Phantom from the past

Robin89

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  1. robin89
     
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    Una bambina dagli occhi vispi girava per casa, aveva più o meno cinque anni ed era ora di andare a dormire.
    - Mamá vienes a contarme una historia ?
    (Mamma vieni a raccontarmi una storia?)
    - Sayas ligeros Cameron no tengo ganas, subes a habitación y vas a dormir .
    (Sai leggere Cameron non ho voglia, sali in camera e vai a dormire).
    La bambina delusa dall’ennesimo tentativo di stare un po’ con la madre salì per le scale, quella donna era così fredda e distaccata, si chiese se anche le mamme delle altre bambine fossero così assenti, quando non era alla tavola calda era in casa a pensare a sé stessa. Salendo le scale, arrivata a metà sentì la porta d’ingresso aprirsi, era arrivato anche suo padre e si affrettò a salire.
    Si chiuse in camera e si accucciò nel letto facendosi piccola piccola, era abituata ormai a quello che stava per sentire.
    Iniziarono le urla al piano di sotto e rumori di sottofondo come di chi sta ricevendo delle botte dal proprio marito.
    Prese il suo peluche preferito, un orsacchiotto marrone con un nastro rosso al collo e lo strinse forte mentre piangeva, lo faceva sempre quando sentiva quei rumori, più lo stringeva a sé e più credeva che le urla sparissero in quel modo. Ma non era mai così, quelle furono puntualmente la sua ninna nanna.

    Ronnie si svegliò aprendo di colpo gli occhi con la stessa tristezza del sogno. Sbattè le palpebre un paio di volte mentre cercava di capire dov’era, quando si rese conto di essere al sicuro, si rilassò e sbadigliò con una mano sulla bocca, spostò lo sguardo qua e là, era sdraiata nel divano del dipartimento e notò di star stringendo tra le braccia il peluche, lo stesso del sogno, quello che le aveva spedito l'S.I. rompendo la privacy della sua infanzia, alzò la testa confusa, qualcuno doveva averglielo messo mentre dormiva.
    Alzò gli occhi davanti a lei e trovò due iridi marroni guardarla con tenerezza.
    - Lo sai che sembri una bambina quando dormi?
    Lei riabbassò lo sguardo tirando le labbra in qualcosa che voleva essere un sorriso, capì che doveva essere lui l'artefice del gesto, si mise seduta prendendo il peluche tra le mani e mentre lo guardava lo stuzzicava con mani disinteressate.
    - Quanto ho dormito?
    - Due ore – rispose Derek.
    - Perché non mi avete svegliato?
    - Perché non dormi da tre giorni e devi riposare, e magari mangiare qualcosa visto che non ti reggi in piedi.
    Annuì controvoglia e si mise a fissare il pupazzo in silenzio, aveva ancora nella mente le parole volate in macchina il giorno prima ed era confusa su cosa fare o dire.
    - Pensavo non mi volessi più parlare – disse con tono amareggiato.
    Derek era seduto di fronte a lei chinato in avanti coi gomiti poggiati sulle ginocchia, le mani penzoloni, sospirò mentre la guardava con attenzione.
    - Ho letto il tuo biglietto, quello che hai lasciato prima di partire.
    Ronnie alzò uno sguardo incuriosito su di lui senza rispondere.
    - Lo sapevo che non ti saresti dimenticata di noi..
    - E cos’altro sai? – continuò con quel tono moggio.
    - So’ che t’importa così tanto degli altri che sei disposta a rischiare la vita pur di proteggerli e questo fa di te una bella persona.
    - O una stronza..
    - Poco ma sicuro, la causa può essere giusta quanto vuoi ma sei talmente presa da questa che ignori i rischi che corri, ignori il mondo che hai intorno e ti chiudi nei tuoi obiettivi, questo fa di te una stupida irresponsabile che si fida solo di se stessa senza badare ai sentimenti degli altri.
    - Per me era meglio rischiare la mia piuttosto che sacrificare la vostra.
    Derek scosse la testa - è qui che sbagli. Quello che mi fa arrabbiare è che non te ne frega niente della tua vita, se ci tieni così tanto a noi da arrivare a questo punto devi cercare di restare viva, almeno non ci farai soffrire per colpa delle tue stronzate. Non hai ancora capito che non sei sola e che sei in una squadra, dentro e fuori l'ufficio, forse non lo capirai mai - Derek sospirò - Hai idea del male che mi avresti fatto se ti avesse ucciso senza che io potessi fare niente per difenderti? Solo perché tu me l’hai impedito? Secondo te avrei sopportato questo più di rischiare per aiutarti?
    Calò il silenzio per qualche secondo in cui Ronnie si fermò a riflettere con lo sguardo perso nel peluche.
    - avevo paura e pensavo fosse la cosa giusta per te e per voi, ma non avevo fatto i conti con le conseguenze perché non credevo vi avrei più rivisto.. forse mi avrebbe ucciso, o forse non sarei tornata per la vergogna.. io ogni caso l'importante era che l'S.I. non entrasse in contatto con voi e se per fare questo son dovuta arrivare a quel punto con te mi dispiace - alzò gli occhi lucidi su di lui - io non ho mai pensato quello che ti ho detto quel giorno e mi sentivo uno schifo ad ogni parola ma credevo solo che allontanandoti da me ti avrei protetto da lui.. - strinse un nodo alla gola - l'unica cosa che ho ottenuto è stato farmi odiare da te, da tutti e ora siete lo stesso in pericolo per colpa mia..
    - siamo sempre in pericolo e non per colpa tua - Derek si alzò e si sedette vicino a lei.
    - questa volta è diverso..
    - questa volta lo prenderemo insieme - Ronnie sentì il divano sprofondare mentre con la coda lo osservava posizionarsi al suo fianco da potergli toccare il braccio con il suo. Derek le prese il mento con la mano e glielo girò verso di sé costringendola a guardarlo negli occhi, lui si perse nei suoi, così tristi e colpevoli.
    - Voglio una promessa.
    - Ho paura di non riuscire a mantenerla ..
    - Beh ora sai quello che perdi se lo fai. Ieri ci sono andato giù pesante ma l'ho fatto per darti una lezione, e non voglio che la dimentichi.
    - E cosa devo fare per riavere quello che avevo?cosa devo fare per non perderti un altra volta?
    - Devi imparare a mettere la tua vita nelle nostre mani, non devi nascondermi più niente, non devi mentirmi mai più, verrai da me ogni volta che sei in difficoltà e mi chiederai aiuto ogni volta che ne hai bisogno perché solo così posso prendermi cura di te e tu devi fidarti senza avere paura, credi di riuscire a farlo? O è più difficile di quello che hai fatto a me.
    Lei spostò lo sguardo davanti a lei - non c'è stata cosa più difficile, te lo prometto – disse inghiottendo le lacrime.
    - Tu mi prometti che mi vorrai sempre bene come prima? Che non dubiterai mai più di me qualsiasi cosa succeda? E che…
    Derek la circondò con le braccia muscolose e le diede un bacio sulla fronte facendola zittire di colpo – certo, avevi qualche dubbio?
    Ronnie si lasciò cullare da quell’abbraccio lasciando che lacrime di felicità le bagnassero il viso, non aveva mai avuto bisogno di lui come adesso. Restò con la testa sopra la sua spalla mentre sentiva la mano di Derek carezzarle la nuca, sapeva che ne andava matta. Ronnie da parte sua prese a stringerselo a sé come fece con quell’orsacchiotto poco prima mentre teneva la testa premuta con forza sulla spalla di Derek - Mi sei mancato tanto, mi dispiace..
    Lui poggiava il suo mento sopra la testa di lei - ben tornata Ronnie..
    - migliori amici per sempre?
    - per sempre..

    Continua…

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    Edited by robin89 - 22/7/2011, 12:02
     
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  2. robin89
     
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    note: capitoli brevi visto il tempo breve che ho, cerco di fare il possibile dividendoli in questo modo. ^_^



    Ronnie non aveva chiuso occhio quella notte, Emily, in stanza con lei, sentiva che continuava a rigirarsi nelle coperte e a momenti le parve di sentirla piangere. Alle 7 meno un quarto erano già in piedi per raggiungere nuovamente il dipartimento e a Ronnie sembrava fossero passati solo 10 minuti dal giorno prima, si era alzata con una gran stanchezza addosso, nervosa e decisamente debole, dopo l’aggressione aveva passato solo quattro giorni di “riposo”, di cui due in ospedale incosciente e due tra dimissioni e viaggio a LA. Si chiese come faceva a reggersi ancora in piedi, la costola faceva male e secondo i medici dopo quell’aggressione sarebbe dovuta restare a riposo per 20 giorni, i ricordi dei colpi subiti erano ancora vivi, erano passati solo cinque giorni dal giorno ma le sembrò fosse successo pochi minuti prima, il tempo in quei due giorni tra viaggio e ricongiunzione con la squadra era passato in un attimo e gli avvenimenti si stavano accavallando nella sua testa mandandola in confusione, aveva bisogno di fermarsi e rielaborare tutto con calma. Ma appena si sedette sul divano del dipartimento non si accorse neanche di sprofondare nel sonno, ora si era svegliata, destata da quel sogno di bambina e doveva prepararsi per un'altra giornata in cui altri avvenimenti si sarebbero aggiunti senza darle il tempo di respirare. Si consolò con il fatto che non era più sola ad affrontarli e sorridendo all’idea del ritorno del suo migliore amico.
    Il team era di rientro nella sala riunioni, Hotch, Prentiss e Reid avevano mostrato il profilo agli agenti di polizia e fatto preparare un comunicato stampa dall’agente Todd entro la mattina.

    Ronnie si alzò per andare a prendersi un caffè alla macchinetta, almeno non si sarebbe addormentata in piedi, mentre percorreva il corridoio del dipartimento incrociò il detective Rynolds, roteò gli occhi in segno di scocciatura alla sua vista. Non scorreva buon sangue tra loro due da quando lui le aveva dato la caccia come una sospettata dopo la morte della famiglia Leane.
    A dire la verità Cameron non era in buoni rapporti con nessun poliziotto di Los Angeles, tranne quelli che lavoravano con lei alla Crimini Sessuali del posto compreso Spicer, tutto questo a causa di quello che successe tre anni prima, dal suo incarico sottocopertura in cui calpestò i piedi a parecchi poliziotti e uccise uno di loro, si era creata una bella fama intorno a lei e Rynols non fece altro che aprirle la strada 12 anni prima. Cercò di evitarlo ma lui rallentò davanti a lei con aria spavalda costringendola a fermarsi già infastidita.
    - Salve, agente Leane – disse con un sorriso traditore - non le ho ancora dato il bentornato a Los Angeles, è passato tanto tempo.
    - Quale occasione migliore per tornare? Da una disgrazia all’altra, scommetto che le da’ parecchio fastidio la mia presenza qui.
    - Come a molti d'altronde. In effetti vederla in queste vesti era l’unica cosa che non mi aspettavo, mica potevo immaginare che una come lei entrasse nell’FBI.
    - Già – incrociò le braccia - rimasto male, vero?
    Lui sogghignò con le labbra - È diventata più famosa dell’uomo con la scure. Ovunque va’ lei c'è cibo per la stampa.
    - Beh ci ha pensato lei a crearmela 12 anni fa.
    - Cosa avrei dovuto fare? Avevo tutte le ragioni..
    - Doveva fare il suo lavoro invece di accusare una ragazzina innocente! - alzò la voce.
    - Una ragazzina sbandata con precedenti per droga che scompare dopo l’omicidio dei genitori, non era abbastanza per sospettare di lei?
    Ronnie sentì crescere il nervoso, lo studiò alzando il mento in fare altrettanto spavaldo.
    - Se avessi voluto uccidere i miei genitori, gli avrei sparato in mezzo alla fronte con un silenziatore invece di fare tutto quel disordine.
    Il detective sorrise di nuovo - Come ha fatto con l’agente MgRyan?
    Ronnie girò la testa dall’altra parte buttando fuori l’aria dalla bocca e trattenendosi con tutta se stessa dal fare manovre sbagliate.
    - È stata difesa personale! Sono stufa di questa storia! Le rode solo perché una ragazzina sbandata è diventata un’agente dell’FBI mentre lei è ancora qui ad aspettare la pensione!
    - Attenta a quello che dice.
    - Perché altrimenti mi accusa di nuovo? Cosa s’inventerà stavolta? Perché non pensa a fare meglio il suo lavoro invece di mettermi i bastoni tra le ruote, ci sono parecchi criminali da queste parti..
    - A cominciare da lei ..
    Ron alzò un sopraciglio e strinse la mani nei pugni nervosa, sentiva perdere la pazienza, lui continuò a provocarla.
    - Se non le avessero ripulito la fedina penale non sarebbe qui adesso, per me rimane sempre la stessa delinquente di prima.
    - E non pensa che le persone possano cambiare? - chiese invece di esplodere.
    - A volte, ma visti i risultati..
    - Qualche problema? – la voce di Hotch interruppe la reazione di Cameron appena in tempo.
    - No, stavamo ricordando i vecchi tempi – disse Rynols.
    Ronnie lo guardò carica d’ira prima di allontanarsi con il suo supervisore.
    - Vada al diavolo – gli sussurrò.

    Erano nella sala riunioni, appena il tempo di cominciare il discorso quando Rynolds entrò di colpo.
    - Un altro omicidio stanotte, una ragazza di 19 anni, stesse modalità – fissò Hotch mentre parlava.
    - Andiamo.
    I profiler si scambiarono occhiate di comune sconforto mentre si avviavano all’uscita. Due omicidi in due giorni, una provocazione da fermare subito.

    Continua…

    per sapere cos'ha fatto Ronnie quando era sottocopertura a Los Angeles. Capitolo di Skeletons in the closet

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    Edited by robin89 - 22/7/2011, 13:26
     
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  3. robin89
     
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    note: scritta di colpo, magari aggiusterò qualcosa più tardi.
    avvertenze: violenza psicologica.

