentita ieri sera, per aggiornarla”.
    Fortunatamente gli altri ci cedettero e si avviarono verso i SUV.

    La centrale di polizia era molto caotica quel giorno.
    C’era stata una manifestazione che si era risolta con dei conflitti.
    I componenti della BAU si chiusero nella stanza che era stata loro assegnata ed Hotch espose l0dea che Emily aveva avuto.
    Inconsciamente, la sua mente tornò a quella sera.
    Avrebbe voluto tornare indietro nel tempo, solamente per rivivere tutte le emozioni provate.
    “Hotch!” lo chiamò Rossi.
    “Cosa c’è?”.
    “Dobbiamo costruire un altro profilo, d’accordo?” chiese Dave sospettoso.
    Rossi sapeva che l’amico non si sarebbe mai distratto sul lavoro.
    “Certo. Possiamo dire che l’uomo che cerchiamo è più giovane rispetto al nostro SI. Riesce a rapire giovani ragazze quindi supponiamo che sia in buona prestanza fisica” riassunse Hotch, tornando concentrato come sempre.
    “E’ un individuo sottomesso. Se svolge una professione, il suo ruolo sarà poco rilevante” ragionò Morgan.
    “Lavora nelle scuole. Parte del profilo che aveva fatto per il nostro SI principale, dovrà essere applicato a questo nuovo SI” spiegò Reid, parlando velocemente e gesticolando.
    “Chi passa inosservato nelle scuole?” fece Morgan.
    “Bidelli, tecnici …”.
    “D’accordo” disse Rossi “Proviamo a cercare qualcuno che corrisponda ai parametri”. L’agente anziano disse a Morgan di chiamare Garcia.
    Derek estrasse il cellulare.
    “Ciao bambolina” la salutò Morgan.
    “Ehi mio uomo… Cosa ti serve?”.
    “Da te? Tutto”.
    Garcia ridacchiò “Mi sfianchi con questi doppi sensi, tesoro”,
    “Okay. Cerchiamo un uomo bianco, tra i 20 e i 30 anni. Lavora nelle scuole ma non come insegnante.
    Pensiamo qualcosa come un bidello o un tecnico … uno che è stato licenziato più volte o che abbia ricevuto dei richiami per scorrettezze professionali”. Elencò l’agente dell’FBI. “Attieniti al profilo geografico”.
    Penelope digitò velocemente, fino a quando la scritta Match Found non comparve sul monitor.
    “Ho trovato un tizio.
    Si chiama Gary Jakobs, 25 anni, licenziato 4 volte. Ha un’accusa per aggressione e tentata rapina.
    Ha divorziato due mesi fa”.
    “Il fattore di stress” bisbigliò Derek.
    “Ora è un impiegato in un’impresa di pulizie e indovinate? Quest’impresa riguarda le pulizie nelle scuole” catalogò Garcia sorridendo,
    “E una delle scuole è la Jordan High School, vero?” chiese Aaron.
    “100 punti per l’agente Hotchner! L’uomo abita alla 24esima di Madison Street”.
    “Andiamo!” esclamò Hotch.
     
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  5. Franci;;
     
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    Cap 2.
    Ultima Parte.


    Qualche minuto dopo, erano davanti alla casa di Gary Jakobs.
    Bussarono insistentemente ma non ricevettero alcuna risposta.
    Aaron buttò giù la porta e si precipitò nell’appartamento, che sembrava essere vuoto.
    “Via libera!” esclamò lui.
    “Libero!” disse Morgan che cominciò a guardarsi intorno.
    Adocchiò un portatile ancora acceso, in modalità standby. Schiacciò un tasto.
    L’SI stava visualizzando delle foto di alcune ragazze.
    Tra i vari volti che vide, riconobbe quello di April Jhonson.
    “Venite a vedere!”.
    Gli altri accorsero nella stanza e Morgan mostrò loro le immagini,
    “Prendiamo il computer. Garcia lo analizzerà”, ordinò Hotch mentre fece segno agli di controllare se in casa ci fosse qualcosa di utile.
    Nel frattempo afferrò il telefono, chiedendo alla loro informatica di cercare di scoprire se il sospettato, quel giorno lavorasse.
    Rossi trovò alcune foto stampate che ritraevano l’SI con una donna, probabilmente l’ex moglie.
    Scavando in un cassetto, trovò anche un annuario scolastico.
    “Oggi il nostro uomo lavora, ecco perché non è in casa … Dovrebbe trovarsi a … Oh mio Dio!” esclamò.
    “Cosa c’è Garcia?”
    “Alla Jordan School!”.
    Aaron deglutì. Sapeva che era la scuola in cui si trovava Emily.
    Urlò di andare e provò a chiamarla ma non rispose, poi si ricordò che quella mattina Emily non sarebbe dovuta andare a scuola.
    Lo riferì agli altri, che si rilassarono. Decisero comunque di dirigersi alla scuola.
    Avrebbero potuto prenderlo.


    PS. So che è brevissimo infatti tra pochissimo metterò il cap. 3 xD
     
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  6. Franci;;
     
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    Cap. 3


    Gli agenti dell’FBI scesero dal SUV e si diressero verso l’entrata della scuola.
    Si rivolsero allo sportello informazioni dove chiesero, mostrando una foto dell’uomo, se l’avessero visto.
    “No. Cioè, non oggi”.
    Hotch annuì sbrigativo “D’accordo. Grazie mille”. La donna scrollò le spalle e tornò a scrivere.
    “Morgan, chiama Garcia e dille di chiedere all’impresa per cui lavora se oggi si è presentato”.
    Derek e annuì e fece come gli era stato ordinato. Dopo qualche minuto informò la squadra che Jakobs non si era presentato quella mattina e che aveva preso un giorno.
    “Ci è sfuggito ancora!” sbottò Morgan.
    “Torniamo alla centrale. Rifaremo anche il profilo dell’SI principale” chiarì Hotch.

    Emily si sedette su una panchina del parco e tirò fuori dalla borsa un libro da leggere che si era comprata da poco.
    Non doveva andare al “finto” lavoro e le era vietato partecipare alle indagini. Almeno avrebbe potuto svagarsi!
    Si accorse di avere il cellulare scarico.
    Fece una smorfia e decise che non poteva averlo scarico. Si rialzò dalla panchina per tornarsene in albergo, quando avvertì la sensazione che qualcuno la stesse seguendo.
    Mise la mano sulla pistola, quando una voce infantile la chiamò.
    “Ehi!”.
    Lei tirò un sospiro di sollievo e si girò, trovandosi davanti un bambino di circa 7 anni.
    “Ciao” rispose, sorridendogli.
    “Puoi aiutarmi a prendere la mia palla? È finita su quel ramo!” disse indicando un ramo poco sopra di loro.
    La ragazza si alzò in punta di piedi, allungando il braccio e riuscendo a prendere ciò che il bambino voleva.
    La ringraziò e tornò dai suoi amichetti, mentre lei tornò in albergo, dicendosi che era troppo stressata. Stava per spaventare un bambino con una reazione esagerata.
    Aprì la porta della sua stanza ancora buia. Accendendo la luce non si accorse di una presenza che stava aspettando proprio lei…

    Gary Jakobs sorrise soddisfatto.
    Era riuscito a fuggire a quelli dell’FBI e a catturare una loro agente.
    Guidò per alcuni chilometri, poi accostò.
    Scese, andando a suonare il campanello.
    Aprì un uomo con una camicia a quadri, alto e robusto.
    “Finalmente!” esclamò.
    “Scusa per il ritardo” si giustificò Jakobs abbassando lo sguardo.
    Scosse la testa “Portala al solito posto” concluse poi, chiudendo la porta in faccia al complice che si diresse verso l’auto e ripartì.
    Guardò la giovane dai capelli bruni che aveva rapito e ghignò. Non sapeva cosa avrebbe dovuto subire.

