Chimera

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    AUTORE: Unsub
    TITOLO: Chimera
    RATING: Rosso-Arancione
    GENERE: sentimentale, erotico, azione
    AVVERTIMENTI: LongFic
    PERSONAGGI: squadra BAU, nuovo personaggio
    DISCLAIMER: I personaggi non mi appartengono(tranne quelli da me inventati), sono di Jeff Davis. Criminal minds appartiene alla CBS. Questa storia non è a scopo di lucro.
    NOTE: nella presente FF ci sono riferimenti alle due precedenti puntate della serie che vede come protagonista l’agente Sarah Collins, ci sono riferimenti anche alla one-shot Just say it. La collocazione temporale rispetto al telefilm è dopo la metà della 4^ stagione. Sconsigliato agli stomaci deboli.

    Prologo

    Sarah si svegliò per i raggi del sole che entravano dalla finestra, la prima cosa che vide fu Spencer che l’osservava. Un sorriso illuminò il volto del ragazzo.
    - Buongiorno.
    - ‘giorno Cicerone – disse chiamandolo con il nomignolo che gli aveva affibbiato.
    - Ancora con questa storia del grande oratore?
    - Non è colpa mia se per dire qualcosa ci impieghi tre ore – scherzò lei di buonumore.
    - Questa me la paghi – disse lui con il sorriso sulle labbra.
    - Ah si? E come pensi di fare a farmela pagare?
    - Cosi…
    Detto questo si girò su di lei e prese a baciarla. Il corpo di lei reagì immediatamente al contatto con la pelle di Spencer, come sempre. Era felice come mai prima di allora. La loro storia proseguiva tranquilla. Mai un litigio, mai un’incomprensione. Derek li definiva “i fidanzati perfetti”.
    Era vero che dovevano prestare attenzione in ufficio. Il fatto che la squadra avesse intuito il loro legame non li metteva al riparo dal regolamento.
    La paura più grande di Sarah era stata la reazione di Hotch quando se ne sarebbe accorto. Non ne avevano mai parlato, ma lui faceva finta di niente e il giorno prima le aveva detto che era bello vederla felice anche se non per merito suo.
    Con Spencer non aveva mai parlato di quello che era successo fra lei e il loro capo. Rimaneva un segreto ben custodito fra Sarah, Hotch e Rossi. Nessuno doveva saperlo, mai e per nessun motivo.
    Eppure in quella mattina soleggiata non pensava a queste cose. I suoi pensieri erano tutti per il suo ragazzo. Quel ragazzo che la faceva sentire cosi bene, che sapeva capirla e che sapeva ascoltarla.
    Spencer si staccò per riprendere fiato, mentre lei continuava ad accarezzargli la schiena.
    - Ehi pigrona, è ora di alzarsi! Non possiamo passare tutto il giorno al letto.
    - Andiamo, Spencer, sono solo le sette, è sabato e non dobbiamo andare in ufficio…
    - Non ricordi che dobbiamo andare a quel seminario sulle conseguenze dei danni alla corteccia frontale?
    - Lavoro, lavoro, lavoro… non sai pensare ad altro, mio bel profiler? – dicendo cosi lo spinse via e fece per alzarsi.
    Lui l’afferrò per il polso e la ributtò sul letto, tra le risate di lei.
    - Dipende… tu cosa proporresti per distrarmi? – disse lui mentre le carezzava la guancia.
    - Non saprei… ma se mi dai un attimo qualcosa mi verrà in mente.
    Tirò il lenzuolo sopra le loro teste e si abbandonò al loro amore.
    <<si>> pensò Sarah <<questa è la felicità>>.
    Ma la felicità non dura per sempre.

    Il ricordo della felicità non è più felicità,

    il ricordo del dolore è ancora dolore.



    Albert Einstein



     
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    Capitolo I: Presentimenti

    Quel lunedì mattina cominciò come tanti altri. Erano tutti presi a parlare del fine settimana appena terminato mentre si dirigevano in sala riunioni. Garcia parlava a Sarah degli ultimi applicativi che il bureau le aveva fornito, Derek prendeva in giro Spencer per aver passato il sabato ad una conferenza, Emily discuteva con Rossi del film che aveva visto al cinema.
    Hotch era già seduto al tavolo, mentre JJ in piedi stava distribuendo i dossier.
    Appena la squadra si mise a sedere, JJ prese il telecomando e cominciò a proiettare le foto del caso in esame.
    - Tre vittime in tre settimane. Geena Coleman, 25 anni, impiegata, trovata a Woodbridge – le immagini si susseguivano sul monitor facendo apparire una bella ragazza dai capelli neri – stuprata e strangolata. L’S.I. ha asportato la milza. Jane Lewis, 22 anni, studentessa – di nuovo una bella ragazza dai capelli corvini apparve sullo schermo – trovata a Stafford anche lei stuprata e strangolata.
    - Segni di escissione? – chiese Rossi.
    - Si, in questo caso la lingua. Emily Rodriguez, 27 anni, insegnante, trovata a Manassas. Come per le precedenti vittime tracce di stupro e strangolamento. Le è stato asportato il cuore.
    - Stracce di sperma? – intervenne Morgan.
    - No. Sulle vittime sono state riscontrate lacerazioni e contusioni vaginali. Inoltre sono presenti segni di bruciature nella regione pubica. Sono evidenti segni di morsi sulle gambe delle vittime. Le torture e lo stupro sono anteriori alla morte.
    Garcia, che come sempre dava le spalle al monitor, si mise le mani sulle orecchie visibilmente scossa dal racconto delle violenze subite dalle tre donne.
    - Tutte le vittime sono state rapite in un lasso di tempo che va dalle 36 alle 48 ore prima del decesso. – continuò JJ.
    - Gli occhi… - disse Sarah.
    - Come Collins? – le domandò Hotch.
    - JJ puoi rimettere le immagine dei cadaveri?
    - Senz’altro Sarah – JJ sembrava perplessa come il resto della squadra.
    - Ora rimetti le foto ante-mortem delle vittime.
    Sei foto apparvero sullo schermo. Sarah si alzò e si avvicinò il più possibile al monitor osservandole attentamente.
    - Gli occhi delle vittime. Guardate le foto prima e dopo. Le tre donne avevano gli occhi scuri o nocciola, ma nelle foto dei ritrovamenti uno degli occhi è….
    - Verde – si intromise JJ – Si, durante l’autopsia il medico legale ha trovato delle lenti a contatto colorate nell’occhio sinistro delle vittime.
    - Complimenti Collins, sei un’osservatrice attenta – la elogiò Hotch.
    - Sulle vittime sono stati ritrovati dei messaggi – continuo JJ.
    Sullo schermo apparve un foglio giallo con un disegno stilizzato di una belva (forse un leone) con una testa con delle corna che spuntava dalla groppa e la coda che finiva in una linea sottile che si biforcava.
    - Una chimera – si intromise Spencer. – Nella mitologia greca…
    Sarah gli diede una gomitata, il segnale che avevano stabilito per indicare a Spencer che stava parlando troppo.
    - Altro JJ? – intervenne prontamente Collins.
    - Sull’ultima vittima è stato trovato un messaggio con in calce il disegno stilizzato di prima.
    L’immagine mutò ancora e tutti poterono leggere il contenuto del biglietto.

    “Mia bellissima signorina dagli occhi verdi,
    ti ho cercata a lungo. Perché scappi cosi da me e dal nostro amore? Tu sai cosa sono in grado di fare per amore. Hai ammirato le mie poesie e le hai comprese!
    Tu sei la perfezione. Bella e intelligente. Sei l’unica degna di stare al mio fianco. Tu comprendi sicuramente la mia arte e il mio amore.
    Questi doni sono per te, perché tu possa ricordare sempre che ti amo e voglio renderti felice.
    Arrenditi al mio amore e diventare la mia principessa.
    Tuo per sempre”

    - Ma cosa diavolo? – interloquì Rossi.
    - Mi piacerebbe sapere a chi è indirizzata – disse Emily.
    - Non lo dice – le rispose JJ.
    - La base operativa rimane l’ufficio. Morgan tu e Collins andrete sui luoghi dei ritrovamenti. Rossi e Reid andate dal medico legale. Garcia cerca casi simili in tutto lo Stato. Prentiss tu verrai con me a parlare con i detective delle polizie locali che si occupano del caso. Ci muoviamo tra venti minuti circa.

    Sarah andò nel cucinino a prepararsi un caffè. Non che il suo sistema nervoso già sovraeccitato dal caso necessitasse di altri stimoli. Ma preparare il caffè l’aveva sempre aiutata a calmarsi e riordinare le idee.
    Sentì una presenza alle sue spalle. Non aveva bisogno di voltarsi per sapere chi fosse.
    - Cosa c’è?
    Senti il corpo di lui aderire alla sua schiena mentre la stringeva in un abbraccio. Per un attimo si lasciò andare al calore del corpo di lui.
    - Non so, ho un brutto presentimento riguardo questo caso – la voce di lui era triste e preoccupata.
    - Spencer, so badare a me stessa e poi c’è Derek con me. Tu piuttosto cerca di stare attento, anch’io non mi sento tranquilla.
    Sentirono dei passi avvicinarsi e lui si staccò immediatamente. Hotch apparve sulla porta del cucinino.
    - Collins, nel mio ufficio.
    - Si, Hotch, arrivo.
    Si girò e vendendo che il capo si era già incamminato si voltò verso Spencer e gli accarezzò teneramente una guancia.
    - Ricorda solo che ti amo.
    Detto questo si avviò verso le scale per raggiungere Aaron ma i suoi occhi si fermarono sulla propria scrivania.
    C’era un grosso pacco.
    Si avvicinò titubante.
    - Chi l’ha portato? – chiese a voce alta.
    Una delle stagiste si girò verso di lei.
    - Un fattorino della Fedex, ho firmato io per lei agente Collins.
    - Ricontatta subito la Fedex e fatti dare i dati del mittente!
    Era agitata, tutto l’openspace aveva gli occhi puntati su di lei.
    Spencer uscì dal cucinino cercando di calmarla.
    - Sarah, cosa c’è che non va?
    - Non lo so… ma sul pacco non è riportato il mittente. Cosa dicevi poco fa a proposito dei brutti presentimenti?
    Derek e Emily si avvicinarono all’amica. C’era qualcosa di inquietante in quel pacco.
    Sarah si infilò i guanti di lattice e cominciò ad aprire piano il pacco cercando di non rompere la carta che l’avvolgeva per non compromettere le prove.
    Tutta l’unità era stretta intorno a lei.

    Sarah sollevò il coperchio con molta attenzione, si diceva di essere preparata al contenuto di quella scatola, qualsiasi esso fosse, ma sentì comunque un conato di vomito che cercò di bloccare sul nascere.
    Perfettamente allineati sul fondo della scatola c’erano tre contenitori trasparenti. Al loro interno un cuore, una lingua e una milza.

    Continua…



     
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    Capitolo II: Pericolo

    Mentre la scientifica imbustava e catalogava l’involucro ed il contenuto del pacco, lei si rifugiò in bagno.
    Si mise davanti allo specchio e si lego i capelli, poi chiuse gli occhi e cominciò a respirare lentamente.
    <<ecco, cosi, brava! Inspira profondamente con il naso espira lentamente con la bocca. Calmati e recupera il controllo>>.
    La manovra parve funzionare e poco dopo si sentì di nuovo padrona di se stessa. Aprì l’acqua e si chinò sul lavandino per bagnarsi il viso. La porta alle sue spalle si aprì e dei passi si avvicinarono a lei. Conosceva quei passi e non si preoccupò di girarsi. Prese una tovaglietta di carta e cominciò ad asciugarsi il viso e le mani con lentezza.
    - Sarah, stai bene?
    Si girò verso l’amica con molta lentezza. Sembrava una persona completamente diversa da quella che aveva varcato la soglia dell’ufficio quella mattina.
    - Ti ringrazio della premura. Sto bene.
    - Sarah, se vuoi parlare…
    - No, grazie agente Prentiss.
    Agente Prentiss? Sarah non la chiamava mai cosi, MAI! Cosa stava succedendo?
    Collins uscì dal bagno senza degnarla di uno sguardo e si diresse verso l’openspace dove erano tutti riuniti intorno ad Hotch.
    - Va meglio Collins?
    - Si, Hotchner, va meglio. Grazie. Credo che ora potremmo andare in sala riunioni e fare il punto della situazione.

    Il silenzio era sceso in sala riunioni. Tutti guardavano Sarah che stava quietamente seduta a gambe accavallate e con le braccia appoggiate ai braccioli, con gli occhi chiusi senza degnare della minima attenzione i suoi colleghi.
    Spencer sentì un brivido lungo la schiena: era la stessa postura che aveva adottato il giorno del suo arrivo a Quantico durante la sua prima riunione con il team. Sembrava distante e fredda come non l’aveva più vista dopo il caso Rambaldi. Cosa stava pensando? Perché si comportava cosi con la squadra?
    - Collins, ti verrà fornita una scorta e non parteciperai alle indagini, se necessario ti metteremo sotto protezione – disse Hotch guardandola preoccupato.
    - No, grazie. Non ne vedo l’utilità. Non sappiamo neanche se è lo stesso S.I., potrebbe essere solo lo scherzo di qualcuno che ha seguito il caso sui giornali.
    Tutti la guardavano. Lo sapeva anche lei. Quante probabilità c’erano?
    - Come fai ad esserne cosi sicura? – si intromise Derek – Tu adesso fai la brava e dai retta a Hotch!
    Sarah finalmente aprì le palpebre e posò il suo sguardo glaciale su Derek.
    - Non ti permettere mai più di darmi ordini, Morgan!
    I due si scrutavano, nessuno aveva intenzione di abbassare lo sguardo per primo.
    In quel momento uno stagista si affacciò alla porta.
    - Scusate l’interruzione. La scientifica a mandato questo – disse sventolando un foglio – E’ una copia, hanno detto che c’era un biglietto sul fondo della scatola, proprio sotto i contenitori.
    Hotch si avvicinò al ragazzo e prese il foglio.
    - Grazie, può andare.
    - Cosa dice il biglietto? – chiese Sarah rendendosi conto dell’espressione apparsa sul volto di Hotch mentre lo leggeva.
    - Forse è meglio che tu non lo sappia – le rispose Hotch.
    - Non sono più una bambina. Sono una profiler e ho tutta l’intenzione di affrontare questo caso come se fosse uguale agli altri! – cosi dicendo si avvicinò e strappò il foglio dalle mani del suo capo.