    Un piccolo appartamento color corallo all’interno di un cortile affacciato sulla strada, era questa la seconda scena del crimine in cui l’uomo con la scure aveva ucciso la sua 23esima vittima.
    Scesero dai SUV già consapevoli di quello che stavano per vedere, o almeno qualcosa di simile, Ronnie stava vicino a Derek, il resto del team si muoveva intorno a loro e l’agente Todd li precedeva con il detective Rynolds.
    Alcuni giornalisti si avvicinarono a loro mentre un altro gruppo prestava attenzione al team di profiler, una voce femminile si distinse fra tutti sorpassandoli.
    - Cameron Leane! - Al suono di quel nome tutti i giornalisti presenti, almeno una decina, si precipitarono in direzione dello sguardo della donna.
    - Cammina e non starli a sentire – le disse Morgan mentre le metteva un braccio intorno al collo e la tirava verso di sé.
    L’agente Todd venne completamente dimenticata e lasciata da parte per il nuovo obiettivo più allettante, Morgan e Leane vennero circondati da microfoni e telecamere che cercarono di ignorare mentre Todd inutilmente cercava di dire “l’agente Leane non ha niente da dire, potete allontanarvi”.
    Cameron teneva gli occhi bassi, dovevano solo attraversare il cortile e poi sarebbe finito, le domande dei giornalisti fecero capolino nelle sue orecchie una dopo l’altra con voci differenti.
    - Come sta affrontando questa situazione? Perché crede che sia tornato l’uomo con la scure? Che rapporto ha con lui? Pensa di essere la prossima vittima?
    All’ultima domanda Ronnie si girò verso l’interlocutore con uno sguardo che lo fulminò all’istante.
    - Lascia perdere – gl’intimò ancora Derek. La tirò verso la casa ormai vicina che li aspettava, il team faceva da scudo ai due profiler e dopo qualche istante riuscirono ad entrare lasciandosi i giornalisti alle spalle.
    Chiusero la porta e Cameron assaporò per un momento il silenzio creatosi intorno a lei.
    - Come va’ lì fuori? – chiese Rynolds.
    - Meglio gli assassini dei giornalisti – rispose stizzita Ronnie.
    Un momento dopo entrò anche l’agente Todd rimasta fuori a tenere a bada la stampa – mi dispiace non sono riuscita a fermarli.
    - Ce ne siamo accorti.
    Hotch e i presenti redarguirono Ronnie con una sola occhiata che si zittì prendendo a girare per casa mentre Todd con un tocco del braccio da parte di Derek si morse la lingua.
    - Non preoccuparti – le rispose Hotch - hai fatto quello che potevi.
    Un poliziotto attirò la loro attenzione nell’andito - Da questa parte – indicò la stanza e li accompagnò nella stanza da letto dove si trovava il corpo della ragazza.
    Capelli lunghi, mori, bagnati dal sangue e il corpo sul materasso supino “disegnato”allo stesso modo delle altre vittime con la sua ascia.
    - Secondo voi è un caso il fatto che mi somigli? – chiese Leane notandone le caratteristiche simili.
    - Forse ha rivisto te in lei, sta cercando di rivivere quello.. che..
    - Vorrebbe farmi – finì Ronnie per Reid che non voleva dirlo.
    - Beh il suo obiettivo sei tu – continuò Hotch – gli omicidi sono un modo per colpirti indirettamente, se comincia con vittime che hanno le tue caratteristiche vuol dire che sta per arrivare alla fine e cercherà un modo per prendere te, non si accontenterà più dei tuoi “cloni”.
    - Allora perché non mi ha ucciso subito quando ne aveva l’occasione? Almeno non avrebbe sentito la mia mancanza adesso.
    - Perché quello che lo eccita è il controllo che ha su di te – Ronnie si girò su Derek che parlava - se ti avesse ucciso subito non avrebbe avuto soddisfazione e per aumentare il grado di potere e di eccitazione vuole manipolarti e farti crollare psicologicamente, così è sicuro di averti in pugno in tutti i sensi.
    Quella spiegazione le faceva schifo ma era palesemente la realtà che non voleva accettare – credo rimarrà deluso allora perché non mi faccio impressionare da lui – almeno era quello che cercava di fare, mantenere la mente lucida senza perdere il senno della ragione che già sentiva mancare.
    - Stesse modalità? – chiese Hotch in modo che tutti i presenti potessero sentire.
    - Sì, scasso della porta sul retro - rispose Reid tornato dalla cucina con un poliziotto.
    - Cos’è questo? – esclamò Emily – non mi sembra della vittima.
    Prese una scatolina celeste, simile a quella che aveva contenuto il peluche di Cameron, era posto sul comodino in attesa di essere aperta.
    - È uguale a quella che mi ha mandato a casa con il peluche – disse lei.
    - Aprila – la incitò Morgan.
    Emily sollevò il coperchio, diede un’occhiata all’interno e chiuse gli occhi scuotendo la testa.
    - Cosa c’è? – chiese Hotch.
    La profiler tolse fuori un registratore vocale e una foto che porse nelle sue mani. La reazione del supervisore fu la stessa di Emily. Derek era al suo fianco e si sporse per vedere anche lui, chiuse gli occhi – figlio di puttana.
    - Lo dite anche a me per favore? – esclamò Ronnie a braccia conserte.
    - Meglio che non la vedi – le rispose Emily.
    Ronnie si girò da Hotch nervosa - partecipo anche io alle indagini e voglio vedere tutto.
    - Non è una buona idea Ron – disse Derek.
    - Cosa c’è di peggio di quello che sta facendo? - Allungò una mano insistente.
    Hotch gliela porse sospirando, tanto era inutile discutere, l’avrebbe prese di nascosto o con la forza.
    Leane osservò la foto tra le sue mani scattata dopo l’aggressione, la seconda che le arrivava dopo quella della madre, ora toccava a lei, la foto ripresa dall’alto la ritraeva con solo l’intimo addosso nel pavimento di casa sua, la faccia di lato e il petto sporchi di sangue. Rimase incantata con occhi furenti mentre il respiro si faceva più grave dalla rabbia, dalla frustrazione di sentirsi impotente a quello che vedeva: la vittoria dell’S.I. su di lei rielaborata in una realtà fotografica, la stava trattando come una vittima già presa che aspettava solo il colpo di grazia e vedersi in quello stato in terza persona la faceva impazzire, ancor di più sapere che quella violenza era stata resa pubblica e visibile al resto della squadra.
    Alzò due occhi velati di lacrime che rimandò giù alzando la barriera del tipico “sto bene e resisto alla grande” mentre dentro di lei bruciava.
    - Cosa c’è nel registratore? – chiese rivolgendosi a Reid che lo aveva acceso.
    - C’è un messaggio vocale – dicendo così alzò gli occhi verso i presenti come a chiedere il permesso di ascoltarlo.
    - Sentiamo – disse Hotch.
    Redi premette il tasto per dare l’okay e lasciò che “parlasse” l’oggetto sul comò.
    - Ben arrivati – la voce dell’S.I. risuonò nella stanza in cui era calato il silenzio, Ronnie rabbrividì al sentire nuovamente quella voce melodica – vi piacciono i miei capolavori? Spero di sì perchè mi sono impegnato tanto. Agente Leane stai ascoltando vero? Perché sei tornata da loro? Stava andando così bene, hai detto che venivi a prendermi l’ultima volta che ci siamo sentiti invece sei tornata indietro, codarda, bastava solo che venissi da me per far finire tutto questo, invece continuerò, ogni giorno ucciderò qualcuno e sarà solo per te, contenta? Hai visto il mio regalo? Scommetto che non ne hai ricevuto così tanti in poco tempo, guarda bene quella foto perché l’ho scattata dopo che mi sono divertito con il tuo corpo, ti ho assaporato in ogni angolo senza che tu potessi fare niente, sei stata la mia puttana per tutto il tempo che ho voluto, sei un giocattolo pronto a essere usato come tutte le altre che ho ucciso e farai la loro stessa umiliante fine, scommetto che non vali niente neanche come federale.
    Derek aveva le mani strette in pugni con le nocche bianche, la mascella serrata dalla rabbia, Hotch teneva gli occhi chiusi con le mani sui fianchi e Ronnie sentì che stava per crollare sotto il peso di quelle rivelazioni, la voce dell'uomo con la scure continuò a parlare.
    - Devo dire avrei preferito che fossi stata sveglia per vederti goderei, ti prometto che la prossima volta che ti scopo lo sarai e mi ringrazierai prima di ucciderti. Sei mia e lo sarai sempre Agente Cameron Leane – soppesò il termine “agente” con disprezzo – sei stata scopata dall’uomo con la scure, come ti senti?

    Finito il messaggio calò in silenzio nella stanza, erano rimasti immobili di fronte a quelle parole che colpivano Cameron come frecce ma che scalfivano ognuno di loro, Ronnie restò pietrificata incapace di muovere un solo muscolo, si sentiva come statua poi all’improvviso lasciò la stanza in preda alla vergogna e alla rabbia che aumentava, spostò una sedia con rabbia nel suo tragitto.
    - Ron! - Derek la seguì lasciando i compagni a scambiarsi occhiate preuppate.
    Ronnie arrivò nel bagno aprendo e sbattendo la porta con violenza, azionò subito il rubinetto della doccia e girandosi verso lo specchio dietro di lei tirò una manata al vetro che s’infranse in pezzi che andarono a finire sul pavimento tagliandole il palmo della mano.
    Derek entrò fermandola in tempo prima che potesse entrare nel box e bagnarsi – cosa stai facendo? - esclamò prendendola per un braccio con forza.
    - Devo levarmelo di dosso! – urlò.
    Derek chiuse l’acqua e allontanò Ronnie con le braccia, la portò verso il muro e la tenne ferma prendendole la testa fra le mani.
    - Non toccarmi – era quasi un sussurro malvagio mentre lo fissava con ira.
    - Ascoltami bene, è un sadico assetato di potere e controllo sulle persone, per questo gli piace interagire con le vittime quando sono sveglie, dunque non devi credere a una sola parola di quello che ha detto, non ti ha fatto niente di tutto ciò perché eri incosciente e non avrebbe avuto soddisfazione, l’ha detto lui stesso, sta usando solo violenza psicologica per farti crollare ma tu non devi perdere la testa, capito? Se crolli vince lui e ti avrà in pugno, è questo che vuole e tu non devi dargli questa soddisfazione.
    - Sono diventata una sua vittima prima ancora che mi abbia ucciso, ecco cosa sono - disse con viso verso il muro.
    - Vuole solo fartelo credere Ronnie, se lo pensi allora ti sei già arresa e lui sarà sempre in vantaggio su di te. Ma tu non ti arrendi mai, non è vero? Non arrenderti adesso, non farlo vincere, l’agente Cameron Leane non lo farebbe mai.
    Ronnie alzò gli occhi sui suoi, le scese una lacrima di rabbia che venne scacciata via da un dito di Derek.
    - Ti prometto che lo prenderemo..
    Annuì mentre lo guardava con un aria da qualcuno che cercava disperatamente aiuto, si aggrappava alla sua immagine per cercare ancora qualcosa di bello da vedere per dimenticare gli orrori di quei giorni. Finchè non sentì le gambe farsi deboli e la vista appannarsi, dopo di chè vide tanti puntiti bianchi danzarle davanti e farsi tutto buio, si accasciò sulle sue braccia e Derek la prese prima che cadesse.

    Continua…

    Edited by robin89 - 22/7/2011, 13:39
     
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  4. robin89
     
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    capitolo breve, l'ho tagliato a metà per poter postare oggi perchè non potrò farlo per 3 giorni :cry: grazie a chi legge e chi commenta ^^


    Hotch, Emily e Reid sentirono il frangersi del vetro provenire dal bagno, Derek era corso da lei ed Hotch ebbe paura che fosse arrivato il crollo di Ronnie che temeva da un momento all’altro. Pochi minuti dopo uscì Derek con la ragazza in braccio e la posò per terra mentre insieme cercarono di farle riprendere coscienza.
    Si risvegliò nel pavimento freddo di quella stessa casa, sbattè le palpebre sentendo una gran debolezza addosso mentre metteva lentamente a fuoco le persone intorno a lei. Reid le sventolava una cartelletta sul viso, Emily le bagnava i polsi con l’acqua mentre Derek le teneva in alto le gambe. Ricordò a gradi di aver perso i sensi nel bagno e le tornò a mente il tema dell’ultimo discorso affrontato.
    - Ben tornata, stavamo per chiamare un’ambulanza – l’accolse così Emily.
    Derek le abbassò le gambe e insieme a Reid si spostò più lontano per darle un po’ di respiro e il tempo di riprendersi. Una volta tornata definitivamente alla realtà notò che Emily le teneva una mano fra le sue e le sorrise debolmente.
    - Quanto tempo sono così? – chiese con la voce impastata.
    - Dieci minuti. Sei svenuta nel bagno e Derek ti ha portato qui..
    Si mosse per mettersi in piedi, prima si mise seduta, poi una volta che le “stelle” smisero di danzare davanti a lei, con l’aiuto di Emily si sedette sul divano poggiandosi allo schienale.
    - Sarebbe meglio se ti facessi ricoverare – le disse Hotch avvicinandosi – sei troppo debole e stressata.
    - Cosa? Io non mi muovo da qui.
    - Ronnie da quanto tempo non dormi e non mangi? – le fece notare Reid.
    - Non lo so, forse due giorni – rispose abbassando la testa - non ci riesco, ho lo stomaco chiuso.
    - Beh se non vuoi finire in ospedale cerca di fare qualcosa perché così non voglio vederti – la redarguì Derek.
    - Ho solo bisogno di mangiare ma in ospedale non ci vado – rispose incrociando le braccia mentre Hotch alzò gli occhi al cielo.
    Emily si allontanò qualche minuto per tornare con un sandwich in mano che le porse con un bicchiere d’acqua.
    - Burro di arachidi e fette di banana, era nel frigo – le sorrise.
    - Grazie – lo prese e dopo averlo scartato si sforzò di mandare giù il primo boccone, era buono, non fu così difficile finirlo entro una manciata di secondi.
    Fatte le foto alla scena e tutti i suoi rilevamenti fisici e criminologici erano pronti per tornare al dipartimento, per evitare quello che era successo all’andata si organizzarono diversamente. Ronnie sarebbe uscita dal retro insieme a Morgan mentre i restanti profiler attirarono la stampa dall’ingresso principale lasciandola a bocca asciutta.


    Ronnie era seduta nella sala del dipartimento, dove erano state appese le foto dell’ultima scena del crimine con il muro sopra il letto tempestato di smile rossi che non facevano altro che sorriderle in continuazione provocando la sua ira. Venne riscossa dai suoi pensieri quando la porta a vetrate si aprì e fece entrare un Emily sorridente, Ron alzò lo sguardo e aspettò che si sedette di fronte a lei senza fare troppe feste, non era dell’umore giusto.
    La seguì nei movimenti con uno sguardo indagatore e allo stesso tempo malinconico mentre si posizionava nella sedia davanti a lei. Pensò tristemente che era tanto tempo che non parlavano un po’ da sole specie dopo l’arrivo dell’uomo con la scure, guardando il suo sorriso prese a ricordare tutti i momenti passati con lei dal suo arrivo nella squadra, le confidenze che le aveva fatto in quegli anni, a come Emily aveva cercato di prendersi cura di Ronnie fin dal suo primo giorno di lavoro ospitandola a casa, a quel rapporto complice da sorelle che era nato col tempo, alle risate maliziose delle cene del venerdì con Sarah..continuò a guardarla come se quella vista potesse regalarle i felici ricordi che aveva e dimenticare per un momento gli incubi che la ossessionavano da giorni.
    - Ehi – Emily le carezzò una spalla con la mano, Ronnie rispose con un sorriso timido.
    - Sei ancora arrabbiata con me? – chiese con timore Ronnie.
    Emily abbassò gli occhi.
    - No, ti avrei preso volentieri a calci però, perché mi hai lasciato sola quando avevi bisogno di noi.
    - Mi dispiace..se hai pensato che mi sono dimenticata di voi, non è vero.
    - L’importante è che sei qui adesso ..e poi come avresti fatto senza i nostri discorsi sporchi con Sarah?
    Scoppiarono in una breve risata carica di ricordi felici.
    - Come stai? – le chiese Emily tornando seria.
    Alzò le spalle – non riesco a togliermi dalla testa quello che ha detto, mi è entrato nel cervello e non riesco a mandarlo via..
    - Ronnie ho parlato con i medici dopo l’aggressione e non c’era traccia di violenza.
    - Che ci sia stato l’atto sessuale o meno poco m’importa, fatto sta che ero insciente e mi sono svegliata nuda. Pensare che mi abbia anche solo guardato o toccato.. – serrò la mascella dalla rabbia incapace di continuare il pensiero e scacciò via le immagini dalla testa che la facevano impazzire.
    - Lo prenderemo vedrai – le disse prendendola una mano e scuotendola con affetto – non permetteremo che continui a farti del male.
    Annuì cercando il suo sguardo per aggrapparsi a qualcosa di reale, improvvisamente la porta della saletta si aprì nuovamente facendo entrare Derek con un sorriso e una busta in mano che poggiò sul tavolo.
    Ronnie lo guardò illuminandosi sentendo il profumo che usciva dalla busta.
    - È il tuo preferito, hamburger, patatine, insalata, formaggio e ketchup. Vedi di mangiarlo subito o te lo faccio ingoiare come si fa con le oche.
    Ronnie si precipitò sul tavolo e scartò la busta inebriandosi di quell’odore che per lei era il paradiso.
    - Hmm – esclamò chiudendo gli occhi – non so’ se amare più te o questa delizia - si accomodò pronta per divorarlo.
    - Ehi – la redarguì Emily- dedicati al panino e lascia l’uomo a me.
    - Fra tutte e due non so di chi avere più paura – scherzò Derek alzando le mani.
    - Di me naturalmente – Emily gli regalò un occhiolino malizioso, Derek le rispose con un’espressione altrettanto invitante.
    - Voi due andate a civettare da un’altra parte e lasciatemi sbrodolare il ketchup senza farmi venire altre strane immagini in testa – sorrise Ronnie aprendo la busta.
    - Come quando piombavi a casa nel cuore della notte e ..
    - DEREK! Devo mangiare!
    I due le risero in faccia carica d’imbarazzo ricordando le varie incursioni indiscrete della ragazza, si avviarono verso la porta allegramente - Non metterci trent’anni come al solito però.
    Si chiusero la porta alle spalle lasciandole la privacy del pranzo. Li guardò uscire e si lasciò scappare tra sé e sé un sorriso, felice per aver assaporato anche se per pochi minuti un po’ di clima di casa in mezzo a quell’incubo che durava un’eternità.

    Continua……

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  5. robin89
     
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    eccomi dopo un pò di ritardo, grazie a chi legge e sopratutto chi lascia sempre un commento ^^ siete fantastiche spero piaccia anche questo capitolo :shifty:


    Ronnie aveva finito di mangiare e sazia dopo giorni profittò di quel momento di calma per andare nel bagno a darsi una rinfrescata.
    Sì sciacquò il viso con acqua ghiacciata per tornare a mente lucida e svegliarsi dopo quell’irrequieta mattinata tra svenimenti e stress, lo alzò poi per mirare la sua immagine riflessa allo specchio, “che schifo” pensò. Si chiese guardandosi chi fosse diventata dopo aver vissuto tutte quelle esperienze, dalla comparsa dell’S.I. all’ultimo suo messaggio poche ore prima. Sospirò alla sua immagine senza sapere esattamente cosa vedeva… la sensazione che primeggiava era quella di una vittima con la sola differenza che lei era ancora viva per potersi leccare le ferite, non sentiva più neanche bisogno di combattere, tanto ormai l’S.I. la stava sbranando svuotandola di tutti i sentimenti che poteva provare, non stava rimanendo più niente di quello che era, e cosa era? Un agente dell’FBI che non aveva più neanche la forza di reagire contro il suo peggior S.I., vedeva solo una ragazza confusa che stava perdendo anche la dignità di essere una donna dopo le schifezze che le aveva sbattuto in faccia e la vergogna provata per quella foto resa pubblica.
    Cercò a stento di ricordarsi chi fosse, cercò dentro di sé di capire da quando era cominciato quel cambiamento, da quando aveva perso la sua identità e che fine avesse fatto la Cameron che non si faceva mettere i piedi in testa da nessuno, tanto meno da un serial killer.
    Sbuffò senza risposte, era una battaglia troppo grande che pensava di vincere con troppa facilità, non avevano niente in mano e l’S.I. era sempre un passo davanti a loro, davanti a lei e intanto mieteva altre vittime schiacciando contemporaneamente sotto i piedi la sua personalità.
    Sentiva solo tanta confusione per l’accavallarsi degli avvenimenti troppo veloci, era schiacciata dal peso della forza e determinazione che l’S.I. stava usando per distruggerla, e ci stava riuscendo piuttosto bene. “Fai pena”. Staccò le mani dal lavandino con uno strattone e uscì dal gabinetto evitando di prender a pugni anche quello specchio, pensò di andare a riflettere nella sala riunioni ma nel corridoio sentì il risuonare di tacchi dietro di lei.
    - Agente Leane..
    Pochi secondi dopo l’agente Todd era al suo fianco, la fermò per un braccio con poca gentilezza e questo la fece già innervosire mentre interruppe la camminata.
    - Possiamo parlare?
    - No – rispose secca fissando la mano che l’aveva fermata e riprese il tragitto lasciandola imbambolata. Dopo pochi passi decisi risentì la sua voce più alta.
    - Si può sapere cosa le ho fatto? – Ronnie si girò di scatto, la trovò con le mani sui fianchi con una faccia da bulldozer, si fermò ad ascoltarla incuriosita girando gli occhi stufa.
    - Ma chi si crede di essere? Non è nessuno per trattarmi così e non ho più intenzione di farmi pestare i piedi da lei dunque la smetta di comportarsi come una bambina isterica e sia un po’ più professionale!
    Morgan stava assistendo alla scena con un caffè in mano, scosse la testa e pensò che Jordan avesse appena fatto l’unico sbaglio che poteva fare. Vide Ronnie avvicinarsi lentamente alla ragazza mulatta e piazzarsi di fronte a lei con quella sua aria beffarda e strafottente, squadrarla dall’alto in basso e parlare con un tono tagliente e secco.
    - Okay. Glielo dico con la poca calma che mi è rimasta: lei rappresenta l’ultimo dei miei pensieri, chiaro? Vada a fare il suo lavoro se ci riesce visto che ne ha parecchio da fare invece di perdere tempo con me, non vorrei che Hotch la licenziasse dopo un paio di giorni.
    Morgan non fece in tempo ad avvicinarsi che Ronnie si stava già dileguando nella sala riunioni chiudendosi dietro la porta con un tonfo. L’agente Todd restò a guardarla imbarazzata e furiosa per poi rivolgersi a Morgan arrivato al suo fianco.
    - Io non la sopporto più! Vado a parlare con l’agente Hotch!
    - Non vai da nessuna parte! – Morgan la fermò in tempo.
    - Come? – esclamò stupita lei - Me lo dici tu cosa devo fare?
    - Sì, visto che ne hai bisogno.
    Jordan scosse la testa e fece un sorriso sarcastico – mi stupisco che ci sia qualcuno a difenderla, non pensavo avesse amici.
    Morgan gettò il bicchiere del caffè nel cestino con disinvoltura e la guardò incrociando le braccia, pensò che controllando la sua voglia di urlarle in faccia poteva evitare altri bisticci dato quella esternazione l’aveva fatto innervosire oltre modo – la conosco da quasi tre anni e ti posso dire che è stata anche fin troppo gentile adesso.
    - Quindi dovrei anche ringraziarla mentre mi devo subire le sue prediche?
    - Jordan – cercò di usare un tono meno duro quando se ne accorse – non la conosci e non hai la minima idea di quello che sta passando in questo momento anche se non lo fa vedere dunque non ti permettere di giudicarla, e sì, ne ha amici, perché nonostante sia un’arrogante presuntuosa sa essere anche la ragazzina isterica più dolce e indifesa del mondo, dunque se vuoi un consiglio lasciala in pace e se vuoi allacciare un minimo di rapporto aspetta che sia lei a venire da te – fece una pausa per vedere la sua reazione e vedendola in silenzio offesa continuò - ci siamo passati tutti prima di te e ti posso assicurare che non è così cattiva, sa bene che stai lavorando soprattutto per lei, solo che non è il momento migliore per starle addosso.
    La ragazza mulatta diede uno sguardo alla porta dove era entrata Ronnie – sarà, ma la prossima volta che mi risponde così non starò zitta.
    - Fai come vuoi, io ti ho avvisato. Ora scusami.
    Si congedò con formalità lasciando la ragazza perplessa e con l’amaro in bocca.
    ***
    “Sei stata la mia puttana per tutto il tempo che ho voluto”. Ronnie stava scomposta seduta su una sedia, aveva uno sguardo incantato nel vuoto e socchiudeva gli occhi, convinta che nessuno la stesse spiando mentre ascoltava all’infinito le parole dell’S.I. quasi imparandole a memoria.
    Morgan la fissava da qualche minuto, non aveva intenzione di continuare a vederla in quello stato di catalessi in cui era piombata senza via di ritorno, doveva reagire e non doveva permettere all’S.I. di prendere il sopravvento, era ora di darle una scrollata.
    Appena sentì il minimo rumore Ron saettò verso la scatola riponendo l’oggetto all’interno, restò in piedi vicino al tavolo e aspettò che l’amico si fece avanti mentre lei riacquisì la solita aria disillusa e indifferente.
    Morgan entrò scuotendo la testa, deciso a mettere le cose in chiaro in più punti, il primo era l’agente Todd.
    - Ehi – disse con un cenno del capo, poi incrociò le braccia nuovamente - Me lo fai un piacere?
    Fece spallucce – Dimmi..
    - Ce la fai a essere un po’ più gentile con Jordan?
    - Ti assicuro che mi sono sforzata anche troppo.
    - Non ti ha fatto nulla di male sta solo cercando di fare bene il suo lavoro.
    - Cos’è? È venuta a piagnucolare da te? Che continui a fare il suo dovere senza rompermi le scatole, sempre se ci riesce..
    - Perché ce l’hai tanto con lei si può sapere? – Morgan incrociò le braccia.
    - Ha iniziato col piede sbagliato e ha finito peggio, dov’era stamattina quando mi ha lasciato in mezzo a quegli avvoltoi?
    - Erano troppi Ron e non è colpa sua se ti sono saltati addosso, lei ha fatto quello che ha potuto e tu sapevi benissimo che poteva succedere.
    Ronnie girò la faccia offesa e incrociò le braccia a sua volta - In ogni caso non dovrebbe prendersi confidenze che non le ho dato.
    - Vorrei solo che evitassi le tue frecciatine perfide ed essere un po’ meno brusca, almeno fin che rimane qui.
    Fece aria pensierosa mentre batteva un piede per terra, già ripensare a cosa le avesse detto prima Jordan la faceva irritare.
    - Come vuoi, ma solo perché me lo chiedi tu e se sarà lai a stuzzicare se ne pentirà.
    - Perché non lo dici anche riguardo l’S.I.?
    - Cosa? – si girò di scatto alla domanda inaspettata.
    - Ho visto cosa stavi facendo. Credi che ti faccia stare meglio riascoltarlo all’infinito?
    Ecco, la figura della bambina con le mani nel sacco non se l’era scampata. Rigirò gli occhi altrove senza cambiare posizione.
    - No, ma almeno mi ricorda con chi ho a che fare.
    - Certo, perché ti sei dimenticata un bel po’ di cose.
    - Dove vuoi arrivare? – chiese alzando un sopraciglio.
    - Scommetto non ti ricordi cosa ti ho detto stamattina.
    Rispose dopo qualche secondo in cui abbassò lo sguardo - Di non credergli e che non mi devo arrendere.
    - E lo stai facendo?
    - Io – buttò fuori l’aria dai polmoni – non ci riesco.
    La fissò più attentamente stupito da quella risposta - Tutto qui? Ti limiti a dire che non ci riesci? Hai combinato tutto questo casino e adesso ti fai buttare giù da quattro parole di un serial killer?
    - Da quattro parole? – come poteva sintetizzare quel monologo di violenze in “quattro parole”, quella frase la fece innervosire già di quanto non lo era prima.
    - Lo so’ cosa stai passando ma..
    - No non lo sai invece! – alzò la voce - Non sei tu che vivi sapendo di essere stato nelle sue mani mentre eri incosciente! Non è il tuo corpo nudo e il viso tumefatto che ha fatto il giro dei colleghi! Non è a te che ha quasi violentato! Non è a te che sta rovinando la vita! Dunque no, non lo sai come mi sento. Sai solo quello che vedi!
    Morgan si avvicinò deciso – e come hai intenzione di affrontarlo? Piangendoti addosso?
    - Non mi sto piangendo addosso.
    - Ah no? Hai appena dimostrato per la seconda volta di considerarti una sua vittima.
    - Beh è quello che sono! E se tu fossi al mio posto non sarebbe diverso!
    - Mi dispiace deluderti ma io non permetterei a un S.I. di vincere! E neanche tu lo faresti - mentre lo disse le diede una spinta alla spalla - Ehi che fai? – esclamò seguendo con gli occhi il gesto - Che fine ha fatto Cameron Leane?
    Ronnie confusa dal suo atteggiamento lo guardò perplessa.
    - Voglio che reagisci Cameron! – le diede un altro colpetto facendola indietreggiare.
    - Non lo so nemmeno io che fine ha fatto! Non lo so più chi sono non so più niente mi sento solo soffocare da tutto questo!
    - Te lo dico io cosa sei!
    Le diede una pacca sulla guancia spingendole la testa all’indietro.
    - Sei una delusione per l’FBI ecco cosa sei!
    - Cosa?
    - Hai sentito! - Riprese a spintonarla fino a farla indietreggiare più volte e sbattere al muro mentre accompagnava i gesti con le parole – Ha ragione l’uomo con la scure, non vali niente come federale, sai solo combinare casini.
    - Non è vero – sussurrò infuriandosi.
    - Perché non lo dimostri? Hai la grinta solo quando devi rispondere male a Jordan?
    - Certo che no!
    - E cosa aspetti a dimostrarlo? In questo momento sei esattamente quello che vuole lui: una ragazzina che si fa manovrare perché troppo debole e fragile per dargli filo da torcere, un giocattolo da buttare via quando non serve più, sei stata la sua puttana e lo sarai sempre perché tu glielo permetterai!
    Quella frase le fece aprire gli occhi e sentì un nodo di rabbia che stava per esplodere, all’ennesima pacca che ricevette sulla guancia non lo sopportò più. Gli afferrò la mano prima che arrivasse al viso, gli passò sotto il braccio e girandoglielo dietro la schiena spinse Morgan contro la parete con un tonfo, gli tenne il braccio immobilizzato e la testa al muro, in quella posizione gli premette una mano sulla schiena e gli parlò all'orecchio.
    - Non sono la delusione di nessuno! Non sono la puttana di nessuno e i tuoi spintoni mi hanno stufato!
    Gli diede uno strattone contro il muro prima di lasciarlo libero e allontanarsi verso la porta, Morgan si allontanò dalla parete e prese a massaggiarsi il braccio indolenzito.
    Ronnie aprì la porta a vetri e quando vide Hotch infondo al corridoio si mise a gridare – ehi! Stiamo qui a perdere ancora tempo o prendiamo questo figlio di puttana?
    - Cameron! – la rimproverò Morgan stupendosi della sfacciataggine urlata nel corridoio.
    - Scusa, mi hai fatto incazzare.
    - Finalmente!

    Continua…

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    Edited by robin89 - 22/7/2011, 13:53
     
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  6. robin89
     
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    scusate il ritardo ma questi capitolo d'ora in avanti saranno un parto tra il pensarli e scriverli devo mettere ordine in testa per decidere come continuare la FF, ed è un bel caos :wacko: spero vi piacciano le mie decisioni ovviamente ;)


    Si erano solo presi una pausa per dare il tempo a Ronnie di mangiare e riprendersi dopo il malore e adesso lei si era messa a sguaiare nel corridoio.
    Ripresero ognuno il proprio posto nella sala riunioni dopo che Hotch le aveva prontamente ricordato mentre le passava di fianco di non trovarsi al mercato a vendere frutta.
    Negli sguardi e nel cuore di tutti si poteva sentire una nuova determinazione nascere, come se non stessero aspettando altro che una carica emotiva da parte di Cameron, come se anche la loro forza dipendesse da lei, adesso erano decisamente pronti per finire quello che l’uomo con la scure aveva iniziato.
    Nella teca davanti a loro sfilavano le foto delle ultime due scene del crimine che contenevano le risposte che cercavano, o che avrebbero dovuto leggerci, dall’altro lato del tavolo sfilavano invece i fascicoli dei vecchi omicidi.
    - Mettiamoci a lavoro – inaugurò Hotch con impostazione sicura, fu seguito da Derek.
    - L’ultima vittima è Katie Sullivan 19 anni studentessa, viveva da sola, è stata trovata dal fidanzato che rientra a Los Angeles ogni fine settimana.
    - Dunque sapeva di trovarla sola – disse Leane – l’avrà pedinata per un po’, magari ha già una lista di vittime e si concentra su ognuna poco alla volta.
    - Sì, ma dove le sceglie? – domandò ancora lui – hanno età diverse, diverse abitudini, diversi quartieri, ci dev’essere per forza qualcosa che li accomuna, non posso pensare che scelga davvero a casaccio chi passa per la strada.
    - Se fosse così a maggior ragione dobbiamo concentrarci prima su di lui – intervenne Hotch, la cosa migliore era occuparsi dell’S.I. e poi domandarsi i metodi che usava nella vittimologia.
    - Questa è la seconda foto che ti manda dopo quella di tua madre – affermò Reid guardando prima la scatola delle prove poi gli occhi di Leane, indeciso su quale tasto avesse toccato con quella frase – dunque è probabile che le abbia scattate anche alle altre 11 scene del crimine.
    - È un sadico ossessivo -compulsivo che si eccita con la violenza e il potere sulle vittime – disse a sua volta Emily.
    - Sì e inoltre nella registrazione dice: “vi piacciono i miei capolavori?” come se avesse bisogno di una conferma per alimentare il suo ego – intuì Reid.
    - Considera le sue scene del crimine come delle opere d’arte – aggiunse Hotch che troneggiava fra di loro.
    - Perché fotografarle? –Todd in un angolo dice voce ai suoi dubbi.
    - Perché le foto gli danno il modo di rivivere gli omicidi e compiacersi per “le sue opere” promettendosi di fare sempre meglio, credo tenga le foto in casa come dei quadretti di famiglia – le rispose Derek girandosi verso di lei.
    - E perché considera le vittime come trofei da conservare – Derek lanciò un’occhiata interrogativa a Ronnie che aveva appena parlato chiedendosi quanto ancora si sentisse una di loro.
    Questa volta fu il turno di Reid a proporre i suoi dubbi- ha usato un registratore invece di chiamarti, avendo un confronto diretto avrebbe avuto più soddisfazione e controllo, perché non l’ha fatto?
    - Primo – rispose Leane – ho lasciato il cellulare a Washington nel parcheggio dell’aeroporto, secondo: anche chiamando l’FBI forse non voleva rischiare che prendessi io il comando della conversazione, voleva essere sicuro di dire tutto senza interruzioni – finì sarcasticamente con una smorfia - se l’è scritta con calma.
    Reid richiamò in causa la sua mente eidetica, anche se titubante su cosa dire visto che ogni parola toccava l’emotività di Ronnie – nel messaggio si contraddice più volte.
    - Perché? A me è sembrato piuttosto chiaro il suo desiderio – rispose lei facendo spallucce.
    - No, ehm.. prima dice “sei stata la mia puttana per tutto il tempo che ho voluto”, qui ti elogia come se lo avessi appagato in qualche modo, poi dice “un giocattolo inutile da buttare via” qui invece ti degrada negando la frase precedente, poi ammette di averti violentato ma sappiamo che non è vero e ribadisce di volerlo fare in futuro, allora perché non l’ha fatto subito invece di rischiare di perdere la possibilità? Nessuna delle vittime è stata violentata, le ha lasciate solo con l’intimo e..
    - Torniamo all’impotenza? – interruppe Ron.
    - No, credo che disprezzi le donne per quello che sono, per questo non riesce ad avere nessun contatto intimo con loro perché le rifiuta in quanto femmine anche se lo nega facendo credere di avere lui il controllo, ma non va mai fino in fondo nel suo obiettivo..perchè è come se gli facciano ribrezzo...
    - Okay ho capito! – lo interruppe brusca Leane, Reid si fece piccolo piccolo e lasciò spazio agli altri per continuare che nel frattempo erano presi ad osservare lo scatto di Leane.
    Parlò Emily interrompendo l’atmosfera creatasi – abbiamo capito che ha avuto un rapporto di violenza con la madre e qualsiasi altra figura femminile, queste per lui gli ricordano solo aggressioni o abbandoni da parte loro e ha la necessità di sfogare la rabbia repressa con le donne senza considerarle tali, proviamo a cercare fra gli istituti le storie con più violenza domestica, denunce, abbandoni..
    - Hai sentito Garcia? – disse Derek in vivavoce con lei – ricevuto pasticcino non aspettavo altro! Credevo di essere andata in vacanza per un tempo infinito e il risultato è – si sentì il rumore dei tasti battuti - ho cercato le strutture storie simili alla descrizione ma ho una lista lunghissima e i nomi stanno aumentando, mi servono altri parametri.
    - Adesso dovrebbe avere una quarantina d’anni, ha un SUV nero – aggiunse Derek – restringi la cerchia solo a Los Angeles.
    - Okay ci avviciniamo al centinaio!
    - Prova a cercare tra chi ha lavorato in una galleria d’arte, o mostre fotografiche – aggiunse Reid.
    - Okay, 86 nomi.
    - Così tanti? – esclamò Ronnie stufa incrociando le braccia.
    - Non abbiamo altro Garcia oltre il profilo, continua a cercare fra quei nomi, ti richiamiamo più tardi – chiuse la chiamata e si girò sconfitto verso i compagni – ci manca qualcosa non possiamo andare avanti così.
    Improvvisamente le orecchie del team si drizzarono quando sentirono provenire dalla tv della stanza il nome Cameron Leane pronunciato dalla giornalista, sollevarono gli occhi al plasma all’unisono, il servizio trattava dell’ultima scena del crimine ed alludeva alla presenza della ragazza, le immagini che scorrevano riprendevano una Cameron attorniata da microfoni e telecamere, sembrava avesse più importanza lei dell’S.I., scosse la testa – meglio trattare con gli assassini che con i giornalisti – affermò senza cambiare direzione degli occhi, il video continuò con un resoconto della vita di Ronnie, la stessa minestra di sempre ma ne parlavano come se fosse risorta dalle ceneri del silenzio di quei tre anni e non aspettassero altro che spettegolare nuovamente su ogni suo minimo movimento o novità portata dalla sua presenza nell’FBI, in quella città, per quell’S.I. chiedendosi quale fosse il suo ruolo adesso e come sarebbe finita quella storia adesso che c’era lei a sfidarsi con l’uomo con la scure.
    Spense la tv con il telecomando e lo buttò da un lato del tavolo, scosse la testa e sbuffò stufa di sentire il suo nome sempre per gli stessi motivi. Nella sala era calato il gelo e ognuno aspettava che l’altro dicesse qualcosa per stemperare l’irrequietezza di Ronnie. Nessuno parlò ma improvvisamente il silenzio creatosi venne interrotto dallo squillo del telefono di Hotch.
    Si girarono verso di lui immediatamente con curiosità, grati al telefono per aver spezzato la situazione, poteva essere Garcia con le novità. Prese il palmare e dopo aver letto “numero sconosciuto” alzò lo sguardo verso la squadra.
    - È lui – azzardò.
    Immediatamente Derek si mise in contatto con Garcia e l’avvertì di rintracciare il numero in contatto con Hotch, Cameron sgranò gli occhi e si chiese come poteva avere il suo numero, poi collegò il periodo in cui era stata incosciente con l’opportunità dell’S.I. di visualizzare la sua rubrica del telefono, beh poteva portare dei vantaggi almeno.
    Dopo un cenno positivo di Derek, Hotch rispose alla chiamata mettendo il vivavoce e il telefono sul tavolo.
    - Salve agente Aaron Hotchner.
    - Con chi parlo? – domandò retoricamente lui.
    - Lo sai benissimo, come sta tua moglie? Ops, dimenticavo che è morta, qualcuno ci è passato prima di me, ma resta ancora tuo figlio e ho ancora tanto tempo per dedicarmi ad ognuno di voi- Hotch ingoiò il rospo e restò paurosamente calmo - Come sta la mia Cameron? Sa’ agente Hotchner, ha una pelle così morbida..
    Ron strinse i pugni trattenendo la voglia di prendere il telefono sbatterlo al muro e fuggire a cercarlo per la città, la stessa voglia che aveva il resto del team, alzò gli occhi furenti al telefono mentre Hotch riprese il comando della conversazione.
    - Hai chiamato solo per dire questo? Sei così vigliacco che ti limiti a mandare messaggi invece di affrontarci.
    - Tocca a voi trovarmi. Ho chiamato perché una richiesta da fare.
    - Qualsiasi cosa sia non verrà presa in considerazione, non sei tu a comandare adesso.
    L’S.I. ignorò la risposta - Voglio una conferenza stampa per le 20.00, ascoltami bene agente Leane – disse con tono divertito - dovrai presiedere la conferenza, dovrai dire che gli omicidi sono solo causa tua, dopo di che le dimissioni pubbliche, un bel discorsetto insomma.
    - Potrei fare il discorso per il tuo funerale schifoso bastardo, spero che abbia già iniziato a dire le tue preghiere perché sto per mandarti all’inferno – rispose con un tono pieno di ira.
    Si sentì una risata sarcastica - La prima volta che non hai obbedito ci hai rimesso tre vite umane, adesso puoi evitarne altre se vuoi. Se non vedo la conferenza stasera, riceverai altre sorprese entro domani mattina.