    I profiler della BAU erano pronti a riferire un profilo più dettagliato.
    “Cerchiamo 2 soggetti ignoti. Uno è il dominante, colui che commette gli omicidi e tortura le vittime. Questo tipo di SI è il classico narcisista, amante della sua persona. Tutto quello che fa è un modo per dimostrare la sua superiorità” disse Hotch.
    “E’ un bianco, tra i 35 anni e 45 anni. Probabilmente svolge un lavoro prestigioso. Pensiamo che possa essere un avvocato. Qualcosa che gli permette di avere un’ottima condizione economica” continuò Morgan.
    “Cercate avvocati corrispondenti al profilo con precedenti penali per molestie sessuali a ragazzine in una fascia d’età compresa dai 15 ai 20 anni” disse Rossi, mentre osservava i poliziotti che prendevano appunti.
    “Inoltre supponiamo che abbia un parente da guardare” intervenne Reid. “Cercate di attenervi anche al profilo geografico” disse ancora, indicando una zona cerchiata della città.
    Un poliziotto chiese dell’altro SI.
    “Capita molto raramente che si conosca già l’identità di un soggetto ignoto ma è il nostro caso.
    Si chiama Gary Jakobs, non riusciamo a trovarlo” spiegò Aaron, mentre Derek distribuiva dei fascicoli con i dati e le foto dell’uomo.
    “Non si è presentato a lavoro e a casa sua non c’è. Chiediamo il vostro aiuto per pattugliare le strade”.
    Il detective annuì e disse agli agenti di dividersi in due gruppi: uno avrebbe cercato il primo SI e l’altro gruppo Jakobs.
    Terminata la diffusione del profilo, JJ si occupò di diffondere la foto di Jakobs ai media mentre il resto del team cominciava a ritirare il materiale.
    Stava cominciando a fare buio ed Aaron sarebbe passato da Emily.
    “Hotch” lo chiamò Morgan.
    Lui si girò.
    “Andiamo a mangiare qualcosa” disse il giovane profiler mentre il resto della squadra si unì a lui.
    “D’accordo” disse mentre raggiunse i colleghi,
    “Chiamo Emily e le dico di raggiungerci” continuò JJ.
    Aaron dentro di sé, sorrise. La ragazza l’aveva preceduto.
    Uscirono per le strade di Vancouver e si diressero al loro locale abituale.
    “Emily non mi risponde” riferì JJ “Le ho lasciato un messaggio in segreteria”.
    “Come?!” esclamò Hotch preoccupato.
    Si rese immediatamente conto di avere avuto una reazione esagerata e si corresse dicendo “Dovrebbe avere il telefono sempre acceso E se avessimo dovuto aggiornarla?” ma il suo tono non era di rimprovero.
    “Tranquillo” disse David “Magari starà dormendo” suggerì lanciandogli un’occhiata eloquente.
    Hotch abbassò lo sguardo, lievemente imbarazzato.
    Per tutta la durata della cena continuò a lanciare occhiate alla porta per vedere se arrivasse e rimase preoccupato. E se le fosse successo qualcosa?
    Mentre Morgan fece una battuta, si sentirono delle urla al di fuori del locale seguiti da due colpi di pisotola.
    Subito gli agenti federali si alzarono e corsero fuori, intravedendo poco distante da loro due poliziotti che rincorrevano un uomo.
    Un terzo poliziotto si aggiunse all’inseguimento, poi vedendoli si fermò. Lo conoscevano. Era uno dei poliziotti che collaborava alle indagini.
    “E’ Gary Jakobs”. Disse solamente, poi anche loro cominciarono ad inseguire il loro uomo.
    “Fermo, FBI!” urlò Derek, poi superò i compagni. Era a meno di un metro dall’SI e con un ultimo sforzo riuscì a raggiungerlo, trascinandolo a terra insieme a lui.
    Jakobs si divincolò ma Morgan riuscì a tenerlo fermo, mettendogli le manette.

    Edited by Franci;; - 14/3/2011, 21:38
     
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  7. Franci;;
     
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    Cap 3.
    Continuazione.



    Un’ora dopo erano nella sala interrogatori. Gary sembrava a disagio, nervoso.
    “Vado io” propose Morgan.
    “D’accordo” disse Hoch rimanendo dietro il vetro a braccia incrociate.

    Derek Morgan si sedette di fronte all’SI e lo guardò imponente.
    “Gary Jakobs, 25 anni. Hai frequentato il college, ma poi ti sei ritirato dopo il primo anno. Ora lavori per un’impresa di pulizie e hai un’accusa per tentata rapina e una per aggressione e sei stato licenziato 4 volte.” Elencò Morgan “Non male, vero?”
    Il ragazzo non rispose.
    “Guardami!” intimò l’agente.
    L’SI alzò lo sguardo verso di lui e parlò. “Per cosa sono stato arrestato?” chiese timoroso. Non sembrava il tipo da commettere dei rapimenti,
    Derek sorrise. Forse, pensò, se gli avesse detto che lo accusavano di omicidio avrebbe parlato del loro SI.
    “Sei stato arrestato perché hai ucciso 18 ragazzine” spiegò Morgan cercando di farlo crollare.
    “Cosa?”.
    “Hai capito benissimo” replicò, duro.
    Jakobs balzò in piedi “no, no!”.
    “E’ inutile che continui a negare! Abbiamo le foto delle vittime!” urlò Morgan “E adesso siediti”.
    L’uomo fece come gli aveva detto e parlò “Io non ho fatto niente”.
    “Davvero? Eppure tutte le prove portano a te. Abbiamo anche un testimone che dice di averti visto con una delle ragazze” mentì Derek, astuto.
    “No, no, no”.
    Dall’altra parte del vetro, Hotch sorrise.
    Morgan aveva avuto una grande idea.
    Era riuscito a farlo crollare in poco tempo. Forse avrebbe parlato …
    “Sarai condannato a morte” gli riferì Morgan “Se non sei stato tu, chi è stato?”.
    L’SI scosse la testa “Non sono stato io!”.
    “E allora chi?”.
    “Non posso, non posso…”.
    “Avanti, parla!”.
    Ma l’uomo cadde in un silenzio profondo e non parlò più.
    Morgan rimase dentro circa un’ora, ma non servì a nulla.
    Non parlava.
    “D’accordo, come vuoi. La giuria non sarà clemente” lo informò uscendo dalla stanza e raggiungendo il suo capo.
    “Non parla” disse l’agente federale.
    “E’ completamente sottomesso dall’altro” disse Hotch. “Non parlerà mai. Dovremmo trovarlo noi.” Concluse chiamando Garcia e dicendole di scavare nella vita di Gary Jakobs.