    “Mia bellissima damigella dagli occhi verdi,
    il mio amore senza fine per te lo posso dimostrare solo con queste poesie che ti invio. Tu sei la donna dei miei sogni. Il nostro amore non avrà mai fine. Non cambiare mai, riempi ancora il mio mondo della tua presenza.
    I tuoi occhi luminosi come stelle hanno trafitto il mio cuore.
    La melodia della tua voce mi ha reso muto.
    La perfezione della tua persona mi ha reso vulnerabile.
    Ti amo mia principessa”


    Sul fondo di nuovo una chimera stilizzata.
    Sarah fece girare il foglio fra i suoi colleghi.
    - Quest’uomo è in pieno delirio! – disse Rossi.
    - Ok – intervenne Sarah – sappiamo che è un sadico, si diverte a torturare le sue vittime. Sappiamo che mi conosce, anche solo di vista. Che altro sappiamo?
    Il resto della squadra guardò Collins. Era il momento di entrare in azione e cercare di salvare la loro amica.
    - Non riveste i cadaveri – interloquì Spencer – forte disprezzo per le donne.
    - Ma dice di farlo per amore – intervene Derek – personalità psicotica paranoide. Crede di avere un legame con Sarah e di affermare il suo amore per lei uccidendo donne che le somigliano.
    Sarah sospirò, radunò le idee e si preparò ad esporre la sua teoria:
    - Ecco il profilo preliminare: l’ S.I. è un uomo bianco fra i 25 e i 30 anni. Organizzato, studia le sue vittime per poterle sequestrare senza essere notato. Paranoide, forse dovuto ad un trauma in tenera età (morte di un genitore, aver assistito ad atti di violenza o similari). Possiede un veicolo in buone condizioni e tenuto pulito. Abbandona i corpi nei parchi, all’aria aperta, completamente nudi. Disprezza quelle donne. Probabilmente ha la fedina penale sporca, piccoli crimini perpetrati durante l’adolescenza. Ora è un cittadino modello. Non ha una vita sociale, le persone che lo conoscono lo definirebbero “riservato”. Ha un lavoro che gli permette di avere molto tempo libero, deve poter spiare le sue vittime per giorni. E’ di aspetto comune, passa inosservato all’interno di un gruppo.
    - Profilo preliminare un corno – le sorrise Derek – Sempre accurata!
    - Non è completo. Con il procedere delle indagini lo rivedremo – disse Sarah.
    - Questo caso ha la priorità su tutto! – disse Rossi – Procederemo come avevamo deciso prima.
    - Credo che Sarah dovrebbe rimanere al sicuro qui in ufficio – disse Spencer visibilmente teso.
    - Neanche per sogno! – sbottò Sarah – Non ho intenzione di permettergli di trasformarmi in una vittima! Inoltre ci sarà Derek con me a proteggermi! – detto questo si girò verso Hotch per cercare la sua approvazione.
    - Reid, Collins a ragione. Se lei cambia le sue abitudini potremmo avere un escalation. Collins un'unica cosa, sta attenta e non rimanere mai da sola! – convenne Hotch.
    - Queste sono due cose – provò a scherzare Derek per alleggerire l’aria – Inoltre come ha detto poco fa la nostra signorina cocciuta, ci sarò io con lei. Non la perderò di vista neanche per un istante!
    - Muoviamoci! – detto questo Hotch uscì dalla sala riunioni.

    Sarah e Derek furono i primi ad avviarsi. Come uscirono dall’openspace Spencer afferrò l’amico per un braccio.
    - Morgan…
    - La proteggerò, te lo giuro!
    - Sarah, fai attenzione – disse lui girandosi.
    - Si. Anche tu. Se lui mi sta seguendo… - cominciò Sarah.
    - Sa di voi due – finì Derek.
    I tre amici si guardarono. Nessuno osò formulare a voce alta il pensiero che avevano appena fatto.
    Sia Sarah che Spencer erano in pericolo!

    Continua…
     
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    Capitolo III: Birdwatching

    Erano in macchina diretti a Woodbrigde sulla scena del primo ritrovamento. Sarah non aveva aperto bocca della partenza, guardava fuori dal finestrino e teneva le mani strette a pugno.
    Derek girò lo sguardo su di lei per l’ennesima volta. Sarah non era cosi. Non lo era più da molto. Non era quella creatura fredda e distante che sedeva ora accanto a lui.
    - Sarah – provò a cominciare Morgan.
    - Ti prego non dirmi che andrà tutto bene! Non va tutto bene Derek, lo sappiamo benissimo tutti come possono finire queste cose!
    Finalmente si voltò verso l’amico, il volto rigato di lacrime.
    - Spencer… se dovesse fare del male a Spencer io…
    Derek staccò una mano dal volante e la mise su quella di lei.
    - Vi proteggeremo entrambi! Non lasciamo i nostri nei guai, dovresti saperlo.
    - Ma stiamo combattendo contro un fantasma. Potrebbe essere chiunque. Potrebbe avermi visto in qualsiasi luogo! Come lo troviamo?
    - Come facciamo sempre! Stileremo un profilo il più accurato possibile e poi inchioderemo quel bastardo! Ora non piangere. Pensa a concentrarti sul lavoro. Dobbiamo trovare lui prima che lui trovi voi!
    Sarah si asciugò le lacrime e cercò di farsi coraggio. Rievocò il viso dolce e sorridente di Spencer. L’immagine fece scendere su di lei la calma, lei aveva qualcosa da difendere. Quel tipo voleva il gioco duro? Bene! L’avrebbe avuto!
    - Manca poco, la polizia locale ci aspetta lì. Cerca di recuperare il controllo.
    - Si. Ce la faccio, non preoccuparti. E Derek?
    - Si, ciuffo buffo.
    - Scusami per quella scena in sala riunioni. Non avrei dovuto alzare la voce in quel modo, ne tanto meno usare quelle parole.
    - No problem premio nobel. Uno scatto in una situazione del genere è comprensibile e poi se credi di colpirmi parlandomi in quel modo… non hai idea di cosa è capace di fare e dire Emily quando la faccio arrabbiare – le disse con un sorriso.
    Scoppiarono a ridere. Lei si face più vicina a lui e gli poggiò il capo sulla spalla.
    - Grazie, due neuroni. Sei sempre il migliore.
    - Amici per sempre, ciuffo buffo.

    Nel frattempo nell’attesa che il medico legale li ricevesse, Spencer e David stavano discutendo in corridoio.
    - Reid, capisco che tu voglia tenerla al sicuro ma non devi dimenticare che lei svolge il nostro stesso lavoro e aggiungerei che è anche dannatamente brava.
    - Lo so Rossi, ma…
    - Guarda che anch’io ho gli occhi per vedere. Penso che solo i cechi non si accorgerebbero che state insieme.
    - Co… come fai a dirlo?
    - Non occorre che stiate li a sbaciucchiavi. Tu la guardi e le parli come solo un fidanzato potrebbe fare… e lei, beh… sei l’unico della squadra che non rimetta in riga appena le dice qualcosa – disse Dave con un sorriso – Quello che c’è fra di voi non mi riguarda finché non intralcia il vostro lavoro.
    - Tu cosa faresti al mio posto? Non cercheresti di tenerla al sicuro? Non cercheresti di proteggerla?
    - Reid ora ti parlerò da uomo a uomo. Si, se fosse la mia donna anch’io sarei preoccupato, ma cercherei di tenere sempre a mente chi è LEI! Non è una ragazza come tutte le altre. Ha dimostrato più di una volta di essere in grado di badare a se stessa! E inoltre la squadra non permetterebbe MAI che le capitasse qualcosa di brutto.
    Spencer annuì anche se poco convinto. Rossi parlava bene! Non era la sua donna ad essere inseguita da un sadico psicotico paranoide! Per il momento lui si limitava a “corteggiarla”, ma se lei avesse fatto una mossa sbagliata?

    Emily era tesa. Sarah era strana e la cosa la preoccupava. Doveva affrontare l’argomento con Hotch ma non sapeva come cominciare. Lui le venne in aiuto.
    - Prentiss?
    - Si, Hotch?
    - Tu sei la migliore amica di Collins. La conosci meglio di chiunque altro. Come sta? Intendo VERAMENTE.
    - Sono preoccupata, non credo che regga la pressione.
    - Perché dici cosi? Ti ha detto qualcosa?
    - L’esatto contrario, non mi ha detto niente. E quando le ho chiesto se voleva parlare lei mi ha chiamata agente Prentiss.
    - Già. Ha chiamato me Hotchner e hai sentito come a risposto a Morgan?
    Emily fece mente locale. Si c’era qualcosa di strano nel modo in cui aveva risposto a Derek, ma cosa? Poi capì.
    - Non l’ha chiamato Derek o con uno di quei nomignoli che usano loro! L’ha chiamato Morgan!
    - Sta prendendo le distanze e la cosa mi preoccupa parecchio. Sta tirando su le difese e cerca di estraniarsi dal resto del gruppo.
    - Ma perché agisce cosi? E’ dai tempi del caso Rambaldi che ci tratta come amici e non come colleghi!
    - Credo che centri in qualche modo Reid.
    Emily cercò di trattenere l’emozione. Non poteva parlare ad Hotch della relazione di quei due e non poteva far vedere che sapeva di loro due.
    - Che intendi dire?
    - Andiamo, Prentiss! Sono anch’io un profiler! Quei due hanno una storia, non so quanto seria ma ce l’hanno. Il punto è: può influire sulla loro capacità di giudizio? Può interferire con il loro lavoro?
    - Non mi sembra che sia mai successo…
    - Da quanto stanno insieme?
    - Non so di cosa…
    - PRENTISS!
    Emily si sentiva in difficoltà. Doveva dire al suo capo quello che Sarah le aveva confidato? Non poteva tradire la sua amicizia.
    - Andiamo! So che quando tu, Morgan, Reid e Collins uscite insieme non siete quattro amici ma due coppie. Pensi che io sia cosi sprovveduto? – le disse con un sorriso.
    - Da quando lei è tornata dopo l’aspettativa…
    - Quindi è più di un anno? Cavoli non ha perso tempo…
    - A cosa ti riferisci?
    - Niente. Piuttosto devo ammettere che sul lavoro sono sempre stati molto professionali. Anzi, SIETE stati tutti molto professionali, nonostante quelle che vi unisce.
    - Hotch, sei arrabbiato?
    - No, sarebbe da stupidi. Ma se la Strauss lo chiedesse… io non ne sapevo niente, chiaro?
    - Cristallino.

    "Eccola! Sapevo che sarebbe venuta qui! Con che grazia scende da quel Suv! E’ veramente perfetta. Quell’energumeno vicino a lei deve essere uno dei suoi colleghi. Si sta prendendo troppa confidenza! Nessuno deve toccarla! Lei è mia."

    Derek e Sarah scesero dall’auto e si incamminarono verso i poliziotti che stavano al margine del parco. In quella bella giornata c’erano mamme con bambini, ragazzi sdraiati sul prato, uomini e donne che facevano jogging e qualcuno che leggeva seduto sulle banchine.
    Sarah inciampò e Derek la sorresse prontamente.
    - Tutto bene?
    - Si… se non ci pensa l’S.I. a farmi fuori, ci penserà la mia sbadataggine.
    Poi Collins alzò la testa di scatto.
    - Tutto bene Sarah?
    - Lui è qui!

    Continua…
     
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    Capitolo IV: Osservati

    - Sei sicura? – Derek si guardò intorno e istintivamente slacciò la fondina.
    - Derek, non mi chiedere come, ma sento che lui è qui e ci osserva. Cerca di fare finta di niente, ho un’idea.
    Derek cercò di concentrare la sua attenzione su Sarah e spostò le mani dalla pistola. Nel frattempo l’amica si dirigeva a passo sicuro verso i poliziotti.
    - Buongiorno. Io sono l’agente Collins e lui è l’agente Morgan. F.B.I.
    - Si, vi stavamo aspettando. Il ritrovamento è avvenuto in questo punto. Abbiamo portato le foto e una copia del rapporto.
    - Derek, passami la macchina fotografica e parla con loro.
    - Cosa hai in mente?
    - Non fare domande e comportati come se questa fosse la prassi normale.
    Anche se a fatica Morgan eseguì le direttive di Sarah, mentre lei cominciò a scattare foto della scena per poi passare al resto del parco. Derek finalmente capì. Cercava di cogliere un’immagine dell’S.I. senza destare sospetti. Avrebbero analizzato tutti insieme l’atteggiamento delle persone presenti nel parco in quel momento.