    - Ancora niente Garcia? – chiese Derek a bassa voce.
    - Niente, ci vuole più tempo.

    Chiuse la chiamata senza dare modo di rispondere, Ronnie si girò a dare uno schiaffo al muro che fece sussultare Reid vicino a lei. Restò così, immobile con la testa contro la parete mentre s’impegnava a non perdere il controllo, in quel momento era sotto lo sguardo di tutti e sotto un’altra calata di gelo, erano solo carichi di rabbia e frustrazione.
    - Lo faccio – disse Ron senza riflettere un attimo di più, si girò a guardare Hotch con uno sguardo fermo e deciso.
    - Non se ne parla neanche – rispose lui a sua volta composto.
    - Perché? Se c’è una sola possibilità di evitare un altro omicidio stanotte non m’interessa cosa devo fare!
    - Lo farà lo stesso Ronnie – rispose Emily - vuole solo manovrarti per il suo piacere, non crederai davvero che si fermi così facilmente.
    La giovane si girò di scatto verso il suo capo - preferisci farmi restare con il senso di colpa per non averci neanche provato?
    Hotch restò in silenzio a quella frase riportandosi subito nei suoi stessi panni di tre anni prima, era combattuto tra due realtà e non sapeva cosa fare.
    - Te lo scordi che resto a guardare mentre ti butti in pasto alla stampa! - fu Derek a ringhiarle contro al posto suo.
    Ronnie sbuffò – Hotch!
    - Abbiamo quattro ore per trovarlo – le rispose infine lui.
    - E come procediamo? Facciamo perquisire ogni casa di Los Angeles fin che non troviamo un’ascia? – disse sarcastica.
    - Morgan – Hotch fece cenno al profiler – vieni un momento fuori.
    Mentre uscirono dalla stanza Ronnie roteò gli occhi e si buttò sulla sedia affondando le mani nel viso.

    Continua…

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  7. robin89
     
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    siccome in questi giorni di ritardo mi son messa a far frullare il cervello e le mani sulla tastiera, ecco il secondo capitolo della giornata ;)



    - Vuoi farle rivivere l’aggressione dopo quello che è successo oggi? Finirà con l’impazzire! – Derek a braccia conserte primeggiava davanti a Hotch.
    - Dobbiamo tentare ogni strada e adesso non abbiamo altra scelta –deciso nella sua idea fissava Derek che non voleva assecondarlo.
    - Se non uscirà niente di buono le regaliamo solo altro stress.
    - Ma se esce qualcosa potrebbe essere l’unica soluzione per sapere chi e come cercare – continuò lui determinato mentre si fissavano senza abbassare nessuno dei due lo sguardo.
    Derek sospirò, fu lui a cedere per primo, sapeva che Hotch aveva ragione ma d’altra parte non voleva neanche stressare oltremodo Ronnie.
    Tornò a guardarlo lasciando cadere le braccia ai lati - Va bene, glielo faccio adesso, ma se vedo che non regge mi fermo subito.
    Hotch annuì – okay, mandami gli altri da me, li avverto io.

    In meno di un minuto la sala riunioni si era svuotata e restavano solo Derek e Cameron uno di fronte all’altro.
    - Perché mi guardi così?- a Ronnie non piaceva quello sguardo implorante.
    - Ron, sei l’unica che ha visto l’S.I. da vicino e ..
    - Vuoi farmi il colloquio cognitivo? – arrivò al punto piegando la testa di lato.
    - So’ che è l’ultima cosa che vorresti ma..
    - Okay facciamolo.
    La determinazione di Ron lasciò di sasso Derek che pensava di doverla costringere, ma per quanto si sforzasse l’amica di sembrare così decisa, sapeva che dietro quel muro falso c’era una marea di timori e paure e Ronnie era bravissima in quel lavoro di “annullamento emozioni, raggiungimento obiettivo”.
    La fece sdraiare sul divanetto mentre lui si sedette in un angolo di questo, Cameron era perfettamente comoda stile terapia dallo psicologo, quando si sentì pronta dopo qualche respiro profondo per rilassarsi si girò a guardarlo, quanto era brava a nascondere i sentimenti non lo era altrettanto con le causali fisiche, Derek lanciò un’occhiata alla pancia semi-scoperta dell’amica e non fece a meno di notare che era scossa da brividi,Ronnie era tesa come una corda di violino.
    - Ehi - le prese una mano– ci sono io con te, rilassati.
    Come poteva rilassarsi sapendo cosa stava per fare? Si tenne quel pensiero per sé.
    - Sai come funziona – continuò lui dopo che Ronnie gli aveva annuito - se vedo che non ce la fai ci fermiamo subito okay? Stringi il polso quando hai paura.
    - Ce la faccio – Ronnie annuì nuovamente più decisa e si rigirò verso il soffitto, fece qualche altro respiro profondo e chiuse gli occhi consapevole che ogni dettaglio d’ora in poi sarebbe dipeso da lei.
    - Iniziamo. Riporta la mente a sei giorni fa, com’è iniziata la mattina? La mente di Ronnie faceva un viaggio nel tempo. La prima immagine che le arrivò fu la lettera portatale dall’S.I.
    - Male, ho trovato la collana e l’articolo in casa.
    - Come ti comporti?
    - Sono agitata, non so cosa fare, porto gli oggetti con me in ufficio e li nascondo quando Reid si avvicina.
    - Continua..
    - Hotch mi ha cacciata perché ho perso il controllo con Todd.
    - Dove vai una volta uscita?
    - Al lago per pensare a come agire, sto cercando un piano per risolvere tutto.
    - C’è qualcuno lì? Macchine parcheggiate, ti senti osservata?
    Si concentrò sulle sensazioni che provava dentro la macchina e fece una panoramica del paesaggio.
    - No non mi sento osservata, sono sola, ma ho paura lo stesso.
    - Quanto rimani al lago?
    - Tutto il pomeriggio, il tempo è volato.
    - Dove vai?
    - Al bar, non voglio tornare ancora a casa.
    - Riesci a vedere chi c’è nei tavolini?
    - Sì, la solita gente, nessuno in più e nessuno di diverso, quello che mi guarda il culo, quello che mi fischia..
    - Sei al bancone adesso. Ci sei?
    - Sì.
    - Hai bevuto?
    - Un po’..
    Derek sospirò ricordando quel periodo particolare di Cameron.
    - Un po’ da ubriacarti?
    - Tranquillo, ero sobria quando mi hai chiamato.
    - Okay, quanto rimani al bar?
    - Un paio d’ore.
    - Dopo che fai?
    - Vado a casa, è tardi e sono stanca, ma non voglio dormire.
    - Sei in macchina, noti qualcosa di strano? Qualcuno che ti segue?
    - No nessuno – rispose dopo un po’.
    - Dov’eri quando ti ho chiamato?
    - A casa mia, vicino alla porta.
    In quel momento Derek si maledì capendo di averla chiamata solo qualche minuto prima dell’aggressione, qualche minuto più tardi Ronnie non avrebbe risposto e si sarebbe accorto molto prima che c’era qualcosa che non andava risparmiandole quelle 12 ore di agonia sul pavimento.
    - Come ti senti?
    - Sono arrabbiata.
    - Perché?
    - Perché ti ho mentito al telefono e non volevo.
    - Okay - le carezzò piano la mano - Vedi la porta di casa?
    - Sì è davanti a me.
    - Descrivi i tuoi movimenti.
    Si concentrò sui ricordi in prima persona, s’impegnò per tenere vivide le immagini nella sua testa e le accompagnò con le parole.
    - Mi avvicino e prendo le chiavi, apro la porta piano ed entro in casa, sono stanca e mi fa male la testa, è buio, voglio accendere la luce e mi giro verso l’interruttore..
    “Sentì un pugno alla guancia e senza rendersene conto finì per terra”. Un movimento brusco della mano di Ronnie finì la frase al posto delle parole.
    - Cos’è successo? – chiese Derek intuendo di aver dato inizio allo scontro.
    - Un pugno al viso, sono terra – la voce non era più tranquilla come prima, prese ad agitarsi insieme ai muscoli del corpo.
    - Continua non fermarti, descrivi tutto quello che vedi.
    - È ancora buio, mi giro verso di lui e cerco la pistola.
    Fermati su di lui - Che aspetto ha?
    - È una figura nera, alta, robusta..
    - Com’è vestito?
    - Riconosco la pelle del cappotto, è lungo, ha un cappuccio in testa e una maschera nel viso.
    - Com’è la maschera?
    - Bianca, o chiara, con uno smile.
    - Senti odori particolari che vengono da lui?
    - Nessuno.
    - Continua, sei a terra..
    - Cerco la pistola, non riesco a prenderla..
    Le vide socchiudere gli occhi - Resta lì non lasciare le immagini!
    Ronnie si schiarì la voce mentre prese a muoversi sul divano, Derek continuò a incitarla non sentendola parlare ma solo muoversi come un serpente.
    Si sentì stringere la gola da una mano pesante vestita da un guanto in pelle, tossì non sentendo più il respiro e portò subito le sue mani in risposta prendendolo per il polso”.
    - Che succede? Parla Ronnie forza!
    - Mi sta strozzando, ha dei guanti..Mi ha disarmato.
    - Continua - le disse stringendole la mano.
    La mente di Ronnie venne attraversata dai ricordi che tornarono vividi e reali costringendola a viverli senza fermarsi come una centrifuga, “la spinse contro il muro e sentì i pugni uno dopo l’altro colpirle lo stomaco facendola piegare in avanti e aggrapparsi a lui con una mano sentendosi mancare il fiato, con uno spintone venne buttata per terra e vide la gamba muoversi verso di lei per sentire poi un calcio lungo i fianchi, il silenzio dell’appartamento venne rotto dalle sue urla che un calcio dopo l’altro si fermavano a metà insieme al respiro.”
    Derek sentiva solo crescere la presa al polso mentre continuava ad agitarsi nel divano facendo uscire lamenti dalla bocca.
    - Ronnie parla! – continuò a incitarla.
    - Mi ha sbattuta al muro, sento solo pugni e calci – continuava ad agitarsi con aria sofferente e aumentò la stretta su Morgan che vide il suo respiro farsi pesante.
    - Sono di nuovo a terra mi ha tirato un pugno al viso, mi chiede dove voglio andare, io voglio alzarmi ma non ci riesco, mi trascino alla pistola ma non la vedo, è buio..
    Uscì un lamento soffocato insieme a dei movimenti bruschi della mano e del viso, “l’afferrò di nuovo facendola alzare, la prese per la nuca e le spinse la testa contro uno specchio della parete che infrangendosi andò in pezzi insieme ad alcune gocce di sangue che caddero sul pavimento”.
    - Sono a terra, mi ha sbattuto la testa allo specchio..
    - Forza Ronnie non fermarti – avrebbe voluto svegliarla da quell’incubo invece di incitarla a continuare a viverlo - Cosa vedi?
    - Non vedo nulla, ho gli occhi pieni di sangue, mi fa male la testa e non riesco a muovermi.
    - Lui dov’è adesso?
    - È dietro di me - la vide stringere i denti, inarcare la schiena e spingere la testa all’indietro contorcendosi come prima, mentre lui chiuse gli occhi per non dover vedere senza poter fare altro che continuare quello sporco lavoro.
    “L’afferrò per i capelli e iniziò a trascinarla lungo il pavimento mentre gemiti e lamenti di dolore uscivano dalla bocca di Ronnie”.
    - Mi trascina per i capelli – rispose Leane, era sul burrone per la fuga dai ricordi.
    - Dove ti porta? – chiese ancora con gli occhi chiusi, la presa ferma sulla mano.
    - Poco più in là, forse un metro, sento solo la moquette sotto la schiena.
    - Ora che succede? Si è fermato?
    - Sì, si è inginocchiato sopra di me, sento la testa sollevarsi.
    - Hai gli occhi aperti?
    - Socchiusi.
    - Cosa vedi? Concentrati Ronnie, guardalo bene.
    “Al buio risaltava ancora di più la maschera che portava il suo aggressore, color carne con il viso tracciato da uno smile rosso che le sorrideva beffardamente delle sue sofferenze”.
    - VATTENE! - si mosse nel divano e strinse forte la mano.
    - Concentrati sul viso forza! Lo vedi? Si è tolto la maschera?
    - No!
    Era di nuovo lì, sul pavimento mentre sentiva la mano dell’S.I. sulla nuca tenerle ferma la testa per poterla guardare e godere della sua opera, poteva sentire ancora il dolore dei muscoli e il sapore del sangue nella bocca mentre con gli occhi cercava quelli di lui dentro le due fessure di plastica. Li trovò, ignorando le sensazioni che mandava il suo corpo al cervello, si concentrò su quella visuale e su quegli occhi che la guardavano divertito, sentì il peso di quello sguardo su di lei, sentì quella maschera impossessarsi di lei e diventare la sola cosa visibile davanti a sé, ne fece un fermo-immagine e cercò con tutta la sua forza di volontà di non cedere all’inganno della paura e fuggire dal ricordo, prese il coraggio dalla mano che stringeva senza badare a quanta forza stesse usando, di sicuro eguagliava la paura che aveva in quel momento, con quel tocco e quella presenza che sentiva in lontananza era più sopportabile sottomettersi a quel peso per farne un’arma contro l’S.I.
    - Mi attira l’occhio destro – disse infine con precisione.
    - Cosa vuoi dire? Cos’ha l’occhio destro? - A Derek parve illuminarsi il cammino ignorando i graffi che Ron gli lasciava sulla pelle.
    - Gli occhi sono chiari ma quello destro ha qualcosa..
    - Che cos’ha? Ha una cicatrice?
    - No, c’è una macchia scura intorno all’occhio – disse osservando il ricordo come una diapositiva sfocata.
    - Come una voglia?
    - Sì.
    - Sei sicura? Resta lì osservalo bene. Noti qualcos’altro?
    - Sono sicura, c’è una voglia sopra l’occhio destro, le labbra sono fini, vedo delle basette brizzolate con dei capelli chiari – disse velocemente.
    Non mettere in mezzo la tua squadra, o ti toglierò quello che ami di più.”

    - “Sarò il tuo peggiore incubo.
    - ..e io il tuo peggiore rimpianto.”
    Uno smile gigante che la sovrastava e non voleva andarsene la costringeva a tirare la testa all’indietro per non farsi “toccare”.