    Nello stesso momento, Emily si risvegliò confusa.
    Sentiva un dolore alla testa tremendo.
    L’avevano colpita e rapita.
    Si guardò intorno per capire dove si trovasse. Era rinchiusa in una stanza piccola, illuminata solo da una lampada. Solo in un secondo momento realizzò di essere incatenata. Si impose di rimanere calma, che Hotch e gli altri l’avrebbero trovata.
    Sì, ma chi l’aveva rapita? E per quale motivo?.
    Proprio mentre cercava di rispondere a quelle domande, la porta si aprì.
    “Finalmente ci siamo svegliate, eh?”. Le chiese un uomo entrando. Aveva capelli corti castani, occhi azzurri. Era alto circa un metro e ottanta e aveva lineamenti duri … Ma non ispirava paura o altro. Sembrava, all’apparenza, un uomo comune. Doveva avere avuto circa 45 ani.
    “Che cosa vuoi?” lo sfidò Emily.
    L’uomo rise, divertito “Bene, vedo che vai dritta al punto”. Si avvicinò a lei, inginocchiandosi per arrivare alla sua altezza.
    “Credevate che fossi uno stupido?!” urlò, tirandole uno schiaffo.
    Tuttavia era controllato nei movimenti, tranquillo, come se fosse una cosa che aveva già fatto altre migliaia di volte.
    Emily cercò di non apparire fragile “Cosa?”.
    “Credi che non sappia che sei dell’FBI?”.
    Lei rimase stupita. Come aveva fatto a scoprirlo? E perché l’aveva rapita, comunque? Che cosa gli importava.
    “Ti ho tenuta d’occhio, te e il tuo amante” disse “Sai, vai un po’ fuori dai miei canoni … le mie vittime sono più giovani, ma per te posso fare un’eccezione” esclamò l’uomo facendole un occhiolino. Gli occhi gli si accesero per l’eccitazione.
    Emily deglutì. Aveva capito. Era il loro SI! Il profilo corrispondeva perfettamente.
    Era lui e lei era la sua vittima. Se avesse rispettato il suo solito modus operandi, era in guai seri.
    L’SI se ne andò, lasciandola sola.
    Emily pero’ sapeva che sarebbe tornato presto.

    Il team della Bau fece diversi controlli. Esaminarono la vita di Jakobs da cima a fondo, venendo a conoscenza dei suoi più oscuri segreti, ma non trovarono il loro SI.
    “Dove si sono conosciuti?” chiese Rossi retorico.
    Il silenzio rispose alla domanda.
    In compenso tutti erano concentrati su un unico obiettivo: trovarlo.

    Emily venne risvegliata dall’SI in modo brusco.
    Da quanto era lì? 3 ore? Di più?
    Il serial killer la guardò, ghignando.
    Aveva un’agente dell’FBI tra le sue mani e questo non fece che aumentare il suo ego.
    “Penso che ci divertiremo molto insieme, non credi?” le chiese lui sfiorandole una guancia.
    Lei si ritrasse subito, per quanto le catene glielo permettessero.
    “Sei solo un fottuto bastardo!” gli urlò.
    L’SI rise poi le tirò un pugno nello stomaco che la fece gemere dal dolore.
    Lei non poteva difendersi e cercò di attutire i colpi al meglio, ma il dolore che provò era indescrivibile.
    Sarebbero riusciti a trovarla? Si erano già accorti che era scomparsa?.
    Dopo averla picchiata, rimase con lei a godersi lo spettacolo.
    L’agente federale sapeva che godeva nel vederla soffrire e cercò di non dargli quella soddisfazione.
    “Cosa c’è? Il mio profilo dice che non puoi mostrarmi paura?” chiese l’uomo, ridendo.
    Non rispose. Non voleva provocarlo ulteriormente e rispondendo avrebbe fatto solo il suo gioco.
    “Non vuoi parlare, vero? Fai la difficile, proprio come loro! Ma vedrai … siete tutte uguali ma poi alla fine vi piace quello che faccio” le sussurrò all’orecchio.
    Lei rabbrividì.
    “Lasciami in pace!”.
    L’SI rise “Che cosa dirà l’agente Hotchner quando si accorgerà che sei scomparsa? Si arrabbierà?”.
    Emily si risvegliò, attaccandolo “Lascialo stare! Lui non c’entra niente!”.
    L’uomo rise, divertito.
    “E’ qui che ti sbagli. Lui ha reso tutto più divertente! È grazie a lui che ho deciso di rapirti. Oltre che essere il tuo capo è anche il tuo amante da quanto ho potuto notare.”, sorrise, ammiccando “Vederlo in balia del terrore sarà una grande soddisfazione, ma ucciderlo dopo che avrà visto quello che ti avrò fatto … Sarà il premio finale” urlò l’SI, ridendo, spietato.
    “No!” urlò Emily “Lui non ti ha fatto nulla! Non c’entra! Tu vuoi me, hai me, prenditela con me!”.
    “Oh, puoi starne certa! È una cosa molto romantica, ma ormai ho deciso. Ucciderò il tuo Aaron davanti ai tuoi occhi!”, poi uscì dalla stanza e la ragazza sprofondò nell’oscurità.
    Non avrebbe voluto che l’SI facesse del male ad Aaron! Piuttosto avrebbe sopportato le pene dell’inferno.
     
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  8. Franci;;
     
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    Cap 3.
    Continuazione


    Questo è rating ARANCIONE!


    I componenti della BAU erano rimasti ad esaminare ciò che avevano e a provare a far parlare Jakobs, inutilmente.
    “Aspettate!” esclamò Reid “Il nostro SI è un avvocato, giusto?”.
    “Il profilo indica chiaramente così” fece Hotch, confuso.
    “E se Jakobs avesse lavorato presso il suo studio?”
    “Spiega come si sono conosciuti” disse Morgan.
    “Sì ma non sappiamo ancora come comunicano” ricordò Rossi, pensieroso.
    “Prima facciamo un controllo incrociato” esclamò Hotch, chiamando Penelope. “Garcia, controlla i posti in cui Jakobs ha lavorato. Guarda se c’è un avvocato con precedenti penali” ordinò.
    “D’accordo. Vi chiamo non appena avrò qualcosa di utile, amori”.