    Nel frattempo a Quantico JJ e Garcia si trovavano nell’ufficio di quest’ultima. Penelope stava inserendo i dati per la ricerca di casi simili.
    - Non c’è niente di simile in tutto lo Stato – disse dopo un’accurata indagine.
    - Eppure non può essere. La sua tecnica è troppo perfetta. Deve aver cominciato da qualche altra parte, forse in un altro Stato.
    - Ok provo ad allargare la ricerca a tutti gli Stati Uniti. O cavoli!
    - Cosa c’è? Trovato già qualcosa?
    - No, non sono cosi veloce. Ho sbagliato ad inserire gli standard di ricerca e ho incluso per errore anche l’archivio dell’Interpool…
    - Non importa, magari salta fuori qualcosa.
    - Si hai ragione. Comunque ora abbiamo un po’ di tempo da perdere. Il computer finirà la ricerca da solo e ci avviserà se trova qualcosa.
    JJ si accomodò sulla sedia vicina a quella dell’amica.
    - Di cosa vuoi parlare?
    - Tanto per cominciare voglio sapere come sta il mio figlioccio.
    - Henry sta benissimo. Siamo io e Will ad essere distrutti. Si sveglia anche tre o quattro volte per notte. Will è tanto dolce. Spesso si alza lui per permettere a me di dormire un po’ di più.
    - Sai pensavo a quanto sarebbe bello avere dei bambini in giro per l’ufficio che vengono a trovare i genitori.
    - Tu e Kevin ci state pensando?
    - No, non mi riferivo a noi – disse con un sorriso furbo.
    - Mi sono persa qualcosa mentre ero in maternità?
    - Beh, tu sai che qui io e Kevin non siamo l’unica coppia.
    - Dici che Morgan e Emily sono pronti al grande passo?
    - JJ, io non sono una profiler, ma ho visto come Reid guarda tuo figlio.
    - Spence? Dici?
    - Secondo me quando tiene in braccio Henry pensa a come sarebbe avere in braccio un figlio suo… hai visto che sguardo dolce che ha?
    - Non saprei… voglio dire… Sarah è una brava ragazza ed indubbiamente non è antipatica e fredda come avevo pensato appena l’ho conosciuta, ma… un figlio con Spence… non credo.
    - Ti ripeto non sono una profiler, ma tu non hai notato niente?
    - Cosa?
    - Stamattina quando siamo usciti dalla sala riunioni la prima volta Sarah è andata nel cucinino a preparare il caffè…
    - E il fatto di saper preparare il caffè fa di lei una candidata alla maternità?
    - Quello che non hai notato è che Spencer l’ha seguita e l’ha abbracciata da dietro. E dovevi vedere lei! Aveva uno sguardo dolce negli occhi e si è appoggiata a lui sospirando.
    - Sarah? Miss ho in pugno la situazione e niente mi scompone?
    - Già.
    - Spence l’ha fatta sciogliere parecchio!
    - Credo che il piccolo federale abbia delle doti a noi sconosciute – disse Garcia con uno sguardo malizioso negli occhi.
    - Credi che io mi sia persa qualcosa non dando seguito al nostro primo appuntamento? – rispose Jennifer con uno sguardo divertito negli occhi.
    - Chissà…
    Le due cercarono di soffocare le risate. Qualcosa venne in loro aiuto mentre cercavano di tornare serie. Il bip del computer di Penelope annunciava che c’era un riscontro.
    - Garcia.
    - Si, controllo subito.
    Detto questo si posizionò di nuovo davanti al monitor e cominciò a far scorrere i files.
    - Pare che ci sia un riscontro… o mio dio!
    - Cosa c’è? – disse Jennifer cominciando a leggere il dossier dietro la spalla di Garcia.
    Più leggeva più il suo viso perdeva colore. Le due donne si guardarono.
    - Sarah è in un mare di guai! – sbottò Garcia.
    - Già, più di quanto avessimo immaginato – rispose JJ mentre componeva un numero sul cellulare – Hotch! Sono JJ, abbiamo un riscontro… no non posso parlare per telefono… dovete tornare tutti qui il prima possibile!... si la situazione è veramente brutta.
    Riattaccò, lo sguardo ancora fisso sul monitor. Spencer e Sarah non l’avrebbero presa bene.

    Continua…
     
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    Capitolo V: L’uomo che potresti essere

    Dopo aver chiuso la telefonata JJ cominciò a pensare, ma non al caso. I suoi pensieri erano tutti rivolti verso quello che le aveva detto Garcia.
    Interrogò se stessa sul perché non se ne fosse accorta fino ad allora. Se i sentimenti di Spence erano cosi profondi, perché non le aveva parlato del legame con Sarah?
    Aveva dato per scontato che la loro fosse una storiella senza importanza.
    Effettivamente nell’ultimo anno erano stati tutti e due molto presi, non parlavano più come una volta. Lei era stata distratta da Will, dal bambino in arrivo, dalla novità di essere madre. Non aveva mai pensato di interrogare Spencer in merito alla sua storia con Collins.
    Ripensava a quella domenica pomeriggio allo stadio. Era il loro “primo appuntamento” (anche se non ne erano seguiti altri). Era piena di tenerezza per quel ragazzino impacciato che l’aveva invitata a vedere i Washington Red Skins. Dopo la partita si avviarono verso il parcheggio e arrivati alla macchina di JJ avevano parlato.
    - JJ, io… sai è stato Gideon a dirmi di invitarti…
    - Non volevi venirci con me?
    - No, è che… insomma… tu… tu mi piaci – disse lui balbettando e diventando rosso.
    - Spence, anche tu mi piaci, ma non come dovresti per… - era emozionata e spaventata, non voleva ferirlo ma doveva troncare la sua cotta sul nascere.
    - Lo so, però… non volevo avere rimpianti – disse lui visibilmente deluso – possiamo… possiamo essere almeno amici?
    Lei aveva sollevato lo sguardo in un sorriso gioioso.
    - Spence, saremo molto più che amici. Considerami la tua sorella maggiore!
    Si erano abbracciati e da allora quello era stato il loro rapporto. Spencer le confidava praticamente tutto. Sicuramente si era sentito ferito per il rifiuto di lei e ancora di più quando aveva scoperto che JJ gli teneva nascosta la sua relazione con Will.
    Quando guardava Spencer Reid pensava sempre all’uomo che sarebbe potuto diventare se solo avesse avuto un po’ più di fiducia in se stesso. E quando pensava alla ragazza che gli poteva stare accanto l’aveva sempre immaginata dolce e sensibile.
    Come aveva detto a Penelope, Sarah era una brava ragazza, ma… dolce, sensibile? Non erano aggettivi che potevano essere usati per definirla.
    Era allegra in ufficio, rideva e scherzava con Morgan e Emily. Ma quello che Garcia non poteva sapere era come diventasse Collins sul campo. Era fredda, determinata, dura. Aveva visto assassini non battere ciglio davanti a Morgan e Hotch, ma tentennare davanti allo sguardo di ghiaccio di lei.
    Si domandava sempre più spesso cosa Spencer trovasse in lei. Non che ci fosse da chiedere cosa un uomo potesse trovare in Sarah. Era bella e sensuale. Persino Hotch sempre cosi composto e serio aveva avuto una sbandata per lei, anche se la squadra faceva finta di non sapere. Ma Spencer era diverso, non avrebbe guardato solo il lato esteriore di una ragazza… cosa c’era in Sarah di cosi speciale?
    Doveva parlare con Spencer, doveva avvertirlo. Aveva paura che Sarah potesse spezzargli il cuore. Non avrebbe tollerato di vedere il timido ed indifeso Reid soffrire per amore.

    Reid e Rossi furono i primi a rientrare. Spencer si diresse a passo sicuro nell’ufficio di Garcia, dove lei e JJ stavano ancora parlando. Appena Penelope lo vide entrare spense il monitor.
    - Devo… devo andare a prendere i dossier che ho stampato. Se volete scusarmi – non riusciva a guardare Reid negli occhi.
    Come Garcia chiuse la porta dietro di se, Spencer si avvicinò a JJ.
    - E’ cosi brutto?
    - Ne parleremo tra poco, appena saranno tornati tutti gli altri – Jennifer non riusciva a togliersi dalla mente quello che le aveva detto Penelope a proposito di Spencer e Sarah – Spence?
    - Si JJ?
    - So che non sono affari miei e che facciamo tutti finta di ignorare che tra te e Sarah c’è qualcosa di più di un’amicizia, ma… mi chiedevo…
    - JJ, io amo Sarah e tra noi c’è molto di più di un’amicizia – disse lui con un sorriso sereno.
    La ragazza cerco il contatto visivo con Spencer. Chi era quello sconosciuto che le stava davanti? Non il timido dr Reid. Non era quel ragazzo impacciato che aveva conosciuto ed imparato ad amare come un fratello. In un anno era molto cambiato. Era diventato finalmente un uomo nel senso più profondo del termine. Non aveva paura di ammettere i suoi sentimenti e non se ne vergognava. Fino a poco tempo prima sarebbe diventato tutto rosso e avrebbe balbettato qualcosa di incomprensibile per cambiare discorso e non affrontarla.
    Cosa era successo? Possibile che fosse stata Sarah a cambiarlo?
    - Garcia mi ha detto di aver notato come guardi Henry… mi stavo chiedendo se voi avete intenzione di…
    - Senza offesa JJ. Tu e Will avete fatto la vostra scelta che io ammiro e rispetto, ma io vorrei fare le cose per bene.
    - Cosa intendi?
    - E’ da un po’ che ci sto pensando. Io e Sarah stiamo insieme da più di un anno ormai. Dobbiamo prendere l’S.I. il prima possibile – disse lui visibilmente emozionato mentre allungava una mano verso la tasca interna della giacca – e il giorno che lo prenderemo voglio darle questo…
    Tirò fuori una scatola di velluto blu e l’aprì. Al suo interno un bellissimo anello di oro bianco con un diamante faceva bella mostra di se.
    - Spence… sei sicuro? Voglio dire… il matrimonio dovrebbe essere per tutta la vita. Lei non so… non sembra adatta a te – ecco l’aveva detto!
    - Cosa intendi con non adatta a me – Spencer sembrava risentito – So che è bella e intelligente. So che potrebbe avere tutti gli uomini che vuole…
    - Non fraintendermi! Non intendevo che tu non sei alla sua altezza, se mai… Spence lei è cosi dura! Sei sicuro che sia la ragazza che fa per te?
    Il ragazzo sorrise raggiante mentre rimetteva via quel piccolo tesoro.
    - So che non amerò mai nessun’altra come amo lei e che voglio svegliarmi tutti i giorni della mia vita con lei vicino. E Garcia ha visto giusto… mi piacerebbe avere dei figli, ma… solo se la madre fosse Sarah. Pensi ancora che lei non sia adatta a me?
    JJ era commossa. Spencer stava aprendo il suo cuore con lei ed era felice come non l’aveva mai visto. Era più sicuro di se, più controllato e lei provò un’infinita tenerezza nel constatare che il “suo” Spence era cresciuto finalmente, diventando l’uomo che lei aveva intravisto sotto la sua goffaggine ed insicurezza. Strinse l’amico in un abbraccio e gli posò un delicato bacio sulla guancia.
    - Se tu sei felice, io sono felice per te!
    Mentre lei si stava scostando la porta si aprì. Sarah era ferma sulla soglia e li osservava ancora abbracciati con uno sguardo di ghiaccio negli occhi.
    - Siamo rientrati tutti. JJ se non ti dispiace vorremmo sapere cosa avete scoperto tu e Garcia – disse con voce inespressiva, poi si girò e si incamminò verso la sala riunioni senza voltarsi indietro.