    - VATTENE! VATTENE! – urlò mentre si agitava maggiormente, mosse violentemente la mano libera come per graffiare o colpire quel volto che nella realtà non esisteva.
    - Non vedo più niente! Non vedo niente!
    - Svegliati Ronnie! Svegliati! – Derek la scosse con violenza dandole poi delle pacche alla guancia.
    Ron spalancò gli occhi terrorizzati su di lui con un respiro affannoso e irregolare, cercando freneticamente una posizione diversa da quella sdraiata. Si alzò col busto guardandosi attorno, venne avvolta dalla stessa sensazione che si prova immergendosi sottacqua, dal caos al silenzio in una frazione di secondo in un mondo ovattato dalla realtà che per lei in quel momento divennero i ricordi lasciati in superficie.
    - Basta così Ronnie sei al sicuro ora, calmati.
    Lo guardò disorientata riprendendo controllo del respiro e della vera realtà in cui si trovava.
    - Mi dispiace, ho fatto il possibile – disse con due occhi languidi.
    Derek se la tirò vicino con un braccio e le diede un bacio sulla fronte.
    - Sei stata bravissima, okay? – Ronnie incrociò i suoi occhi e annuì senza parlare, li abbassò subito dopo accorgendosi di stringere ancora la sua mano, la ritrasse notando di averlo graffiato in vari punti e di avergli lasciato dei segni scuri mentre lei aveva le nocche bianche.
    - Scusa – disse tirando indietro la mano imbarazzata e in colpa.
    - Non fa niente.
    Derek restò a guardarla, si era calmata e stava riassaporando il gusto della realtà ben diversa da quella della sua mente, non potè fare a meno di ripensare a quello che aveva ascoltato e che Ronnie aveva subito, le parlò ricercando il suo sguardo dopo una pausa di silenzio.
    - Eri messa male quando ti ho trovata a casa tua, ma non pensavo ti avesse fatto tutto questo.. mi dispiace.
    - Lo so – fece spallucce - se non fossi venuto a casa probabilmente ora non sarei qui, non ti ho mai detto grazie.
    - Per essere venuto a vedere che fine avevi fatto?
    - Per essere sempre il mio angelo custode.
    Derek le sorrise scompigliandole i capelli con una mano e spettinandola come si fa ad un barboncino.

    Si fecero silenziosamente la stessa domanda mentre Derek si allontanava verso la porta per far rientrare il resto del team.
    Sarebbero bastate quelle informazioni estrapolate dai ricordi di Cameron ad avvicinarli all’S.I.? O c’è ancora qualcosa da scoprire?

    Continua…

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    Edited by robin89 - 22/7/2011, 13:48
     
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  8. robin89
     
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    Il team di nuovo al completo si posizionò a semicerchio nella sala intrepido di assaggiare i nuovi sviluppi dopo l’intervista cognitiva di Ronnie.
    - Abbiamo qualcosa? – Hotch speranzoso si avvicinò ai due profiler dando voce ai pensieri dei compagni.
    - Molto più di qualcosa – gli rispose Derek - l’S.I. ha una voglia sopra l’occhio destro, basette lunghe e brizzolate, probabilmente ha i capelli e occhi chiari e labbra fini.
    - Potresti farne un identikit? – azzardò Hotch girandosi verso Ronnie.
    - Adesso chiedete troppo, non ho visto il viso perché non si è mai tolto la maschera – disse con aria delusa.
    Al capo-squadra dopo quella frase parve illuminarsi una lampadina, si chiuse nelle sue riflessioni aprendo i suoi dolorosi ma importanti ricordi con Foyet, Ronnie continuò amareggiata - non credo di aver dato molte informazioni, è un’S.I. solitario, non si fa vedere in giro e se non sappiamo ancora dove cercare non ci sarà di grande aiuto qualche nozione fisica.
    Hotch si destò riaprendo gli occhi e si rivolse nuovamente alla ragazza - C’è stato un momento più intimo dopo l’aggressione? In cui poteva interagire con te? Parlarti?
    - Sì, prima che perdessi conoscenza abbiamo avuto uno scambio di “battute”.
    - Lui dov’era? – insistette ancora, voleva scoprire se i suoi dubbi avevano un fondamento.
    Ronnie rifece mente locale per rispondere alla domanda senza però capire dove Hotch volesse andare a parare – io ero a terra – disse guardandolo - lui sopra di me e lì abbiamo parlato.
    - E non si è tolto la maschera?
    - No – Ronnie continuava a non capire il perché di quelle domande mentre Hotch si convinse sempre più della sua idea.
    - Foyet l’ha tolta quando mi ha pugnalato – affermò infine, così dicendo si scambiarono tutti un’occhiata chiedendosi tra loro quanto si sentisse coinvolto il paragone con il suo peggior serial killer.
    Solo Reid sembrava aver afferrato il concetto facendo sentire la sua voce.
    - Ogni S.I. maniaco di potere e controllo si toglierebbe la maschera, così può farsi ammirare mentre ha il dominio sulla vittima e avere la sua soddisfazione – si bloccò immediatamente guardando Leane – scusa – borbottò.
    - Non fa niente – disse abbassando gli occhi a terra.
    - Allora perché non l’ha tolta? – esclamò Emily - non credo proprio che provi rimorso o vergogna per quello che fa, sarebbe assurdo!
    - Ha una voglia nell’occhio e non si fa vedere in viso – continuò il genio in modo frettoloso - non si nasconde da quello che fa ma da quello che ha!
    Hotch annuì compiaciuto - …e un’ustione nel viso può essere scambiata per una voglia in questo caso.
    Derek si precipitò al portatile riproponendo nello schermo il collegamento con la lontana Garcia.
    L’informatica apparve nuovamente di fronte a loro senza avere il tempo di parlare che Derek gli diede già gli ordini.
    - Garcia cerca tutti gli incidenti avvenuti da 12 anni fa fino adesso, incidenti d’auto, incendi, esplosioni..qualsiasi cosa possa provocare delle ustioni e incrocia i nomi coinvolti con le informazioni che ti abbiamo dato prima.
    Garcia spalancò gli occhi e la bocca – non sono Dio! Ci vorrà un bel po’ di tempo infinito ma farò del mio meglio, beh come sempre d’altronde – fece faccia pensierosa.
    - Beh prova a fare uno dei tuoi miracoli – le disse Leane dall’angolo.
    - Oh dinamite ci puoi scommettere! Dovrete aspettare un po’ però..
    - Garcia! Comincia a battere le dita sulla tastiera! – sbraitò Ronnie.
    L’informatica si mise sull’attenti – ricevuto! Passo e chiudo.
    Chiuso il collegamento Ronnie e Derek si girarono nuovamente verso il team.
    - Dobbiamo solo aspettare e lo prenderemo – affermò sicuro di sé Derek - un incidente potrebbe essere la causa che lo ha fatto smettere di uccidere per 12 anni.
    - Esatto – annuì Hotch.
    A differenza della sicurezza di Derek, Leane rimase piuttosto seria e preoccupata - Ci rimangono solo tre ore poi dovrò fare la conferenza – disse battendo un dito sulle braccia incrociate.
    - No, non farai nessuna maledetta conferenza – le replicò a sua volta Derek.
    - E cosa facciamo se Garcia non trova niente in tempo? Se non vedrà la conferenza in tv uscirà a cercare un’altra famiglia da uccidere e lo avremo perso un’altra volta!
    - Beh è uno che non si perde neanche un telegiornale – s’intromise Emily – bisogna trovare il modo di farlo restare davanti al televisore fin che non lo troviamo, sperando sempre che Garcia faccia il suo dovere nel minor tempo possibile.
    - Posso far mandare le informazioni sul viso in tv con un mandato di ricerca – propose Todd.
    - No, si allarmerebbe troppo e potrebbe cambiare modus operandi o spostarsi da dove staziona adesso – la smontò subito Hotch.
    - Ha detto che questo è il suo modo di giocare con me – affermò Leane con una luce di sfida negli occhi – manovrarmi come un burattino e costringermi a fare quello che vuole, vediamo che succede se sono io manovrare lui.
    - Che vuoi dire? – le chiese Hotch preoccupato.
    - Mi è venuta un’idea..
    Le labbra di Ronnie s’incresparono in un ghigno.


    Continua…

    scusate capitolo piccolo piccolo ma per finirlo così dovevo tagliarlo in due parti ^_^

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  9. robin89
     
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    - Annunciamo inoltre che alle ore 20:00 andrà in onda una conferenza stampa con l’intervento in diretta dell’agente Cameron Leane. Arrivederci e al prossimo servizio.”
    Todd spense la tv voltandosi verso i compagni e posando il telecomando sul tavolo con un’aria compiaciuta sul viso.
    - Ottimo – disse Hotch riferendosi alle parole appena udite dalla giornalista.

    L’idea che propose Ron aveva fatto chiudere in una pausa riflessiva tutti i membri del team per qualche istante, solo Derek manifestò i suoi dubbi cercando di persuaderla insieme alla poca convinzione di Hotch, che in quel momento non avrebbe voluto essere di nuovo al posto di Cameron dunque non poté fare a meno di accontentarla. Lei dal canto suo espose il suo piano con sicurezza, forse anche troppa: “in questo modo lui avrà quello che vuole, noi acquisteremo tempo per trovarlo e io avrò meno sensi di colpa, insomma non è quello che vuole lui.. è quello che decido io”.
    Il piano consisteva nel fare una registrazione della conferenza richiesta dall’S.I., nel frattempo sperare di trovarlo grazie a Garcia in quelle 2 ore e mezza e in ogni caso mandare in onda la registrazione facendo credere che fosse in diretta, in questo modo Ronnie, se alle 20:00 erano in giro a cercare l’S.I., evitava il problema di essere in due posti contemporaneamente senza perdere altro tempo, l’S.I. sarebbe rimasto incollato al televisore e credendo di averla in pugno si sarebbe convinto maggiormente di poterla muovere come voleva, Ronnie così diventava un’esca con al seguito la squadra a coprirla. Era un piano perfetto pensò, pericoloso, ma perfetto..almeno come lo immaginava nella sua testa.

    Il tempo passava e le lancette sembravano scorrere più veloci del normale, ormai era quasi tutto pronto per mettere in atto la conferenza e Ronnie profittò di quei minuti liberi per rinchiudersi nel bagno, accucciarsi per terra e pensare all’assurdità che stava per fare, a come si stava avvicinando tempestivamente lo scontro decisivo con l’uomo con la scure che avrebbe messo tutta la sua squadra, la sua famiglia ritrovata in pericolo. Aveva combattuto con sé stessa e li aveva trattati come stracci per non fargli rischiare neanche un dito e adesso li stava portando lei stessa in pasto al leone. Pensò a come si sentiva il peso delle loro vite addosso, a come si sentiva responsabile di ognuno di loro e dell’immediato futuro, a come ogni suo minimo movimento d’ora in poi avrebbe portato a delle conclusioni decisive e positive o negative che fossero doveva essere pronta a tutto, perché un federale deve esserlo, freddo e deciso, pronto a voltare pagina e ricominciare da capo senza lasciarsi intimidire dal passato, dalle decisioni da prendere ed essere sempre perennemente sicuro di quello che fa’. Tutte cose che Ronnie in quel momento sembrava aver dimenticato, si sentiva solo una ragazza di 27 anni un po’ troppo spavalda con una valanga di responsabilità e vite da mantenere sotto controllo.
    Pensò a come poteva sperare che andasse tutto come volevano loro, decisamente sognava troppo si disse tenendosi la testa con le mani, credeva stesse per scoppiare dal cranio, da quanto tempo non dormiva per più di due ore senza fare sogni tremendi ma godendosi solo la tranquillità del silenzio nella sua testa?
    Sospirò e fece un profondo respiro trattenendo dentro di sé qualsiasi nodo alla gola le stesse per arrivare in cima. Era il momento di fare quello per cui era bravissima: rimozione sentimenti, attivazione barriera gelida, ferma e decisa come doveva essere un agente dell’FBI.

    La conferenza sarebbe stata fatta nell’aula magna del dipartimento, chiuse le finestre e accese le luci per far sembrare l’ora più tarda di quello che era e l’orologio in vista nel muro con le lancette avanti.
    Ronnie si sporse aprendo delicatamente la porta e sbirciando al suo interno, vedeva i giornalisti prendere posto e la scrivania adibita elegantemente con un bel microfono a vista.
    - Hai idea di cosa stai facendo? – le chiese Derek comparso dietro di lei. Si voltò a guardarlo richiudendo la porta.
    - Non vorresti sentire la risposta, fidati.
    - E sai anche che quello che dirai non è vero? – continuò lui.
    Restò in silenzio per qualche istante – lo so’, non preoccuparti – gli fece un sorrisino rassicurante, così Derek annuì allontanandosi nuovamente lasciandole una pacca sulla spalla di conforto.

    Pochi minuti dopo, Ronnie era sempre lì, dietro la porta ad ascoltare l’agente Todd che apriva la conferenza, il cuore le batteva forte e sperava solo che finisse subito quella tortura. Non aveva idea di cosa dire al suo pubblico, avrebbe improvvisato come suo solito, avrebbe collegato una frase dopo l’altra senza pensarci troppo, si sarebbe lasciata guidare dal suo istinto.
    I profiler dovevano restare fuori per dare spazio solo a lei in modo che l’S.I. la vedesse come un bersaglio, nelle sue mani, senza la distrazione di tutto l’FBI. Solo lui e lei divisi da uno schermo.
    Improvvisamente vide Jordan girarsi verso di lei, dire qualcosa che non sentì, capì solo che era arrivato il suo turno. Il cuore voleva uscire dal petto e le gambe volevano andare dalla parte opposta ma uscì allo scoperto oltrepassando la porta: lunga falcata di gambe, testa alta e schiena dritta, sguardo di ghiaccio che guardava tutti e nessuno.
    Prese il posto della collega e si sedette nella poltrona dietro la scrivania mentre il suo corpo durante il tragitto fin lì venne illuminato dai flash delle fotocamere.
    Tutti aspettavano la sua voce con penna e agenda al seguito, pronti a prendere nota.
    Ronnie sentiva la pelle della poltrona abbracciarle le gambe mentre studiava la sala che si apriva davanti a lei con il solo silenzio di sottofondo. Fece un profondo respiro e alzò gli occhi sulla platea con un tono freddo e sicuro.
    - Sono Cameron Leane, agente speciale dell’FBI. Immagino sappiate già chi sono con tutti i servizi che vanno in onda: la figlia dei Leane, la prima sospettata del loro omicidio, quella che uccise un agente di polizia – alzò le spalle – non m’importa quello che dite di me, di quello che ho fatto o non ho fatto. Ora sono solo una ragazza di 27 anni che vuole fermare il serial killer noto come l’uomo con la scure, perché questa è una faccenda che riguarda solo me e lui, né l’FBI né tantomeno dev’essere coinvolta la popolazione – fece una piccola pausa persa nei pensieri indecisa su cosa dire, poi riprese con la stessa sicurezza di prima - In questo lavoro alcune volte, per raggiungere gli obiettivi, salvare le vite, arrestare i criminali, bisogna scendere a compromessi che spesso rifiutiamo, per dovere, orgoglio, o semplicemente perché è così che si fa con loro. Beh due settimane fa ha chiesto le mie dimissioni, io ho rifiutato – assunse un tono retorico - come potevo rinunciare a quello che sono? Così ha ripreso a uccidere dopo 12 anni..ed è solo colpa mia.. l’ultima cosa che un federale dovrebbe essere è la causa di un omicidio, perciò ho deciso di scendere a quel compromesso: mi dimetto dall’FBI e lo faccio pubblicamente – i giornalisti esclamarono sottovoce guardandosi tra di loro, stupiti da quello che stavano sentendo, riprese dopo aver osservato la reazione della platea - mi rivolgo all’uomo con la scure che scommetto starà ascoltando, ora sai con chi te la devi prendere, hai vinto, sono l’unico tuo desiderio e non vedi l’ora di metterlo in pratica, smettila di nasconderti dietro gli omicidi, sono tua..l’hai detto tu, sei soddisfatto? Sei riuscito a manovrare un agente dell’FBI come un burattino cosa vuoi adesso? Cosa aspetti a venire a prendermi? Vediamo se riesci a mantenere la parola e a concentrarti su un obiettivo, perché io sono ancora viva e tu sei solo un vigliacco.
    Ci fu una pausa di pochi secondi in cui guardò la stampa davanti a lei che prendeva nota – avete scritto tutto?- chiese ironica alla platea - avrete altri servizi da dedicarmi… perché mentre siamo circondati da vittime ogni giorno il vostro primo pensiero è quello che fa Cameron Leane. Il mio lavoro è meno patetico. Ho finito.
    Dicendo così si alzò dalla poltrona senza lasciare il tempo ai giornalisti di rivolgergli le domande di routine di una vera conferenza, entrò immediatamente Jordan che si avvicinò al microfono appena lasciato da Leane.
    - Cameron Leane non ha altro da dire la conferenza si ferma qui, potete lasciare la sala.
    La platea era in subbuglio, avevano miliardi di domande da farle e una conferenza non si era mai chiusa così velocemente senza le domande finali. Sconcertati e delusi lasciarono poco alla volta la sala rivolgendo le polemiche alla ragazza.

    - Ehy – Derek la portava con gli altri nell’ufficio di Rynolds tenendola per un braccio – l’hai provocato parecchio.
    - Beh era questa l’idea, speriamo che abbocchi.
    A Morgan non gli piaceva affatto che si fosse esposta così tanto alle provocazioni, avrebbe scatenato l'ira dell'uomo della scure fino al limite rischiando di non tenere la situazione sotto controllo.
    Entrarono nel piccolo ufficio in cui potevano stare al sicuro da microfoni e telecamere passanti. Rivolsero tutti gli occhi a Ronnie.
    - Penso che dovrò farne un’altra per smentire – disse lei ironica.
    - L’importante è che lui ci creda, con tutta la fame di potere che ha dobbiamo sperare in un suo errore – le rispose Hotch alla sua sinistra, lei annuì - Aspettiamo che la stampa vada via poi ci rimetteremo al lavoro – aggiunse infine lui.

    Quando la folla di giornalisti stava sgomberando dal dipartimento, circa mezz’ora dopo, il telefono di Derek squillò. Mancava un’ora alle 20:00. Lo stesso pensiero passò nella mente dei profiler che si guardarono a vicenda, il timore che fosse l’S.I. ad aver preso di mira Derek questa volta aleggiava nell’aria. Il ragazzo di colore posò gli occhi sul display e guardò i compagni, poi rispose alla chiamata mettendo il vivavoce.
    - Ditemi se questo è un miracolo – disse Garcia con una voce euforica.

