Dies Irae

eternal_sadist/fra235&Faith On Mars

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  1. ~Faith On Mars~
     
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    Titolo: Dies Irae
    Autore: eternal_sadist
    Fandom: Criminal Minds
    Rating: R
    Summary: La vendetta fa la sua comparsa nei sogni e negli incubi, mettendo a dura prova resistenza, pazienza e carattere.
    Nel periodo successivo al Mietitore, Aaron Hotchner combatte con entrambe e cerca di fare semplicemente il suo lavoro. Analisi del personaggio e del team dopo l’episodio 5x01; rating basato sulla violenza delle immagini descritte.
    Spoilers: 4x18 ["Omnivore"], 5x01 ["Nameless, Faceless"]
    Warnings: abusi su minori, violenza
    Personaggi/coppia: Aaron Hotchner/Emily Prentiss; team
    Note: Traduzione nostra, con il permesso dell'autrice! Speriamo che questa storia sia di vostro gradimento, e di aver fatto un buon lavoro! ^__^

    1

    I mostri sono reali, anche I fantasmi lo sono.
    Vivono dentro di noi,
    e qualche volta, vincono.
    --Stephen King


    Nell’oscurità i ricordi sono esasperati, spaventosi e più letali.
    Nell’oscurità, la paura diventa incubo e le ombre si aggirano furtivamente ai confini della coscienza, minacciando la nostra pace.
    E se non abbiamo pace, allora, tenteranno di rubare la nostra speranza.
    Se anche la speranza ci ha lasciati, le ombre non avranno altro compito se non quello di aspettare che noi le lasciamo entrare.
    Dopo che il resto del team è andato via, il St Sebastian hospital si è lentamente oscurato. I led dei macchinari emettono un bagliore soffuso e le lampade fluorescenti diffondono abbastanza luce da permettere allo staff di non inciampare nel proprio cammino.
    La semioscurità disegna ombre sulle pareti, nello stordimento causato dalla morfina può credere che si muovano davvero. E’ irrequieto da quando è rimasto solo, la disperazione e la sconfitta graffiano la sua pelle come carta vetrata, lo scherniscono, si prendono gioco di lui. Quella giornata ha lasciato il marchio; che siano passate più di ventiquattro ore dall’attacco di Foyet non ha importanza, specialmente perché la maggior parte di quelle ore non esiste nella sua memoria cosciente.
    Ed ecco che si fa strada nella sua mente il desiderio che Foyet gli avesse semplicemente sparato, in perfetto stile esecuzione, o che lo avesse lasciato lì a dissanguarsi, invece di portarlo al pronto soccorso, così da evitare il ricordo di Haley che lo guarda, stando ai piedi del suo letto, con gli occhi colmi di lacrime, domandandogli perché.
    Non avrebbe voluto ricordare gli occhi di Jack, dove era chiara l’incertezza di un domani; una situazione che un bimbo così piccolo non avrebbe capito, una situazione che un bambino così piccolo non avrebbe dovuto vivere. Il pensiero, sparisce in fretta, così come era comparso, lasciandolo con un cattivo gusto in bocca e un peso colpevole e grave sulle spalle.

    Dovrebbe essere grato di essere ancora vivo, eppure l’ amarezza resta, inflessibile e irremovibile. Ha guardato la sua vita correre lontano quel pomeriggio, e c’è ancora quella paura disperata alla quale non può dare voce, che gli sussurra che non li vedrà mai più e Foyet vincerà.

    La tranquilla certezza di David Rossi risuona nelle sue orecchie, e si augura di poter condividere la convinzione del collega, poiché un'àncora di salvezza sarebbe una benedizione .
    Ha le migliori persone del mondo nel suo team, ma se Foyet semplicemente scomparisse, nemmeno i migliori sarebbero in grado di trovarlo, e questo lo spaventa immensamente. Suo figlio è forse l’unica cosa giusta che ha fatto nella sua vita, e lui può solo vagamente immaginare, con gentile consapevolezza che i prossimi dieci – quindici anni saranno talmente difficili da togliere il fiato.
    Finalmente — finalmente— la morfina vince sulla ruota che il suo cervello sta combattendo per far girare, e lui cade in un sonno agitato e senza riposo.
    Sogna, quella notte; sogna sangue e dolore, la forza che si fa debole e le ombre; sogna l’oscurità intimidatoria che minaccia di inghiottirlo; sogna suo padre.
    Vede Foyet sopra di lui, il coltello in mano, la lama riflette luccichii di luce qua e là; sente lo stivale pesante sbattere con violenza contro le sue costole, sente l’aria compressa spinta nei suoi polmoni e il panico che inevitabilmente lo coglie, il panico per non essere in grado di respirare come dovrebbe. Poi George Foyet diventa David Hotchner (il che spiega benissimo perché Rossi è sempre “Dave” e mai “David”), e lui ha di nuovo quattro anni, il viso tumefatto e il suo primo osso rotto.

    Ha sette anni, e suo padre lo sta picchiando. Era passato almeno un mese da quando non veniva picchiato, almeno tre dall’ultima volta che era ridotto così male, e quando un colpo rompe il suo braccio, urla.
    Solitamente è silenzioso.
    Suo padre urla, dicendogli di smetterla, dicendogli che i veri uomini non piangono; non gli passa mai per la testa che lui è ancora un ragazzino, e che non sa cosa vuole. Succede, un giorno prima che lo portino all’ospedale, dove dicono al personale del pronto soccorso che è finito in una rissa tornando a casa da scuola. Devono rompere nuovamente l’osso per sistemarlo, ma questa volta non piange.

    Ha undici anni, e guarda suo padre colpire Sean. E’ ubriaco e sbilanciato al punto giusto, quel tanto che basta da permettere ad Aaron di intromettersi tra loro. Il suo fratellino ha cinque anni ed è terrorizzato, Aaron si ribella a suo padre per la prima volta, dicendo, “Mi sono appena messo contro di te.” approfittando della confusione provocata dall’alcool. La mattina, lui ha due costole rotte e affronta un altro viaggio al pronto soccorso (questa volta cade dalle scale), ma suo padre non picchierà mai più Sean.

    Ha quattordici anni, è steso sul pavimento della cucina mentre cerca di evitare gli stivali di suo padre. Ringrazia Dio che non sono rinforzati con l’acciaio. David Hotchner lo definisce senza valore, un fallimento, una femminuccia, un errore – tutto ciò che la gente comune pensa che un genitore non dovrebbe mai dire al proprio figlio. Stoicamente, sopporta tutto, facendo del suo meglio per parare i colpi peggiori (e ci si chiede perché ha spinto se stesso così in là da raggiungere il miglior risultato nella sua classe per quanto riguarda il corpo a corpo, determinato a non essere mai più una vittima), e sommessamente morde le sue stesse labbra per restare in silenzio.

    Fino a quando il resto della casa è addormentata e lui è nel suo letto al buio, solo in quel momento lascia che le scintille nei suoi occhi diventino qualcosa di più. Le lacrime sono calde contro la sua pelle gelida (suo padre ha adottato la pratica di spegnere il riscaldamento dopo la sua doccia, facendo in modo che suo figlio si lavi al freddo), silenziose e umilianti, e prega che suo padre non trovi una ragione per andare da lui, anche se non capisce perché in quattordici anni Dio non ha mai risposto alle sue preghiere. E anche se non ha una ragione per crederci, inizierà a farlo ora.
    Ha sedici anni e il suo migliore amico fa dei commenti a proposito dell’arrivo di suo padre a casa, la notte scorsa, più ubriaco di quanto non l’abbia mai visto. E’ apertamente divertito, afferma che suo padre è detestabile quando è alticcio, e Aaron lo guarda sorpreso.
    “Mio padre mi picchia quando è ubriaco,” dice offeso, “ma quando è sobrio, è peggio.”
    E’ la prima volta che lo dice ad alta voce a qualcuno e comprende, leggendo l’orrore che si è dipinto sul viso di Greg Daniel, che non tutti i padri percuotono i propri figli.
    Comprendendo ciò, cerca disperatamente di far promettere a Greg di non dirlo a nessuno, l’amico è comprensibilmente combattuto tra salvare l’amico o salvare l’amicizia. Infine acconsente.
    Ha diciotto anni, è in continuo conflitto con suo padre, il genere di battaglia che non hanno mai affrontato prima. E’ stato risparmiato dal disadattamento psicologico che spesso accompagna chi ha subito abusi, magari è un po’ maniacale nel disperato tentativo di non voler essere come suo padre, solo Greg è a conoscenza dei fatti -ma non è mai stato necessario richiedere il suo silenzio.
    Perde. Rovinosamente. Si diplomerà al liceo il mese successivo e si trasferirà, vedrà uno psicologo al suo secondo anno di università, dopo la morte di suo padre, ma nei sogni si rifiuta di riconoscerlo. Invece, suo padre diventa Foyet, stando sopra di lui con il suo odio e con quella piccola felicità maliziosa negli occhi. Lo rivive, anche se non lo ricorda consapevolmente, e i volti di George Foyet e David Hotchner vacillano e si fondono come un brutto ologramma.

    Infine, trova se stesso sopra un corpo in un ospedale a Des Plaines, Illinois, mentre tenta di ingraziarsi il loro soggetto ignoto (che non è più ignoto a questo punto, ma il suo inconscio ignora questi dettagli) e finge di divertirsi insultando e ferendo il suo giovane agente. Solo che questa volta non finge e le implorazioni di Spencer Reid si fondono alla reale paura, che fa ridere il soggetto ignoto. A quel punto, un angolino della sua memoria gli fa notare che il suo angente non si muove più.
    Prima che abbia tempo di fare qualcosa di più che essere inorridito, si trova in un posto che non riconosce, sopra un altro corpo mentre grida delle parole di suo padre, guidato dalle stesse azioni, da un volere che non è suo.
    Un corpo- un bambino – si rovescia, e lui realizza con un sussulto di orrore che si tratta di Jack, pregandolo di fermarsi, e scusandosi per eventuali offese. Lui le ignora, e l’attacco e le implorazioni continuano. E’ quando vede la lama nella sua mano destra e il terrore negli occhi di suo figlio… allora si sveglia.

    Il suo respiro è accelerato, le sue guance umide, cerca di regolare il respiro mentre continua ad agitare le mani di fronte al suo viso; l’ultima cosa di cui ha bisogno è un’infermiera che si precipita nella camera perché è andato in iperventilazione.
    Istintivamente raggiunge il telefono, senza curarsi dell’ora, per poi realizzare che non sa come contattarli ed è quasi un insulto, un dolore che supera quello delle ferite. Serve soltanto a rinsaldare la separazione, è un dolore peggiore della lama di Foyet che affonda nella sua pelle, un dolore che gli attraversa le tempie fino ad arrivare alla punta dei capelli.
    Disegnando un respiro irregolare che risuona rumorosamente nell’oscurità, riesce ad aprire gli occhi.
    Un movimento doloroso, ma al quale è grato perché lo distrae dalla sofferenza psicologica. Anche se l’autodistruzione è un’opzione invitante, raccoglie il bicchiere d’acqua che si trova vicino al suo letto. Gli costa sforzo, che a sua volta richiede concentrazione, il che significa che può smettere di rivedere i suoi sogni nella sua testa. Non dura molto, ma non si disturba nel cercare di dormire di nuovo. Dubita che gli porterà qualche miglioramento.
    Poi un movimento fuori dalla stanza attira la sua attenzione, si irrigidisce, desiderando per un istante di possedere ancora la sua pistola. Visto che non ce l’ha, raggiunge il pulsante per chiamare l’infermiera, le dita indugiano su di esso come un diapason che disegna il suo arco più piccolo. “Chi c’è?”
    La porta si apre e qualcuno dice con aria imbarazzata, “Mi dispiace. Non avevo intenzione di svegliarti.”
    “Emily, Cosa ci fai qui?” chiede sorpreso alla sua agente, notando la sua silhouette scrollare le spalle. “Dovresti essere a casa a dormire,” precisa, poi lei fa di nuovo spallucce.
    Dopo tutto, lei non può proprio dirgli che ci ha provato ma non ci è riuscita perché continuava a pensare che fosse morto.
    “Scusa,” gli dice goffamente. “Ti lascio dormire.”
    Ancora imbarazzata, lei si siede, crollando sulla poltrona come se le sforzo di sedersi dritta sia troppo da sopportare. Non parla, lasciando che il silenzio riempia la stanza, ma Aaron può sentire i suoi occhi su di lui. Questo è per loro un terreno inesplorato; lui è consapevole che non trascorre così tanto tempo con il suo team al di fuori del lavoro, e sa anche che lei è titubante su come comportarsi quando non sono in servizio.
    Quello che non sa è perché lei si trovi lì.
    “Dave ha detto che siete stati bravi nel caso di oggi,” le dice infine, e lei di nuovo scrolla le spalle (pensa che le sue spalle le faranno male in breve tempo se continua con quel movimento), ma percepisce chiaramente un sorriso ironico nella sua voce quando risponde.
    “Sì, lo sono stati, “ dice. “Io ho trascorso la maggior parte del tempo nel tuo appartamento, ma a parte il fatto che hanno sparato a Reid, oggi è andata bene.”
    “Grazie per tutto questo.” La voce di Hotch è bassa, sincera.
    Lei annuisce. “Ringrazia Garcia. Ha chiamato ogni ospedale nel raggio di oltre dieci miglia.”
    Il silenzio riempie nuovamente la stanza; poi, “Cos’ha fatto? Mi ha lasciato di fronte alle porte principali?”
    Nel buio, lui può sentire che lei è sorpresa, si schiarisce la voce quando parla. “Nessuno te l’ha detto?”
    Scuote la testa prima di ricordarsi che lei non può vederlo, quindi spiega, “Tra tutto il resto, non è mai venuto fuori questo discorso.”
    Lei esita; Aaron nota il movimento nel suo grembo, quando incrocia le dita, ma non spinge. “Ti ha lasciato qui sotto il nome di John Doe con le credenziali di Morgan.”
    Chiudendo gli occhi, trattiene un istintivo “Fottiti” tra le labbra. Foyet ha trovato un modo brillante per insinuarsi nella testa di Morgan, e Hotch non si illude che questo sarà d’aiuto.
    “Sta bene,” dice Emily, interpretando il suo silenzio per quello che è. “Sa cosa sta cercando di fare.”
    Le labbra si increspano nell’amara parodia di un sorriso. “Quello non è sempre d’aiuto.” Un momento prima di sentire le proprie parole, lui sussulta come se fossero frustate. Lei non aveva bisogno di sentirlo.