    Emily rimase a fissare il vuoto, pensando ad Aaron.
    Cosa stava facendo? Perché non era venuto a portarla via da quel posto orrendo?
    Cercò di muoversi, ma un dolore lancinante alle costole glielo impedì.
    Sperò di non essersi rotto nulla.
    Ripensò ai momenti che aveva passato con lui, al loro primo bacio, alla loro prima notte che avevano passato insieme e a come la proteggesse durante le indagini.
    I suoi pensieri felici, vennero interrotti dall’SI che piombò nella stanza buia.
    Lo sentì afferrarla per i capelli e cercare di baciarla.
    Tentò di divincolarsi, invano.
    Era più forte di lei e si sentiva indebolita.
    “Ferma!” le intimò bloccandola e cominciando a toglierle gli abiti di dosso.
    Lacrime cominciarono a scenderle dal viso. In quel momento non era una profiler dell’FBI, non era l’agente speciale Emily Prentss, in quel momento era solo una vittima nelle mani di quel sadico.
    Proprio mentre stava arrendendosi, scattò qualcosa in lei.
    Non poteva lasciare che le facesse questo. Se l’SI fosse riuscito a violentarla, Aaron ne avrebbe sofferto. Avrebbe lottato solo per lui.
    Si ribellò con tutte le sue forze, allontanandolo e mordendogli un dito.
    Lui urlò dal dolore “Puttana!”.
    Emily rimase immobile, in attesa. Sapeva che si sarebbe vendicato ed infatti le tirò uno schiaffo che le fece tagliare il labbro.
    Credette che avesse finito ed invece continuò a picchiarla e ad urlarle contro.
    Rivisse un flashback.
    Benjamin Cyrus che la picchiava. Ma almeno Cyrus non era un sadico sessuale, le ricordò la sua mente.
    Cercò di trattenere le urla e le lacrime. Si rifugiò nei suoi ricordi più belli e in ognuno di questi, Aaron Hotchner era presente.

    Alla sede di polizia, Aaron era nervoso.
    Camminava avanti e indietro.
    Aveva provato a chiamare Emily ma non rispondeva e non poteva andare fino in albergo da lei. Avevano un caso complicatissimo da risolvere ed erano nel vivo della situazione.
    Dave lo raggiunse e bevvero un caffè. L’amico notò la sua preoccupazione e cercò di rassicurarlo.
    “Non preoccuparti. Starà dormendo. Tutta la situazione è molto stressante, soprattutto per lei”.
    Poi Morgan li chiamò dicendo che Garcia aveva trovato un riscontro.
    “Okay ragazzi” annunciò l’informatica “Ho cercato tutti gli studi di avvocati in cui l’impresa di pulizie in questione ha prestato servizio. Ne ho trovate 50 ma ho ristretto il campo, adattando il profilo al nostro soggetto ignoto ed ho trovato un riscontro.
    James Stadler, avvocato con precedenti penali. Molestie sessuali e verbali nei confronti di una sedicenne che ha ritratto le accuse. Il nostro SI ha un passato piuttosto tetro. La madre è morta in un incidente d’auto e il padre ha cominciato a bere, picchiando regolarmente i figli”.
    Hotch si irrigidì impercettibilmente, sentendo quelle parole, ma nessuno, fortunatamente, se ne accorse.
    “I bambini sono finiti in una famiglia affidataria. Il padre adottivo era avvocato, ecco spiegato il lavoro del nostro uomo!” riepilogò Garcia, poi continuò a digitare “Oh mio Dio! Il fratello ha subito un incidente un mese fa che gli ha riportato danni celebrali irreperabili”.
    “Il familiare di cui si deve occupare” mormorò Morgan.
    “Ecco perché non si può spostare troppo da casa. Aveva ragione Prentiss” disse Rossi.
    “Ed è anche il fattore di stress” pronunciò Reid.
    “Garcia, è il nostro uomo! Dacci l’indirizzo”.
    Penelope digitò sulla tastiera e glielo comunicò.
    “D’accordo. Andiamo!” pronunciò il capo della squadra, mentre indossavano i giubbotti antiproiettile.

    Edited by Franci;; - 16/3/2011, 20:16
     
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  9. Franci;;
     
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    Cap 3.
    Continuazione


    Si ritrovarono davanti ad una bella villa a tre piani, con un prato assolutamente curato, perfetto.
    La casa sembrava ospitale, tranquilla.
    Gli agenti federali bussarono insistentemente, ma non ricevettero risposta.
    Quelli della SWAT sfondarono la porta, entrando in casa.
    “Non c’è!” urlarono.
    Il team entrò nell’abitazione, mettendo via le pistole.
    Hotch notò subito la presenza di un uomo di circa 33 anni, seduto sul divano che stava disegnando.
    Lui e il resto del team gli si avvicinarono, cauti.
    Il ragazzo stava colorando un foglio bianco, assorto completamente in ciò che stava facendo. Non si era accorto della loro presenza.
    Era il fratello dell’SI.
    “Ciao” esordì Reid “Io mi chiamo Spencer”.
    Lui alzò la testa dal foglio e rimase stupito “E voi chi siete?” chiese con lo stesso tono curioso di un bambino di sette anni.
    “Stiamo cercando tuo fratello”.
    “Jimmy! Lui mi dice sempre di non aprire mai agli sconosciuti e di non uscire mai se non lui non può accompagnarmi”.
    “Sai dov’è Jimmy?”.
    “E’ al lavoro! Lui è un avvocato!” disse meravigliato, poi riprese a disegnare, più precisamente a scarabocchiare il foglio che aveva davanti.
    Aaron prese il telefono, chiedendo a Garcia di fornirgli l’indirizzo in cui il loro SI lavorava.
    Nel frattempo, il fratello dell’SI salì su una volante della polizia. Dei parenti lontani sarebbero arrivati per prendersene cura, dal momento che non poteva badare da solo a sé stesso. Era come un bambino intrappolato nel corpo di un adulto.
    Hotch chiuse la chiamata “Ce l’abbiamo!” urlò.
    Detto questo, partirono a tutta velocità pronti per prendere il serial killer. Questa volta l’avrebbero catturato.

    Lo studio si trovava in centro.
    Il palazzo era sinuoso e spiccava in mezzo agli altri:
    L’agente Hotchner e il suo team uscirono dai SUV, preceduti dagli agenti della SWAT che entrarono nell’edificio.
    Una donna, probabilmente la segreteria, li fermò.
    “Ehi, che succede?!”.
    Morgan le spiegò la situazione e la donna balbettò che non riusciva a crederci.
    “Stadler aveva appuntamenti oggi?” chiese Derek.
    “No, oggi no”.
    “D’accordo signora. Adesso la prego di uscire”. Un agente di polizia la accompagnò all’esterno, mentre Morgan raggiunse gli altri.
    Hotch impugnava la pistola, tenendola dritta davanti a sé. Lo affiancò Morgan mentre poco dopo dietro di loro c’erano Rossi e Reid.
    “Ok” esclamò Aaron “Andiamo!”.
    Morgan buttò giù la porta, lasciando entrare il suo capo per primo.
    La SWAT aveva circondato completamente l’edificio e 2 agenti avevano fatto irruzione con loro.
    “FBI!” urlò Hotch.
    L’SI si voltò e sorrise “Sapevo che sareste arrivate. Ce l’avete fatta, finalmente”.
    “Metti le mani bene in vista!” disse Aaron.
    L’uomo obbedì ridendo, mentre Morgan lo ammanettava.
    “Ti diverte la cosa?” chiese Derek, strattonandolo e portandolo fuori.
    “Forse. Cosa avete contro di me?”.
    “Lo vedrai” poi lo affidò ad un poliziotto.