    Continua…
     
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    Capitolo VI: Qualcuno dal passato

    JJ e Spencer arrivarono insieme a Garcia in sala riunioni. Sarah non era seduta al suo solito posto. Normalmente lei sedeva tra Hotch e Spencer. Ma ora si era accomodata tra Hotch e Morgan, Rossi aveva preso il suo posto.
    Non alzava lo sguardo su nessuno e sembrava persa nei propri pensieri.
    Hotch la fissava. Avrebbe voluto aiutarla ma lei non si apriva e non sembrava intenzionata a dire cosa l’aveva turbata. Cosi decise di cominciare la riunione.
    - Novità?
    - Si – disse prontamente JJ mentre azionava il monitor – Garcia a trovato un riscontro.
    - Un caso simile qui in Virginia? – chiese Rossi.
    - No – intervenne Penelope – Erroneamente ho inserito la ricerca anche nel data-base dell’Interpool. Il caso è ancora aperto. Gli omicidi sono avvenuti due anni fa a Annecy in Francia, vicino al confine con la Svizzera.
    Sarah avvertì qualcosa muoversi nella sua mente. Dove aveva già sentito quella storia? Non riusciva a ricordare. Sicuramente non era un caso a cui lei aveva lavorato, eppure…
    - 11 vittime tutte tra i 20 e i 30 anni. Tutte bionde – cominciò JJ.
    - Quindi la vittimologia è diversa – intervenne Derek.
    - Ma non il modus operandi. Dopo il primo omicidio alla signorina Chanel Besnard, una cameriera di 26 anni, cominciarono ad arrivare pacchi come quello che è arrivato oggi. Contenevano parti anatomiche asportate alle vittime. Dentro ogni pacco c’era una lettera d’amore indirizzata alla Besnard da parte dell’S.I.
    - Vuoi dire come quella indirizzata a me? - intervenne Sarah con voce incolore.
    - Si. L’S.I. aveva un’ossessione per la signorina Besnard. Alta, longilinea, bionda, occhi neri. Le vittime rientravano tutte in questa descrizione, ma avevano gli occhi blu. Durante le autopsie fu rinvenuta sulle prime 10 vittime una lente a contatto colorata nell’occhio sinistro…
    - Immagino che fosse nera – si intromise Rossi.
    JJ annuì.
    - Chanel contattò la polizia locale che a sua volta contattò l’Interpool per avere l’ausilio di un profiler…
    - Chi fu mandato? – chiese Collins senza alzare lo sguardo.
    - Un certo agente McGregor. Lavorava nella tua stessa sezione. Vi conoscete? – chiese rivolta alla giovane profiler.
    Sarah annuì debolmente. Lui le aveva parlato del caso, ora cominciava a ricordare. Le aveva chiesto un aiuto ma lei aveva risposto di no. Non voleva ulteriori contatti con lui.
    JJ riprese il racconto.
    - Nel frattempo le lettere dell’S.I. si facevano sempre meno romantiche e più minacciose. Diceva che se Chanel non avesse ricambiato il suo amore lui si sarebbe vendicato e cominciò una specie di conto alla rovescia. Arrivato al decimo regalo non gradito avrebbe troncato la loro relazione…
    - Lui era convinto di avere una relazione con la Besnard? – Spencer cercò di catturare lo sguardo di Sarah senza riuscirci.
    Sarah prese la parola.
    - Ora ricordo la storia… si è conclusa poco prima che partissi per Washington… Comunque una volta arrivati alla nona vittima, non riuscendo a venire a capo della situazione McGregor decise di mettere Chanel Besnard sotto protezione.
    - Come è andata a finire? – chiese Derek.
    - Chanel e il poliziotto che la doveva proteggere furono trucidati 5 giorni dopo il ritrovamento del decimo cadavere…
    Dieci omicidi, un conto alla rovescia. Già tre ragazze erano morte. Tutti fissavano Sarah.
    - Dovrei sentirmi lusingata che abbia deciso di cominciare a corteggiare me… - provò a dire per alleggerire la tensione.
    - Si, ma stavolta a fatto male i suoi conti – intervenne Emily – Non so che tipo sia questo McGregor, ma noi riusciremo dove lui ha fallito. Lo prenderemo, Sarah, lo prenderemo prima che arrivi a te!
    - Ragazzi – intervenne Garcia – come sia questo McGregor penso che lo scopriremo molto presto… Quando ho chiamato Lione per farmi inviare la documentazione medica l’agente McGregor mi ha detto che avrebbe preso il primo volo per Washington. Dovrebbe arrivare domani…
    Sarah alzò la testa di scatto.
    - Gli hai riferito tutto del caso?
    - Gli ho detto che gli omicidi erano uguali a quelli su cui lui aveva indagato e che una nostra collega era stata contattata dall’S.I….
    - Gli hai detto il mio nome? – chiese Sarah piuttosto allarmata.
    - Si, perché?
    Sarah chinò il capo di nuovo. Benissimo! Aveva appena visto Spencer abbracciare JJ e aveva già notato come il ragazzo guardava il piccolo Henry, con un misto di desiderio e aspettativa. Sentiva la paura crescere in lei. E se Spencer avesse scelto Jennifer? E ora McGregor stava arrivando a Quantico. Perfetto! Quello che le ci voleva… un’altra scenata!
    - Collins c’è qualcosa che dovremmo sapere su questo tuo ex collega? – disse Hotch cercando di scuoterla.
    Sarah sospirò.
    - L’unica cosa che dovete sapere è che mi odia, farà di tutto per affossare la mia carriera e per farvi perdere la fiducia in me – detto questo Sarah prese un block-notes – Ora credo che ci dovremmo mettere al lavoro.

    Ormai era tardo pomeriggio. Avevano passato tutto il tempo in ufficio a lavorare sul profilo. Sarah sempre china sul suo block-notes. Spencer si rese conto che poco alla volta i suoi colleghi avevano preso ad allontanarsi cosi che lui e Sarah erano rimasti da soli. Si girò lentamente ad osservare la testa china della ragazza. Aveva evitato il suo sguardo per tutto il tempo da quando erano tornati.
    - Sarah, dobbiamo parlare.
    Lei alzo la testa, ma senza guardarlo. Aveva assunto una posizione di difesa, come se si stesse preparando ad incassare un colpo.
    Spencer si mise a sedere vicino a lei e la costrinse a girarsi.
    - Guardami!
    Lei finalmente alzò gli occhi ad incontrare quelli di lui. Spencer non aveva mai visto quell’emozione negli occhi di Sarah. Come poteva essere? No, non lei. Lei non provava mai paura!
    - E’ per l’S.I.?
    Lei scosse impercettibilmente la testa. Aveva paura di sapere, ma aveva ancora più paura di non sapere.
    - Quando sono entrata nell’ufficio di Penelope… tu e JJ…
    Lui le sorrise in modo dolce e le scostò una ciocca di capelli dal viso.
    - Io e JJ siamo solo amici. Sciocchina! Sai che ti amo!
    Lo sguardo di lei si face un po’ più sereno.
    - Scusami, è che… eravate abbracciati e… ho visto come guardi il piccolo Henry… credo che questo caso mi stia scombussolando.
    Lui le prese le mani e poi guardò attraverso il vetro nell’openspace. Non c’era più nessuno. Quindi si chinò verso di lei e la baciò dolcemente.
    - Ti proteggerò io. Sarah, ho visto la tua espressione quando Garcia a nominato McGregor… perché ti odia tanto?
    Lei non disse niente e si limitò a guardarlo negli occhi. Poi nascose il viso nell’incavo del collo di lui. Non sapeva perché ma quando Spencer era vicino a lei come in quel momento sentiva che niente di male poteva succederle.
    La porta alle loro spalle si aprì lasciando entrare Morgan con le braccia piene di cibo da asporto.
    - Ehi piccioncini, fine dell’intimità! Siamo tornati tutti – disse facendo l’occhiolino ai due amici.
    - Sperare di avere un po’ di intimità con te intorno è come sperare di avere 30 gradi qui a Washington il giorno di Natale – rispose Sarah con un sorriso.
    Spencer si staccò da lei e riprese la sua posizione davanti al tabellone mentre Derek posava il suo bottino sul tavolo.
    - Spero che vi piaccia la cucina cinese. Visto che sono andato io a procurare i viveri vi dovrete accontentare!
    Pian piano tutta la squadra tornò a sedersi intorno al tavolo e ad approfittare del cibo che Derek aveva procurato. Mangiarono in silenzio, ognuno perso nei propri pensieri.
    Sarah sentiva che tutto stava per finire, sentiva che con l’arrivo di McGregor lei non si sarebbe più sentita al sicuro neanche fra la sua “famiglia”.


    Continua…
     
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    Capitolo VII: Mezze verità

    Mentre mangiava in silenzio, Sarah rimuginava sulla domanda che le aveva fatto Spencer. Perché McGregor la odiava tanto? Ripensò a tutto quello che aveva vissuto accanto a quell’uomo. Il dolore, la speranza, l’incertezza, fino alla logica conclusione: lei non era innamorata di Mark McGregor, erano stati solo amanti.
    Lui non la vedeva in questo modo. Ricordava ancora lo sguardo di lui quando gli aveva detto che non solo non aveva intenzione di sposarlo ma che lo lasciava. Tutti i tentativi di lui per riavvicinarsi l’avevano infastidita. Quando aveva annunciato che sarebbe tornata a Quantico per rimanerci lui l’aveva presa veramente male.
    - Cosi scappi, eh? Non hai il coraggio di affrontarmi – le aveva detto con lo sguardo pieno di odio.
    - Affrontarti? Mark forse non ci siamo capiti. Probabilmente l’inglese e l’americano sono due lingue troppo diverse perché tu possa afferrare il concetto. E’ finita! E’ finita da quasi un anno e ancora tu non vuoi capire…
    - Cosa c’è da capire? Sei spaventata, ecco tutto!
    - Non sono spaventata. Semplicemente non ti amo.
    Ricordava ancora la furia di lui. L’aveva afferrata e sbattuta contro la parete.
    - TU NON PUOI TRATTARMI COSI! HAI CAPITO PICCOLA STUPIDA INGRATA?!
    Poi… lui… dopo era fuggita dall’appartamento di lui per non tornarci mai più. Una settimana dopo aveva preso l’aereo per Washington. Aveva provato a ricontattarla.
    - Sarah ti prego torna da me.
    - No! E dopo la nostra ultima “conversazione” sono sempre più convinta di aver fatto la scelta giusta!
    - Ah si? Beh sappi che la pagherai! Dovessi impiegarci una vita ti rovinerò! Hai capito? Come ho creato la tua carriera cosi la posso distruggere…
    Lei non aveva sentito altro, aveva semplicemente riattaccato e cercato di dimenticare l’esistenza di Mark e che una volta erano stati amanti.

    - Ehi ciuffo buffo sei nel mondo dei sogni? – la voce di Derek la riportò al presente.
    - Scusate ero…
    - Da un’altra parte con quella testolina piena di idee strane – finì per lei Morgan con un sorriso – Hotch ti ha fatto una domanda…
    - Cosa? – disse mentre si girava verso il capo dell’unità.
    - Come è messo il tuo appartamento in quanto a sicurezza?
    - Portiere 24 ore su 24, telecamere a circuito chiuso nell’atrio e sistema d’allarme nell’appartamento. Praticamente un bunker. Se non si hanno le chiavi e il codice di accesso è impossibile entrare.
    - Ok, ma per sicurezza… Reid? Prendi la tua borsa da viaggio. Stanotte dormi da lei.
    Spencer era visibilmente imbarazzato. Hotch sicuramente sapeva che…
    - Fino a che non ne sappiamo di più sull’S.I. preferisco cosi, anche se per voi due deve essere una seccatura – disse con un sorriso che intendeva tutt’altro – Per maggior sicurezza, Morgan, tu li porterai tutte le sere a casa e li andrai a riprendere la mattina. Obiezioni?
    Nessuno proferì parola. Sarah dentro di se mandò un muto ringraziamento a Hotch. Quelli potevano essere i suoi ultimi giorni e lui le stava dando la possibilità di passarli avendo a disposizione qualche ora da sola con Spencer.

    Poco dopo Spencer bussò alla porta dell’ufficio di Aaron.
    - Hotch, noi stiamo per muoverci…
    - D’accordo a domani – disse il capo senza alzare lo sguardo.
    Spencer non usci dall’ufficio ma chiuse la porta alle sue spalle.
    - Hotch?
    Finalmente lui alzò la testa e aspettò che Reid continuasse.
    - Non prendiamoci in giro… tu sei un profiler come noi, sai che io e Sarah…
    - Si, e appunto per questo so che tu la difenderai meglio di chiunque altro, inoltre… l’S.I. sta seguendo Collins già da un po’ e sicuramente anche lui si sarà accorto della vostra relazione. Reid preferisco sapervi tutte e due al sicuro in un appartamento sorvegliato e mi raccomando… non farti distrarre troppo – disse con un sorriso sornione.
    Spencer divenne immediatamente rosso in volto. Cavoli, se Hotch decideva di metterlo in imbarazzo sapeva come fare.
    - Ora vai, la tua ragazza ti aspetta…

    Erano appena entrati nell’appartamento, Sarah chiuse la porta con tutte le mandata e reinserì l’antifurto. Poi si girò lentamente verso Spencer appoggiandosi alla porta.
    - Sai che ora sei mio prigioniero fino a domani? – gli disse con una luce maliziosa negli occhi.
    Lui si avvicinò e la baciò con trasporto. La stringeva convulsamente a se. Poi la spinse ancora di più contro la porta facendo aderire i loro corpi.
    - Mai prigionia è stata più dolce – le bisbigliò nell’orecchio.
    Sarah si rifugiò in lui. Voleva dimenticare l’S.I., Mark e il mondo intero. In quei momenti preziosi esisteva solo Spencer. Cominciò ad armeggiare con la cravatta di lui, ma il ragazzo si scostò.
    - Cosa c’è?
    - Non hai risposto alla mia domanda.
    Sarah fece finta di non capire, non voleva parlare di Mark.
    - Quale domanda?
    Spencer studiò attentamente il suo viso.
    - E’ lui, vero? E’di lui che non vuoi mai parlare…
    Lei cercò di fuggire allo sguardo indagatore di lui. Come poteva parlargli di Mark senza raccontargli proprio tutto? Non voleva mentire, non a lui. Eppure aveva paura che se Spencer avesse saputo tutta la storia non l’avrebbe più ritenuta cosi “speciale”. <<forse sarebbe un bene per lui allontanarsi da me…>> si disse, anche se con rammarico.
    Allungò una mano per poggiarla sul viso di lui.
    - Ti ho mai detto che adoro il tuo viso? Che adoro il fatto che la tua pelle sia così morbida?
    - Sarah, come dici sempre tu, non usare questi mezzi per sviare la domanda.
    - Risponderò alla tua domanda, ma prima… vado a preparare un tè. Siediti sul divano – detto questo poggiò delicatamente le sue labbra su quelle di lui per poi sparire in cucina.