    “Stai bene?” gli chiede esitante.
    Nel buio Emily può permettersi la domanda che probabilmente non gli farebbe mai alla luce del sole a meno che Hotch non si trovasse a terra, ferito a morte. Nel buio, Aaron può permettersi la risposta che probabilmente non le darebbe mai a meno che loro non fossero le ultime due persone sul pianeta.
    “Ho paura che non li vedrò mai più.” Le parole sono appena un sussurro e si confondono con il ronzio dei macchinari, ma lei le sente comunque, e lui ripete le parole che ha detto a Dave quel pomeriggio. “Cosa si ricorderà Jack di suo padre tra dieci anni?”
    Incoraggiata dall’oscurità, e forse spinta dalla stanchezza, lo raggiunge le avvolge la sua mano intorno a quella di lui. E’ troppo sorpreso per allontanarla.
    “Lo troveremo, Hotch” dichiara con sicurezza. La sua voce non è più bassa di quella di lui, ma sembra un’eco perfetto della convinzione di Dave, anche sei lei non lo sa. “Lo troveremo anche se smette di uccidere.” Alzando gli occhi, uno scintillio scuro tra le ombre, trova il suo sguardo e lo fissa. “Non ti farà quello che ha fatto a Shaunessey.”
    Lui non dice niente, sente di non avere piena fiducia in quelle parole, ma non vuole ferirla dando voce al suo pessimismo. Di tutta risposta, lei gli stringe la mano più forte, fino a sentire il suo battito tra le dita. “Mi credi?”
    Sospira, vorrebbe scrollarsi tutto dalle spalle, ma non può, si obbliga quindi a guardarla in viso. “Voglio farlo.” La sua voce quasi si spezza; ma resiste, evitando che l’emozione rompa la sua voce. “Lo voglio davvero!”
    Lei annuisce, riconoscendo in quelle parole; ciò che sono! Tutto ciò che lui può dare. Non lascia la sua mano e lui le è grato, perché il contatto lo fa restare saldo e non sa se sarebbe capace di resistere se lei lo lasciasse -ha imparato a sue spese di non cercare di trattenere a tutti i costi le cose che vorrebbero andarsene.

    Stanno seduti al buio, lui non vede le lacrime negli occhi di Emily; lei non vede le lacrime negli occhi di Aaron che sfuggono al suo controllo di ferro per lasciare una scia sulle sue guance. Nessuno dei due si muove, cercando di mantenere una calma apparente, e quando la mattina arriverà, lui si ricorderà di qualcosa che un vecchio professore di filosofia gli aveva detto una volta: “Nell’oscurità, ci si può vergognare di quello che si fa, senza la vergogna della vergogna stessa.”
    Sofocle.


     
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  2. fra235
     
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    CApitolo 2
    *****************************
    Chiunque sia abituato alla libertà di movimento trova frustante e limitativo essere confinato in un letto d’ ospedale. E’ come essere legati, chiusi a chiave in una prigione di vetro, e potrebbero anche aggiungere delle sbarre alle finestre, come se migliorassero la situazione.
    Il costante andirivieni di persone che vivono la vita che dovresti vivere anche tu, ti conduce al punto di rottura e al tempo stesso ti salva dall’oltrepassare il confine, l’essere intrappolato non rende il soggiorno migliore.
    Ci vorranno ancora quattro giorni prima che l’ospedale provi almeno a considerare la sua dimissione, e questo avverrà soltanto se qualcuno starà con lui. A quest’ultima richiesta, lui esita (si rende conto che non ha nessuno da chiamare), ma Dave, e la sua impeccabile puntualità, compaiono sulla porta dicendo, “Sembri perplesso,” come saluto.
    Successivamente Aaron si rende conto che Dave sta dicendo al Dr Jacobs (che non sembra abbastanza vecchio per essere un tirocinante, figuriamoci un chirurgo di livello internazionale) che starà con lui, nel suo appartamento, per aiutarlo a ristabilirsi e a tenere le cose in ordine. E’ un piano che trova il dottore perfettamente concorde, e infatti dice ad Aaron che è libero di andare, “se l’Agente Rossi è disposto a firmare la sua dimissione.”
    “Non devi farlo,” gli dice Aaron dopo che Jacobs se ne è andato. Il suo tuono è calmo, misurato,
    “Dovrei guardarti agitarti e impazzire qui per un’altra settimana?”
    Scrollando le spalle per quanto gli è consentito, Aaron sospira e prova a ravvivarsi i capelli con una mano. Finisce per sopprimere un urlo quando alcune fitte lo costringono a lasciare il braccio dove si trova.
    “Avrò bisogno…”
    “Questa è tua.” Lo interrompe Dave mettendogli tra le mani la borsa nera. “L’ho rubata dal tuo ufficio.”
    Per la prima volta in diversi giorni, per la prima volta da Detroit, ad essere onesti, sorride! Non è un sorriso che raggiunge i suoi occhi, ma è pur sempre qualcosa. “Grazie,” dice, e Dave annuisce.

    “Hai bisogno di altro?”

    Niente…
    Tutto…
    Mio figlio...
    La mia vita...
    Troppe parole indugiano sulle sue labbra, ma le respinge brutalmente. “Non credo,” dice infine; lo sguardo del suo amico, gli dice che non è stato così bravo a nascondere i suoi pensieri quanto pensa.
    Ma comunque, se ne va, e Aaron scosta la piccola coperta dell’ospedale, determinato almeno a vestirsi senza uccidersi. Sarà un successo, fino a quando riuscirà a mettersi la tshirt senza fitte e senza strappare le bende. Si fa strada tra i bottoni stringendo i denti, e quando ha finito, è completamente sudato e ansimante.
    Deglutisce, raccoglie le sue cose ed esce dalla camera, grato ai vestiti da civile e ai movimenti che non necessitano di troppo aiuto. La capacità di muoversi vale il dolore che provoca. Dave firma i documenti e, quando si allontanano dall’accettazione (se solo avessero provato a obbligarlo su una sedia a rotelle, avrebbe ritirato il badge di Dave in un lampo e brandito le pistole degli altri agenti), prende la borsa di Aaron.
    Alzando un sopracciglio e cercando di protestare e di non sembrare sollevato tutto nello stesso istante, il giovane uomo commenta, “Sei diventato il mio valletto?”
    “Mia moglie mi diceva che era il mio lavoro portare borse”, lo informa Dave restando impassibile, e Aaron si scioglie in una vera risata.
    “Cosa… sei andato nello Utah mentre non ero cosciente e hai falsificato la mia firma?”
    “No, ho portato una controfigura. Lui ha falsificato la tua firma.”
    Mentre percepisce la leggerezza forzata nella voce del suo amico ed è certo che il novanta percento della conversazione è il risultato degli antidolorifici che gli sono stati prescritti, perde ancora la battaglia contro il non ridere, poi immediatamente attorciglia un braccio intorno al suo stomaco con un lamento.
    Anche Dave abbozza un sorriso ironico.
    “Mi dispiace.”
    “No, non ti dispiace.”
    Sono passati… anni da quando hanno avuto una conversazione così idiota – o forse è stato durante l’ultimo Natale ma in questo momento a nessuno dei due interessa tenere il conto – e la normalità da un senso di benessere. Bisogna ammettere che il senso di colpa, lo segue da vicino, come se a mordergli le caviglie fossero dei cerberi venuti dall’inferno, ma affonda nel sedile del passeggero cercando di chiudere loro la porta in faccia… almeno per il momento.
    Sulla strada per il ritorno, Dave lo ragguaglia sul caso sul quale il team ha indagato quella settimana- due giorni trascorsi in North Carolina con un uomo che prendeva di mira insospettabili turisti single al Raleigh International Airport. Considerando la situazione, è stato il caso più semplice e vicino alla perfezione che la BAU abbia mai ottenuto.
    Il team non sta bene. E’ sospeso in aria, ma nessuno lo ammette. Qualcuno aveva suggerito che il team si ritirasse dall’attività fino al suo ritorno, ma lui ci è passato sopra con un battito di ciglia. Dave è più che qualificato come Capo dell’unità; il lavoro non è cambiato, e questo è consolante. Non è ben sicuro di come reagirebbe se veramente cambiasse.
    E lui ricorda bene questa cosa, quando raggiungono l’edificio dove c’è il suo appartamento, ed afferra la sua borsa dal baule dell’auto, in modo che Dave possa fare altrettanto con la sua. O almeno, ci prova! invece Dave lo batte e si impadronisce delle chiavi (lasciate nei suoi effetti personali e pulite da possibili prove). Il corridoio sembra troppo lungo (perché ha scelto l’appartamento in fondo al corridoio?), ma stringe i denti e continua a camminare. Si rifiuta di essere una vittima (non di nuovo), e se la sua mano indugia qualche secondo di troppo sulla maniglia, Dave non commenta.
    Appena superata la porta, si ferma. Ci sono cose fuori posto ovunque, e anche se sa che si tratta del lavoro svolto dalla scientifica, questo aggrava quel sentimento di pura erroneità che rischia d’inghiottirlo.
    “Camera da letto?” chiede Dave, continuando a reggere le borse.
    Sa benissimo che è una cosa toccante per il giovane uomo; l’ultima volta che ha messo piede in casa sua, è stato attaccato. Serve molto di più di una ripulita per dimenticarselo.
    Aaron tende una mano senza girarsi, ma il suo amico scuote la testa. “Continui a dire che vuoi tornare il più presto possibile. Smettila di strafare.” Lascia la borsa all’interno della camera comunque.
    Quando torna indietro, Aaron è in piedi con le mani appoggiate al bancone, lo sguardo fisso sulla macchia di sangue scolpita nel tappeto.
    “Hey.”
    Dave cerca di mantenere un tono gentile, ciononostante Aaron sobbalza, cercando la pistola che non ha. Vedendo Dave, è come se si rilassasse, chiudendo gli occhi per un istante, ed esala un respiro che suggerisce che il movimento brusco gli è costato dolore.
    “Mi dispiace.”
    Tendendo una mano, l’anziano agente scuote il capo. “Va tutto bene. Ti capisco.”
    E lo fa! sanno molto bene entrambi che non è solo un luogo comune. Quindici anni prima, fu richiesta la loro presenza dal dipartimenti investigativo dell’esercito, il team di Dave era stato inviato a Fort Benning, in Georgia, per una consultazione. Quattro uomini assassinati, classi sociali differenti, razze differenti, background differenti, posizioni nella gerarchia militare differenti, e nessuna traccia di risoluzione in vista. Quasi una settimana dopo, il Colonnello prese Dave in ostaggio, e nonostante l’agente fosse molto abile nella difesa personale e nel corpo a corpo, si trovò decisamente in svantaggio contro un uomo di quindici centimetri più alto e con un addestramento per le operazioni speciali.
    L’hanno fermato prima che mietesse altre vittime, ma poi il team ha fatto ritorno a casa e il fratello del Colonnello ha tentato di far esplodere la casa di Dave. L’esplosione è avvenuta quando si trovava a un miglio di distanza, poiché non aveva tenuto conto di un tamponamento a catena sull’autostrada.
    La necessità di dimenticare, non si è ancora affievolita in lui, ma fa quel che può. “Insisterai per pulire questo posto, prima di poterti sedere”
    Aaron si guarda intorno con gli occhi stanchi. “Già.”
    “Da dove vuoi cominciare?” gli occhi scuri lo scherniscono, offrendogli una proverbiale mano e una facile via d’uscita.
    Lentamente, lui accetta, un sorriso esasperato increspa gli angoli della sua bocca, anche se non riesce a fare lo stesso con gli occhi. “Non sei la mia cameriera, comunque.”
    “No. Scusa, ho lasciato il certificato di matrimonio a casa.”
    Il sorriso si allarga leggermente, Aaron scuote la testa. “Scegli un posto.” Suggerisce. Lo fanno entrambi.