    Continua…


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    spero sia piaciuto questo capitolo, scusate il ritardo ma il continuo della FF richiede ripensamenti su ripensamenti per trovare le idee giuste e avevo paura che questo capitolo avesse senso solo per Ronnie ^_^ grazie a voi che seguite e commentate, se non ci foste la FF sarebbe morta di freddo.. death (scusate ma questa faccina era perfetta non ho resistito)

    Edited by robin89 - 22/7/2011, 14:01
     
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    io l'ho detto che la 6x21 l'hanno presa dalla mia testa ;)



    La voce esplosiva dell’informatica fece fare a tutti un sospiro di sollievo dopo il presentimento avuto nell’udire lo squillo.
    - Facci sognare dolcezza – le rispose Derek pervaso dai buoni propositi.
    - Dopo aver visionato i 38748756767 e oltre incidenti avvenuti a Los Angeles, ho trovato il nostro ago nel pagliaio! – questa frase fece vedere le porte del paradiso a Ronnie.
    - 12 anni fa ci fu un incidente nella Lakewood St, cinque macchine coinvolte per l’esplosione di un camion, indovinate chi c’era in una di queste?
    - Lui? – rispose Reid retoricamente.
    - Esatto barboncino! – esclamò euforica – cioè almeno questo dovrete dirlo voi..
    - Avanti sputa il rospo Garcia – la incitò Derek impaziente.
    - Thomas Howell 42 anni, rifiutato all’accademia dell’arte di Los Angeles tenta la strada con mostre fotografiche e pittoriche senza avere successo, chiude bottega 15 anni fa dopo il fallimento del suo negozio di “opere d’arte” e vedendo i soggetti ripresi non differenziano molto dalle scene del crimine, comunque, la sua macchina durante l’incidente prese fuoco ma lui riuscì a salvarsi, c’è anche qualche articolo di giornale che ne parla e c’è pubblicato il volto di tutti i coinvolti nell’incidente.
    - Avevi ragione Hotch – disse Leane senza distogliere lo sguardo dal computer, da questo apparve la foto di un volto giovane e Ronnie si avvicinò ad osservarlo. Senza la voglia sopra l’occhio ma con le stesse caratteristiche descritte, biondo, capelli mossi, labbra sottili, occhi celesti e uno sguardo magnetico che solo a vederli gli conferivano già un’aria sospetta, qualcuno di cui non fidarsi per strada, ma altrettanto affascinante. Ronnie chiuse gli occhi a fessura e con l’immaginazione cercò di sovrapporre al volto la maschera del’S.I. cercandone le stesse somiglianze.
    Sospirò convinta – è lui - le faceva uno strano effetto vederne il volto reale quando lo aveva conosciuto in altre vesti, come se non riconoscesse la sua vera realtà.
    - Sicura? – le chiese Derek guardandola.
    - Sì, sì sono sicura.
    - Bambolina sei la migliore – riprese rivolgendosi all’informatica con un sorriso - che sai dirci della sua vita privata ?
    - Mettetevi seduti, c’è da stare comodi cari miei – rispose assumendo un’aria pensierosa mentre i profiler drizzarono le orecchie per assorbire tutte le informazioni.
    - Ho scartavetrato tutti i documenti scolastici, istituti privati di affidamento, denunce, e istituti per malati mentali, dunque cominciamo dal principio: posso dirvi che è cresciuto con due sorelle più grandi e sua madre, padre morto quando aveva 2 anni, dalle descrizioni che ho trovato nei documenti di affidamento risulta un bambino al limite della timidezza e molto intelligente per la sua età, amici zero, un solitario ma con strane abitudini che non si addicevano a un bambino dolce e pacato come lui visto che il suo hobby preferito era torturare e uccidere piccoli e innocenti creaturine pelose. A dieci anni viene mandato via dall’istituto e la madre lo spedisce dai nonni facendo il suo più grande errore..
    - Perché? – chiese Emily temendo la risposta.
    - Vennero trovati uccisi con il loro stesso fucile che tenevano nella cantina, lo usava il nonno per andare a caccia, Thomas confessò tutto alla madre e insieme andarono dalla polizia, beccandosi 5 anni di manicomio criminale.
    - Com’è finita? – chiese Leane con le braccia incrociate e un’aria torva nel viso.
    - A 21 anni uscì per buona condotta e riprese gli studi ma come vi ho già detto, non ebbe molto successo nel campo artistico dopo il diploma.
    - Che fine ha fatto la madre e le sorelle? – domandò invece incuriosito Hotch.
    - Ehm.. sono state trovate morte subito dopo il fallimento del suo negozio di quadri.
    - Sono state le sue prime vittime – affermò Derek.
    - Di lui non ci fu traccia da quel giorno, iniziarono gli omicidi qualche anno dopo ma nessuno pensò a lui fino adesso ovviamente.
    - Come sono morte? – chiese Leane.
    - La madre aveva la gola tagliata e ferite in tutto il corpo..era nuda, le sorelle idem .. – finì con un tono amareggiato e disgustato allo stesso tempo.
    - Hai un indirizzo Garcia? – chiese a sua volta Derek.
    - Ho l’indirizzo della sua vecchia casa con la madre e le sorelle, ve l’ho già mandato nei palmari cucciolotti.
    - Sei il nostro Dio bambolina – esclamò entusiasta Derek chiudendo il collegamento con l’informatica.
    - È decisamente l’uomo con la scure – affermò infine girandosi verso i compagni.
    Reid era pronto per parlare - È sempre stato un sociopatico fin da piccolo, ha provato gusto nei suoi “esperimenti” finchè non ha voluto aumentare il piacere uccidendo persone – disse arricciando le sopraciglia.
    - E quando ha ucciso i nonni e la famiglia direi che questo piacere è aumentato.
    - E tu gli hai tolto questo piacere – disse Emily rivolta a Ronnie – una vita che non ha potuto tenere per sé e da cui non ha potuto trovare soddisfazione, per questo ce l’ha tanto con te e rivendica quello che si è perso.
    - È estremamente egoista ed egocentrico, tutte le scene del crimine sono un chiaro messaggio per dire “guardate cosa so fare” – aggiunse fra loro Derek con aria sicura e mani sui fianchi, poi toccò nuovamente a Reid - si è sempre sentito sottomesso dalle figure femminili: nella sua famiglia e anche negli istituti sono presenti più donne che uomini, ora scarica la rabbia per tutti gli anni in cui lui ha subito la loro presenza nella sua vita – disse cercando conferme negli sguardi degli altri che annuirono.
    - Beh.. essere una cattiva ragazza ha avuto i suoi vantaggi – affermò Ronnie senza guardare nessuno e lasciando intendere fra le righe.
    - Beh che facciamo? Andiamo a prenderlo o no questo figlio di puttana? – esclamò Derek dopo aver tolto gli occhi da Ronnie.
    - Vado a chiamare Rynolds così prepareremo un piano d’azione – disse Hotch uscendo in fretta dalla sala, era piuttosto freddo e composto, più del solito notarono i compagni.
    Ronnie sospirò e cominciò ad andare avanti e indietro nel giro di due metri, il momento che temeva di più si stava avvicinando e i suoi pensieri si bloccarono come se al posto del cervello avesse un sasso freddo e al posto del cuore un martello.


    Continua…

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  11. robin89
     
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    e dopo questo signorine belle voglio i deliri più pazzi :shifty:



    - Faccio venire la Swat? – chiese Rynolds ansioso.
    Era dentro la sala riunioni con il team circondato da sei teste serie e tese.
    - No è troppo rischioso l’S.I. deve sentirsi sicuro di potercela fare altrimenti perderebbe il controllo della situazione, meglio se andiamo solo noi, sarà più vulnerabile se ci sottovaluta – disse con fermezza Hotch.
    Rynolds annuì fidandosi del suggerimento.
    - Ci sono domande? – chiese poi voltandosi alla squadra.
    Nel vedere segni di diniego da parte loro annuì – bene, procediamo.

    Le macchine correvano per le vie di Los Angeles senza sirene, non avrebbero dovuto fare troppe cerimonie al loro arrivo nella tana dell’S.I..
    Hotch ruppe l’atmosfera gelida che si respirava in macchina, erano tutti pervasi da strani presentimenti, strane sensazioni.. e non erano positive, ognuno le tenne per sé pensando all’imminente scontro mentre i palazzi scorrevano dai finestrini.
    - Preferirà farsi uccidere piuttosto che farsi arrestare quindi occhi bene aperti, non perderà occasione per uccidere – affermò svoltando la curva.
    - Neanche noi – rispose risoluta Ron.

    Arrivarono all’indirizzo inviatogli da Garcia in circa mezz’ora.
    Era una casa campagnola di due piani, bordeaux, piuttosto isolata dalle altre abitazioni, un piccolo giardino di qualche metro la separava dalla strada. Erano le 20:25, la conferenza era in onda e molto probabilmente era già finita da qualche minuto, il tempo dell’uomo con la scure di metabolizzare la sua rabbia verso quella ragazzina che desiderava tanto avere tra i suoi “trofei”.

    - Qualsiasi cosa succeda, non ti allontanare da noi, chiaro?
    Ronnie annuì a Derek senza guardarlo, troppo nervosa per distogliere lo sguardo dalla casa davanti a lei.

    L'uomo con la scure si destò immediatamente dai suoi pensieri quando sentì lo sportello di una macchina chiudersi, si affacciò silenziosamente alla finestra e vide una serie di SUV e macchine della polizia parcheggiarsi davanti al suo portone, andò a rifornirsi di armi con un sorriso sulle labbra, non avrebbe dovuto prendersi gioco di lui quella ragazzina.

    I profiler tirarono subito un’occhiataccia al poliziotto che sbattè la portiera, “idiota!” esclamò Ronnie nella sua testa, Hotch era pronto ad usare l’altoparlante il più in fretta possibile mentre gli altri si avvicinavano all’abitato con le pistole in pugno.
    Nessuno fece in tempo a fare niente.

    Davanti a loro un portone di legno scuro si aprì facendo uscire un uomo vestito di nero e una maschera sul viso, quello smile rosso che tormentava la testa di Cameron si materializzò nuovamente a pochi passi da loro prendendo posto nella realtà.
    Alzò le braccia che brandivano una mitraglietta puntata contro i profiler mentre il frastuono dei proiettili ruppe il silenzio che li avvolgeva.
    - GIU’!! – urlò Derek alla sua vista, si lanciò subito su Ronnie accanto a lui finendo entrambi per terra con il vetro dei SUV che a pezzi cadeva sopra le loro teste. Sentivano il loro respiro rimbalzare su di loro con il viso a pochi centimetri dall’asfalto mentre aspettavano un attimo di silenzio, un attimo in cui non avrebbero sentito i proiettili che martellavano sopra di loro e impiantarsi nelle vetture che li proteggevano. Quell’attimo arrivò dopo un tempo indefinito.
    Derek era a metà sopra la schiena di Cameron con un braccio che le proteggeva la testa.
    - Stai bene? – le chiese spostandosi.
    - Sì.
    Si voltò infine verso Emily, era distante alla sua destra che brandiva la pistola prima che si aprisse il portone, adesso il profiler sgranò gli occhi e gli prese un colpo al cuore vedendola supina, immobile sull’asfalto con una pozza di sangue rubino intorno al suo ventre. Era accaduto tutto troppo in fretta, in una manciata di secondi la scena era cambiata.
    - Emily! – gridò terrorizzato.
    A quell’urlo Ronnie si girò verso la collega sentendosi mancare il fiato.
    Derek si alzò in un attimo e attraversò il tratto che portava dal SUV fino al punto in cui era riversa Emily. Corse chinato in basso mentre una scarica di proiettili lo mancò di striscio riparandosi nuovamente dietro un SUV.
    Nel frattempo Cameron si alzò in piedi brandendo la sua Revolver nera lucida, mirò alla figura scura che poteva rovinare la vita a lei ma non doveva permettersi di toccare la sua famiglia. Sparò una serie di colpi che andarono a finire alcuni sul portone, altri due sul petto dell’aggressore facendolo sussultare.
    Ronnie imprecò intuendo alle sue reazioni che portava una protezione sotto i vestiti, si riparò nuovamente quando divenne lei il bersaglio della mitraglietta riempiendo il SUV di buchi neri.
    Nella strada si sentivano solo proiettili di botta e risposta da parte loro e dell’uomo con la scure, sembravano finiti in guerra in cui il solo suono di sottofondo erano proiettili e l’unico “profumo” era la polvere da sparo.
    Al successivo istante di silenzio Ron si affacciò nuovamente allo scoperto ma della figura armata nessuna traccia. Girò il viso da una parte all’altra e si precipitò verso il portone pensando che fosse rientrato per scappare dal retro.
    Ed era così. Sentì lo sbattere di una portiera e il motore di una vettura prendere vita.
    Ronnie aveva attraversato di corsa la casa raggiungendo la porta che dava sull’altro lato della strada, si posizionò a gambe aperte e braccia dritte sparando proiettili al cofano che si allontanava, senza risultati. Così decise di mettersi al suo inseguimento, si avvicinò alla prima macchina parcheggiata con l’intenzione di sfondare il finestrino, entrare e mettere in moto con i suoi attrezzi nascosti. Non ebbe il tempo di mettere in pratica l’idea che al suo movimento per distruggere il vetro della macchina si sentì prendere alle spalle da delle forti braccia.
    - Non fare pazzie Cameron! – le ringhiò addosso Hotch mentre la trascinava con difficoltà al posto di blocco.
    - Lasciami! Lasciami! – gridò lei dimenandosi.
    Nell’aria echeggiava il suono delle sirene mettersi alla ricerca dell’ S.I. per le strade di Los Angeles.

    Reid e Derek erano inginocchiati accanto al corpo immobile di Emily. Derek le teneva le mani mentre Reid guardava impietrito la scena davanti a lui e ascoltava senza riuscire a dire una sola sillaba.
    Figure appannate sopra di lei le impedivano di vedere le stelle nel cielo con gli occhi socchiusi che le conferivano un’aria debole. Sentiva il calore della mano di Derek stringere le sue con forza mentre all’orecchio le arrivava l’eco della sua voce, lei rispondeva solo con gemiti e lamenti di dolore con il corpo che tremava e con il ventre che perdeva sangue.
    - Guardami Emily! Guardami! – esclamò stringendo la sua vita fra le mani.
    - Ce la farai okay? Non ti lascio andare via così! – continuava a ripeterle con insistenza, dalla sua voce non riusciva a nascondere la paura che lo soffocava, la paura di perderla di sempre senza avere il tempo di capire cosa stesse succedendo.
    Emily, la compagna della sua vita, la madre di sua figlia.. la cosa più bella Derek le aveva regalato insieme al suo amore, piegò la testa di lato e lo guardò cercando di metterlo a fuoco, almeno per l’ultima volta si disse, no.. non doveva essere l’ultima volta! Incrociò i suoi occhi scuri, dolci e penetranti della quale si era innamorata che ora erano spaventati e persi nel buio della notte.
    Schiuse le labbra impegnandosi a formare le parole – ho .. paura – tossì.
    - Ci sono io con te amore mio, sta arrivando l’ambulanza e devi restare sveglia capito? Devi restare con me, devi farlo per me e Meredith, devi restare viva maledizione!
    - …
    - ehi! – gridò vedendola sospirare – resta con me Emily! Emily! Emily!
    Le vide chiudere gli occhi mentre sentiva le mani farsi sempre più fredde mentre tremavano come foglie sugli alberi.



    I soccorsi arrivarono pochi secondi dopo lanciando nuove speranze insieme alle porte che si aprivano, si fermarono a pochi passi da loro facendo spostare Derek per dare spazio ai paramedici di occuparsi della ragazza. In pochi secondi Emily venne caricata di corsa dentro il mezzo su di una barella con il viso coperto da una mascherina per l’ossigeno mentre figure vestite di verde pastello gridavano tra loro vocaboli sconosciuti per i presenti.
    - Vado con lei! – gridò Derek rivolgendosi ad Hotch che li guardava. Questo era a soli pochi metri da lui – okay chiama appena sai qualcosa, noi vi raggiungiamo tra poco – rispose trattenendo tutta l’ansia e la paura che lo devastava e che voleva scoppiargli fuori da un momento all’altro. Invece anche in quell’occasione rimase composto senza far vedere le sue preoccupazioni ma solo la fermezza e la sicurezza che deve avere un capo-squadra.
    Il silenzio tornò a regnare quando anche le sirene dell’ambulanza si fecero lontane.

    Cameron era immobile come una pietra. Non riusciva a dire niente, rimase impassibile nella sua posizione, poggiata ad un SUV accanto a quella scena struggente che la stava uccidendo nell’anima mentre in lontananza scompariva il suono impetuoso delle sirene dell’ambulanza.
    Terrorizzata aveva aspettato che quelle immagini sparissero. Non doveva esserci quella scena davanti a lei! Non era quello che aveva previsto! Non doveva guardare la sua migliore amica in una pozza di sangue! Non doveva andare così!
    Una manciata di secondi, secondi in cui Cameron venne attraversata da una valanga di emozioni contrastanti, serrò le mascelle con ogni muscolo del corpo che si tese, occhi chiusi e con il petto che si gonfiava riempiendosi di respiri furibondi che volevano farla urlare di rabbia.
    La concentrazione fu rovinata da passi farsi più vicini.
    - L’hanno perso, stanno rientrando – affermò Rynolds con il telefono in mano.
    Hotch sospirò sconfitto. Cameron aprì gli occhi posando sul detective uno sguardo carico d’ira e di odio, trattene un istinto omicida che la pervase in un attimo.
    Con una spinta alle spalle si scostò dal veicolo, superò Hotch con passi decisi, afferrò la pistola che teneva nel fianco e la scaraventò sull’asfalto producendo un rumore metallico. Con gesti altrettanti rabbiosi si slacciò il giubbotto antiproiettile e lo gettò con furia in un angolo della strada sotto gli sguardi di tutti, mentre lei andava a nascondere la sua frustrazione ignorando il resto del mondo.
    Si portò la testa fra le mani e urlò tutta la rabbia che aveva in corpo.