    La sala interrogatori ospitava l’SI, Morgan e Reid che cercavano di farlo parlare, ma non mollava.
    Pensava che nessuno l’avrebbe fermato.
    “Non avete alcuna prova contro di me”.
    Morgan gli mostrò le foto di tutte le ragazze uccise.
    “Allora, le riconosci?”.
    “Dovrei?” chiese beffardo.
    “Hai fatto adescare le vittime al tuo complice” cominciò Morgan “Ti credi infallibile, ma in realtà sei solo un fallito. Non riesci a fare nulla da solo! Hai avuto bisogno di un complice!”.
    James Stadler ghignò “Certo, certo. Io sono un fallito, ma com’è che voi avete impiegato così tanto tempo per prendermi, allora? Se io fossi il vostro uomo, avrei già ucciso 18 ragazze e voi non avete fatto niente, o sbaglio?” E poi mentre voi siete qui a perdere tempo con me, un’altra vittima potrebbe rischiare la vita!”
    Reid aggrottò la fronte “Che intendi dire?”
    “Non intendo aggiungere altro a meno che non sia l’agente Aaron Hotchner a condurre l’interrogatorio”.
    Il diretto interessato, dall’altra parte del vetro, si irrigidì. Doveva avere una specie di calamita che spingeva tutti gli psicopatici a prendersela con lui.
    Sospirò, poi si diresse nella sala interrogatori, spalancando la porta.
    “Agente Hotchner, mi onora della sua presenza!” disse l’SI, prendendolo in giro.
    “Reid, Morgan” li chiamò lui.
    I due agenti gli si avvicinarono “Dovete aiutare Rossi e Garcia a capire come gli SI comunicano. E’ la nostra unica possibilità per incriminarlo”. Annuirono, poi lasciarono la stanza.
    “Allora, che cosa vuoi?” chiese duro Hotch, sedendosi di fronte a lui.
    “Parlare”.
    “Avanti, parla”.
    “Non pensate di aver fatto male i calcoli?” chiese Stadler, con aria arrogante.
    “No. Tu corrispondi esattamente al profilo.”.
    “E invece ti sbagli! Voi siete qui e un’altra donna potrebbe essere ritrovata morta!” ghignò “E credetemi, la cosa vi riguarda … Soprattutto te, agente Hotchner”.
    Aaron si irrigidì “Chi è la donna di cui parli?”.
    Aveva un brutto presentimento.
     
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  10. Franci;;
     
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    Capitolo 3.
    Continuazione.