    (Dies Irae)
    Una settimana dopo aver lasciato l’ospedale è annoiato ma può muoversi, anche se sta impazzendo. Alla disperata ricerca di una distrazione, ha fatto richiesta di poter lavorare a casa, occupandosi delle scartoffie e della burocrazia, solo per avere qualcosa da fare. Se qualche file riguardante Foyet fa in qualche modo la sua comparsa nella pila, è per una conseguenza naturale del suo lavoro, e non si lamenta. Al contrario, li memorizza.
    Poco più di un mese dopo la dimissione dall’ospedale, viene giudicato idoneo per tornare in servizio attivo (racconta a se stesso che il fatto che sia stata la BAU a scrivere le domande non abbia nulla a che vedere con la sua valutazione positiva). Durante quel periodo di tempo, il team ha preso in carica almeno otto casi e ne ha chiusi un centinaio di più. Il sangue impresso sul tappeto non lo provoca più e ha smesso di esitare ogni volta che apre la porta del suo appartamento. Se continua a tenere la sua mano sul fianco dove porta la pistola mentre torna a casa da solo, non c’è nessuno a vederlo. Nella sua testa, sa che è troppo presto, ma non può farci niente, poiché un altro mese di riposo potrebbe effettivamente ucciderlo.
    Le foto sono state rimosse dalla sua scrivania – Haley, Jack e tutto ciò che gli ricorda loro- ripetendo a se stesso che è per la loro protezione. Un paio di stampe che qualcuno gli ha dato qualche anno fa (da qualche parte sulle montagne svizzere, Central Park in autunno, qualche altro posto che non sa localizzare ma che potrebbe benissimo essere il deserto del Gobi) prendono il loro posto, e Dave gli da semplicemente un’occhiata quando le vede. Gli altri non passano abbastanza tempo nel suo ufficio per notarlo o non sanno cosa dire.
    Quando ritornano dal loro primo caso ufficiale sul campo con Hotch di nuovo in azione, lui è… instabile: i ricordi d’infanzia che si manifestano come una psicosi, e non è qualcosa di cui ha bisogno in questo momento. Ha trascorso l’intera giornata vedendo nient’altro che fallimento, per poi trasmetterlo per osmosi al team; non è intenzionale -non più intenzionale di quanto lo possa essere il pensiero: “quindi perché non si è ancora ucciso?”-ma accade, ed è come una spirale vorticosa in cui non c’è appiglio.
    Si rende conto che deve a Garcia delle scuse. Si rende conto che dovrebbe re imparare a tenere la bocca chiusa.
    Trascorre il viaggio di ritorno senza dire nulla, anche se, sinceramente, non c’è molto da dire. Le occhiate che il resto del team gli lancia non sono così furtive come loro pensano che siano, e lui non sa come impostare quattro chiacchiere con loro.
    Non più.
    Tutto ciò che riesce a vedere lucidamente, è solo ciò che è andato storto - il Dottor Cipolla, morto solo perché sono arrivati tardi; il padre di Call, morto perché Aaron non poteva lasciar cadere un uomo traumatizzato nel baratro. Non riconosce il fatto che hanno chiuso un caso irrisolto, che hanno affrontato i demoni di due uomini; i fallimenti indugiano su di lui come il Bieco Mietitore, dicendogli che se non può fare il suo lavoro, come si aspetta di salvare la sua famiglia?
    Si trova anche ad evitare Morgan. E’ per lo più casuale, ma ricorda bene la preoccupazione del giovane agente quando Gideon fece ritorno anni fa, non vuole sentire le stesse domande riferite a lui. Non sa nemmeno se avrebbe le giuste risposte. Dal suo ufficio vede Morgan fermarsi alla scrivania di Emily, la vede mentre scuote il capo e fa un gesto verso l’ufficio di Aaron. L’agente esita, annuisce, sfiora la spalla di Emily per un minuto e se ne va. Aaron sopprime un sospiro e ritorna ai suoi documenti.
    Quando giunge il momento per lui di lasciare l’ufficio, gli altri se ne sono già andati. O almeno così crede.
    “Pensavo te ne fossi andata,” dice mentre scende nell’openspace, e Emily lo guarda sollevando il capo da una cartellina.
    “E lasciare che tu prenda un taxi? Non sono così senza cuore.” Ribatte mentre stende i, poi chiude la cartella e la ripone nel cassetto. “Sei pronto per andare?”
    Lui annuisce, e mentre lei raccoglie le sue cose, aggiunge, “Saresti potuta andare a casa.”
    “No, non importa.”
    Lui è silenzioso mentre camminano verso il garage -non sa cosa dire- e quando raggiungono l’auto di lei, Emily lancia le sue cose sui sedili posteriori. Lui fa lo stesso, ma la sua voce lo ferma prima che possa entrare.
    “Hotch.”
    Quando solleva lo sguardo, il suo avambraccio è appoggiato sul tettuccio della berlina, mentre lo osserva dal di sopra dell’auto. Lui inclina la testa di lato, un sopracciglio alzato in segno di dubbio.
    “Hai piani per questa sera?”
    Entrambe le sopracciglia, questa volta; è il giovedì sera del suo primo giorno di lavoro- come può aver fatto progetti?
    Si trattiene dal dire “Scusa, domanda idiota”, la prima cosa che le è venuta in mente vedendo la sua espressione, poiché dubita fortemente che Hotch avrebbe apprezzato.
    “Ti andrebbe di unirti a me per un drink?” gli chiede invece. “Stavo giusto per andare a berne uno dopo averti accompagnato, ma se te la senti…” è una proposta impulsiva, decisamente al di là del suo carattere e si ferma prima che possa iniziare a balbettare.
    “Grazie, ma sono a posto così”, risponde dopo un attimo di sorpresa.
    Almeno non è un “Sei pazza? Sei licenziata!” quindi lei rilancia.
    “Forza.” Il suo tono è gentilmente persuasivo. “Non ti ucciderà.”
    Lui esita, insicuro sul da farsi e più insicuro su quale debba essere la sua risposta.
    “Certo,” dice infine.
    “da Tony?” suggerisce lei, e lui annuisce.
    “Può andare.”
    Lei scivola sul sedile del guidatore e lui si chiude la portiera del passeggero alle spalle dopo un istante. Lei lo guarda, e qualunque cosa veda, le fa scuotere il capo e nascondere un sorriso.
    “Ti prometto che non drogherò il tuo drink.”
     
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  3. ~Faith On Mars~
     
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    3

    I luoghi comuni, sono sempre un buon inizio; i problemi sorgono sempre quando ci si ritrova da soli.

    L’Agente speciale Emily Prentiss inizia realmente a credere di essere affetta da qualche malattia mentale.
    Nel mese trascorso dal suo rilascio dal St. Sebastian, lei non ha mai visto il suo boss al di fuori del lavoro, tanto meno solo loro due.
    Non è completamente sicura di volerlo fare. La notte in cui è andata a trovarlo, la morfina lo aveva messo fuori uso, lei è scivolata via prima dell’alba, prima che arrivasse il resto del team, nessuno dei due voleva sentirsi rivolgere domande a cui non avrebbero saputo rispondere.
    Si era offerta di accompagnarlo benché fosse stato giudicato idoneo per il rientro al lavoro, ma questo non significava che lei non fosse rimasta sorpresa quando lui aveva accettato. Perfino adesso, con lui seduto nell’auto, non è sicura del motivo per cui lui abbia accettato.
    Il suo sistema d’allarme le ha lanciato un segnale: il file di Foyet sparso sulla sua scrivania; questo la rende nervosa, ma non è ancora sicura di doversi preoccupare, ancor meno è certa di essere la persona più indicata a stare con lui in questo momento, ma lei è qui e non c’è nessun altro, quindi accetta la situazione e va avanti.
    Tuttavia, mentre sistema l’auto nel parcheggio di Tony, inizia a pensare che potrebbe essere stata una brutta idea. Non è inusuale per lei raggiungere JJ e Garcia qui nel weekend - il proprietario li conosce tutti, spesso anche Reid e Morgan si uniscono a loro.
    L’esclusione di Hotch e Rossi non è intenzionale, ma nessuno dei due è mai presente quando si decide di andare al bar, e nessuno nel team saprebbe come proporre una cosa del genere ai due.
    Raccoglie la borsa da dietro il suo sedile, lascia la giacca del suo tailleur sul sedile prima di scendere dall’auto.
    Lei è un agente del FBI, la figlia dell’Ambasciatrice Elizabeth Prentiss. Non si tirerà indietro e scapperà via con una scusa costruita (oddio, la mia casa va a fuoco!), non importa quanto sia tentata di farlo. Chiudendo la porta, si volta a guardarlo -lo guarda davvero- mentre scende dall’auto. È visibile lo sforzo quando raddrizza le spalle, e anche se si toglie la cravatta e slaccia i primi bottoni della camicia, non sembra comunque rilassato.
    Si domanda quanto tempo è passato da quando lui si sia davvero rilassato
    Camminano sul vialetto, lui si mantiene alla sua destra, giusto un passo indietro. Tiene la porta aperta per lei, che cerca di non sorridere quando lo oltrepassa. Questo non la sorprende affatto (coincide perfettamente con il suo carattere).
    “Agente Speciale Hotchner.”

    Bob, il proprietario di Tony (si rifiuta di dire perchè ha chiamato il bar Tony e non Bob), accoglie l’uomo alto con un gran sorriso mentre dice il suo nome e si avvicina a lui, dandogli un colpetto sulla spalla. E’ solo un centimetro più alto dell’agente, ma è forte come fosse un muro di mattoni e Emily è quasi sorpresa che Hotch non cada a strapiombo sulle proprie ginocchia.
    “Stavo iniziando a pensare che fossi sparito dalla faccia della terra!”
    Hotch sorride -sorride veramente -e scuote il capo. “Non esattamente, Bob. Come va?”
    “Gli affari vanno bene,” ammette Bob, indicando il resto della sala relativamente affollata, e poi torna serio. “Come stai? Ho sentito dell’attacco del mese scorso al telegiornale.”
    “Sto bene,” gli dice Hotch. Suona forzato e forse troppo preparato alle orecchie di Emily, ma quasi certamente è l’unica a notarlo. “Probabilmente solo qualche acciacco in futuro con il cambio di stagione, ma sto bene.”
    “Mi fa piacere sentirlo. Odio dover trovare nuovi clienti.” Con un cenno del capo in direzione Emily, aggiunge, “Siete insieme?”
    “Oh, scusa.” L’espressione di Hotch è stranamente dispiaciuta. “Questa è…”
    “No, no, conosco Emily. Solo che non vi ho mai visti insieme nello stesso momento qui.” Offre alla giovane donna un sorriso (lei ha sempre l’impressione che lui non sappia cosa farsene di lei) , gli occhi blu la valutano. “Come va?”
    “Giornata lunga,” risponde lei, rimandando il sorriso, poi indica il tavolo vicino alla parete nera. “Possiamo avere un tavolo?”
    “Certo.” Li guida, poi quando sono seduti, chiede, “Il solito?”
    Entrambi annuiscono, e Bob li saluta in fretta prima di scomparire dietro il bancone.
    “Non sapevo vi conosceste.”

    Parlano nello stesso momento, facendo all’altro un gesto per dirgli di continuare, e poi ricominciano di nuovo simultaneamente. Emily geme; era stata meno imbranata agli appuntamenti che aveva da teenager!

    Con un lungo sospiro che per lui conta come una risata, Hotch inizia di nuovo, spiegando, “Il team era abituato a venire qui molto spesso.” Uno sguardo ironico attraversa il suo volto, poi aggiunge, “L’unico che non riuscivamo a convincere ad unirsi a noi era Gideon.”
    “Mmm. Vengo qui ogni tanto con JJ e Garcia,” ammette lei, riluttante nel dirgli che qualche volta si uniscono anche gli altri a loro. Non aveva mai pensato al fatto che Hotch potesse essere stato lì con il team in passato fino a quando non hanno varcato la soglia del bar, e ora si sente in colpa per non averglielo mai chiesto.