    Continua…

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    Edited by robin89 - 22/7/2011, 14:08
     
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  12. robin89
     
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    Ringrazio Emily+ per avermi aiutata nelle parti tecnico/mediche :)


    Era in piedi, in un angolo dell’ambulanza che guardava i paramedici davanti a lui giostrarsi tra termini accompagnati da azioni veloci e tempestive, solo gli occhi erano fissi sul volto pallido di Emily nascosto da una maschera trasparente.
    Sentì i medici scambiarsi occhiate d’intesa non di buon auspicio mentre presero ad agitarsi. Da quel momento in poi tutto ciò che sentiva con le sue orecchie rispecchiava un mondo ovattato, fuori dalla realtà che stava guardando e che non voleva vivere.

    - Perde troppo sangue…. Rianimare…. Defibrillatore…

    Parole che alle sue orecchie arrivarono lontane anni luce.
    Il cuore di Derek si era fermato insieme a quello di Emily nell’istante in cui nello schermo apparve una linea continua accompagnata da un sibilo acuto.

    - Carica a 200. Libera.

    Chiuse gli occhi quando vide il petto di Emily sollevarsi sotto le scariche del defibrillatore.

    1….2….3 volte. Per 3 volte vide il suo corpo sussultare sotto quei ferri, attimi di panico in cui cominciò a pregare per poterla vedere ancora sorridere, per non far diventare tutto solo un ricordo sfumato e doloroso che lo avrebbe ucciso nel tempo.

    Alla terza scarica posò nuovamente gli occhi sullo schermo.
    Dio ti prego salvala! Lasciala ancora accanto a me!” pregò agitando una gamba sul pavimento immaginando nella sua testa che qualcosa potesse cambiare.

    Sgranò gli occhi sperando che non fosse solo un sogno dettato dalla sua mente, eccolo di nuovo lì, il battito che era andato via per quegli istanti durati decenni era tornato a battere debole e irregolare nel petto di Emily. Abbassò la testa e strinse forte gli occhi che facendosi lucidi fecero uscire una lacrima a solcargli la guancia scura. Pochi minuti dopo sentì il mezzo fermarsi e le porte aprirsi impetuosamente.
    - cos'abbiamo? – chiese un medico apparso alla soglia degli sportelloni.
    - Emily Prentiss, ferita d'arma da fuoco all'addome, il proiettile è ancora dentro, non ha mai recuperato conoscenza. Parametri vitali - pressione 50 su 30- saturazione 36%- polso 140 – tre tentativi di rianimazione.
    - Avvisare subito la sala operatoria – rispose il medico mentre la barella si stava allontanando, si rivolse così alle infermiere mentre anche Derek prese a seguirli freneticamente dentro l’ospedale.
    - Fate un emocromo completo e dite al laboratorio di mandare immediatamente i risultati. Chiamate la banca del sangue e procuratevi 8 unità di 0negativo, è sotto shock, fatele una flebo feloce!
    La barella che trasportava Emily superò un ampio arco dopo aver attraversato una sala.
    - Lei non può entrare qui – disse il medico fermando Derek con una mano.
    - Ho bisogno di sapere se ce la farà! – gli gridò quasi in faccia.
    - Non posso dirglielo dobbiamo operarla d’urgenza, resti in sala d’attesa finchè qualcuno non verrà ad informarla.
    Dicendo così si allontanò seguendo la paziente lungo il corridoio ignorando le successive reazioni del ragazzo.
    Restò fermo finchè non vide più nessuno davanti a lui. Strinse i pugni e battè una mano sul muro con violenza scaricando il nervoso e la rabbia che aveva dentro.
    ***

    Sentì dei passi avvicinarsi e destarla, aveva le braccia e le gambe incrociate e non voleva parlare con nessuno.
    - Stiamo andando a fare il sopralluogo nella casa – le disse Reid con voce docile e pacata.
    - Arrivo subito. – rispose tenendo gli occhi chiusi.
    Il giovane ragazzo si allontanò nuovamente, sapeva che in quelle occasioni era meglio non toccarla o dirle qualcosa di sbagliato, era meglio farla sbollire un po’.
    Ronnie attraversò la strada per raggiungere i colleghi all’interno dell’abitato, nel cammino vide Hotch parlare con Rynolds piuttosto agitato, si avvicinò tendendo l'orecchio.
    - Se avessimo chiamato la Swat non sarebbe successo! – disse il detective al supervisore piuttosto agitato.
    Cameron si fermò dietro di lui.
    - Se quell’imbecille del suo agente avesse rispettato gli ordini forse quel figlio di puttana sarebbe ancora dentro casa!! – gli ringhiò Ronnie furiosa.
    - Beh perché non lo uccidi? – le rispose lui con le mani sui fianchi.
    Ronnie chinò la testa da un lato socchiudendo gli occhi - Ripeta quello che ha detto..
    - Leane via da qui, è un ordine – Hotch la fulminava con gli occhi tagliando l'aria tesa che si era creata, Cameron serrò la mascella dal nervoso, era la seconda volta che tratteneva le sue reazioni impulsive e meglio per Rynolds che c'era Hotch a fermarle.
    - Vai dentro – continuò il capo-squadra.
    Ronnie li superò senza aggiungere altro, meglio evitare un altra denuncia per aggressione o tentato omicidio.

    Hotch la seguì con gli occhi finchè non la vide entrare, poi riportò l’attenzione all’uomo davanti a lui che fissava la ragazza scuotendo la testa.
    - La deve smettere di provocarla, non m’interessano le vostre questioni personali, io le voglio fuori da questo caso e se vuole il nostro aiuto deve lasciarcelo fare invece di complicare le cose come sta facendo – gli regalò uno dei suoi sguardi severi che di solito dava solo ai sospettati in interrogatorio.
    - Non è colpa mia se avete una criminale fra gli agenti. Sa quante volte è stata in carcere prima che le ripulissero la fedina penale?
    - E io non sono qui per parlare dei miei agenti! So' tutto del passato di Leane e se lo vuole sapere sono anche il suo legale, dunque se ha qualcosa da dire contro di lei riguardo il lavoro deve prima passare su di me. Adesso veda di darci una mano e stia lontano dall’agente Leane che per quanto mi riguarda è uno dei miei migliori agenti, non ho bisogno che lei le aggiunga altro stress con quello che sta passando. Sono stato chiaro?
    Il detective Rynolds ingoiò qualsiasi altra cosa dovesse aggiungere, così Hotch gli diede le spalle e raggiunse i suoi colleghi.

    Appartamento S.I.

    Come previsto da Cameron, teneva le foto delle scene del crimine come quadretti familiari. Una lunga parete era coperta da cornici che racchiudevano al loro interno foto delle scene e delle singole vittime, in ordine cronologico e con il loro nome come titolo. Infondo alla parete le cornici finivano con una che portava il nome “Leane” e una cornice vuota accanto con scritto “Cameron Leane” che aspettava di essere riempita. Intorno c’era una foto del padre e della madre uguale a quella che gli era stata mandata.
    - Come essere stupidi e conservare ulteriori prove - disse Leane fredda.
    Le guardò senza aggiungere altro entrando nella stanza accanto con i due profiler rimasti.
    Frugarono un po’ ovunque, aprirono cassetti, armadi… fin che trovarono un album, un album con una copertina gialla piena di fotografie. Non di scene del crimine, ma una serie di foto scattate alle vittime durante la loro vita quotidiana, uscendo di casa, entrando in macchina.. le ultime di queste riguardavano Ronnie, le pagine vennero sfogliate da Reid, una serie di scatti che la riprendevano vicino al suo SUV a casa sua, mentre andava al lavoro, quando Derek l’accompagnò a casa dall’ospedale, Reid mentre le portava la torta di Sarah.
    - Che pedinava le vittime lo sapevamo – disse il giovane tagliando l’aria tesa intorno a lui.
    Ronnie restò ancora in silenzio mentre vedeva tutto il lavoro che l’S.I. si era impegnato a fare in quel momento, un lavoro che Cameron non vedeva l’ora di distruggere con le sue stesse mani.

    Continua…

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    andate a leggervi The Funeral di Unsub, così vi mettete l'anima in pace su Emily :shifty: quella one-shot tratta di sei anni dopo questa FF :shifty:

    e ora avanti con gli scleri XD

    Edited by robin89 - 22/7/2011, 14:21
     
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  13. robin89
     
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    Capitolo dedicato a Emily+ (tranquilla non finisce qui) ;) tu sai cosa...


    Camera 135.

    Quel sorriso bianco che gli faceva illuminare gli occhi era di nuovo lì davanti a lei…si allontanava..come se fosse stata una foto che le stavano strappando di mano e lei non poteva fare niente, era immobile e il suo cuore strillava in silenzio mentre quel viso si allontanava.

    Sala d’attesa.

    Pareti bianche e verdastre circondavano i loro corpi racchiudendo in quella sala d’attesa tutta l’ansia e la paura che ognuno elaborava nel suo silenzio. Dietro di loro una vetrata dalla quale le luci dei grattacieli di Los Angeles parevano stelle luminose sotto una coperta di nuvole.

    Derek era in preda all’angoscia mentre continuava ad immaginare come un film quella scena a memoria, cercando di modificarla a suo piacimento senza riuscire a cambiare la realtà dei fatti, non poteva viaggiare nella sua mente, nei suoi ricordi e cambiare le cose! Era andata così e non poteva farci nulla, gli rimaneva solo la speranza, le preghiere e i punti interrogativi che lo soffocavano … se fosse stato accanto ad Emily? Se solo fosse stato cinque metri più a destra? Sarebbe riuscito a proteggerla e adesso non sarebbero in una sala d’attesa di un bianco ospedale a sperare che Emily tornasse da loro. Se solo avesse potuto tornare indietro, se avesse avuto il tempo di correre da lei appena la mitraglietta comparve davanti a loro, forse avrebbe fatto in tempo a salvarla. No, non avrebbe fatto in tempo.. era troppo lontana! Derek Riprese a massaggiarsi la testa mentre andava avanti e indietro e i minuti sembravano ore e le ore anni.


    Cameron era in piedi davanti alla vetrata e guardava fuori dalla finestra con le braccia incrociate, se Hotch non l’avesse fermata in tempo a quest’ora era alla ricerca dell’S.I. senza preoccuparsi delle conseguenze delle sue azioni. Picchiava un dito nel braccio insistentemente e per non cedere ai suoi istinti si mise a contare le finestre del palazzo di fronte, 56..57…58..59.. sbuffò, basta contare, le si stavano incrociando le pupille ed era stufa, doveva stare concentrata su quello che succedeva intorno a lei, il medico poteva uscire da un momento all’altro per dare chissà quale notizia temuta da tutti e conservata nelle peggiori delle ipotesi.
    Si diresse silenziosamente alla macchinetta che distribuiva bevande, premette il tasto per far uscire un bicchiere d’acqua, si accorse in quel momento che le mani tremavano debolmente.
    - Emily ce la farà, è molto forte vedrai.
    Ronnie si girò a guardare Reid apparso accanto a lei come un fantasma.
    - Quante volte te lo sei ripetuto per Sarah? Hai imparato la frase a memoria? – gli disse riportando gli occhi al distributore rumoroso.
    - La impari per non impazzire – le rispose con un’espressione corrucciata della fronte.

    Tornò a sedersi accanto ad Hotch, gambe divaricate, gomiti sulle ginocchia e schiena abbassata con il viso che fissava il pavimento incapace di sollevare gli occhi su Derek che davanti a lei gli faceva venire un gran mal di testa con i suoi movimenti agitati. Non avrebbe avuto il coraggio di guardarlo finche non avesse saputo qualcosa di Emily, se si fosse salvata, se fosse…MORTA… scacciò immediatamente quel pensiero dalla sua testa, non riusciva neanche a prendere in considerazione quella possibilità, per lei non esisteva in quel momento. Posò di sfuggita gli occhi sul ragazzo moro come se fosse attirata da una calamita, non poteva sopportare di vederlo così, non sopportava di averli rinchiusi in una sala d’attesa per un piano andato storto, per averli coinvolti in quella pazzia e per sentirsi perennemente la causa dei loro mali.. abbassò nuovamente gli occhi sul pavimento..timidamente, vergognandosi .. perché se fosse stata vicino ad Hotch, se fosse stata accanto a Reid, se fosse rimasta da sola, Derek non si sarebbe preoccupato di proteggere lei invece che Emily. Se solo avesse potuto tornare indietro nel momento in cui scesero dalla macchina avrebbe invertito le posizioni con Emily e adesso ci sarebbe stata lei al posto suo sotto i ferri e Derek non avrebbe rischiato di perdere la madre di sua figlia.
    Fissava le sue mani sporche di polvere da sparo sperando di non impazzire nell’attesa di una risposta che tardava ad arrivare.

    Camera135.

    “Vieni da zia Ronnie..”
    Cameron tutta allegra prese in braccio una bambina di cinque mesi dagli occhi scuri e penetranti, un viso che pareva prendere le sembianze ora di Emily, ora di Derek. Con dei genitori così chissà come sarebbe diventata da grande pensò..
    Emily guardava sua figlia sollevarsi tra le braccia dell’amica regalando a Derek un’espressione di felicità mentre lui le circondava la vita con un braccio. Felicità..sì… perché da quando aveva dato alla luce quella creaturina tutto era diventato più bello e colorato. Come poteva lasciare quella felicità alle sue spalle?


    Sala d’attesa.

    Alzarono gli occhi alla porta quando aprendosi fece uscire un uomo in camice verde fermandosi davanti a loro.
    - Siete qui per Emily Prentiss?
    - Sì – rispose subito Derek avvicinandosi mentre gli altri annuendo si alzarono in piedi, ad eccezione di Cameron.
    - Ha superato l’intervento.
    Il peso che si portavano addosso cadde immediatamente nell’udire quelle parole come manna dal cielo. Derek si buttò nella sedia e sospirò rumorosamente, come fecero gli altri che in un istante ripresero controllo e lucidità scacciando le paure che li attanagliava da ore. Era viva e questo bastava per dare un po’ di pace ai loro cuori.
    - Abbiamo estratto il proiettile e non ci sono state complicazioni, ora sta dormendo ed è molto debole – continuò il medico - non si sveglierà prima di domani pomeriggio. Vi consiglio di andare a casa a riposare – aggiunse infine congedandosi formalmente.
    “Sì, andare a casa a riposare”. Ronnie non sapeva se ridere o piangere a quella frase, ancora seduta in quella posizione sentì gli occhi gonfiarsi di lacrime come una diga che sta per crollare sotto il peso di un fiume in piena, si alzò e scappò dritta verso il bagno infondo alla sala seguita dagli sguardi curiosi dei colleghi.
    Chiuse la porta dietro di sé e fece uscire tutte le lacrime che fino allora sembravano essere scomparse, scoppiò in una serie di singhiozzi senza fine scivolando nel muro affondando le mani nel viso bagnato.
    - Perché piangi? È viva – la voce di Derek le fece alzare la testa, si riportò in piedi in un baleno e lo abbracciò forte buttandogli le braccia intorno al collo.
    - Mi dispiace.. mi dispiace tanto – gli disse stringendolo forte a sé.
    - Ma che diavolo stai dicendo? – ricambiò l’abbraccio, quello di cui aveva bisogno con altrettanto affetto.
    - Mi dispiace perché hai dovuto proteggere me e non lei, mi dispiace perché per colpa mia hai rischiato di perderla..mi dispiace perché….
    Derek la prese per le spalle e scostandola da sé la guardò torvo.
    - Quando la smetti di darti colpe che non hai? Non mi sembra sia tu ad aver sparato..
    - Non importa, se io fossi stata al suo posto e se tu avessi protetto lei invece di me..
    - Non dirlo neanche per scherzo! - esclamò con occhi severi.
    - Non ti è passato neanche per la testa? Dimmelo che avresti preferito così, avresti preferito essere vicino a lei… invece c’ero io in mezzo ai piedi…
    - La vuoi smettere accidenti? Non è colpa tua! Emily è viva e togliti dalla testa queste idiozie. Dobbiamo pensare a quello che ci aspetta adesso..
    Ron lo fissò mentre le lacrime continuavano a bagnarle il viso – non ce la faccio più …
    - Stammi a sentire, fosse l’ultima cosa che faccio quel bastardo la pagherà e questa storia finirà, chiaro?
    Annuì decisa asciugandosi le lacrime con la manica della maglietta – vi raggiungo subito, mi rinfresco un po’.
    Le diede un bacio sulla fronte avvicinandola con un braccio, gli dispiaceva vederla morire di sensi di colpa..gli stessi che aveva lui, e le sue stesse domande.

    Derek uscì dal bagno lasciandola nuovamente sola. Ronnie prese il telefono che aveva in una tasca dei jeans, “un nuovo messaggio”, premette il tasto corretto..lesse il contenuto e alzò gli occhi alla parete. “Ha abboccato”, pensò. Ora si chiese solo un’ultima cosa: avrebbe coinvolto nuovamente la sua squadra in quel suicidio?