    Nell’altra stanza, Reid dava istruzioni a Penelope che digitava instancabile alla tastiera.
    “Non comunicano per mail o messaggi. Porva a vedere se ci sono siti maggiormente visitata in comune” propose il piccolo genio.
    Un risultato comparve. Era un blog.
    Il sito era di Stadler. Funzionava come una specie di diario.
    L’ultima nota diceva:
    Guardandola notai quanto fosse bella. La sensazione che ho provato era indescrivibile.
    Sotto c’era un commento: Posso capirti.
    “Ecco come comunicano” disse Derek.
    “Guarda l’ultimo aggiornamento” suggerì Reid.
    Penelope lo trovò, mostrandolo ai colleghi.
    Risaliva a poche ore prima.
    So che questa volta sarà molto più interessante e divertente. Voglio vedere la sua reazione quando vedrà tutto questo.
    Morgan aggrottò la fronte, non riuscendo a capire, mentre Rossi si fece stampare tutte le pagine del sito, portandole ad Hotch.
    Quando l’agente anziano entrò nella stanza, l’SI smise immediatamente di parlare, mentre Hotch lo guardava, lo studiava attentamente.
    Aaron osservò i fogli, leggendone qualche frammento.
    Si soffermò sull’ultima nota e la mostrò a Stadler.
    “Perché sarà più divertente?”.
    “Perché così è stato”.
    Hotch notò che l’SI non menzionava mai gli omicidi, e non poteva essere usata come prova in tribunale. Era furbo, ma d’altronde era un avvocato! Sapeva quel che faceva.
    “Ti conviene parlare. Sarai condannato a morte, a meno che non ci aiuti!”.
    Stadler sorrise. Non voleva dirglielo apertamente, voleva che ci arrivasse da solo, che soffrisse.
    “ E’ molto bella, agente Hotchner” ghignò. “E’ stato facile prenderla” rise.
    “Ma non sei stato tu a rapirla. È stato Gary Jakovs, il tuo complice” ricordò Aaron, facendo leva sull’ego dell’SI. “Anzi, forse abbiamo preso l’uomo sbagliato. Il serial killer che cerchiamo è intelligente, molto, tanto da riuscire a fare tutto da solo. Tu sei solo uno a cui piace credere di essere qualcuno per sopprimere l’evidenza che tu non sei nessuno”. Disse con tono autoritario e controllato. Sapeva che così sarebbe scattato, lasciandosi sfuggire qualche dettaglio.
    “No! Sono io che ho ucciso quelle ragazzine, tutte quante, dalla prima all’ultima, e sai una cosa, agente Hotchner? Mi sono divertito a tenerle con me per giorni e vederle soffrire ed implorare. E quando capivano che era giunto il loro momento, piangevano, supplicavano ma a me non importava perché per me sono solo oggetti, qualcosa su cui sfogarsi nelle giornate stressanti!”.
    L’agente lo guardò “Hai appena confessato” gli disse, poi si alzò dalla sedia, raccogliendo foto e fogli sparsi sul tavolo e fece per andarsene.
    “Agente Hotchner” lo chiamò Stadler.
    Lui si fermò, in attesa di una continuazione.
    “Non ti interessa sapere chi sia la mia ultima vittima?”.
    Hotch strinse i denti, ma non rispose.
    “Ti dico solo che l’FBI dovrebbe addestrare meglio i propr agenti” concluse l’SI mettendosi a braccia conserte.
    Il capo della BAU sentì il battito del proprio cuore accelerare.
    “Chi è, Stadler?”.
    L’SI rise, maligno.
    Morgan e gli altri rimasero a guardare, nervosi, in attesa di una risposta.
    “Credo che nel profondo, tu lo sappia. Vi ho tenuto d’occhio. Siete davvero una bella coppia” disse con un sorriso compiaciuto sul volto.
    “E un’altra cosa, Aaron” disse, canzonatorio “Non riuscirete mai a trovare l’agente Emily Prentiss viva”.
    Gli altri membri del team rimasero stupiti, increduli a ciò che avevano sentito.
    L’SI aveva davvero preso la loro amica?
    “Quel figlio di puttana!” urlò Morgan tirando un pugno contro il muro. Subito Rossi e JJ gli dissero di calmarsi, nonostante fossero anche loro in apprensione per Emily.
    Aaron dal canto suo, rimase pietrificato. Emily, pensò.
    Non era riuscito a proteggerla. Tutto si stava ripetendo. Era come un terribile deja-vù, prima Haley ora Emily. No, non poteva arrivare di nuovo troppo tardi, non questa volta, non di nuovo!.
    “Sai, è molto attraente la tua Emily”, poi scoppiò in una fragorosa risata. Hotch fu tentato di fargli chiudere la bocca per sempre, ma si trattenne. Non doveva resistere alle sue provocazioni. Ma come poteva essere razionale e tranquillo sapendo che un suo agente rischiava la vita? E non uno qualsiasi, ma lei, la persona che stava diventando sempre più importante per lui.
    Socchiuse gli occhi per calmarsi. La sua priorità ora, era farsi dire dove si trovasse Emily.
    “Ultima possibilità, Stadler. Dimmi dov’è e dirò al procuratore che hai collaborato” disse, freddo come il ghiaccio.
    L’SI sorrise “Vuoi davvero che io mi beva questa storia?” poi chiuse gli occhi, come per riflettere. Ormai aveva scoperto le sue carte, tanto valeva giocare e divertirsi, pensò. “Sai una cosa? Emily è molto … tenace. Molto competitiva, davvero. Forse persino troppo, ma quando si arrabbia è semplicemente fantastica. È forse questo che ti piace di lei, Aaron?” chiese sfidandolo.
    Lui si impose di resistere.
    “Dimmi dov’è!”.
    “Ormai è troppo tardi!” sbottò ridendo.
    Aaron venne accecato dalla rabbia … Era tutto così assurdo, come un incubo, come un ricordo.
    Non poteva permettere che ad Emily succedesse ciò che era accaduto ad Haley.
    A grandi passi si avvicinò a Stadler, afferrandolo per il colletto della camicia che portava “Che cose le hai fatto?” gli urlò “Sei solo un figlio di puttana, un codardo”.
    “Farmi arrabbiare non aiutare l’agente Prentiss” gli rispose.
    “Finora te la sei preso con chi non poteva difendersi, con ragazzine indifese. Beh, adesso non è più così. Se lei non ne uscirà illesa, ti ucciderò, è un promessa. E ora, per una volta nella tua vita, fai finta di essere un uomo!”. Aaron, ormai fuori controllo, scaraventò il serial killer a terra, poi fece per colpirlo ma subito Morgan e gli altri si precipitarono nella stanza.
    “Hotch!” gli urlò Derek tirandolo via dall’SI e bloccandolo. “Non ne vale la pena!”, poi usando tutta la sua forza, lo portò fuori da quella stanza diventata improvvisamente troppo piccola.
    Il resto del team lo guardava, in attesa che il loro capo riacquistasse il controllo.
    Lui era nella stanza principale, la stanza in cui avevano formulato ipotesi, fatto profili, bevuto caffè … Rimase in silenzio, solo con sé stesso, sconvolto da tutto. Emily era in pericolo, era stata rapita da un sadico e non avevano la più pallida idea di dove si trovasse, di cosa avesse passato … e se stesse bene.
    E lui, l’agente speciale supervisore Aaron Hotchner, il capo della BAU, controllato e razionale, aveva perso il controllo durante un interrogatorio, aggredendo un soggetto ignoto, cosa mai successa. Era come se tutto stesse andando per il verso sbagliato.
    “Hotch” lo chiamò una voce che sentiva troppo lontana…
    “Aaron” chiamarono di nuovo. Alzò la testa: era così poco abituato a sentirsi chiamare per nome… Solo Emily lo faceva.
    “Posso sedermi?” chiese Dave, indicando una sedia dall’altra parte del tavolo, di fronte a lui che annuì.
    Non aveva alcuna voglia di parlare.
    “Come ti senti?”.
    “Stanco”.
    “Lo siamo tutti” gli rispose Dave.
    Lui sospirò, massaggiandosi le tempie “Non doveva succedere questo … Se non riuscissimo a trovarla in tempo … Io …” farfugliò con gli occhi lucidi. Era uno dei rari momenti di debolezza, debolezza a cui si arrese.
    “Riusciremo a trovarla” lo rassicurò Rossi.
    “E se non ci riuscissimo? E l’avesse già …” lasciò la frase in sospeso. Non voleva nemmeno considerare l’idea che Emily fosse morta!
    “Arriveremo in tempo”.
    “Non puoi saperlo … con Haley … non sono riuscito …”.
    Dave sospirò “Si tratta di Haley?”.
    “No … Voglio dire … Questa situazione mi ricorda molto lei” confessò.
    Rossi continuò “Gli altri stanno lavorando come pazzi per riuscire a capire dove sia Emily”.
    Aaron annuì, ricomponendosi.
    “Sei emotivamente coinvolto” gli riferì David.
    “Tutti lo siamo” replicò lui.
    “No … Tu molto più di noi. Hai una relazione con lei, vero?”.
    “No” negò subito.
    “Avanti … Puoi mentire a Morgan o a Reid ma non a me. Io ti conosco e sono più vecchio”.
    Non ho una relazione con Emily” tentò di convincerlo.
    Dave rimase a fissarlo, sapendo che mentiva “Il tuo comportamento … Sei cambiato, Hotch. Ho notato come vi guardavate ultimamente. E tu, Aaron Hotchner, non avresti mai aggredito un SI durante un interrogatorio”.
    Aaron scosse la testa. David era il migliore dei profiler e non sarebbe mai riuscito a mentirgli.
    “Non voglio …” scosse la testa “Andiamo a vedere cosa hanno scoperto” disse cambiando argomento ed alzandosi dalla sedia, evitando lo sguardo dell’amico.
    “Tutto bene, Hotch?” chiese Reid con diversi fogli in mao.
    “Sì” rispose duro “Cosa avete scoperto?”.
    “Nulla che potesse aiutarci” riferì il giovane profiler “Tutte le proprietà di Stadler sono monolocali o comunque appartamenti o ville in centro che non sono il posto ideale per nascondere qualcuno”.
    Hotch scosse la testa. Tutto si stava ripetendo. Sentì il cuore battergli forte nel petto, per la paura. Respirò a fondo per calmarsi “Com’è possibile?”.
    JJ scosse la testa. Teneva lo sguardo basso. Anche lei era disperata per la situazione. Non poteva credere che la sua amica fosse stata rapita.
    “Dov’è Morgan?” chiese notandone l’assenza.
    “Sta parlando con l’SI” riferì l’agente bionda.
    “Non dirà nulla” asserì Hotch “Digli di venire qui. Ci serve il suo aiuto”.
    La ragazza andò verso la sala interrogatori, dove trovò Morgan che mostrava diversi fogli a Stadler, che sorrideva.
    “Morgan” lo chiamò lei.
    L’agente dell’FBI si girò “Che c’è, JJ?”
    “Ci serve il tuo aiuto”. Lui annuì, poi uscirono dalla stanza.
    “Come sta Hotch?” chiese l’uomo, informandosi subito.
    “Non chiedermelo” farfugliò la ragazza.
    “Pensi che abbia davvero una relazione con Prentiss?”.
    “Forse.”
    “Oh, andiamo!” esclamò Morgan “Come puoi pensarlo? È contro le regole dell’FBI e Hotch non le avrebbe mai infrante”.
    “Ci sono cose, Derek, che non si possono controllare”, poi ritornarono dagli altri componenti del team, mettendosi al lavoro. Sarebbe stata una lunga notte.


    Scusate il ritardo ma ero in punizione senza pc, quindi non ho potuto aggiornare ^^
    Consolatevi con quest'aggiornamento! XD
    Spero vi piaccia e che continuerete a seguire.
    Baci.
     
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  11. Franci;;
     
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    Capitolo 3.
    Ultima Parte.