    “Bob ha ancora un debole per JJ?”
    La domanda le provoca una risata, annuisce, i suoi occhi neri sono divertiti. “Oh sì.”
    L’uomo in questione ritorna con un bicchiere scuro per Hotch e uno ambra per Emily (ognuno di loro finisce per constatare quando il drink dell’altro sia appropriato), poi sistema le tortillas, la salsa e un cestino di patatine fritte sul tavolo.
    Hotch lo guarda, un sopracciglio alzato, e Bob sogghigna.
    “Solo perché sono secoli che non passi di qui.”
    Se ne va di nuovo, e Hotch scuote il capo. “Forse mi sbaglio-forse ha un debole per te.”
    Il suo tono è lo stesso misurato, attento che usa sul lavoro; lei realizza improvvisamente quanto tempo è trascorso da quando l’ha sentito ridere l’ultima volta (l’ha mai visto?) e si chiede cosa servirebbe per fargli abbassare la guardia. Ad alta voce, lei dice semplicemente, “Non capisco mai dove trovi tutta questa roba, visto che potrei giurare che questo posto non ha la cucina.”
    “Bob ha dichiarato che questo posto è magico dalla prima volta che l’ho incontrato, e questo risale a quando ho iniziato al lavorare al Bureau,” ammette. “Il mio boss smise di fare domande, e mi è sembrata una buona strada da seguire.”
    “Beh, la sua salsa è eccellente, quindi sono perfettamente felice che non la dia anche agli altri clienti,” dice con un sorriso, immergendoci una patatina.
    “Punto”
    Qualsiasi cosa stesse per dire, è interrotta dal vibrare del suo telefono contro la superficie lucida del tavolo, e lui sobbalza. Lei non pensa di averlo mai visto trasalire, non importa quale sia la potenziale causa, ed è … destabilizzante. Incongruente. Qualcosa che lei non è in grado di identificare.
    “Aspettavi l’Apocalisse?” chiede, il suo tono intenzionalmente leggero.
    Uno sguardo colpevole attraversa i suoi occhi, facendo si che lei lo guardi da più vicino, e quindi rifiuta la chiamata.
    “Garcia ti avrebbe chiamato.”
    Lo sguardo colpevole rimane nei suoi occhi questa volta, è la rabbia che appare di sfuggita. “lo so.”
    “lei sta facendo del suo meglio” puntualizza, anche se lei non pensa che sia necessario sottolinearlo.
    “lo so “ sospira lui.
    “ma è passato un mese” aggiunge lei annuendo comprensiva, mentre lui si passa una mano tra i capelli.
    Esitando…aggiunge…
    “Già”
    “Ha controllato ogni alias e verificato… qualsiasi cosa. Abbiamo la sua foto in ogni ufficio … bhè… in occidente. Lei lo troverà!”
    “lo so” ripete ancora lui, la stanchezza traspare nella sua voce, come l’inchiostro attraverso il tessuto. “lo so… solo che non sempre è d’aiuto conoscere le cose”
    Ed è come se fossero tornati nella sua stanza d’ospedale, nel posto giusto, senza una mappa della strada che hanno appena percorso. Stavolta però, la luce rende impossibile nascondersi.
    “Hotch, non puoi permettere che sia lui a vincere”
    Lui alza lo sguardo, un movimento fulmineo carico di emozione, lei solleva una mano. Sono fuori orario, sono fuori dall’ufficio, ed Emily sa che lui sa tutto ciò che lei potrebbe dirgli; sa anche cosa è meglio sottolineare. “Lo prenderemo, ma fino a quando non lo faremo, tu non puoi ucciderti per questo. Hai il lavoro, hai il team, e se questo non è abbastanza, è comunque qualcosa. Se tu smetti di lottare domani, lui vince anche se lo prendiamo subito dopo. Lo sai!”
    La sua espressione è illeggibile, e per la seconda volta quella sera, lei sta aspettando che Hotch le spari. Ha già oltrepassato la linea dei limiti di cui non conosceva l’esistenza fino a pochi minuti prima; quindi adesso alza il tiro, se davvero lui le spara, vuole che almeno ci sia un valido motivo.
    “Gli sceriffi federali ci hanno comunicato che ci sono degli “allerta” praticamente ovunque, relativamente a chi domanda del passato di Jack o Haley. Abbiamo messo sotto controllo ogni contatto, se lui si fa vedere in rete, noi lo sapremo, e non credo che Garcia si allontani dai suoi schermi per più di tre ore consecutive da quando tutto ciò è accaduto. Riavrai indietro la tua famiglia. Magari non stanotte, magari non la settimana prossima, ma riavrai indietro la tua famiglia.”
    Sospirando ancora, si strofina il viso, afferrando la sua birra con la mano libera. Quando lui inizia a parlare, la sua voce è ancora bassa e (ha pensato che si sarebbe messo a gridare, andando via dal locale) amara, tanto che le si spezza il cuore a sentirla. “Sai che cercavo di vedere Jack almeno una volta a settimana negli ultimi tempi? Non ci riuscivo sempre, ma… come lo spieghi questo a un bambino?”
    “Non puoi !” risponde lei secca.
    “Tu sai cosa faceva mia madre – noi ci siamo trasferiti spesso nei miei primi.. sei, sette anni, molto più di quanto molta gente non si muova nell’intera vita. Lei aveva cercato di spiegarmi, ma io non ho capito; tutto quello che io facevo era essere risentita nei suoi confronti.”
    E’ il suo turno di sospirare, assapora un sorso del suo drink prima di ripetere, “tu non spieghi questo tipo di cose ad un bambino, e non ti aspetti che lui capisca il perché. “Cosa” forse, ma non il perché” Alza lo sguardo, incontrando il suo, cercando di immaginarsi quando le ombre sotto i suoi occhi sono diventate così profonde. “Si sta facendo tardi. E’ sempre stato tardi.”
    Aaron sostiene il suo sguardo, cercando nei suoi occhi risposte a domande che lei neanche conosce, ma Emily non abbassa lo sguardo. “Spero tu abbia ragione” ammette sottovoce. “non so cosa sia peggio: che lui non si ricordi di me, o che lui mi odi, perché pensa che l’ho abbandonato.”
    Emily, inclina leggermente la testa, guardandolo. Ha senso quello che sta dicendo, è in linea con quanto detto quella notte in ospedale.
    “Jack è un ragazzino sveglio” aggiunge allora dopo un istante “ e questo non mi sorprende, dato che è tuo figlio. Lo capirà.” Si rifiuta anche solo di pensare uno “spero” finale, perché è consapevole che lui sarebbe capace di leggerlo nei suoi occhi.

    Sospirando, si allunga sulla sua sedia, osservando le foto in bianco e nero, appese alle sue spalle. “Grazie”. Come ogni genitore, ricevere dei complimenti sul proprio bambino è abbastanza per sorridere, e il pensiero, “Ma come ha potuto lasciare un uomo così?” attraversa la sua mente.
    È abbastanza inaspettato da sorprenderla, e lei lo scaccia come una mosca. Non ha interesse a pensare cose come questa.
    “Posso farti una domanda?”
    Sobbalza quando lui irrompe nei suoi pensieri, ed è grata del fatto che il locale abbia luci abbastanza basse da non far notare che è arrossita. “Penso tu l’abbia appena fatta”
    Sbuffa, accennando un mezzo sorriso, quindi resta in silenzio giocando con la bottiglia. “Perché sei venuta quella notte?”
    La domanda è intenzionalmente vaga, ma lei rabbrividisce ugualmente, non deve chiedergli cosa intende. Per un momento è combattuta tra dirgli la verità o mentire, anche se la parte razionale del suo cervello è perfettamente consapevole che si accorgerebbe se mentisse, quindi beve un po’ della sua birra, per perdere un po’ di tempo. Sfortunatamente, bere l’intera bottiglia in un colpo solo, avrebbe aiutato a toglierla dall’imbarazzo, ma sarebbe stato un po’ sospetto.
    “Io…” abbozza, non sapendo cosa rispondere, poi riprende di nuovo, “tu trascorri un sacco di tempo in questo lavoro guardando le spalle delle persone con cui lavori” dice infine, guardando il tavolo e giocando con il gancio dell’orologio.
    “non ha importanza cosa ti dicono in Accademia o cosa leggi su i libri; nulla ti prepara ad essere vittima, niente ti prepara a vedere qualcuno che conosci diventare vittima, e non è mai facile.”
    Lei si ferma nuovamente, consapevole di non aver realmente risposto alla domanda, lui semplicemente aspetta, Emily può sentire il suo sguardo su di lei. “ti ho mai parlato di Topeka?”
    alzando lo sguardo, lei lo vede scuotere la testa. “Abbiamo avuto un caso là, tre o quattro anni fa, ma non credo che sia ciò che intendi”
    Questa volta, lei annuisce. “ho lavorato sul campo presso l’ufficio di Kansas City, durante il mio terzo anno con il Bureau. C’era…un caso con ostaggi a Topeka, e il mio partner ha trattato con il SI. Era riuscito a far liberare uno degli ostaggi, e doveva essere lui a ricevere l’ostaggio una volta liberato. Quando l’ostaggio si era allontanato, il SI sparò al mio partner alla gola, attraverso una delle finestre.”
    Scrollando le spalle, beve un sorso del suo drink, la sua gola è secca. “il fatto è che non ci si abitua a vedere le persone morire, meno ancora se sono persone care. Sono entrata nel tuo appartamento, e benché il fatto che la porta non fosse chiusa a chiave, non fosse un buon segno, non mi sono preoccupata che tu fossi morto, fino a quando non ho visto il sangue sul pavimento. Ho pensato che ti avrei trovato chiuso nell’armadio o simile. Non so se fosse stato meglio o peggio, visto il tempo occorso per rintracciarti.
    La condensa presente sulla bottiglia, permette all’etichetta di staccarsi, così che può afferrarne dei piccoli pezzi e strapparli con le dita. “sono venuta a vederti, perché continuavo a pensare che tu fossi morto” dice con un filo di voce.
    “il come, era peggiore ogni volta che ci pensavo”
    Lui annuisce lentamente; ha più senso che fermarla nel suo racconto periodicamente. “mi dispiace”. Per il tuo partner. Perchè sei tu che mi sei dovuta venire a cercare. E perchè questi fatti non ti lasciano in pace.
    Non dice nessuna di queste cose, ma lei le percepisce nel tono della sua voce.
    “Grazie”