    Continua…

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    Edited by robin89 - 20/4/2011, 14:53
     
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  14. robin89
     
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    Ci aveva pensato a lungo, aveva pensato a tutte le opzioni che poteva prendere in considerazione, a tutte le possibilità per evitare altre pericolose conseguenze e la decisione che aveva preso le sembrava quella più coerente e corretta. Non era il momento per i rimpianti, anche se tremava di paura.
    Guidava e guardava davanti a sé la notte che ormai era fonda, nera, con due mani caratterizzate da nocche bianche che tenevano strette il volante, come se non volessero staccarsi più mentre percorreva quella strada che conosceva fin troppo bene.
    “Finirà dove è iniziato, vieni sola o faranno la sua stessa fine”. Le aveva scritto così l’uomo con la scure, un chiaro invito a casa sua che non si sarebbe lasciata scappare, il piano della conferenza infondo era servito a qualcosa, imprevisti a parte.
    L’uomo con la scure sarebbe morto per il suo stesso ego pensò Ronnie svoltando l’angolo.
    Era arrivata.
    Controllò il telefono un’ultima volta e osservando l’entrata di casa sua fece un lungo e profondo sospiro, uscì dal SUV. Guardò forse per l’ultima volta la casa in cui era cresciuta, diventata un cumulo di ricordi orribili, di urla, di litigate..di sangue… ora stava per far finire tutto questo una volta per tutte, stava per chiudere anche lui nel cassetto dei ricordi.
    Si avvicinò al portone di legno chiaro, sfoderò la Revolver ricaricata ed entrò di soppiatto dalla porta principale. Non c’era nessuno nel salone, puntò l’arma in ogni angolo dopo aver acceso la luce e temuto nel farlo, attraversò la sala lentamente aspettandosi di vederlo da un momento all’altro, quando sentì i suoi passi echeggiare dietro di lei si girò di scatto puntandogli l’arma addosso.
    Restarono in silenzio a studiarsi uno di fronte all’altro, lei con le braccia tese e lui portando la maschera a nascondergli la sua identità, la guardava beatamente.
    - Finalmente siamo soli io e te – disse con un ghigno - Non hai portato nessuno vero?
    - Ci sono solo io, non sanno che sono qui.


    Un’ora prima.

    “- Hai idea del male che mi avresti fatto se ti avesse ucciso senza che io potessi fare niente per difenderti? Solo perché tu me l’hai impedito? Secondo te avrei sopportato questo più di rischiare per aiutarti?”

    - Non posso impedirti di dimetterti se è quello che vuoi, ma ti dico che stai sbagliando di nuovo.
    - Sbagliando perché? Perché voglio una pausa?
    - No, perché non ti fidi di noi.”

    Fu questo a farle prendere quella decisione, a capire che era giusto così e solo in questo modo non avrebbe mandato all’aria nuovamente la sua famiglia.

    - Dieci minuti, ti chiedo solo dieci minuti poi entrerete in azione voi – Ronnie fissava decisa Hotch che la guardava altrettanto torvo poi riprese la sua persuasione – non mi ucciderà subito, lo sappiamo tutti, non userà una mitraglietta con me e cercherà di creare l’occasione per farmi fare la stessa fine delle altre vittime. Cercherò solo di distrarlo per darvi il tempo di arrivare.
    Derek sbuffò e Hotch cambiò direzione degli occhi per poi riportarli su di lei subito dopo.
    - Okay, solo dieci minuti Leane – si arrese alla sua testardaggine – avrai un microfono nascosto, al primo sospetto noi entriamo dal retro, chiaro?
    - Perfetto – fece spallucce.
    - Cerca di non farti uccidere nei primi due secondi però – la redarguì serio Derek, lei rispose con una smorfia.
    - Non sarebbe meglio decidere una parola chiave per darci l’okay? – chiese Reid dubbioso.
    - Ma tanto ascolteremo tutto dal microfono – rispose Derek – appena sentiamo puzza di guai, che siano passati dieci minuti o meno, sfondo la porta a calci e quel figlio di puttana sarà in trappola.



    - Getta la pistola – le chiese “gentilmente” l’uomo con la scure.
    - Così potrai uccidermi più facilmente?
    - Così saremo pari.
    - Non saremo mai pari, io sarò sempre un passo avanti a te – continuava a fissarlo gelida nelle fessure degli occhi, infine abbassò lentamente l’arma posandola a terra davanti a lei con sicurezza.
    - Non avresti dovuto prenderti gioco di me, come sta la tua amica?
    - Per tua sfortuna è viva, ti manderò all’inferno anche da parte sua.
    - Questo è quello che mi piace farti credere..ora dimmi una cosa, perché non mi ringrazi?
    - Ah sì? E perché dovrei? – chiese aggrottando la fronte.
    - Ti sei mai chiesta dove saresti ora se io non avessi ucciso i tuoi genitori? È grazie a me se sei qui adesso, è grazie a me se sei viva. È grazie a me se sei un federale..sono io che ti ho creata e sono io che ti distruggo.
    - Che c’è? Non sopporti il fatto di aver commesso un errore? Sai che ti dico? Mi hai fatto solo un favore ad ucciderli, tanto non li sopportavo più..e ora fai una cosa..togliti la maschera, Thomas Howell.
    L’uomo rimase titubante nell’udire il suo vero nome, non si riconosceva più in quello da tanto tempo, lui era l’uomo con la scure! Urlò nella sua testa.
    - Beh cosa aspetti? – Cameron non sopportava più quell’attesa infinita, si chiese quanto tempo fosse passato mentre la voglia di prenderlo a calci aumentava a ogni secondo che lo guardava – hai paura di farti vedere? Non accetti il tuo viso? Non accetti la tua faccia bruciata? Non accetti il tuo nome?
    - Smettila!!! – urlò.
    - Te l’ho detto che sono sempre un passo avanti a te. Questo dimostra quanto sei vigliacco, hai sentito la conferenza? – continuò svelta mandando la testa del’uomo in tilt - Beh memorizza bene quelle parole perche te le sbatto in faccia anche adesso! TU NON SEI NESSUNO! TU NON ESISTI! SEI SOLO UN VIGLIACCO CHE SI NASCONDE DIETRO UN FALSO SOPRANNOME!
    Thomas Howell fece in tempo a udire quelle parole urlate nelle sue orecchie che lo colpivano come lame d’acciaio quando all’ultima sillaba pronunciata si chinò a raccogliere la pistola di Cameron, la prese e gliela puntò addosso.
    Ronnie aspettava solo quel momento, appena l’arma si posizionò davanti a lei facendo scorrere da quel momento tutto a rallentatore, alzò la gamba in un calcio colpendo con il piede la pistola facendola ricadere a terra...

    Il tempo era scaduto e in quel momento i profiler, posizionati già all’esterno della casa, udirono uno sparo. Con il cuore in gola mentre si precipitavano all’interno, si chiesero di chi fosse.

    Continua….

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    il continuo lo pubblico dopo pranzo :shifty:

     
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  15. robin89
     
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    ecco la seconda parte, qui voglio sentire gli scleri ;) grazie a tutte che leggete e commentate :wub: :wub:



    Il proiettile sfiorò la spalla di Cameron prima che l’arma cadesse a terra disarmando l’S.I., Ron era pronta a prendere la seconda pistola nascosta dentro la maglietta larga dietro la schiena quando l’uomo davanti a lei le si buttò addosso finendo entrambi a terra, Ronnie trovandosi faccia a faccia con lui gli strappò la maschera dal viso affondandogli la mano nella faccia con rabbia prima che lui le sbattesse la testa nel pavimento. La botta la stordì un poco, il tempo di sentire una porta sfondarsi e una serie di passi pesanti e veloci avanzare nell’abitato.
    - Lasciala immediatamente! – urlò Derek con la pistola spianata. Accanto a lui nella stessa posizione Hotch e Reid puntavano la loro contro l’S.I., dietro di loro a semicerchio facevano capolino una serie di poliziotti guidati dal detective Rynolds.
    - Sparate a me, e uccidete anche lei.
    Davanti a loro Thomas Howell era in piedi a qualche metro di distanza, teneva Cameron come ostaggio e si faceva scudo con il suo corpo, con la mano destra le puntava l’ascia alla gola, nascosta dietro i pantaloni e con la sinistra la manteneva ferma premendole contro di lui i suoi fianchi. Ronnie aveva le mani immobilizzate dietro la schiena e se avesse fatto qualsiasi movimento l’ascia le avrebbe tagliato la gola mentre con gli occhi guardava la sua squadra essere arrivata in tempo.
    I profiler maledirono quella vista, nessuno di loro aveva buona visuale per sparare dato che Ron copriva tutte le possibilità di tiro con il suo corpo e l’S.I. aveva la schiena poggiata al muro.
    Il suo volto bruciato come una cartina geografica era divertito, eccitato da quel nuovo gioco e allo stesso tempo si sentiva violato, stuprato della sua realtà.
    I profiler immobili si scambiavano occhiate, come se bastassero quelle a trovare risposte per compiere i passi successivi.
    “Non posso sparare” la voce di Derek arrivò a Hotch come un sussurro.
    “Aspetta Cameron” gli rispose lui a fior di labbra, la loro speranza era custodita nella giovane profiler in ostaggio.
    - Te l’avevo detto che sono sempre un passo avanti a te – sospirò Leane ringraziandoli nella sua mente.

    - Avanti agente Morgan, perché non mi spari? – lui la ignorò rivolgendosi al federale con tono provocatorio ed eccitato.
    Dicendo così la mano sinistra prese a infilarsi sotto la maglietta di Cameron che serrando le mascelle cercò di mantenere la calma e il sangue freddo, la mano saliva su, alzandole la maglia fino a scoprire la pancia, salì sempre più in alto finchè non arrivò a toccarle il seno infilando la mano sotto l’intimo, Ronnie chiuse gli occhi mentre sentiva la mano giocare col suo petto sotto gli sguardi inferociti dei profiler che potevano solo guardare finchè qualcosa non sarebbe cambiato a loro favore.
    - Cosa stai aspettando? Vuoi goderti lo spettacolo? – i profiler restarono ancora fermi sentendo la rabbia crescere dentro di loro, poi Thomas sussurrò all’orecchio di Cameron – ti avevo promesso che quando ti avrei scopata saresti stata sveglia. Non immaginavo con il pubblico.
    Ronnie rabbrividì quando sentì la lingua dell’uomo posarsi sul suo collo, attraversarle la pelle e arrivare fino alla guancia mentre lui “assaporandola”,con gli occhi si divertiva a provocare Morgan.
    Ronnie era per la prima volta nelle mani di qualcun altro, “devi imparare a mettere la tua vita nelle nostre mani” le aveva detto Derek quel giorno, e adesso era arrivato il momento di dimostrarglielo. Rompendo la pausa di silenzio che si era creata mentre assistevano alla scena, impotenti di fermarlo, improvvisamente Ronnie parlò attirando l’attenzione dei compagni.
    - Abbassate le pistole – disse guardando Derek negli occhi.
    Lui e Hotch si scambiarono un’occhiata d’intesa, abbassarono tutti le pistole guardando Leane con un punto interrogativo a cui Derek aveva già risposto.

    - Perché non mi uccidi? – riprese rivolta all’S.I. senza poterlo vedere in faccia- Perché non mi uccidi davanti a loro? Ti eccita avere il controllo sulle persone, sai quanto godresti nel vedere le loro facce mentre mi uccidi? Sono mesi che mi segui e ancora non hai avuto il coraggio di farlo, perché? Perché senza di me non sei nessuno – Ronnie sentiva il fiato dell’uomo sul suo collo, continuava a parlare senza pensare cercando solo di fargli fare le mosse giuste- sono io che mando avanti il tuo schifoso ego, sono io che ho il controllo su di te e non puoi fare a meno di tenermi viva, questo fa di te uno schifoso vigliacco. Sei solo questo, un vigliacco che si nasconde dietro una maschera, non vali niente come serial killer se non hai il coraggio di andare fino infondo, non hai il coraggio di fare a meno di me..
    Lui non rispose, restò in silenzio riflettendo su quell’invito, in effetti avrebbe goduto da matti e infine lo avrebbero ucciso dopo averne avuto la soddisfazione di vederli impazzire.
    Cameron sentì avvicinarle la bocca all’orecchio e sussurrare con quella sua voce melodica e grave - Ti farò morire lentamente così guarderai anche tu le loro facce.
    Thomas Howell alzò il braccio che brandiva l’ascia contro il petto di Ronnie con un movimento deciso, deciso a sbarazzarsi di quelle parole, a farla stare zitta e di godere e basta come aveva aspettato fino a quel momento.
    In quel lasso di tempo in cui la lama si allontanava dal collo di Ronnie, tutto tornò a rallentatore, tutta la sua vita le passò davanti come un treno in corsa, il cuore batteva forte e sentiva il sangue scoppiare nelle vene, ma si risolse tutto in pochi istanti, in un battito di ciglia in cui dalla tachicardia sembrò entrare in apnea. Cameron si abbassò velocemente sotto la lama aspettandosi un colpo di questa da un momento all’altro.. il suono di uno sparo spezzò l’aria e lei si ritrovò per terra accanto all’S.I., il suo collo e il suo viso bagnati di schizzi di sangue.
    Derek teneva ancora la pistola puntata davanti a sé, aveva sparato alla spalla, l’unico punto mirabile senza far rischiare troppo a Cameron che poco prima gli aveva dato l’ordine di abbassarla solo per permettergli di rilassare i muscoli e prendere meglio la mira.
    Ronnie si voltò verso l’S.I., accanto a lei era vivo e sanguinava copiosamente, senza pensarci due volte estrasse il pugnale che teneva ancora nascosto nello stivale mentre nell’aria echeggiava un – NON FARLO! – lo ignorò concentrandosi invece sulla sua rabbia trattenuta che esplose, sentì scoppiare un urlo di dolore quando gl’impiantò la lama di 15 cm nella mano destra, la estrasse dopo aver sentito il pavimento con la punta provocandogli un altro grido di sofferenza, in quel momento fu lei a godere. Allungò poi la mano per afferrare la pistola nascosta e puntargliela al petto, fu in quel momento che senza badare ai richiami dei colleghi dispersi nell’aria, presa da quella follia di rabbia, di vendetta, di odio, si sentì prendere e allontanare con forza.
    - LASCIAMI SUBITO! – urlò disperata.
    Vide il corpo dell’assassino circondarsi di poliziotti mentre lei veniva trascinata via.
    - Lasciami, lasciami! Deve morire! – gridò con tutta l’aria e la forza che aveva dentro senza riuscire a capire più niente, doveva ucciderlo, era lì per quello e adesso vedeva la sua vendetta e i suoi sforzi andare in fumo in un baleno. Come un leone che incatenato vede la sua preda scappare lontano, Morgan in quel momento divenne la sua catena che per lei doveva essere spezzata immediatamente.
    Derek la teneva stretta per non farsela scappare, la circondava con le braccia poggiato alla sua schiena e pensò di averle fatto anche male stringendola così forte. Ronnie si dimenava come una furia da una parte all'altra, sembrava indemoniata agli occhi degli altri mentre strillava isterica e urlava di rabbia guardando l’uomo con la scure restare in vita poco distante da lei. Derek la trascinava lontano da lì mentre lei agitandosi lo colpiva con ogni parte del corpo che aveva libera e quando passarono di fianco ad una vetrinetta le sferrò un calcio scaricando l’adrenalina che aveva addosso facendo volare i pezzi di vetro intorno a loro con un rumore stridulo.
    - Ron smettila maledizione!
    La trascinò ancora per qualche passo non senza difficoltà finchè finalmente arrivarono alla porta, giunti all’esterno della casa e inghiottiti nel cuore della notte Ronnie non aveva ancora finito di urlare come una pazza e gridare a squarciagola – lasciami ucciderlo! Devo uccidere quel bastardo!- Derek la strattonò un paio di volte – Ronnie smettila per favore! Smettila! - ma lei non la finiva di agitarsi, tossì sentendosi soffocare nel petto dalla disperazione che aveva, sentendo bruciarle la gola, aveva il fiatone e il cuore che batteva all’impazzata, isterica, furibonda, delusa, impotente mentre soffocava schiacciata da quelle forti emozioni, sembrava essere asmatica. Derek non ne poteva più, non riuscendo più a controllarla decise di passare alle maniere forti così la inchiodò al muro con una spinta che le spezzò le urla disperate e un forte schiaffo che le girò la faccia.
    Calò il silenzio almeno per qualche secondo, Ronnie restò immobile in quella posizione mentre confusa si portava una mano alla guancia dolorante e posò un dito sulla bocca dalla quale uscì una goccia di sangue.
    - Scusa, non mi hai lasciato altra scelta – le disse Derek guardando la sua mano sporcarsi di rosso.
    Ron gli alzò uno sguardo carico d’ira, prese a picchiargli il petto con schiaffi e pugni- Perché l’hai fatto! – le mani di Ronnie incontravano il giubbotto antiproiettile - Perché? Perché? Perché? Perché non me l’hai lasciato fare!!
    I colpi diminuirono, divennero sempre più deboli fino a fermarsi nel suo petto, Derek così prese a stringerla a sé carezzandole la testa e i capelli, lei voleva piangere di rabbia ma non ci riusciva, erano finite anche le lacrime. Alzò gli occhi davanti a lei, oltre la spalla di Derek, dove una barella veniva caricata su un ambulanza. In quel momento si sentì morire.
    - Lo stanno portando via! Lo stanno curando.. lo salveranno e non finirà mai..
    Derek chiuse gli occhi e la strinse un po’ di più quando la sentì muoversi in avanti, come per andare a fermare i medici.
    - È tutto finito Ronnie non farà più niente, non ti farà più del male – le disse continuando a carezzarla.
    - Non è vero! Non è finito niente! Mi hai ucciso, sei uno stronzo! – esclamò stringendogli il braccio con rabbia.
    L’ambulanza partì a sirene spiegate, Thomas Howell veniva portato via e lei non poteva fare altro che guardare imprigionata nelle braccia di Morgan.

    Continua….

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    Edited by robin89 - 17/6/2011, 14:43
     
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