    Il mattino seguente
    Aaron Hotchner si massaggiò delicatamente le tempi, socchiudendo gli occhi.
    Era rimasto alla sede di polizia tutta la notte per cercare di scoprire qualcosa in più, ma senza risultati. Aveva ricontrollato ogni cosa, anche la più piccola ed insignificante.
    Pensò ad Emily. Stava bene? Le aveva fatto del male?
    Lei era forte, ma sarebbe riuscita a superare quest’episodio? E se avesse avuto conseguenze che li avrebbe allontanati per sempre?
    L’avrebbe trovata, non poteva fallire.
    “Non ti fa bene ridurti così” fece Rossi, avanzando con due tazze di caffè in mano. Gliene porse una.
    “Grazie” disse Hotch, con la testa china sui fogli.
    Hai la faccia di uno che non ha dormito … ma non ti biasimo. Nessuno lo ha fatto. Abbiamo controllato anche le proprietà del complice ma aveva solo casa sua dove non c’erano e non ci sono nascoste vittime.” Gli riferì l’agente anziano, sospirando.
    “Ma come?!”.
    Il supervisore della squadra si prese la testa tra le mani e chiuse gli occhi. Tutti i momenti trascorsi con Emily riaffiorarono prepotenti, devastandolo. Come aveva potuto non accorgersene prima? Come aveva potuto saperla in pericolo e non capire dove la tenessero prigioniera?
    Mentre questi pensieri gli affollavano la mente, gli venne un’intuizione.
    “L’SI ha fatto rapire le donne al complice”.
    “Esatto” confermò Rossi, mentre seguiva l’amico che camminava con passo spedito verso la stanza principale.
    “Forse il loro nascondiglio è una proprietà intestata all’ex moglie del complice” spiegò Hotch, mentre chiese a Garcia di controllare.
    Nel frattempo trovò gli altri membri del team seduti attorno alla scrivania su cui erano sparsi diversi fogli.
    Rossi aggiornò il resto del team, mentre Hotch era al telefono con Garcia.
    L’informatica digitò velocemente sulla tastiera, sperando di trovare un riscontro positivo.
    “L’ex moglie di Stadler ha 3 proprietà. 2 sono appartamenti a Vancouver ed uno a New York. Una delle proprietà di Vancouver l’ha lasciato all’ex marito ma la pratica non è stata ancora avviata per cui non risultava tra le proprietà di Stadler” spiegò.
    “Garcia, l’indirizzo” ricordò Hotch, mentre fremeva.
    “E’ una villa nei boschi. Vi mando coordinate ed indirizzi sui telefoni”.
    “D’accordo, andiamo” disse il capo, correndo.
    “Detective, venga con noi” ordinò Derek, mentre raggiungeva il proprio capo che era già all’esterno dell’edificio.
    Hotch salì velocemente sul SUV. Morgan si mise accanto a lui, Rossi salì dietro, mentre l’altra auto era occupata dal detective, Reid e JJ.
    Misero in moto e partirono a tutta velocità.
    Quando arrivarono sul posto, dovettero lasciare i SUV più indietro, per poi proseguire a piedi.
    L’aria era fredda e pungente, ma il cielo era sereno.
    Gli agenti dell’FBI impugnarono la pistola, cominciando a dirigersi verso la casa in cui doveva trovarsi Prentiss.
    Reid li guidò e riuscirono ad arrivare in poco tempo, trovandosi di fronte a una casa abbastanza curata ma con il prato poco curato. L’erba era troppo alta.
    “Io e Rossi andremo sul retro. Morgan e Reid all’entrata principale. Detective, lei e l’agente Jareau all’entrata laterale”. Detto questo, Hotch si diresse sul retro della casa, seguito da Rossi.
    Trovarono uno scantinato. Fece segno a Rossi di aprire la porta, poi lui entrò per primo.
    Scese le scale ed impugnando la pistola, vide una figura accovacciata a terra.
    “FBI!” esclamò Aaron, poi quando si avvicinò la riconobbe e sussultò. Era lei! L’aveva trovata!
    “Emily!” disse correndo verso la sua direzione.
    “L’abbiamo trovata!” urlò Rossi.
    Nel frattempo Hotch osservò la donna. Aveva il viso pieno di lividi, il naso sporco di sangue, la camicia che indossava era anch’essa macchiata di sangue ed era strappata così come i pantaloni. Gli si strinse il cuore.
    Che cosa le aveva fatto?
    “Emily, sono io. Parlami, avanti”. Lei non aveva ancora alzato lo sguardo verso di lui, mormorando frasi incomprensibili.
    Incrociò lo sguardo del suo uomo e sussurrò “Aaron …?”.
    “Sì, sono io” notò che era incatenata e disse a Dave di portare qualcosa per liberarla dalle catene, riuscendoci con non poco sforzo.
    “Mi hai trovata” mormorò.
    “Sì, Emily” poi le chiese “Ce la fai ad alzarti?”.
    “Oh Aaron”, scoppiò in lacrime.
    Lui cercò di non piangere, poi la prese in braccio.
    Emily gli circondò il collo con le braccia. “Aaron” farfugliò piangendo.
    “E’ tutto finito ora. Sei al sicuro” disse stringendola più a sé.
    La portò fuori dove venne messa su un’ambulanza su cui salì anche lui.
    Non appena un paramedico le si avvicinò per visitarla, modo da avere un quadro della situazione, Emily scattò, urlando si non toccarla.
    Furono costretti ad iniettarle un sedativo.
    Arrivati in ospedale, pregarono ad Aaron e gli altri di aspettare fuori.
    Lui passeggiava nervoso nel corridoio dell’ospedale, mentre Morgan e Reid prendevano un caffè. JJ si stava occupando di firmare alcuni moduli e David stava cercando di tranquillizzare Garcia che era in lacrime.
    “Chi è l’agente Aaron Hotchner?”. Chiese un medico dai capelli brizzolati con aria professionale, che reggeva in mano una cartella su cui c’era il nome di Emily.
    “Sono io”
    “Abbiamo visitato l’agente Emily Prentiss. Ha degli emtomi esterni e diverse escoriazioni, ma nulla di rotto. Guarirà presto”. Il dottore fece per andarsene, ma lui lo fermò.
    “Aspetti!”.
    “Mi dica pure”.
    “Ha controllato se …” Hotch fece una pausa, facendosi forza “Se ha subito violenza sessuale?”.
    “No, non ha subito violenza”.
    “Ne è sicuro?”
    “Certamente, agente. Ce ne siamo accertati subito, viste le condizioni in cui era. Probabilmente hanno tentato ma non ci sono riusciti. Questo non esclude che non abbia subito percosse e violenza fisica, non sessuale”. Sa meglio di me che avrà bisogno di tempo”:
    Lui annuì “Posso vederla?”.
    “Sì, ma si ricordi che ha bisogno di riposare” detto questo il medico si congedò.
    Aaron si diresse nella camera 2912 dove trovò Emily sdraiata nel letto con il viso rivolto verso la finestra, con indosso il camice dell’ospedale.
    Non si voltò per vedere chi fosse entrato.
    Lui si prese una sedia, accomodandosi vicino al suo letto.
    “Ciao” le disse.
    Lei si girò, sorridendo appena.
    Aaron notò i lividi che aveva sul viso e il taglio sul labbra … aveva anche dei graffi sulle braccia. Si sentì morire dentro, ricordando le parole del medico.
    Quel rifiuto umano aveva tentato di stuprarla! Avrebbe voluto ucciderlo, fargliela pagare per tutto il male che aveva fatto.
    “Come stai, Emily?”.
    “Bene” mormorò.
    Sospirò, afferrandole la mano “Mi dispiace che tu abbia dovuto affrontare tutto questo. Io …”.
    “No, Aaron. Non è stata colpa tua” lo rassicurò lei. Come avrebbe potuto dargli la colpa per ciò che era accaduto?
    “Avrei dovuto capire molto prima”.
    “La ragazza sorrise amaramente “Smettila”.
    “Ma Emily …”.
    “Fallo per me, ti prego. Smettila di incolparti. I serial killer sono loro, la colpa non è nostra. Sono loro che decidono di fare male”.
    “D’accordo” mormorò, sfiorandole una ciocca di capelli.
    Lei rabbrividì.
    “Scusa” le disse subito, ritraendosi.
    Aveva sbagliato a toccarla.
    Non avrebbe dovuto. Sapeva che le persone vittime di stupro (o tentato stupro) non si facevano toccare per diversi mesi, eppure era stato un gesto automatico, qualcosa che faceva sempre. Le accarezzava i capelli perché a lei piaceva, la rilassava.
    “Ti lascio riposare ora” disse lui alzandosi e uscendo dalla stanza.
    Emily tornò a guardare fuori, non riuscendo a trattenere una lacrima che le solcava il viso.