    (Dies Irae)
    Escono dal bar di Tony circa un’ora dopo che sono arrivati, e lei insiste un po’ per poter pagare i loro drink. Quando lui protesta, fa spallucce.
    “Consideralo un ben tornato”
    Così come quando lo ha salutato questa mattina, lui fa marcia indietro, annuendo con un delicato “allora… grazie” che lei ha avuto difficoltà a sentire, dando la colpa al rumore dentro il bar.
    Il tratto verso il suo palazzo, solo pochi minuti, è percorso in silenzio, e lei lascia che la radio lo riempia. Hotch non ha uno sguardo confuso, quando la musica che sente non è inglese. Si ricorda che lei parla italiano, e tiene da parte quell’informazione. Quando lei parcheggia e apre le porte, ignora il suo sguardo interrogativo.
    “Emily?” chiede lui, mentre lei scende.
    “ti accompagno di sopra” spiega, e lui scuote la testa.
    “non devi farlo”
    “lo so che non devo” replica lei, mettendo le chiavi e il portafoglio (un’abitudine strana, che l’ha già salvata in passato) in una tasca, e lui smette di discutere.
    Non dicono molto salendo (questo è un classico, lei pensa), camminano fianco a fianco, nonostante lui sia avvantaggiato dall’altezza. Emily si trova ad osservare i suoi movimenti con la coda dell’occhio, alla ricerca di una smorfia o qualsiasi indicatore di dolore, ma di fatto lui sta bene, oppure è un ottimo attore, perché non vede nulla.
    Alla porta, Aaron inserisce la chiave e ruota la maniglia, accende la luce, e lei si domanda se non ha visto un po’ di esitazione in quel movimento.
    “non dovevi accompagnarmi di sopra, lo sai” dice di nuovo, andando a settare l’allarme.
    “lo so” raggiungendo la porta e chiudendola, fa attenzione a non farla sbattere, per girarsi poi di nuovo verso di lui.” Pensi che Call starà bene?” è una domanda difficile, ma lei ha volutamente lasciato un finale aperto. È anche, ironicamente, la prima volta che parlano del caso affrontato quel giorno, e si domanda quanto andrà ancora oltre i limiti, prima di andare via.
    Lui non la guarda “non lo so”
    “bhè, lui ha avuto le sue risposte” osserva lei con un tono accuratamente neutro “uccidendo l’uomo che lo ha perseguitato”
    “E poi, che altro c’è?”
    Lui continua a non volerla guardare, spostando lo sguardo altrove, nel vuoto, è quasi certa che la conversazione su Call andrà scemando. Emily desidererebbe che la smettessero di parlare per enigmi, e si domanda perché hanno iniziato a parlare proprio adesso di questo argomento, dopo tutto ciò di cui hanno parlato questa sera, ma ha terminato la sua dose di coraggio per questa notte, e non sa come lui potrà prenderla.
    “Anni di torture” il suo tono è attentamente realistico, lui non apprezzerebbe una pillola addolcita dei fatti, più di quanto non faccia lei.
    C’è una lunga pausa, dopodiché, lui incontra il suo sguardo “pensi che lo supererà?”
    “E come potrebbe?” Non deve. Tu non devi.
    Prende un profondo respiro, non dice nulla di ciò che ha pensato. “Ma almeno adesso non si dovrà più sentire solo.”
    Di nuovo lui guarda altrove, per poi tornare su di lei “Non ha nessuno.”
    Sì, lo hai. E’ il suo turno di guardare altrove, prima che lui possa leggere ciò che pensa, e i suoi occhi tornano su di lei. “Ha Tommy” una pausa, e quindi “Lui non è solo.”
    Lentamente, Hotch abbassa lo sguardo sul pavimento e annuisce per un minuto interminabile.
    Vorrebbe raggiungerlo, abbracciarlo, fare qualcosa, ma non può, quindi va via. “Cerca di dormire”
    Alza lo sguardo velocemente, quasi come se si sia dimenticato che lei è lì, in quel secondo di silenzio; Emily si chiede dove sia stato, in quel momento. “Anche tu”
    Lui la guarda uscire, ed è a metà del corridoio, quando torna indietro, camminando in direzione della sua porta.
    “Hey, Hotch!” chiama e bussa alla porta.
    La catena fa rumore e lui appare con un’espressione interrogativa. Prima che lui possa chiedere se ha dimenticato qualcosa, o prima che Emily vada nel panico, lo guarda negli occhi e gli dice: “tu non sei solo, lo sai?” lui si blocca come un cervo davanti ai fari di un’auto; lei non si chiede se lui è arrabbiato, offeso o messo al muro.
    Aggiunge sottovoce: “tu hai noi, e noi abbiamo bisogno di te, anche se tu pensi che non sia così”
    Aaron continua a non dire nulla, poi“Emily, io…”
    “buona notte, Hotch” sussurra lei.
    Non si aspetta risposte - solo non vuole che lui si paralizzi di fronte alla pallottola di un SI, mentre aspetta il Mietitore - e scivola lungo il corridoio e verso le scale, prima che lui inizi a muoversi dalla sua porta.
     
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  4. ~Faith On Mars~
     
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    4

    perché è venuto il gran giorno della sua ira, e chi può reggere in piè?
    --Apocalisse 6:17


    il tempo, dicono, è relativo, e questo è un fatto che ha imparato molto bene in questi anni al BAU. Quando attendi il tuo turno a far fuoco, o ad azionare un detonatore o saltare dal bordo di un palazzo, quando sei circondato da tensione ed adrenalina e da panico appena accennato...eppure ci sono momenti in cui vedi il tutto a rallentatore.
    Quando qualcuno ti punta una pistola alla gola, la tua attenzione si concentra sulle pulsazioni che battono contro la canna dell’arma, e ogni battito del cuore sembra durare sempre troppo a lungo. Quando stai aspettando che il colpo parta, il tempo diventa irrilevante e lo guardi avvicinarsi irreversibilmente. Il tempo diventa relativo.
    Sono passati otto mesi dalla sua dimissione dal St. Sebastian, e i mesi sono sembrati anni, addirittura decenni. Hanno lavorato a molti casi che si presentavano e se talvolta lui non è impeccabile nella ricerca della giustizia assoluta, nessuno commenta.
    Fa uno sforzo coscienzioso non andando contro il suo team, come invece aveva fatto in Kentucky, così nessuno ha motivo di commentare. Questo non li ferma tuttavia dal trovare modi per dirgli che prenderanno Foyet, alcuni sono più ovvi di altri. Lui è combattuto tra l’essere grato e il cedere.
    Trascorre tutto il suo tempo libero nella ricerca di ogni database e di nuovi feed di notizie dal mondo in lingua inglese, e per le informazioni che non sono disponibili in lingua italiana o tedesca, ne trova la traduzione.
    Il compleanno di Jack è arrivato e passato – è molto grato più di quanto non abbia espresso a parole a Sam Kassmeyer per il video, ma allo stesso tempo questo gli ricorda cosa non può (non deve) avere. È come tormentare una ferita infetta, solo che questa non vuole guarire. È un giorno uggioso, lo trova adeguato al suo umore, ma allo stesso tempo ironico.
    Poi, iniziano a scarseggiare i fondi, tra i quali quelli destinati alla sua protezione, e non può dire di esserne sorpreso.
    Ha iniziato a variare il codice di sicurezza del suo allarme ogni settimana, porta con se i backup e cambia il catenaccio spesso. Non vuole davvero essere di nuovo preso di sorpresa.
    E quando i fondi effettivamente finiscono, non vuole dire nulla in merito. Il suo team lo scopre ugualmente, e sono tutti arrabbiati con il Bureau che non trova i fondi per proteggere uno dei suoi membri. Loro, non dicono niente di tutto ciò davanti a lui, ma comunque lo sente da Dave - è difficile non sentirlo, dato che l’altro agente praticamente vive sul suo divano dalla prima settimana.
    Ha fatto tutto ciò che poteva per convincere il suo amico a tornare a casa, ma Dave lo ha guardato con la solita occhiata inscrutabile, ha scosso la testa, lo ha ignorato fino a quando Hotch lo ha accettato. Alla fine della settimana, finalmente, se ne è andato, ma è apparso Morgan neanche un’ora dopo, con la borsa contenente i vestiti per la notte e uno sguardo determinato sul viso.
    Aaron gli ha detto di tornare a casa, che lui non ha bisogno di una baby sitter. Morgan lo ha solo guardato (Aaron pensa che Dave deve averlo istruito) e non si è mosso.
    “non accadrà, Hotch. O mi fai entrare, o io mi siedo qui fuori. Scegli tu”
    “il Bureau non ti pagherà gli straordinari per questo”
    La sua voce è stanca, ma di livello, e lui vorrebbe dire questa frase come se fosse un avvertimento, ma non ci riesce (si domanda quando ha iniziato a spingere lontano tutti quanti). Dolore e rabbia approssimativamente nella stessa proporzione passano negli occhi del giovane uomo, e per un momento Aaron pensa davvero che Morgan possa colpirlo. Ma non ne darebbe a lui la colpa se lo facesse.
    “nessuno di noi vuole gli straordinari” dice infine Morgan, con una voce misurata e occhi taglienti.
    “non facciamo questo perche dobbiamo, Aaron, e se tu pensi anche solo per un istante che lo facciamo per dovere, non so con quale team tu abbia lavorato in questi anni” fa una pausa ed aggiunge. “in una famiglia, ci si tiene d’occhio l’uno con l’altro. Me lo hai detto tu”
    Può contare sulle dita di una mano le volte che i suoi agenti lo hanno chiamato per nome, da quando hanno iniziato a lavorare insieme. Annuendo e a malincuore, Aaron lo fa entrare.
    Dopo quella volta, il team inizia a fare a rotazione, l’unico che non partecipa è Reid, ma solo perché porta ancora le stampelle. “probabilmente, potrei uccidere Foyet parlandoci” ha detto come battuta una volta, “presumendo che lui non sia un fan di astrofisica, o letteratura medioevale”
    E’ accaduto durante una riunione, e Morgan scuotendo la testa ha detto “presumendo che l’amico non abbia mai letto una serie di enciclopedie, sono quasi sicuro che non ti limiterai a quello.”
    Anche Aaron ha sorriso per questo.

    (Dies Irae)
    Quasi esattamente sette mesi dopo il suo rientro al lavoro, Emily, va nel suo ufficio a dirgli che il team si incontrerà da Tony quella sera; aggiunge di dirlo anche a Rossi. Annuisce, senza davvero aver ascoltato ciò a cui sta dando risposta affermativa, annuisce fino a quando lei non se ne va, e solo quando si ferma e scende per prendere del caffè, si rende conto di quello che gli ha detto.
    Finisce la serata baciando il suo agente. Si stupisce quando se ne va.
    Il mattino successivo, Emily fa rotta diretta verso il suo ufficio e lui si domanda come avrebbe potuto apparire, se avesse sbattuto la porta e l’avesse chiusa a chiave. Non le può nemmeno dire che era ubriaco.
    Lei bussa alla porta, con i grandi occhi scuri confusi e un po’ preoccupati. “Hey”
    Alzando lo sguardo dal rapporto del caso del giorno prima e ostentando nonchalance, annuisce . “hai bisogno di qualcosa?”
    Più velocemente di un interruttore, la sua espressione abbandona la preoccupazione e diventa furiosa. Lei chiude la porta.
    “Se ho bisogno di qualcosa???” chiede incredula, e Hotch resiste alla tentazione d’indietreggiare. In fondo, lei ha la grazia di tenere la sua voce bassa.
    Posando la penna, lui sospira. “Emily…”
    Non gli da la possibilità si terminare, i suoi occhi mandano lampi.
    “se tu ti scusi o mi dici che è stato uno sbaglio, io ti getto dalla finestra, me ne sbatto della gerarchia” scatta lei. “tu mi hai BACIATA”
    Lui la guarda“lo so. Stavo per dire che forse l’ufficio non è il luogo migliore per questa conversazione”
    Gli lancia uno sguardo rapido. “Oh”
    “possiamo parlare a fine giornata?”
    Dopo un momento, lei annuisce, si gira e se ne va, le sue labbra ancora serrate. Avrebbe voluto richiamarla, dirle che non è stato uno sbaglio, ma le parole risultavano estranee alla sua lingua, e non sapeva come pronunciarle.
    Non hanno l’opportunità di avere quella conversazione.
    Un’ora dopo l’inizio della giornata, mentre sono seduti al solito tavolo rotondo, Garcia arriva di corsa, quasi travolgendo la sedia di Reid.
    “Garcia?”
    C’è preoccupazione nella voce di Morgan, non è il suo solito modo di pronunciare il suo nome, e nessuno lo biasima. Sembra che lei non abbia dormito per mesi (e questo è molto probabile) ha il fiatone e avrebbe potuto inciampare nella sua scrivania cercando di raggiungerla.
    “l’ho trovato” disse infine, “Ho trovato Foyet”
    La stanza raggela.
    Nessuno osa guardarlo.
    “è ad Albuquerque – la polizia lo ha bloccato in un motel - c’è un mandato per il suo arresto. Penso abbia rapito una donna questa mattina.”
    Lo sguardo di Morgan si blocca su di lei come una bussola che segna il nord “questo non è il suo Modus Operandi”
    Alzando le mani, lei scuote il capo “non lo so. Loro hanno la descrizione, e combaciava con quella di Foyet e…”
    Il suono del cellulare di Aaron la interrompe, e lui lo estrae dalla cintura per zittirlo. Prima che Garcia possa aprire bocca per continuare, il cellulare suona di nuovo, quindi con un sospiro risponde, aspettando un attimo.
    “Hotchner.”

    “SSA Aaron Hotchner?”

    Impallidisce immediatamente. La voce dall’altro capo del filo è un misto di carisma e confidenza, con un po’ di panico.
    Lo sa bene, poiché è la stessa voce che usa lui.
    “Si”
    “sono lo sceriffo Mann, degli US Marshal. Sua moglie e suo figlio sono stati trasferiti dal mio collega e da me tre mesi fa” c’è una piccola pausa, e Aaron non ha il coraggio di respirare: lui può percepire il “Ma” che ne segue, come un coltello che attraversa la carne, “abbiamo ragione di credere che Foyet abbia preso Haley. Risulta scomparsa da questa mattina”.
    Benché sia riuscito a rimanere in piedi, le sue gambe vacillano, afferra il bordo del tavolo, fino a quando le sue nocche non diventano bianche. Non è necessario correggere lo sceriffo che usa il presente definendola sua moglie, tutto ciò che sa è che non è in questo modo che si aspettava continuasse la sua mattinata.
    Da qualche parte, in fondo al suo cervello, nota che altre persone lo stanno guardando, e si chiede se ciò che sta provando traspare.
    “E mio figlio”
    E’ un’affermazione, più che una domanda, e la voce di Mann sembra sollevata: “é nella casa-sicura con tre dei nostri”
    La morsa intorno al suo cuore molla leggermente la presa. “il protocollo dice che---“
    “Lo so. Ma questa è stata una richiesta diretta dell’agente Kassmayer, il nostro capo ha fatto un’eccezione”
    Dopo una pausa lui spiega, “ la loro copertura, non è attivata in questo momento. L’ufficio di Albuquerque sta prendendo provvedimenti mentre noi parliamo”
    “Stiamo arrivando”
    Non capisce come possa essere così calmo. Chiude la telefonata, apre la bocca per parlare, ma non lo fa! E mentre chiude gli occhi, prende un profondo respiro.