    Spencer era seduto sul divano visibilmente nervoso. Si scostava continuamente i capelli dal volto. Ora Sarah gli avrebbe raccontato di LUI… non era sicuro di voler sapere che tipo di uomini frequentasse prima che si incontrassero. Poi si diede dello stupido, aveva posto a domanda proprio perché sentiva che DOVEVA sapere.
    Lei riapparve dalla porta della cucina con due tazze in mano e si mise a sedere accanto a lui. Poggiò le due tazze sul tavolino basso e si voltò lentamente. Cercava di riordinare le idee e trovare le parole perché Spencer potesse capire.
    - Quando arrivai in Francia non ero considerata una vera profiler… avevo solo vent’anni, ero troppo giovane per essere presa sul serio. Credo che mi considerassero tutti solo una ragazzina. Inoltre la sezione era organizzata in modo molto diverso da qui… non c’erano openspace, ma uffici individuali. Ogni mattina il capo sezione Battenberg ci faceva riunire ed affidava ad ognuno di noi dei casi. Poi si tornava ognuno nella propria stanza e si lavorava in solitudine.
    - Non doveva essere un ambiente allegro… - la interruppe lui.
    - No, non era un ambiente allegro. Non c’era comunicazione fra noi profiler, era già un caso raro che due di noi lavorassero allo stesso caso. Andare sul luogo delle indagini? In cinque anni mi sarà successo una diecina di volte… Mi evitavano tutti. Si diceva che per essere cosi giovane e già approdata alla sezione di criminologia dovevo avere una raccomandazione. Nessuno si prese la briga di chiedere… ero stata condannata senza processo.
    - Ed era vero? Eri stata raccomandata da tua zia?
    - Si ero stata raccomandata, ma non da mia zia… - quello era un altro segreto che gli aveva tenuto nascosto.
    Non riusciva a trovare il coraggio di dirgli a chi doveva il suo posto a Lione. Lui le aveva raccontato tutto del suo passato, anche i sentimenti più profondi e privati che avevano accompagnato determinate situazioni. Come dirglielo, ora? Poi pensò che quello era veramente un segreto. Un segreto gelosamente custodito da lei e altre tre persone. Una era morta e l’altra non poteva più dirlo a nessuno. Che diritto aveva lei di sconvolgere la vita di qualcun altro?
    - Comunque – decise di proseguire – nessuno mi rivolgeva la parola. Battenberg mi affidava solo revisioni di vecchi casi e io non conoscevo nessuno in città. Ero in un Paese straniero, dall’altra parte dell’Atlantico, lontana da tutto ciò che conoscevo e amavo. Un giorno sentii bussare alla mia porta. Era Mark che mi aveva portato un caffè americano. “Per farti sentire a casa” mi disse. Si mise a sedere e parlo molto… io non lo guardavo nemmeno, stavo li ferma ad ascoltarlo. Alla fine mi disse che mi avrebbe aiutato lui. Parlò con Battenberg per farmi affidare qualche caso, per darmi una possibilità. In realtà credo che cercasse di fare colpo su di me.
    - E ci è riuscito?
    - Gli ero grata. Mi aveva porto una mano quando nessun’altro sembrava intenzionato a farlo. Credo… no, SO che gli ero grata e nella mia inesperienza scambia la gratitudine con qualcosa di diverso. Qualcosa che non avevo mai sperimentato prima di incontrare te – dicendo cosi posò una lieve carezza sul volto di Spencer e poi gli poggiò la testa sulla spalla.
    - Cosa è successo dopo?
    - Un anno prima di tornare a Washington mi sono accorta di essere incinta. Ho cominciato a riflettere su me e Mark, sul nostro rapporto e su quello che provavo verso quella gravidanza… io non volevo quel bambino, non volevo sentirmi legata a lui. Lui invece era entusiasta, mi chiese di sposarlo e di abbandonare il mio lavoro per fare solo la moglie e la madre. Alla fine… ho abortito e ho rotto con Mark.
    - Lui non deve averla presa bene.
    - Assolutamente! Per un anno non ha fatto altro che tormentarmi. Voleva che mi rimettessi con lui. Diceva che ero solo spaventata quando avevo abortito, ma che lui mi aveva perdonata. Arrivò a chiedermi di collaborare nel caso “Chimera” ma io rifiutai. Non volevo avere il minimo contatto con lui… quindi se quelle ragazze sono morte è anche colpa mia.
    - Sarah… non puoi sapere cosa sarebbe successo se avessi accettato di aiutarlo nelle indagini. Forse l’S.I. sarebbe arrivato a te addirittura prima!
    - Già, forse. Ma non lo sapremo mai. Una settimana prima di partire per Quantico andai da lui per dirgli della mia partenza. Abbiamo litigato e lui… - Sarah si scostò appoggiandosi allo schienale del divano.
    - Cosa è successo? Cosa ti ha detto che ti turba tanto?
    - Non è quello che ha detto… è quello che ha fatto – dicendo cosi si voltò per guardare Spencer negli occhi.
    Quello che lui vi vide fu sofferenza e profonda vergogna. Cosa diavolo le aveva fatto?
    - Lui… mi ha… - vide le lacrime cominciare a scendere e finalmente capì.
    Abbracciò la ragazza stretta a lui. Come aveva osato quell’animale? In quel momento credeva di aver compreso cosa si intendeva per furia omicida.
    - L’hai denunciato?
    - No. Stavo per partire, avevo una nota relazione travagliata con lui… chi mi avrebbe creduto? Due settimane dopo essere arrivata qui lui provò di nuovo a contattarmi… mi ha minacciato. Mi ha detto che come aveva creato la mia carriera cosi l’avrebbe distrutta!
    Alzò gli occhi fino ad incontrare quelli di lui.
    - Ti prego…
    Lui capì subito cosa voleva. La baciò con trasporto e poi la portò in camera dove cercò di essere il più delicato possibile. Voleva solo che lei potesse dimenticare cosa gli aveva fatto quel mostro.
    <<domani>> pensò mentre lei finalmente dormiva tranquilla sul suo petto <<domani incontrerò l’uomo che ha stuprato la donna che amo. Come potrò fare finta di niente?>>.

    Continua…
     
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    Capitolo VIII: La regina dei segreti

    Spencer si svegliò e spense la sveglia. Allungo la mano verso l’altro lato del letto. Spalancò gli occhi. Sarah! Sarah non c’era!
    Si alzò di soprassalto terrorizzato. Dov’era Sarah? La paura lo attanagliò. L’S.I. era entrato in casa e l’aveva portata via! Sentiva quella certezza e corse fuori dalla camera. Poi sentì il rumore della doccia e sospirò di sollievo.
    Entrò nel bagno e intravide la figura di lei dietro la porta della doccia. Si tolse i boxer e fece scorrere il pannello. Lei girò la testa e gli sorrise.
    - Bene alzato, dormiglione!
    La abbracciò stringendola forte.
    - Spencer! Cosi mi fai male!
    - Scusami e che… mi sono svegliato e tu non c’eri.
    Lei si girò completamente e si strinse a lui.
    - Scusami tu. Non ho pensato che non trovandomi nel letto potessi spaventarti.
    Lui cominciò a baciarla e a far scorrere le mani sul corpo liscio e sodo di lei.
    - Spencer, sono le sei e Derek arriverà alle sette e mezza!
    - Abbiamo tutto il tempo – mormorò lui sul collo di lei.
    Lei rise e si strinse ancora di più a lui.
    - Come siamo intraprendenti questa mattina!
    - Ti dispiace? – disse lui mentre continuava la propria esplorazione.
    - Mmm… direi proprio di no – rispose lei lasciandosi andare.

    Si erano ricomposti e stavano bevendo una tazza di caffè in cucina.
    - Spencer, riguardo quello che ti ho raccontato…
    - Vuoi che faccia finta di niente, giusto?
    - Vorrei che passassi voce agli altri. Mark non deve sapere che noi due stiamo insieme… non so cosa potrebbe fare se lo sapesse!
    - Hai paura di ritorsioni.
    Sarah poggiò la tazza sul fondo del lavandino.
    - Ho paura che farebbe di tutto per separarci e se non ci riuscisse userebbe questa cosa contro di noi e contro l’intera squadra.
    - Già, probabile. Da quello che mi hai raccontato è un vero bastardo – lo sguardo di Spencer era colmo d’odio.
    Lei gli si avvicinò e prese il viso di lui fra le mani.
    - Spencer, quello è il passato. Io voglio solo dimenticare. Finita quest’indagine lui se ne tornerà in Francia e non potrà più fare niente.
    - E se venisse richiamato a Quantico?
    - Lui non è dell’F.B.I.
    - Non è americano?
    - No… è inglese, Scotland Yard.
    - Bene! Sbrighiamoci a prendere questo S.I. e rimandiamolo da dove viene… tu cerca di stare lontana da lui, non vorrei che provasse di nuovo a…
    - Ci sarai tu a proteggermi, no?
    Spencer la guardo e negli occhi di lei lesse la certezza che lui l’avrebbe protetta da McGregor e dall’S.I., non voleva deluderla.
    - E’ questo quello che fa un uomo, no? Protegge la sua donna.
    Lei lo abbracciò e nascose il viso nel petto di lui.
    - Sai, mi piace quando stiamo cosi senza parlare. Perché anche se non pronunciamo parole mi sembra sempre che ci diciamo un sacco di cose.
    - Già. E sono tutte cose importanti – rispose Spencer con un sorriso mentre la stringeva a se.
    Il campanello suonò.
    - Dobbiamo scendere. Derek è arrivato.
    - Io e Morgan dobbiamo fare un discorso sulla sua capacità di interrompere sempre i discorsi importanti...
    Sarah scoppiò a ridere e lo baciò.

    Appena entrarono nell’openspace videro Emily, Garcia e JJ ferme a fissare l’ufficio di Hotch.
    - Cosa guardiamo di interessante – chiese Derek.
    Garcia si girò verso Sarah con sguardo di rimprovero.
    - Ehi zuccherino, mica ce lo avevi detto che gli agenti dell’Interpool erano cosi!
    - Cosi come? – chiese Sarah stupita.
    - Cosi belli! Sono tutti cosi in Europa? – continuò Penelope con un sorriso malizioso.
    Sarah non le rispose e alzò lo sguardo verso l’ufficio di Hotch. Riconobbe immediatamente quella figura di spalle.
    Mark era indubbiamente un bell’uomo. Aveva trentasei anni, era alto, atletico, prestante. Biondo, occhi azzurri, mascella volitiva e sorriso smagliante. Quando voleva sapeva essere molto affascinante aiutato dell’aspetto fisico e dalla parlantina che lo distingueva. Peccato che fosse il più grande bastardo che lei avesse mai incontrato!
    La porta dell’ufficio si aprì e Rossi raggiunse il resto della squadra dopo aver chiuso la porta.
    - Collins, l’agente McGregor è già qui e ha chiesto di parlarti in privato. Hotch ha messo a disposizione il suo ufficio.
    Sarah posò lentamente la borsa sulla sua scrivania e si avviò.
    - Collins? – la chiamò Rossi.
    - Si?
    - Stai attenta. Quell’uomo mi ricorda un serpente velenoso.
    - Mai analogia è stata più azzeccata – rispose la ragazza, poi si voltò verso Spencer – Mentre io parlo con lui…
    - Io avverto gli altri di quello che ci siamo detti stamattina. Ok.
    Sarah sorrise. Era bello quando lui finiva le frasi che lei cominciava. Le faceva sentire che si capivano e che lui la conosceva bene. Era confortante sapere che nonostante le rivelazioni della sera prima le cose fra loro non erano cambiate.
    Bussò alla porta ed entrò senza esitazioni. <<via il dente, via il dolore>> si disse.
    Hotch la guardò senza proferire parola e uscì dall’ufficio. Appena la porta si chiuse Mark si girò verso di lei.
    - Sarah! Che piacere rivederti!
    - Spiacente di non poter dire la stessa cosa.
    - Allora mia cara, sempre indomabile, eh?
    - Cosa ci fai qui? E non tirare fuori la tiritera del caso, può funzionare con loro che non ti conoscono ma non con me!
    - E se ti dicessi che sono qui solo per rivederti?
    - Smettila con la commedia!
    - Sarah… - lui protese una mano come a volerla toccare.
    - Non ti azzardare! Non ti azzardare mai più a toccarmi!
    - Non mi sembra che la pensassi cosi quando rotolavamo nel tuo letto – disse lui con un sorriso contorto – Te lo detto e te lo ripeto, sei una selvaggia indomabile. Ma a me piaci proprio cosi.
    - Fottiti Mark! Da solo e senza pensare a me! Non provare ad adottare i tuoi trucchetti qui durante quest’indagine. Hotchner sarebbe capacissimo di evirarti davanti a tutti! Vuoi assistere? Bene, assisti in silenzio e lontano da me!
    Detto questo aprì la porta, ma lui fece in tempo a replicare.
    - Ricorda quello che ti ho detto l’ultima volta che ci siamo sentiti! Se fossi in te rivedrei le mie decisioni prima che sia troppo tardi.
    Sarah richiuse la porta di botto.
    - Non ti azzardare mai più a minacciarmi Mark! Qui non siamo a Lione e Hotch non è Battenberg! Hotch si fida di me, non di te e qui la tua influenza non conta niente!
    - Vedremo, ragazzina, vedremo!
    Qualcuno aprì la porta. JJ li fissava.
    - Spiacente di interrompere Collins, ma Hotch ti vuole in sala riunione con il resto della squadra immediatamente.
    - Arrivo JJ.
    - Ehi Collins! Io e te non abbiamo finito!
    - Io invece penso proprio di si, agente McGregor. Non c’è altro da dire!