    Gente siamo arrivati al CAPOLINEA!
    Dopo quest'aggiornamento, ci sarà l'ultimo capitolo! ^^
     
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  12. Franci;;
     
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    Cap. 4


    Era passato quasi un mese da quando Emily era stata rapita, un mese dal caso di Vancouver, quel caso che aveva segnato tutti.
    Non si erano rivelati tutti i dettaglia del caso, non avevano diffuso la notizia che un’agente dell’FBI era stata una potenziale vittima.
    Qualche giorno prima c’era stato il processo contro Stadler a cui aveva testimoniato Rossi. Gli avevano dato la pena di morte, mentre al complice dai 15 ai 20 anni.
    In quel periodo, Emily era stata ospitata a casa di Aaron, nonostante le proteste della ragazza.
    Hotch stava spesso con lei, che non era ancora ritornata a lavoro, cercando di aiutarla e non turbarla. Parlavano ma lei sorrideva raramente. Giocava spesso con Jack, nonostante tutto. Era serena quando trascorreva il tempo con il bambino che poi era andato in gita scolastica. Sarebbe stato via una settimana e mezza, quindi Hotch ed Emily erano rimasti soli in casa.
    Di notte lei si svegliava in preda agli incubi e un piccolo rumore la faceva mettere in allerta.
    I loro contatti fisici erano quasi inesistenti e quando capitavano erano involontari e lei rabbrividiva.
    Emily avrebbe voluto fare l’amore con Aaron, ma ogni volta che si avvicinava, lei tremava, in preda alla paura. Ovviamente non aveva timore di lui, era l’uomo che sentiiva di amare, ma i ricordi dell’SI, specialmente in quelle occasioni, si facevano vividi.
    Lui era paziente, le stava accanto, la aiutava, il che era un gesto molto nobile.
    La settimana scorsa, controvoglia, Emily era andata dallo psicologo il quale aveva detto che il trauma subito sarebbe passato solamente se lei avesse reagito, se non si fosse fatta sconfiggere, se qualcuno le fosse stata vicino ed Aaron lo stava facendo per lei.

    Una sera, Emily era a letto mentre aspettava che l’uomo tornasse dalla BAU.
    Proprio mentre stava per addormentarsi, sentì un rumore sospetto.
    Si irrigidì, mentre l’adrenalina cominciava a scorrere nelle vene. Accese l’abat-jour accanto a lei e prese la pistola che teneva sotto il cuscino.
    Dei passi si avvicinarono ed una figura entrò.
    “Fermo o sparo!” lei urlò.
    L’uomo alzale mani “Emily … Sono io”.
    La donna strabuzzò gli occhi “Aaron?”.
    “Sì, Emily. Sono io, avanti mettila via” disse riferendosi all’arma che aveva in mano.
    Lei si diede mentalmente della stupida. Era ovvio che fosse lui. Chi altro avrebbe potuto essere? Era casa sua!
    Lei obbedì, rimettendola premurosamente sotto il cuscino mentre lui la guardava con aria critica.
    “Sono più sicura così”.
    Aaron annuì mentre appoggiò pistola e distintivo sul comodino. Fece per baciarle la fronte ma poi si fermò, Non avrebbe voluto.
    Sospirò, affranto, corse a fare la doccia, poi tornò da lei, trovandola ad occhi chiusi che respirava profondamente.
    Aaron le si sdraiò accanto, le scostò i capelli dal viso e sorrise.
    Le mancava il contatto con lei.
    Spense la luce e l’oscurità li avvolse.

    Qualche ora dopo, Emily si svegliò urlando, in preda all’ennesimo incubo.
    Aaron venne strappato bruscamente dal sonno ed istintivamente portò la mano alla pistola che teneva sul comodino, poi, resosi conto della situazione, cercò di calmare Emily che piangeva, disperata.
    “Emily, va tutto bene!”.
    “No, no!” farfugliò lei “Lasciami!” continuò, quando lui fece per abbracciarla.
    “Emily …”
    “Lasciami in pace, ti prego!” disse tra le lacrime, ma lei non vedeva Hotch, ma James Stadler.
    Lui lo intuì “Sono io, Aaron. Guardami”.
    Lei si asicugò le lacrime poi spostò l’attenzione sull’uomo di fronte a lei, mettendo a fuoco la sua figura. Quando si rese conto di ciò che stava accadendo scoppiù in lacrime e si gettò sull’uomo, abbracciandolo.
    “Ooh, Aaron!” mormorò singhiozzando.
    “Va tutto bene” la rassicurò, accarezzandole un braccio, timoroso di ricevere un rifiuto che non arrivò.
    “Lui era qui” bofonchiò la donna “Voleva ucciderti e poi avrebbe ucciso anche me”.
    Il cuore di lui si strinse. Appariva così fragile in quei momenti … Sembrava una bambina in cerca di protezione.
    “E’ finito, Emily. Non permetterò che ti faccia del male, combatterò per te, perché una cosa simile non accada mai più. Io sono qui per te.”.
    Lei abbozzò un sorriso, poi si strinse di più a lui.
    Grazie” gli sussurrò addormentandosi tra le sue braccia.
    Lui le baciò i capelli “Sarò sempre qui, Emily, per proteggerti”, esitò un attimo ma sussurrò “Ti amo”.
    Nell’oscurità, lei sorrise. Anche lei lo amava.
    Era al sicuro adesso e tutto sarebbe andato bene.


    Fine?
    Forse farò un epilogo... Forse
     
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