    “Aaron?”
    lui e Dave, non usano quasi mai il nome di battesimo sul lavoro – è più facile stare nei ranghi così - e si chiede se il suo aspetto sia davvero così pessimo. È lo stesso tono che Dave ha usato la prima volta che è tornato al suo appartamento, ma questa volta non lo ha fatto spaventare.
    “Gli sceriffi pensano che lui abbia Haley” dice.
    Uscendo dalla sua bocca, le parole gli sembrarono molto più reali, aveva il fiato rotto in gola. “andiamo ad Albuquerque” dice, sperando che la voce non esca strozzata come invece la sente. “per strada in 10 minuti. Chiamo la Strauss”

    (Dies Irae)
    Il viaggio è nervoso e teso. Come se anche il pilota abbia adrenalina in eccesso. Vanno oltre il profilo, poiché è una cosa che devono fare, e c’è il dubbio, in ognuno di loro, se ciò che Foyet sta facendo, lo fa per Aaron. Lo osservano furtivamente, quasi avessero paura che si possa frantumare in un milione di piccoli pezzi (è come il viaggio di ritorno da Lousville, pensa) non sa come dire loro che non lo farà. Ha oltrepassato il punto del panico, e una gelida collera lo ha portato oltre la soggettiva impulsività, guidandolo in una fredda obbiettività.
    Verso la metà del volo, Garcia chiama, e dice di non averlo ancora trovato, ma può dire loro dove non guardare. Si annotano tutto ciò che Penelope dice e di cui dovranno parlare con gli Sceriffi. Fa una piccola pausa, come se avesse ancora da dire qualcosa, dopo un minuto, scuote la testa e riaggancia.
    Tre sceriffi li aspettano sulla pista, con due agenti dell’ufficio di Albuquerque. Introduce in modo automatico il suo team, quindi si gira verso Mann. Si guardano a lungo negli occhi, e lo sceriffo non abbassa lo sguardo in segno di colpevolezza. Ha acquistato punti nei confronti di Aaron per questo.
    “Come li ha trovati?”
    Mann fa un profondo respiro, me è il suo partner a rispondere. La bionda è chiara e schietta, nota lui in uno spazio remoto della sua mente, e sarebbe impressionato da lei, se una parte del suo cervello ci avesse pensato.
    “non lo sappiamo ancora.” Risponde Mary Shannon. “a causa della situazione di questo caso, la controllavamo diverse volte al giorno. Lei ci ha chiamati questa mattina, prima di andare al lavoro, verso le 6.00. Avrebbe dovuto farci sapere quando arrivava in ufficio, ma ha saltato il controllo”
    “abbiamo posizionato telecamere sulla strada che percorre solitamente” continua Mann, proseguendo ciò che stava dicendo la collega, “e abbiamo trovato Foyet in uno dei filmati. La telecamera di un benzinaio ha catturato chiaramente la sua faccia”
    Dave, è alle spalle di Aaron, lo guarda “quindi, o lui non sapeva della presenza della telecamera-“
    “o voleva che sapessimo che era lui” concorda Aaron.
    “abbiamo anche trovato questo alla stazione- sul sedile del guidatore della sua auto”
    Mann, sporge una busta per le prove, con un foglio di carta dentro, e Aaron si morde l’interno della guancia. È il foglio che mancava dalla sua rubrica.
    “lo riconosce?”
    “Lo ha preso dalla mia rubrica la notte che mi ha attaccato”
    E come un segno, il cellulare si mette a suonare. E come se lui lo sapesse, risponde senza pensare. “Hotchner”
    “Ciao Aaron”
    Ogni muscolo del suo corpo s’irrigidisce incondizionatamente, ricordando il dolore.
    “Cos’hai fatto ad Haley?” domanda, mentre si volta verso Dave, gesticolando verso il telefono. Sillabare “Foyet” non è necessario, ma lo fa comunque e il vecchio agente chiama Garcia, dicendo di tracciare la chiamata al telefono di Aaron.
    “Oh, lei ed io ci stiamo conoscendo”.
    La voce di Foyet è calma e confidenziale; ha smesso da tempo di essere la vittima spaventata dal Mietitore, ma adesso vi è una vena di gioia nella sua voce, che fa venire voglia ad Aaron di tagliargli la gola.
    “tua moglie – scusa, ex moglie- è una donna adorabile. Sto godendo della sua compagnia”.
    La sua mano libera si chiude a pugno, ma annuisce mentre Dave gli dice a gesti di far parlare Foyet. “fammi parlare con lei”
    È una domanda posta in un modo da non ricevere repliche, e neanche il Mietitore osa farne.
    C’è silenzio dall’altro capo del telefono, qualche rumore confuso, e quindi lui sente un singhiozzo.
    “Haley?” lotta per mantenere il suo tono neutro, ma non ha idea se ci riuscirà.
    “Aaron.” Sospira il suo nome in una voce che rasenta il sussurro, e il suo cuore si stringe e cerca di non ipotizzare cosa Foyet le possa aver fatto.
    Sono solo poche ore, ma lui sa bene che poche ore con George Foyet possono apparire come giorni.”Mi dispiace” gli dice lei. Lui scuote la testa, come se lo potesse vedere. “è una trappola” dice ancora lei “Non venire, lui-“
    C’è il rumore di un colpo, pelle contro pelle, accompagnato da un grido sordo e rumori di lotta che giungono al suo orecchio che gli fanno quasi cadere il telefono. C’è un rumore strano, e lui capisce che è il telefono che ha colpito il pavimento cadendo.
    “E’ un vero peccato che non ci sia Jack con me” dice Foyet dopo un momento, solo il tempo di un respiro, e s’intravede un monito di orgoglio in Aaron.
    Aveva fatto in modo che Haley avesse le basi dell’autodifesa, sin dal loro primo appuntamento, nella speranza che lei fosse in grado di combattere per se stessa se ce ne fosse stato bisogno. Sapere questo, un po’ lo aiuta.
    “Ci saremmo divertiti tanto, se lui fosse stato qui a guardare sua madre gridare”
    La linea è caduta, e il capo dell’unità digrigna i denti prima di riporre il telefono alla sua cintura. Dave aggrotta le sopracciglia, annuisce e mette il suo telefono in vivavoce.
    “il segnale era bloccato” Spiega Garcia, la sua voce appare un po’ affranta. “Ha fatto rimbalzare il segnale su sei torri, ma sono stata in grado di limitare la zona a Nord Ovest di Albuquerque, in un raggio di 30 miglia da Paradise Hills.
    “è un’area davvero enorme” dice Shannon in esasperazione.
    “E’ il meglio che sono riuscita a fare”
    Garcia chiude la telefonata, e lo Sceriffo dice con una smorfia “Mi dispiace, io non intendevo-“
    Sollevando un braccio Dave la ferma. “lo sappiamo” si gira verso l’agente speciale dell’ufficio di Albuquerque, Matthew Forsyth. Vogliamo lavorare sul campo, se possiamo, sviluppare un piano” rivolgendosi al capo degli sceriffi mcQueen aggiunge “ e se possiamo usare i suoi sceriffi, ogni aiuto che possono dare, sarà ben accetto”
    Non ci sono repliche.