    Sarah guardò verso sala riunione mentre tutti erano intenti a discutere del caso. Si fermò sulla soglia e li guardò attentamente. Amava quelle persone, le amava tutte ma i segreti che nascondeva ad alcuni di loro erano troppo grandi e troppo compromettenti per abbassare la guardia ora che Mark era rientrato nella sua vita. Se non fosse stata attenta Spencer avrebbe sofferto, non era sicura che lui potesse capire fino in fondo perché gli aveva taciuto determinate verità. Tirò mentalmente un sospiro di sollievo pensando che almeno non sapeva quello che era successo con Hotch. Dopo quello che gli aveva raccontato la sera prima dubitava fortemente che Spencer sarebbe stato indulgente verso il loro capo.
    Si voltò e vide McGregor chiude la porta dell’ufficio e avviarsi verso i corridoi laterali. Dove diavolo stava andando? Poi un sorriso le spuntò sul volto. Probabilmente stava andando dal capo sezione Strauss per dirle che lei era un’incapace e che metteva a repentaglio il lavoro della squadra. Quello che Mark non poteva sapere era che lei e sua zia Erin Strauss, ora, avevano un bel rapporto e che cenavano insieme tutti i giovedì sera. Si compiacque del fatto di non aver mai parlato con lui della sua vita e della sua famiglia. Il cretino stava per darsi la zappa sui piedi da solo!
    Il sorriso le morì sulle labbra. Ricordava come l’aveva definita una volta il suo istruttore a Quantico: “la regina dei segreti altrui”!

    Continua…
     
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    Capitolo IX: Proposta

    Appena Hotch notò la sua presenza la chiamò vicino al tavolo.
    - Collins, per fortuna sei arrivata! Morgan ci ha raccontato della tua sensazione di essere osservata ieri nel parco e ha stampato le foto che hai scattato.
    Presa com’era dalla notizia dell’imminente arrivo di Mark, le era completamente passato di mente. No! Cosi non andava! Se voleva salvare altre ragazze innocenti, se stessa e soprattutto Spencer non doveva più farsi distrarre!
    - Si, scusami Hotch, io… - scrollò la testa – credo che la mia capacità di concentrazione sia stata messa a dura prova dagli ultimi avvenimenti. Non capiterà più.
    - Non è questo il punto – la interruppe Hotch allungando una foto verso di lei – vieni qui e dimmi cosa vedi.
    C’era un Suv nero fermo hai margini del parco. Dal finestrino oscurato usciva un teleobiettivo.
    - Maledizione! Non si vede la targa ne l’occupante del mezzo!
    - Si, Collins, ma almeno abbiamo la certezza che ti sta seguendo e osservando. Questo potrebbe portarlo a scompensarsi!
    Sarah annuì. Era vero, se l’S.I. fosse stato impossibilitato a spiarla avrebbe scompensato e sarebbe stato più facile prenderlo.
    - Abbiamo solo fino a venerdì per fermarlo – disse rivolta a Hotch.
    - Che vuoi dire? – Spencer si girò verso di lei allarmato.
    - Non avete notato nessun collegamento fra le date del ritrovamento dei cadaveri e i rapimenti? – interloquì lei.
    Tutta la squadra riprese il dossier. Il primo a capire fu Rossi.
    - Fa passare cinque giorni esatti fra il ritrovamento della vittima e il rapimento della successiva!
    Venerdì! Avevano tempo fino a venerdì prima che lui rapisse e torturasse un’altra ragazza!

    La Strauss apparve sulla porta della sala riunioni e tutti si voltarono a guardarla con preoccupazione. La squadra non aveva mai avuto motivo di essere particolarmente felice di vederla, lei portava solo brutte notizie.
    - Ho invitato l’agente McGregor ad andare in albergo a riposarsi dicendogli che sarebbe stato richiamato se voi avvertiste il bisogno del suo aiuto. Collins, nel mio ufficio. ORA!
    La squadra si girò tutta verso Sarah che si incamminò non mostrando la minima preoccupazione.

    - Per una volta oltre a venire ad oscurare la giornata a portato un raggio di sole anche se per poco – disse Emily.
    - Cioè? – chiese Morgan.
    - Almeno ci ha levato quello stupido inglese dai piedi…
    - Già – interloquì Spencer – ma chissà per quanto se ne starà buono in albergo… Cosa vorrà da Sarah?
    - Non lo so – dovette ammettere Hotch – ma la sua faccia non prometteva niente di buono.

    - Hotch mi ha detto tutto di questo S.I. – cominciò la Strauss appena chiuse la porta alle sue spalle – voglio che tu venga messa sotto protezione!
    - No, zia! Devo fermarlo! La squadra ha bisogno di me!
    Erin afferrò le braccia delle ragazza e la guardò attentamente.
    - Ho già perso Elizabeth, non ho intenzione di perdere anche te! – detto questo la abbraccio forte.
    Sarah ricambiò l’abbraccio con un sorriso.
    - Finché la squadra sarà al mio fianco non mi succederà nulla. Se io adesso ti permettessi di mettermi sotto protezione molte altre persone sarebbero in pericolo. Non posso barattare la mia vita con quella di qualcun altro, non sarebbe giusto!
    - Sei testarda come un mulo! – rispose la zia staccandosi dall’abbraccio ma non perdendo la presa sui bracci di Sarah.
    - Altrimenti non sarei tua nipote! Caratteristica di famiglia – rispose sorridendo incoraggiante.
    Alla fine la Strauss gettò la spugna abbandonando il contatto fisico con lei ed emettendo un sonoro sospiro.
    - Non hai certo ripreso da tua madre! Lei era più remissiva!
    - Diceva che a te dovevo il secondo nome e il caratteraccio.
    - Come ha intenzione di proteggerti Hotch?
    - L’agente Morgan mi accompagnerà a casa tutte le sere e verrà a riprendermi tutte le mattine, inoltre… - esitò non essendo certa della reazione che avrebbe provocato – il dr Reid si fermerà a dormire da me finché non avremo preso S.I.
    - Il dr Reid, eh? Come guardia del corpo non mi sembra un granché… ma in fin dei conti sappiamo che ti proteggerebbe a costo della vita…
    Sarah non rispose alla provocazione di sua zia, non le sembrava il momento adatto per affrontare quel tipo di argomenti.
    - Ora torna dalla tua squadra e vedete di risolvere il problema il prima possibile!
    - Sissignora! – dicendo cosi Collins si avviò alla porta.
    - Sarah! Un’ultima cosa…
    - Dimmi.
    - Quando questa storia sarà finita mi aspetto che porti il tuo fidanzato alla prossima cena del giovedì..
    Sarah rimase allibita davanti a quella affermazione, girandosi a guardare sua zia che aveva messo gli occhiali e si accingeva a leggere qualche rapporto.
    - Ti prego chiudi quella bocca, sembri un pesce!
    La cosa stupefacente è che sua zia aveva il senso dell’umorismo!

    Percorreva il corridoio verso l’openspace quando si sentì afferrare e tirare verso l’archivio. La porta si chiuse alle sue spalle e sentì qualcuno stringerla. Riconobbe subito il tocco di quelle mani.
    - Spencer! Sei impazzito! Vuoi farmi venire un colpo.
    Poi sentì le labbra di lui sulle sue e si abbandonò a quel momento solo loro.
    - Lo so che non dovremmo qui in ufficio… ma… mi manchi – Spencer le bisbigliava nell’orecchio facendole il solletico.
    - Lo sai che se ci scoprissero… Hotch andrebbe su tutte le furie!
    - Cosa voleva tua zia?
    - Ti sembrerà incredibile… non sono sicura di aver capito bene…
    - Cosa?
    - Credo che tu sia invitato alla prossima cena di famiglia del giovedì.
    Stavolta fu a lui che prese quasi un colpo. Lui! Spencer Reid, agente speciale della B.A.U. a cena a casa della capo sezione Erin Strauss come…
    - Cioè lei ti ha invitato a portare un collega?
    - No… il mio fidanzato – rispose lei baciandolo – ma se vogliamo andarci veramente a quella cena ora sarebbe il momento giusto per lasciarmi tornare a lavoro…
    Spencer strinse leggermente di più la presa.
    - Solo ad una condizione.
    - Quale?
    - Sposami Sarah…

    Continua…
     
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    Capitolo X: Chimera

    Lei allungò il braccio e fece scattare l’interruttore della luce. Lo guardo bene in volto. Era visibilmente arrabbiata.
    - No!
    - Come… come sarebbe… no?
    Spencer si scostò da lei scioccato, non aveva mai messo in preventivo che lei potesse rifiutare. Lei diceva di amarlo! Come poteva rifiutarsi di sposarlo? Come poteva spezzargli il cuore cosi?
    - Se me lo chiedi in questo momento e in questo modo assolutamente no!
    - Sarah…
    Lei si avvicinò di nuovo e il suo sguardo si fece dolce.
    - Chiedimelo di nuovo quando l’avremo preso – dicendo cosi lo baciò di nuovo.
    - Sarah, io ci pensavo già da tanto… non è un impulso del momento dettato dal fatto che…
    Gli posò un dito sulle labbra.
    - Chiedimelo di nuovo quando l’avremo preso… se me lo chiedi ora rimarrò sempre con il dubbio che tu me lo abbia chiesto cosi solo perché l’S.I. mi minaccia… ti prego…
    Lui sorrise rassegnato e annuì. La mano di lei si mosse e si appoggiò sulla guancia di lui. Certo che l’avrebbe sposato! Voleva passare tutta la sua vita con lui! Mentre pensava questo con l’altra mano strinse quella di Spencer e fece intrecciare le loro dita. Voleva svegliarsi con lui accanto ogni mattina, voleva una casa “loro”, voleva dei figli… chissà come sarebbero stati? Con gli occhi nocciola di lui o con quelli verdi di lei?
    Poi qualcosa scattò nel suo cervello. Come sempre succedeva quando aveva un’intuizione sentì quella specie di scossa attraversarle il cervello.
    Ancora con le dita intrecciate a quelle di Spencer usci di corsa dall’archivio, trascinandolo verso la sala riunione.
    - Dove corri cosi?
    - Ad inchiodare quel bastardo!

    Entrarono trafelati in sala riunioni tra le occhiate stupite del resto del team. Sarah lasciò la mano di Spencer e si diresse verso il monitor.
    - JJ le foto delle vittime, presto!
    JJ guardò la collega visibilmente stupita della richiesta, ma fece quello che le era stato chiesto.
    - Seguitemi bene, perché credo che sia abbastanza complicato! Finora non ci avevo dato importanza, ma perché scegliere ragazze molto simili alla “donna corteggiata” tranne che per gli occhi?
    - Perché non è facile trovare un’altra ragazza con i tuoi stessi occhi – rispose Derek con un’alzata di spalle.
    - Ma Chanel Besnard? Non sono rare le bionde con gli occhi nocciola o scuri, eppure il nostro S.I. ha scelto ragazze con gli occhi blu per poi applicare UNA SOLA lente a contatto colorata.
    - Non ti seguo – ammise Rossi.
    - Eterocromia!
    - Come scusa? – Garcia la guardò come se fosse un’aliena.
    - L’eterocromia è una diversa pigmentazione delle iridi ed è congenita. E’ molto rara e di solito dipende solo da una differente concentrazione di melanina nelle cellule, a meno che…
    - Chimera! – sbottò Spencer guardandola stupito, perché non ci aveva pensato lui?
    - Esatto!
    - Ehi voi due! Geni incontrastati di Quantico, volete spiegare anche a noi comuni mortali? – si intromise Derek.
    - Durante la gestazione può avvenire che l’embrione entri in contatto con un DNA estraneo – cominciò a spiegare Sarah – normalmente è il DNA della madre. In rarissimi casi con la presenza di due zigoti all’interno dell’utero può avvenire una fusione degli stessi. In entrambi i casi nascerà un individuo solo ma con all’interno del suo corpo due DNA diversi.
    - E cosa centra questo con il nostro S.I. ?– la interrogò Hotch.
    - Semplice, il nome scientifico di questa condizione è Chimerismo e gli individui che ne sono affetti vengono definiti Chimere.
    - Quindi tu pensi che…. – si intromise ancora Rossi.
    - Che il nostro S.I. sia un individuo affetto da chimerismo e da eterocromia!
    - Certo – sbottò Derek – per questo si firma con il simbolo della Chimera! Perché lui lo è!
    - Questo potrebbe essere molto utile nel ricostruire il suo profilo – convenne Hotch.
    - Si, ma questo come ci aiuta a trovarlo? – chiese Emily.
    - Ora sappiamo che stiamo cercando un ragazzo tra i 25 e i 30 anni – continuò Spencer – che ha soggiornato in Francia due anni fa per un periodo abbastanza lungo e che è affetto da eterocromia.
    - Che per inciso – finì Sarah – è una condizione riportata solo dal 1% della popolazione mondiale. Ed è una condizione troppo evidente per nasconderla a meno di ricorrere a lenti a contatto colorate!
    Garcia saltò immediatamente in piedi.
    - Quindi ora tocca a me! Però che quesito difficile!
    - La prima volta che ci siamo sentite ti sei lamentata che ti chiedevamo cose troppo facile – le sorrise Sarah.
    - Sai come si dice, no? Attenta a quello che chiedi, perché potresti ottenerlo – rispose la bionda informatica sorridendo a sua volta.
    Spencer si sentì sollevato per la prima volta in 24 ore. Ora avevano una pista!