     
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    Capitolo 5

    Nell’ufficio di Albuquerque, l’agente Forsyth e Aberdene siedono con loro. Morgan ed Emily escono a coordinare la squadra artificieri e l’HTR; nessuno di loro pensa che trovare Haley sarà facile, e non devono abbassare la guardia, poiché Foyet ha già dimostrato in passato di saper sparire.
    Shannon e Mann leggono loro qual è la copertura: Helen Karr, madre vedova di un bimbo di cinque anni Josh (“vedova” fece raggelare Aaron), impiegata in una casa editrice della città. È il loro terzo spostamento nel tentativo di tenerli al di fuori della griglia, con due cambi degli sceriffi supervisore. Kassmeyer, che mantiene aggiornata DC, è stato l’unica costante.
    Infine, hanno esaurito i posti dove Haley potrebbe essere stata avvistata (c’è voluta meno di un’ora, nell’autostrada delle informazioni), e non trovando nulla su Foyet, stilano il profilo.
    “si trova da qualche parte, relativamente fuori dalle vie principali e anonimamente” inizia Dave mostrando le foto delle case note di Foyet. Gli agenti di Albuquerque hanno già visionato il caso, e Aaron vede JJ che accoglie ringraziando gli agenti che arrivano.
    “tutto è in buone condizioni, ma non appariscente; se possiede un auto, apparirà nello stesso modo”
    Il profilo è cambiato; ha modificato il suo metodo e ha un nuovo obiettivo. Non sta uccidendo indiscriminatamente chiunque, sta aspettando Aaron.
    “la <<cosa>> che lascia ad ogni scena del crimine, è un modo di manipolare le forze dell’ordine, una forma di potere” aggiunge Reid. “faceva questo con Shaunessey; e continua a farlo con Hotch”.
    Alcune cose non sono del tutto variate.
    “E’ relativamente nuovo di questa zona” spiega Aaron “ con pochi amici , conoscenze, se non nessuno. È molto disciplinato, e al momento il suo obiettivo è mantenere un basso profilo, fino a che non vorrà che noi lo troviamo.”
    “ha contattato diverse autorità almeno un paio di volte, dopo il rapimento” sottolinea Shannon. “penso sia giunto a questo livello”
    “non necessariamente” è Rossi che risponde. “Vuole che sappiamo senza ombra di dubbio, che è lui che stiamo cercando, ma ci sta rendendo ancora difficile trovarlo. Fa parte del suo metodo di controllo, il suo gioco, come sventolare una carota davanti a un cavallo”
    “Ha dimostrato preferenza per le giovani vittime femmine” continua Aaron, con un livello di distacco degno di un premio Oscar- o quasi un caso psichiatrico. “preferisce i coltelli, usando le coltellate come sostitute della penetrazione, e siccome Haley non rientra nella categoria di adolescenti a cui è applicabile l’efebofilia, la personalizzazione potrebbe acutizzare il suo obiettivo.”
    Non si è perso lo sguardo che Dave gli ha lanciato, lo ha semplicemente ignorato, perché pensandoci bene questo potrebbe essere l’inizio della fine.
    Prima che chiunque possa commentare, Morgan entra in sala conferenze seguito da Emily.
    Inserisce diverse password in uno dei loro portatili, quindi fa partire un video, dicendo “Parlami Garcia”
    “ho iniziato a osservare il traffico sull’autostrada 25…” inizia lei, parlando troppo veloce, nel modo tipico che usa quando è troppo nervosa o eccitata. In questo caso, probabilmente è entrambe. “dalla telecamera del benzinaio lo si vede andare verso nord, quindi l’ho individuato allo svincolo con l’interstatale 423, quella è la vostra zona di ricerca”
    L’agente Forsyth, inizia a digitare sulla mappa dell’area, e Garcia continua senza prendere fiato.
    “Ho registrato la sua telefonata con Hotch, per poter analizzare i rumori di sottofondo”
    Lei digita alcuni tasti, e specifiche sulla traccia audio. Quando clicca PLAY, c’è un grido che fa spaventare la stanza.
    “cos’è quello?” Aberdene osserva confuso e con un po’ di diffidenza.
    “si tratta del nitrito di uno stallone” risponde Reid con ovvietà. “Garcia, c’è qualche-“
    “sono più avanti di te genio” risponde impunemente, e tutti quelli che non sono abituati al suo umorismo guardano lo schermo con sorpresa. “ho controllato il sistema, e ci sono tre ranch che allevano cavalli vicino a Paradise Hills; solo uno alleva stalloni, e si trova praticamente in cima all’ Indian Petroglyph State Park, e-“ ruotando la mappa e zoomando in uno specifico punto “- per addolcire il tutto, c’è una proprietà in vendita a meno di un miglio dal ranch, è stato ritirato dal mercato da Richard Gregson. Del quale non abbiamo traccia della sue esistenza prima del maggio di quest’anno.”
    “sei stupenda piccola” le dice Morgan (e adesso tutti lo guardano, ma lui è solito parlare così) “Ci puoi inviare una cartina della proprietà?”
    “Dovresti averla ricevuta” dice. “Andate a prenderli”
    Lei chiude la comunicazione, e Morgan mette la mappa del progetto vicino allo schermo sulla parete. Entrate, uscite, punti deboli, punti strategici, seminterrato, attico; loro trovano ogni informazione, su come entrare, su come uscire e su come uscire in caso d’emergenza, ci vanno circa due ore per condividere le informazioni col gruppo, anche se Aaron freme, e prenderebbe semplicemente l’auto e guiderebbe verso il ranch, ma lui sa bene che sarebbe come mandare le persone alla cieca. Quindi trova ogni scappatoia e la chiude! Morgan e Dave dicono che hanno bisogno di prendere il soggetto vivo. A lui non interessa. Se qualcuno uccide Foyet, spera di essere lui.
    “Hotch.”
    alza lo sguardo, e si scusa con l’agente Forsith, e segue Dave nel corridoio
    “Cosa c’è?”
    Dave, non dice nulla, fa solo gesto di seguirlo. Lui non si ferma fino a quando non giungono in una sala conferenze vuota in fondo al corridoio, e chiude la porta quando Aaron entra. Come se volesse allungare i muscoli, Dave allarga le spalle ed incontra lo sguardo interrogativo del suo amico. “Coordinerò le uscite” dice. Aaron annuisce, non capendo il senso di questa decisione. “tu starai con me”
    Tutto gli appare chiaro, e comprende perché la porta sia chiusa, perché l’amico abbia uno sguardo di scuse.
    “tu non puoi-“
    “io posso eccome, Aaron” dice acutamente . “e se questo fosse accaduto a qualcun altro? Se fosse la sorella di Derek? Prenderesti in considerazione di mandarlo con l’Unità?”
    “è diverso!”
    “Cazzate!” gli scuri occhi s’incontrano, testa a testa, con determinazione.
    “Tu vai lì, e Dio non voglia, devi scegliere tra un tuo agente e la madre di tuo figlio. Cosa faresti?”
    Aaron sbatte un pugno sul tavolo
    “non sono più un agente alle prime armi Dave!”
    “No Aaron, sei umano” ribatte “non hai nulla da dimostrare, e nulla da guadagnare andando lì dentro!”
    “sono passati otto mesi!”
    “pensi che io non lo sappia? Vale la pena rischiare la vita di ognuno, per una questione personale?”
    Sbattendo le palpebre, come se fosse stato colpito fisicamente, Aaron scuote la testa e dice: “Io devo farlo!”
    “no” Dave fa un passo in avanti, entrando nel suo spazio personale “No tu non devi”
    “dannazione Dave, ho fallito abbastanza con lei” è solo un grido timido, e per la prima volta da quando George Foyet è entrato nelle loro vite, il disprezzo si legge nei suoi occhi, come una pubblicità su i cartelloni di Time Square. “l’ho messa in questo casino io, non credi sia mia responsabilità tirarla fuori da tutto ciò???”
    La sua voce si rompe sull’ultima parola, e lui deglutisce pesantemente. L’anziano uomo non dice nulla per un lungo momento, l’espressione sul suo viso non è codificabile. Aaron non saprebbe dire se conviene con lui o meno, infine Dave afferra le sue spalle talmente forte da lasciargli I segni.
    “non voglio più sentirti dire questo” dichiara, il suo tono è basso impetuoso, ed è abbastanza per gettare il suo pupillo fuori bilanciamento. Dave affronta la cosa, come fece nel vicolo di Boston,- con franchezza, con umorismo non colorato e con il proverbiale scappellotto sulla nuca- non con rabbia e paura nei suoi occhi, e stringendo le sue dita.
    “vuoi incolpare qualcuno, incolpa Foyet! Lui ti ha attaccato. Lui ha preso Haley. Lui ha ucciso quasi un centinaio di persone!”
    La sua presa si allenta leggermente, e il sangue riprende a scorrere nelle mani dell’altro uomo. “Ricordi cosa ti avevo detto a Boston?”
    Lentamente Aaron annuisce. Le menti folli, ragionano nello stesso modo.
    “Questo non è a causa tua” pronuncia le parole, come se stesse spiegando l’algebra ad un bambino di sei anni. “incolpi forse Derek, perché tu sei stato accoltellato?”
    La domanda lo spiazza, e si prende un momento per riprendersi: quando lo fa, la sua risposta è indignata. “Ovviamente no. Non ha dato le sue credenziali a Foyet”
    “esattamente ciò che intendevo”
    C’è un momento- solo un momento- in cui è difficile dire se Aaron stia per crollare o per tirare un pugno a Dave, alla fine, si accascia. Lentamente Dave lo lascia, e il giovane agente porta le mani al viso, tirando un lungo sospiro.
    “Puoi odiarmi con tutto te stesso, ma tu starai con me” dice Dave, ripetendo le sue parole iniziali, “o ti giuro che ti chiudo in una cella io stesso, fino a quando non siamo tornati indietro.”
    “lo faresti!” appare esausto, come se avesse camminato all’inferno e sia casa tornato a casa dall’Apocalisse. “hai ragione! Hai ragione”
    Annuendo il suo amico lo raggiunge, posa una mano sul suo braccio per un momento
    “Andiamo. Andiamo a prenderlo”

    (Dies Irae)
    a Circa 5 miglia da Indian Petroglyph State Park, c’è una piccola casa storica. È semplice, pulita, sottovalutata (esattamente come era stato previsto) e l’unità si ferma dietro un gruppo di alberi che fornisce adeguata copertura. Quattro cecchini scivolano via per andare a coprire i quattro angoli della casa, salendo sugli alberi, senza neanche muovere una foglia. Nel furgone, stanno controllando l’interno della casa con rilevatori di calore, trovando due fonti sul retro; entrambi ignorano che qualcosa non va. Gli artificieri, controllano la casa e il terreno con attrezzature che quasi nessuno ad eccezione di Morgan conosce, e nessuno sa usare. Il BAU sarà stato a corto di fondi per la protezione, ma ciò non significa che non si possa utilizzare l’attrezzatura per controllare la casa di Foyet come se fosse un terrorista.
    Dopo circa 20 minuti, ottengono il via libera.
    Morgan ed Emily seguono l’ unità HRT quando Dave da loro l’ordine, e Reid e JJ scivolano sul retro con gli Sceriffi e gli agenti di Albuquerque. Il vento soffia attraverso gli alberi e l’erba; un cavallo nitrisce da qualche parte in lontananza. Non ci sono altri rumori: gli agenti sono silenziosi, l’erba attutisce i loro passi.
    Si fermano; il comandante dell’HRT e l’agente Forsyth raggiungono rispettivamente la porta sul fronte e sul retro a distanza di pochi secondi, e Dave prende un respiro profondo:
    “Avanti”
    la porte non sono ancora state abbattute.
    Attraverso le telecamere, possono vedere Foyet girare intorno, spingendo Haley su e giù con lui, come uno scudo umano. Del sangue scende dalla parte destra del suo viso, andando a depositarsi in varie zone dei suoi vestiti; un livido si sta sviluppando sul suo zigomo sinistro. La sua camicia è strappata ed intrisa di sangue sul lato sinistro del suo addome.
    Non ci vuole un genio a capire che è stata accoltellata, almeno tre volte, in quel puntolo indicano le bende poste da Foyet
    L’attenzione è quasi la cosa più terrificante: l’abbigliamento è meticoloso, e il messaggio è chiaro: lei non deve morire fino a quando Aaron non ne sarà testimone. Non sorprende che lei sia semi incosciente. Foyet posa la lama insanguinata alla sua gola.
    Nessuno dei cecchini ha la visuale chiara per sparare.
    “Agente Morgan,” Foyet dice piano. “Ciao, Derek.”
    Morgan, non appare sorpreso o impaurito, trasporta un fucile Remington dell’FBI, la sua arma di servizio è nella fondina, e la bocca del fucile resta su Foyet, dritto al cuore. Se questo spaventa il Mietitore, lui non lo da a vedere.
    “dimmi, dov’è il tuo capo?”
    “vai all’inferno” risponde altrettanto tranquillamente, e Foyet ride, un allegro, maniacale suono che fa digrignare i denti ad Aaron, pregando Dio che smetta di parlare per anni.
    “Urta i nervi, vero?” il mietitore ride e pressa forte il coltello alla gola di Haley, facendone sgorgare un rivolo di sangue.
    “so che mi puoi sentire Aaron” dice, con una spaventosa, quasi seducente intonazione di voce, nauseante “non avevi pianificato di entrare e salvare tua moglie? O non t’interessa, adesso non sei più sposato.”
    Spingendo le mani tremanti sulle sue ginocchia, Aaron deglutisce bile cercando di resistere al desiderio di entrare da quella porta e cavare il cuore di Foyet con qualsiasi cosa trovi —uno stuzzicadenti, se necessario. E come se non si fidasse della sua volontà, Dave lo raggiunge e gli posa una mano sulla spalla, un gesto simbolico per tenerlo fermo. Probabilmente il migliore che potesse fare.
    “vedi Aaron,” dice Foyet “ il fatto è che uomini come noi, non pensano che il mondo sia giusto, quando va tutto bene”
    Lui fa scorrere la punta del coltello sulla guancia di Haley, giusto solo per incidere la pelle e provocare dolore, ma non abbastanza da uccidere.
    “ci deve essere dolore nel fare le cose giuste, per mantenere un equilibrio”
    La lama si muove verso la clavicola adesso, il dolore la riporta ad una coscienza, che neanche lei sapeva di avere. Foyet sposta il suo peso, e Haley si muove con lui, ed è quando vedono il nome di Aaron inciso nel palmo della sua mano. La presa di Dave s’intensifica, e deve avere molta più forza di volontà di quanta Aaron non pensa di avere, per non lasciarlo andare da Foyet e lasciare che lo riduca a brandelli. “il mondo necessita di un po’ di dolore- è sempre divertente, se lo fai bene” continua, muovendo sulle sue guance la lama. Le sottili linee rosse le incorniciano il volto come una macabra maschera e c’è un lampo nei suoi occhi, che avrebbe fatto correre ancora Edgard Allan Poe per la collina. “E’ meglio del sesso”
    Le implicazioni si stanno ingrandendo e quando Aaron cerca di alzarsi in piedi, Dave stringe la presa; non può permettergli di andare, e per una buona ragione, anche se è molto probabile che le sue dita lasceranno dei lividi sulle spalle di Aaron. “non cedere all’inganno Aaron” gli dice tranquillo, coprendo il microfono con la sua mano libera, e senza mai distogliere il suo sguardo dallo schermo.
    “non capisco come tu possa aver divorziato da lei” foyet sfiora la lama sulla sua spalla, lacerando il tessuto e la pelle, allo stesso modo, afferra una ciocca di capelli biondi sporchi di sangue. “Oh giusto, lei ha divorziato da te”
    Qualsiasi cosa stesse per dire, non giungerà mai, è Haley che prende l’iniziativa. Aaron vede l’esatto momento prima che accada, e tutto ciò che può fare è gridare un disperato “No”, che lui sa benissimo nessuno sentirà in tempo. Sposta la sua testa indietro, colpendo Foyet sulla mandibola, facendo cadere entrambi a terra. La lama incide il tessuto e il muscolo dal gomito alla spalla, e lei grida, mentre cerca di divincolarsi dalla sua presa. Foyet, furioso per essersi fatto sorprendere, solleva il coltello e cerca di afferrarla, ma Morgan gli piazza un calibro 12 dritto nella spalla destra, e un cecchino gli piazza un .308 nella rotula sinistra, passando attraverso la finestra. Un agente della HRT lo afferra da dietro, agguantandolo proprio dove il proiettile ha penetrato la spalla, e spingendolo a gettare il coltello.
    Aaron è fuori dal furgone, prima che Foyet tocchi terra, e Dave lo lascia andare, si ferma solo per dichiarare il “libero”, richiedere due ambulanze, chiudere la porta e seguirlo. Nella stanza sul retro, Aaron ignorando Foyet, s’inginocchia vicino ad Haley, un momento prima che lei gli afferri la mano,e lui la sostenga.
    La sua presa è priva di forza, e lui si deve trattenere dal prendere il coltello e restituire il favore al Mietitore.
    “Mi dispiace!” dice sottovoce, vicino al suo orecchio. “mi dispiace. È finita”
    “Jack?” sussurra
    Shannon, in piedi dietro Haley, da a loro un minuto, poi annuisce, indica il telefono ed esce.
    “Sta bene!” dice a lei “lo hanno gli Sceriffi”
    “Grazie a Dio” mormora e le lacrime iniziano a scendere di nuovo, e lui la sostiene per un minuto. Quando cerca di allontanarsi, lei resiste, ma lui la ferma. “tranquilla. Devo fermare il sangue che esce da quel braccio” si toglie la giacca, e la lega intorno al suo braccio; non è molto, e non è la migliore opzione, ma è qualcosa in attesa dei paramedici.
    Quando arrivano, prendono Haley per prima, e Dave lo guida fuori, indicandogli che deve andare con lei. Lui annuisce, aspetta quel tanto che basta per guardare dove trattengono Foyet. Gli agenti Forsyth e Aberdene lo osservano pronti a mettergli un proiettile in corpo- nella testa, questa volta- Aaron si ferma giusto al di fuori della sua portata.
    Incontra lo sguardo di Foyet, e lo sorregge e poi dice agli agenti: “lo voglio ammanettato e sotto sorveglianza 24 ore al giorno con guardie armate. Nessuna eccezione. Non m’interessa se gli viene un attacco di cuore, il dottore andrà da lui”
    L’odio brucia negli occhi di Foyet, e anche se il dolore riprende di nuovo a farsi sentire, Aaron ruota su i suoi tacchi e va via. E’ finita!
    Il colpevole, non è chi commette il peccato, ma colui che lo occulta
    --Victor Hugo
     
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    -Epilogo-
    La normale paura ci protegge
    La paura esagerata ci paralizza
    La normale paura ci motiva a migliorare il nostro individuale e collettivo benessere
    La paura esagerata avvelena e distrugge costantemente la nostra vita interiore
    Il nostro problema maggiore, non è liberarsi della paura, ma piuttosto di sfruttarla e gestirla
    --Martin Luther King, Jr.

    Passa circa un mese prima che Aaron Hotchner possa rientrare al lavoro.
    Dopo mesi di separazione, Jack tiene costantemente sott’occhio suo padre, e la Strauss ha personalmente chiamato Aaron per dirgli di ritenersi licenziato se rientra al lavoro prima di tre settimane. “L’agente Morgan può gestire il team per un mese” dichiara in un tono che non richiede repliche. E lui non protesta.

    Haley resta tre giorni in ospedale, I dottori spiegano che ha perso molto sangue, ed è un po’ disidratata, la perdita di sangue richiede di restare in osservazione, la schiena è stata saturata, e sarà sottoposta a una valutazione fisica e psicologica.
    Lui le chiede timidamente e senza sembrare paternalista, se prenda almeno in considerazione la possibilità di vedere uno psicologo per un periodo, e si sorprende quando lei accetta, invece di rovesciargli addosso il vassoio. Il team è passato di lì almeno una volta, e Aaron sarebbe rimasto tutti e tre i giorni, se lei non lo avesse mandato via per il bene di Jack.
    È un ricatto, e glielo dice; lei sorride e lo manda via.
    Quando finalmente viene dimessa, lui la porta a casa, vede che inizialmente è esitante camminando per le stanze. Erano rimasti d’accordo che Jack sarebbe rimasto con Aaron , così lei avrebbe potuto riprendersi tranquillamente.
    Lo ferma sulla porta, e timidamente gli chiede se si ferma.
    Rimane sorpreso e si blocca sul posto, cercando di non far trasparire la sorpresa, lei ammette candidamente che la casa è così grande e troppo vuota. Si spaventava per un non nulla in ospedale, e non farà diversamente a casa.
    Quindi Aaron si ferma, e Haley chiama sua sorella dicendole che può tornare indietro.
    La prima sera, mangiando una fetta di pizza, poiché entrambi sono troppo stanchi per cucinare cibo vero, lei lo ringrazia. Lui si sente confuso.
    “per la cena? Certamente”
    Lei scuote la testa, sorridendo. “No cioè, si, grazie per la cena, ma non era ciò che intendevo. Grazie per essere venuto. Non avevo realizzato che non te lo avevo ancora detto.”
    “non devi farlo” replica. “è colpa mia, tanto per cominciare. Il minimo che potessi fare, era assicurarmi che ne uscissi.”
    Inclinando la testa di lato, gli lancia un lungo sguardo. Uno di quelli che un tempo lo avrebbe fatto innamorare, e forse un anno fa, avrebbe sofferto per questo. Adesso, sente solo un famigliare conforto.
    “è davvero ciò che pensi?”
    “Dave dice che non dovrei”
    Dirle questo, quando erano sposati, l’avrebbe fatta arrabbiare, adesso, lei annuisce solamente, raggiunge una ciocca di capelli, e la pone dietro l’orecchio.
    “Ha ragione. Non è colpa tua se il mondo è pieno di gente pazza, adesso tanto quanto eravamo sposati.” Sospira “mi fa piacere che il tuo lavoro ti piaccia”. Esita un po’ “mi dispiace di non averlo mai capito”
    “non essere dispiaciuta” risponde dopo un breve momento, cercando di nascondere la sorpresa. “per il tuo bene, spero che tu non lo sia”
    (Dies Irae)

    Jessica Brooks arriva per stare con sua sorella il pomeriggio successivo, ma la freddezza con cui lo accoglie è diversa da quella che utilizzava in passato. Lui se ne è andato tranquillamente con Jack, godendo del tempo ininterrotto che avrebbe potuto passare con suo figlio, e cercando d’ignorare il fatto che di fatto è un anno, a parte le interferenze di George Foyet, che non accadeva. Gli passa per il cervello l’idea di chiedere una ulteriore settimana, ma si risponde che non è una buona idea.
    Nel parco, una sera, circa a metà tra quando è stato a casa, e quando deve rientrare, siede su una panchina a guardare Jack quando qualcuno si siede affianco a lui. Sorpreso si gira e vede Dave.
    “Ehy! Tutto bene in ufficio?”
    L’altro uomo alza gli occhi al cielo“dopo tutto ciò, è questa la tua prima domanda?”
    Aaron si stringe nelle spalle, osservando suo figlio per un momento, e Dave sospira. Non si vedevano da che Haley era in ospedale, e non è sicuro di essere il benvenuto.
    “Quindi, mi ucciderai un giorno di questi, mentre non guardo?” sta scherzando a metà. In un altro uomo il tono della voce avrebbe sottolineato lo scherzo, in Dave Rossi, è sempre dignitosamente “calmo”.
    Ridacchiando allo scambio di battute, Aaron scuote la testa. “se lo volessi fare, non pensi che dirtelo sarebbe controproducente?”
    “Forse”
    sospirando, Aaron scuote la testa
    “no. hai ragione. Lo so bene. È solo…”
    “già.” Risponde l’amico, quando è chiaro che lui non riesce a terminare la frase. “Lo so”
    Annuendo, l’altro agente si passa la mano tra I capelli. “Grazie” aggiunge, guardando Dave negli occhi!
    “Cosa?”
    “Forse ti interessa sapere che trasferiranno Foyet a Lee, la prossima settimana”
    i suoi occhi si spalancano, scuote la sua testa. “per favore, dimmi che non può camminare ancora”
    “non può ancora camminare” risponde Dave educatamente. “E’ anche scortato da un team dell’FBI, della polizia di Stato del New Mexico e della Virginia, ed è probabile che verrà chiamata la guardia nazionale, anche.”
    Non è possibile dire se farà il colpo o meno, e per un lungo momento, entrambi non dicono nulla.
    Dave si chiede se era la sera giusta per dirlo, ma è Aaron che rompe il silenzio andando ad appoggiare i gomiti sulle ginocchia.
    “non credo che riuscirei a sopportare di nuovo tutto questo!”
    E’ quasi la cosa più onesta che ha detto riguardo alla situazione fin’ora. E’ deciso, risoluto, nello spingere fuori dalla sua mente il “e se?” relativo a Foyet, determinato solamente a gioire del fatto di avere suo figlio insieme a lui di nuovo. Avrebbe preferito essere ucciso da Foyet, invece che tornare indietro e passare quell’inferno. Il 95% di se stesso è sicuro di non voler tornare indietro. Posizionandosi come il suo amico, e sistemandosi spalla-contro-spalla con il giovane uomo, Dave guarda Jack invece che suo padre. “non sarà necessario”.
    Era una promessa pretenziosa, che aveva intenzione di mantenere, e non aveva nessun dubbio che il team avrebbe iniziato una caccia all’uomo, fosse stato necessario, a scapito del loro stesso lavoro. Loro avevano vinto!
    “Spero che tu abbia ragione”
    Fece una pausa; poi disse “Jack è felice di vederti di nuovo?”
    come se qualcuno avesse spostato la tenda, il sorriso in risposta era molto più riflessivo che coscienzioso; si ritrova tristemente divertito a seguire i repentini cambi di soggetto di Dave, che comunque alleggeriscono l’animo.
    “Si. anche se sembra pensare che ogni volta che svolto l’angolo, non torno più”
    “Dagli tempo!”
    “lo so: veramente, non ho molta scelta”
    “manchi al team” dice il vecchio agente, lasciando in sospeso un momento la frase, e quindi Aaron sorride.
    “Come se la cava Derek?”
    “Bene, ma penso che sia molto più che pronto a lasciarti la burocrazia”
    Ridendo, Aaron solo annuisce con la testa. Il contrasto con gli ultimi otto mesi, non gli è sfuggito, e anche a lui manca il team; è il lavoro che non gli manca adesso, e questo non accadeva da un po’.
    Più tardi, mentre se ne stanno andando, ferma Dave, dicendogli: “fermati uno di questi giorni, se sei libero” gli suggerisce “sono sicuro che a Jack farebbe piacere vederti.

    (Dies Irae)
    La domenica prima di rientrare al lavoro, porta Jack da Haley nel pomeriggio, con la promessa che sarebbe tornato. Quando suo figlio gli domanda se prenderà un’altra vacanza, lui scuote la testa e resiste alla voglia di riportarselo via.
    Passa almeno un’ora prima che Jack lo lasci andare via, e anche se pensa che Haley stia meglio, sceglie di non fermarsi a parlare, poiché non è sicuro se sarebbe capace di lasciare lì suo figlio.
    Si è appena accasciato sul sedile del guidatore della sua auto, cercando di orientarsi. Foyet non poteva scegliere un’arma migliore, pensa, poiché i segni si potranno vedere ancora per lungo tempo. Forse, la sola cosa che ne sta giovando è il suo rapporto con Haley. Fanno del loro meglio per non litigare davanti a Jack, anche dopo il divorzio, ma lei è sempre un po’ amareggiata e arrabbiata, e lui è stato troppe cose per poterle elencare tutte.
    Ad un certo punto, hanno cercato di comportarsi in modo civile, ma ultimamente il terreno sembra essere un po’ più compatto. Risposarsi sarebbe scioccante, se uno dei due lo pensasse, ma se questo significasse vedere jack, senza dover uscire dalla casa il più velocemente possibile, sarebbe sufficiente.
    Con un sospiro, avvia l’auto ed esce dal vialetto, ma esita lungo la strada, facendosi superare dalle altre auto.
    Lui deve ancora ad uno dei suoi agenti una chiacchierata.
    Quindi, guida e si ferma fuori dal gruppo di appartamenti in cui vive Emily, ed entra stando dietro uno dei residenti, prende l’ascensore e bussa piano alla porta.
    Solo mentre sta per andarsene, sente la catena scivolare ed aprirsi la porta.
    Lei appare sorpresa di vederlo, e lui non la biasima, lui è stato distante, sino a quando non ha riportato la sua famiglia a casa, e se Morgan e Reid si erano fermati con Dave e JJ a portare in giro Henry per un week end, lui ed Emily non si erano cercati a vicenda.
    “Hotch,” dice, il suo tono è leggermente alzato, quasi a porre una domanda. “Cosa ci fai qui? Va tutto bene?”
    “Tutto bene” risponde. Il sorriso che lui le offre, è piccolo, auto-ironico e beffardo, e lui scuote la testa a se stesso. “io non parlo con il team, solo quando ho bisogno di qualcosa.” Dice dopo un momento, e la sua espressione diventa sorpresa.
    “Io.. non intendevo- questo non è quello che io-“
    Sospira profondamente, prima di sollevare una mano .Emily Prentiss che balbetta e cerca un punto di appoggio è di sicuro una cosa inusuale.
    “lo so” dice, e il suo sorriso perde un po’ della sua aridità. “non intendevo che tu lo hai fatto” sospira, mettendo le mani in tasca, facendo incontrare i suoi occhi. “Sembra che io ti abbia mentito, quando ti dissi che avremmo parlato dopo, dato che sono un mese in ritardo”.
    Inizialmente, lei appare confusa, e poi un piccolo sorriso appare agli angoli della sua bocca. “penso che tu avessi delle ottime ragioni”
    Il suo sorriso si espande appena, e lui annuisce. “te ne sono grato che la pensi così, quindi,” dice tranquillamente “vogliamo darci un’altra possibilità?”
    C’è un breve momento di esitazione, e poi lei annuisce di rimando, facendo un passo indietro e aprendo la porta. “Entra”
     
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