    Sarah si avviò al cucinino. Sentiva la necessità impellente di farsi un buon caffè forte e con molto zucchero. Era appena entrata e stava prendendo il caffè dall’armadietto quando sentì una presenza dietro di lei. Si voltò di scatto, sentiva i brividi lungo la schiena.
    Mark era fermo sulla soglia e la guardava con un sorriso sarcastico sulle labbra.
    - Guarda guarda! La mia bellissima ribelle si permette anche la pausa caffè.
    Sarah cominciò ad indietreggiare. Conosceva quello sguardo. Era lo stesso che aveva quella sera, quando…
    - Se provi solo a sfiorarmi mi metto ad urlare.
    - E i tuoi colleghi correranno in tuo aiuto? Andiamo, tu sei un lupo solitario… non credo che a loro possa interessare quello che ti succede.
    - Ti sbagli, Mark! Le cose sono molto diverse qui.
    - A si? Loro non sono infastiditi dal fatto che tua zia sia il capo sezione e che tu abbia un protettore cosi illustre? La cosa mi risulta molto strana…
    “Protettore illustre”! Sarah sbarrò gli occhi, come faceva lui a sapere che…?
    - Non mi guardare in quel modo, ragazzina. Basta sapere quale domande fare e a chi… E’ stato piuttosto facile sapere a chi dovevi quel posto a Lione – il sorriso di Mark si allargò ancora di più in un ghigno cattivo – L’unica cosa che ancora non ho scoperto è perché ti abbia raccomandato. Ma sono pronto a scommettere che tu sia stata molto convincente con lui… probabilmente come lo sei stata con me e come lo sei ora con quel ragazzino che ti guarda con occhi adoranti. A chi altro hai elargito favori sessuali, mia cara?
    Lui stava insinuando che… Sarah trattenne un conato di vomito. Perché Mark era in grado di farla sembrare cosi facile e sporca.
    - Sei un bastardo! Non so di cosa tu stia parlando, ma le tue insinuazioni sono rivoltanti! Io non sono in vendita! – si sentiva sporca al solo pensiero di quello che stava insinuando il suo ex amante.
    - Non sei in vendita? Da quando? Come ho convinto Battenberg a darti qualche incarico tu sei entrata nel mio letto… e tu non saresti in vendita? Andiamo, piccolina, quelle come te hanno sempre un prezzo!
    - Vattene, Mark. Segui il consiglio che ti hanno dato! Vai in albergo e aspetta che sia il mio capo a contattarti.
    - Io non ho intenzione di muovermi da qui. Voglio godermi lo spettacolo, mia cara.
    - Perché invece non si va a godere un altro spettacolo! – Derek apparve sulla soglia e posò una mano sulla spalla di Mark con fare minaccioso – So che dalla camera dell’albergo che le hanno trovato si gode una splendida visuale del Potomac… le consiglio vivamente di andare ad ammirare quella!
    McGregor si sciolse dalla presa con una strattonata.
    - Ehi amico, non sapevo che anche tu fossi interessato alla nostra Collins… ma non ti preoccupare ce ne è per tutti.
    Derek afferrò Mark per il bavero della camicia e lo sbatté violentemente contro la parete.
    - Adesso ti sturi bene le orecchie, “amico”. Se ti vedo di nuovo vicino a lei o se ti sento fare ancora certe insinuazioni scoprirai che qui in America non siamo damerini come vuoi inglesi e che sappiamo come difendere i nostri amici – detto questo sbatté di nuovo contro il muro il suo antagonista – Sono stato chiaro?
    - S… si.
    - Bene! Ora chiedi scusa alla signora e vattene prima che decida di mostrarti come possono essere resistenti le pareti di questo edificio!
    - Scusami Collins – detto questo si precipitò fuori dall’openspace.
    - Grazie, Derek.
    Lui le si avvicinò e la abbraccio stretta.
    - Figurati, ciuffo buffo, a questo servono gli amici. Se quel tipo dovesse provare nuovamente ad importunarti non hai che da dirmelo.
    - Derek… - disse lei sciogliendosi dall’abbraccio.
    - Si ?
    - Tu cosa hai sentito di quella conversazione?
    - Non importa, tanto non credo ad una parola di quello che ha detto quel demente di un’inglese.
    - Un’altra cosa… per favore…
    - Spencer non saprà niente da me.
    Sarah guardò in volto il suo più caro amico. No! Lei non era in vendita e voleva veramente bene a quelle persone.
    - Grazie due neuroni.
    - Ehi premio nobel, io sono sempre il tuo migliore amico, no?
    - Il migliore amico che io potessi mai sperare di avere.

    Continua…
     
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    Capitolo XI: Ripensamenti

    Spencer si avviò lungo il corridoio. Aveva sentito la conversazione tra Sarah e McGregor, ma Morgan era intervenuto prima di lui. Non sapeva neanche lui come si sentiva in quel momento. Tutto quello che McGregor aveva detto era un mare di fango e lui non voleva crederci. Desiderava con tutto se stesso non credere neanche a una sola parola di quello che aveva detto quel grandissimo bastardo!
    Ma c’erano verità che non potevano essere negate. Sarah era andata effettivamente a letto con Mark. E poi quello che lui aveva detto su un “protettore illustre”. Chi diavolo poteva essere? Si era informato tramite uno degli agenti, andare a lavorare a Lione alla sezione di criminologia non era molto facile, anzi. Era quasi più difficile che entrare nella B.A.U. e Sarah all’epoca era appena uscita dall’accademia, era una novellina! Eppure aveva avuto uno degli incarichi più esclusivi che un profiler potesse desiderare! Qualcosa di vero sulla raccomandazione ci doveva essere!
    La sera prima lei aveva ammesso di essere stata raccomandata, ma non da sua zia. Lui aveva preferito non indagare oltre, visto quello che lei gli aveva raccontato di Mark. Era troppo sconvolta per subire un simile interrogatorio. Ma ora… il dubbio lo divorava. Chi e perché aveva raccomandato Sarah? E se Mark avesse avuto ragione? Se lei fosse stata l’amante di qualche pezzo grosso?
    Non era sicuro di riuscire a superare una verità del genere… preferiva non chiedere per il momento. Forse con il tempo lei si sarebbe aperta spontaneamente, in fin dei conti gli aveva raccontato molte cose senza che lui facesse mai domande.
    Non era mai rimasto cosi scosso da una rivelazione sul passato di Sarah come in questo momento. Neanche quando lei gli aveva raccontato l’episodio dello spogliatoio femminile che come conseguenza aveva dato il via all’abitudine di Sarah di piangere di nascosto nella doccia… ma questo era qualcosa di completamente diverso.
    Il dubbio che lei potesse aver svenduto il suo corpo per fare carriera lo macerava dentro. Ripensò alla conversazione che aveva avuto con JJ. E se la sua amica avesse avuto ragione? Se Sarah non fosse stata adatta a lui?

    Più tardi quel pomeriggio, Sarah si recò nell’ufficio di Garcia per aiutarla nella ricerca.
    - Ehi splendida bionda, posso aiutare in qualche modo?
    La bionda informatica si girò verso di lei con un sorriso furbo.
    - Dipende, dolcezza, dipende… cosa hai dietro la schiena?
    Sarah mostrò cosa aveva portato. Un caffè formato gigante.
    - Ho pensato di rendere più attivo il tuo cervello! Semi-decaffeinato, schiumato, macchiato con latte e caramello!
    - Eh zuccherino, tu si che sai come farmi felice! Se fossi un uomo ti chiederei di sposarmi.
    Sarah sorrise, era troppo felice di quello che le aveva detto Spencer. Voleva dividere la notizia con qualcuno, qualcuno che avrebbe apprezzato.
    - Non sarebbe la prima proposta del genere oggi… - disse con un sorriso furbo negli occhi.
    - No! Non mi dire che…. Il piccolo federale si è deciso!
    - Si, ma… io gli ho risposto di no.
    - Ok! Chiamo l’ospedale psichiatrico e dico di venirti a prendere!
    - Gli ho detto di chiedermelo di nuovo dopo che avremo preso l’S.I.
    - Allora francesina ecco il perché della tua premura! Vuoi il mio cervello bello attivo per risolvere il caso il prima possibile… so che è superfluo, ma cosa gli dirai quando te lo chiederà di nuovo?
    - Hai detto bene… la domanda è superflua… credo che mi si legga in faccia.
    - Beh, mettiamola cosi… visto che muoio dalla voglia di mangiare la tua torta nuziale siediti sull’altro monitor e vediamo di stanare questo verme!
    Sarah rise per la prima volta quel giorno e eseguì i comandi di Garcia. Sentiva il cuore leggero, nonostante lo scontro con Mark. Amava Spencer ed era convinta che niente avrebbe potuto dividerli. Non era la prima volta che si sbagliava.

    Al momento di lasciare l’ufficio Spencer seguì Derek e Sarah senza proferire parola. Rimase in religioso silenzio per tutto il tragitto. Collins si era accorta che qualcosa lo turbava ma preferiva chiarire quando fossero arrivati a casa. Al sicuro dietro una porta chiusa Spencer le diceva sempre tutto, davanti ad altre persone tendeva a nascondere e sviare il discorso…
    Chiuse la porta e inserì l’allarme. Poi si girò verso di lui che era fermo in piedi dandole le spalle.
    - Spencer? Cosa c’è? Sei cosi silenzioso… sembra quasi che tu sia arrabbiato con me.
    - Chi è lui?
    - Lui chi?
    - Quello che ti ha raccomandata.
    Sarah si sentì come un animale in trappola. Spencer sapeva della raccomandazione, ma perché era cosi importante ora interrogarla sul chi e perché?
    - Spencer…
    Lui si girò di scatto. Lei non aveva mai visto quello sguardo nei suoi occhi e sentì le parole morirle sulle labbra. Era visibilmente turbato, scosso e anche… arrabbiato.
    - Non provare a sviare il discorso! Ho sentito quello che vi siete detti tu e quel tipo oggi!
    - Tu… tu hai sentito?
    - Morgan è intervenuto prima di me, ma si! Ho sentito tutto. Quindi ora te lo ripeto: chi è lui?
    - Non… non posso dirlo… io… ho fatto una promessa.
    - Ah si? – lo sguardo di lui si fece cattivo – Vuoi dirmi almeno perché questa persona ti ha raccomandata?
    - Non…
    - Non puoi perché hai fatto una promessa. Molto comodo Sarah, molto comodo – lui scosse la testa.
    - Spencer, quello che ha detto Mark è falso! Ti posso giurare che il sesso non centra niente con la mia raccomandazione!
    - Hai fatto sesso con quell’uomo?
    - NO! – Sarah stava combattendo contro le lacrime che sentiva salire agli occhi.
    - Hai fatto sesso con Hotch?
    - No, come puoi pensare…
    - Cosa è successo tra te e Hotch?
    Sarah lo guardava spaventata. Perché lui si comportava cosi? Si era sempre fidato di lei e ora…
    - RISPONDI!
    - Noi… ci siamo baciati una volta…
    - Quando?
    - Dopo il caso Rambaldi, prima che noi…
    - NOI COSA?
    - Spencer… ti prego – ormai non riusciva più a trattenere le lacrime che cominciarono a scorrere sul suo viso.
    - Perché hai abbandonato la squadra dopo Miami? Per quello che era successo tra di noi?
    - Hotch… Hotch voleva trasferirmi e… ha provato a baciarmi ancora…
    Spencer avanzò di un passo verso di lei.
    - Quando?
    - Quando cosa?
    - Quando a provato a baciarti di nuovo?
    - La sera… che io e te… che noi…
    - La sera che tu sei venuta a bussare alla mia porta?
    - Si… - ormai aveva perso la sua battaglia interiore, doveva dirgli tutto.
    - E’ per questo che tu sei venuta da me? Perché cercavi consolazione?
    - No! Io… ti amo Spencer e quella sera… io... ero venuta a dirti quello che provavo per te.
    - Certo! Comodo adesso dire cosi… - lui le diede le spalle e si avvicinò alla finestra.
    - Ti prego, Spencer…
    - Forse JJ ha ragione…
    - Ragione su cosa?
    - Tu non sei adatta a me… forse è una fortuna che tu abbia rifiutato la mia proposta…
    Si pentì subito di quello che aveva detto e si voltò verso di lei. La vide lì, in lacrime e sentì il proprio cuore spezzarsi. Le aveva spezzato il cuore e lo sapeva, lei stava soffrendo a causa sua!
    - Se… se la pensi cosi… e meglio chiudere la nostra storia ora.
    - Sarah…
    - Si, forse JJ ha ragione o almeno è quello che tu pensi…
    Lei si rifugiò in camera chiudendo a chiave. Non c’era più nulla che potevano dirsi per cambiare il male che Spencer aveva fatto a Sarah con la sua ultima frase.

    Continua…
     
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    Capitolo XII: Fidati di me!

    Spencer era seduto fuori dalla camera di Sarah. La schiena poggiata contro la porta. La sentiva singhiozzare e sentiva il suo cuore cadere a pezzi ad ogni respiro.
    Come aveva potuto dirle una cosa del genere? Lei non l’aveva mai ferito, aveva sempre messo le sue necessità davanti alle proprie e aveva mantenuto la promessa di non fargli mai del male. E lui aveva permesso a Mark di insinuare il dubbio che lei fosse una persona disonesta.
    Si sentiva colpevole anche riguardo JJ. Aveva permesso alla sua amica di intromettersi. Cercava di immaginare come avrebbe reagito lui se Sarah avesse permesso a Morgan o Prentiss di dire certe cose riguardo il loro rapporto. Era stato scorretto e cattivo. Lei lo avrebbe mai perdonato?
    Si abbandonò contro la porta. Sentiva le lacrime rigargli il volto. Le parole di lei che gli rimbombavano nella testa e il dolore che aveva visto negli occhi di lei gli trafiggeva il cuore. Doveva tentare di rimediare, non voleva perderla cosi, non voleva perderla in assoluto.
    Mille ricordi di loro insieme gli tornarono alla mente. L’orsacchiotto che lei gli aveva regalato, il ballo di San Valentino, la prima volta che aveva trovato il coraggio di dirle quanto l’amava, ricordava la felicità quando lei gli aveva raccontato di come si era scoperta innamorata di lui.
    Ripensava a quella sera di un anno prima, quando aprendo la porta se l’era trovata davanti cosi bella, come avevano fatto l’amore la prima volta. Ricordava tutto quello che avevano condiviso prima come amici e poi come coppia. Lei gli aveva riempito la vita e il cuore.
    - Sarah… - sapeva che lei era rannicchiata dall’altra parte della porta – Sarah, ti prego parlami!
    - Cos’altro c’è da dire? Che altro vuoi sapere? Tanto tu non ti fidi di me! Vai a chiedere le verità che cerchi a JJ o a Mark! – sentiva il pianto nella voce di lei.
    - Sarah. Ti amo. Ti prego apri la porta.
    Dall’altra parte silenzio. Una morsa di gelo gli attanaglio il cuore. Non poteva finire cosi!
    - Sarah, hai tutte le ragioni per essere offesa e arrabbiata. Io… non avrei dovuto dire quella cosa. Anche perché non è vero che credo quelle cose. Sarah…
    Sentì un movimento dietro la porta e poi la chiave che girava. Si alzò pronto ad affrontarla. Doveva farsi perdonare, anche se gli ci sarebbe voluta tutta la vita.
    La porta finalmente si aprì. Sarah aveva il volto rigato di lacrime e sembrava cosi fragile nel suo dolore. Lui le si avvicinò e l’abbracciò teneramente.
    - Perdonami, amore mio. Non dire più che è meglio chiudere la nostra storia.
    - Sai che perfettamente che qualsiasi cosa tu dica o faccia io non posso vivere senza di te, ma… ti prego non ferirmi più in quel modo – lei nascose il viso nel petto di lui, come faceva sempre quando era preoccupato o aveva bisogno di conforto.
    Lui la cullò dolcemente. Come aveva potuto rischiare di perdere per sempre l’unica donna al mondo che gli avesse dato più di quanto chiedeva? Si rese conto di quanto fossero sciocchi i suoi dubbi. Conosceva Sarah, la conosceva meglio di chiunque altro. Solo con lui Sarah abbassava completamente tutte le sue difese e solo a lui aveva permesso di vedere cosa c’era dietro i muri che aveva costruito tutto intorno a se. Si rimproverò di quegli stupidi dubbi. Come lei gli aveva detto, gli uomini prima di lui non avevano mai contato niente per lei. Con un sorriso ricordò la conversazione che avevano avuto tanto tempo prima. Gli altri erano solo sesso e loro non facevano sesso. Loro faceva l’amore.
    La scostò da se e le prese il viso fra le mani. Con le dita asciugò le lacrime che aveva causato e le baciò dolcemente le guancie.
    - Promettimi – cominciò lei con il pianto nella voce – promettimi che non dirai più che io non sono adatta a te!
    - Te lo giuro! Dovessi impiegarci una vita mi farò perdonare per quella stupidaggine che ho detto. Ma ora promettimi anche tu una cosa.
    - Quale? – disse lei alzando gli occhi ad incontrare quelli di lui.
    - Niente più segreti.
    Sarah non rispose subito. Abbassò lo sguardo.
    - So che tu sei a conoscenza di molti segreti della squadra. Non voglio che tu mi parli di loro. Niente più segreti riguardo il nostro passato. Promesso?
    - Io… prima di poterti raccontare tutto… devo…
    - Lo devi chiedere a lui? – perché? Perché era cosi importante mantenere quel segreto?
    Lei annuì lentamente tornando a guardarlo negli occhi.
    - Non è un segreto che riguarda il sesso. E’ qualcosa che a dirla tutta, non riguarda neanche l’F.B.I. – sospirò – Non mi sembra giusto rivelarti il segreto di un’altra persona senza avvertirla prima.
    - Che differenza vuoi che faccia? Tanto io non conosco questa persona, giusto?
    Sarah tornò ad abbassare lo sguardo.
    - Io… ti prego dammi il tempo di parlarne con lui!
    Spencer la strinse di nuovo a se. Lei non voleva parlare per rispetto di qualcun altro, non perché aveva qualcosa di cui vergognarsi. Come aveva potuto essere cosi stupido! <<eri geloso, mio caro. Neanche tu, con il tuo Q.I. cosi alto, puoi essere immune da sentimenti come la gelosia>>. Sorrise fra se. Lei riusciva sempre a farlo sentire un ragazzo come tanti, era questo il dono più grande che gli avesse mai fatto.
    Si chinò ad incontrare le labbra di lei. Era cosi bello poterle stare accanto. Non voleva più rischiare di perderla.
    - Prenditi il tempo che ti serve. Non ha importanza. Dimmi solo che mi ami e io mi fiderò di te.
    Sentì il corpo di lei cedere. Non era più rigida come poco prima. Si stava lentamente abbandonando a lui. Vide le pupille di lei dilatarsi dal desiderio. Era una sensazione che conosceva bene ma che lo lasciava sempre senza fiato.
    - Ti amo Spencer. E questa è l’assoluta verità.

    Il sonno non arrivava, si voltò ad osservare il viso di Spencer che invece dormiva placido al suo fianco. Avevano fatto l’amore come mai prima di allora. Spencer era stato passionale e dolce nello stesso tempo. Le sembrava ancora che la pelle che lui aveva sfiorato con le labbra andasse a fuoco. Si beo di quei momenti appena passati. Il contatto con le pelle di lui, il modo in cui la guardava mentre lo facevano, il modo in cui l’aveva stretta dopo e quel ti amo sussurrato nell’orecchio. Sentì i brividi di desiderio per lui percorrerle tutto il corpo. Poi un volto si insinuò nei suoi pensieri.
    Aveva mentito a Spencer, gli aveva mentito per la prima volta da quando si conoscevano. Il motivo per cui non voleva parlargli di lui era molto più personale che la promessa di mantenere un segreto altrui. Come avrebbe potuto dirgli la verità su quell’uomo?
    Ed ora eccola lì. Nel dubbio costante che Spencer non potesse capire perché non gli aveva mai detto niente. Lei, quell’uomo, sua madre e suo padre aveva fatto di tutto per mantenere quel segreto che ora si frapponeva fra lei e la felicità. Ora suo padre era morto, sua madre era in coma e rimanevano solo loro due a condividere quel segreto.
    Quello che aveva provato per quell’uomo era sempre stata curiosità. Doveva parlargli subito. Sarebbe stata fra le prime cose che avrebbe fatto il mattino dopo.
    Si voltò verso Spencer e gli posò un bacio delicato sulla guancia. Lui si mosse appena nel sonno e lei sorrise. Finalmente si addormentò.
    Di solito quando Spencer dormiva con lei il sonno era profondo e tranquillo, quella notte fu agitato e pieno di brutti sogni.

    Si svegliò all’alba. Spencer dormiva profondamente e lei sgusciò fuori dal letto. Non poteva aspettare, doveva fare quella telefonata subito!
    Si mise al computer e cercò l’informazione che le occorreva. Compose il numero e andò in cucina per non farsi sentire da Spencer. Finalmente le passarono la comunicazione.
    Una voce assonnata le rispose dall’altro capo del telefono.
    - Sono Sarah.
    Sentì la voce stupita e preoccupata che le chiedeva cosa c’era che non andava.
    - Ho bisogno di parlarti in privato. Subito! – attese la risposta – Lo so! Non chiedermi come faccio a saperlo, non ti piacerebbe… tu sei contrario a certe cose.
    Un sorrise le inarcuò le labbra.
    - No, non subito. Oggi non vado in ufficio… storia lunga, ti spiegherò al tuo arrivo. Vieni da me verso le tre del pomeriggio, l’indirizzo è… - sentendo la risposta dall’altro lato del filo le scappò una mezza risata – pensavo che tu fossi contrario a certe cose… ok, ti aspetto. Ora devo andare.
    Sentì la porta della cucina aprirsi proprio mentre interrompeva la comunicazione. Spencer era lì con lo sguardo assonnato.
    - Tesoro, ti ho svegliato.
    - Chi era? Era lui?
    Lei gli si avvicinò e si strinse a lui.
    - Stasera… stasera ti prometto che saprai tutto.
    - Promesso.
    - Promesso. Una cosa sola… oggi andrai in ufficio con Derek senza di me. Io devo rimanere qui.
    - Rimango anch’io! Non puoi stare da sola.
    - C’è il sistema d’allarme e il portiere. Devo risolvere questa faccenda da sola.
    Lui la strinse a se e la baciò.
    - D’accordo. Ma promettimi di stare attenta.
    - Te lo prometto – rispose lei con un sorriso.
    - Allora… niente doccia insieme stamattina?
    - Beh… se proprio insisti – disse lei ridendo mentre lui cominciava a toglierle la camicia.

    Alle tre in punto del pomeriggio sentì il campanello suonare. Anche prima di guardare dallo spioncino sapeva chi era. La puntualità era una delle doti di quell’uomo straordinario. Aprì la porta e lo guardò allungo.
    - Sono felice di rivederti…
    Lui la abbracciò. Poi la guardò attentamente e annuì come se lei avesse superato l’ispezione.
    - Anch’io sono felice di rivederti ragazza!

    Continua…
     
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    Capitolo XIII: Saper fare pace

    Derek non aveva posto domande alla notizia, portata da Spencer, che Sarah quel giorno non sarebbe andata in ufficio. Aveva visto lo sguardo di lui e si era reso conto che dovevano aver litigato.
    Già dal giorno prima Reid aveva un atteggiamento che prometteva tempesta e per quanto Sarah evitasse sempre lo scontro diretto con lui, evidentemente quella volta Spencer aveva passato il segno.
    Derek sorrise fra se. Non credeva che Reid avrebbe mai potuto spingere Sarah a rispondergli come meritava. Aveva assistito a varie discussioni fra loro e aveva visto sempre lei trattenersi per non urtare l’amor proprio di lui. Spencer doveva averla fatta veramente grossa.
    Erano fermi in mezzo al traffico. Spencer silenzioso guardava fuori dal finestrino, Morgan aveva un sorriso sornione stampato in volto.
    - Allora, bel ragazzo, che hai combinato stavolta?
    - Come scusa? – Spencer cadeva dalle nuvole.
    - Sarah oggi non viene in ufficio, tu ieri avevi una faccia che prometteva tempesta… avete avuto la vostra prima vera lite, giusto?
    Spencer non poté fare altro che annuire.
    - Cosa hai combinato, ragazzino?
    - Cosa ti fa credere che la colpa sia mia?
    - Conosco Sarah, eviterebbe di urtare la tua suscettibilità anche a costo di ingoiare il suo orgoglio. Quindi ti ripeto, che hai combinato?
    Reid fu suo malgrado costretto a fare un esame della situazione. Era vero, nonostante in quell’anno lui avesse spesso messo a dura prova la resistenza di lei, non avevano mai veramente litigato. Lei si tirava sempre indietro, come per proteggere Spencer da quello che si sarebbero potuti dire in un attimo di rabbia.
    - Ieri, quando Sarah è andata nell’area relax… io ho sentito quello che Mark le ha detto.
    - E allora? Voglio dire, mica avrai creduto a quell’inglese tutto suonato?
    - Beh….
    - Spencer Reid! Sei un vero cretino! Conosci Sarah molto meglio di me! Io non ho creduto neanche per un secondo a tutte quelle cattiverie e tu ti sei fatto venire dei dubbi?
    Spencer sospirò, guardando fuori dal finestrino.
    - C’è dell’altro… ecco io… ho confidato a JJ che volevo chiedere a Sarah di sposarmi.
    Derek si girò allibito.
    - Ti sei deciso finalmente! Voglio dire, Sarah è la ragazza più fantastica che tu potrai mai, non dico avere, ma anche solo conoscere!
    - JJ mi ha detto che forse lei non è adatta a me…
    - JJ è una cretina – disse Morgan mentre inchiodava in mezzo al traffico e si girava a guardare l’amico negli occhi – mi auguro che tu l’abbia rimessa a posto come Sarah a fatto con me!
    - Cosa vuol dire “come Sarah a fatto con me”?
    Derek riportò lo sguardo sul traffico. Era visibilmente imbarazzato.
    - Reid, tu e io siamo amici ma… ammettiamolo Sarah è la ragazza più bella e intelligente che io abbia mai incontrato… e non si può dire che tu sia uno che ci sa fare con le ragazze…
    Spencer si girò ad osservare Morgan. Veramente lui aveva detto una cosa del genere alla sua ragazza?
    - Io manifestai i miei dubbi a Sarah poco dopo che voi… insomma… che eravate diventati una coppia… beh…
    - Lei che ti ha detto?
    Derek scoppiò a ridere al ricordo.
    - E’ stata la prima volta che ho avuto veramente paura di lei. Mi ha guardato con quello sguardo di ghiaccio che usa con i sospettati e mi ha detto, cito testualmente, “Ascoltami bene, razza di troglodita, se ti sentirò un’altra volta parlare in quel modo di Spencer ti pentirai di avermi conosciuto! Tu non sai niente di lui! Non ti permettere mai più!” avevo talmente paura in quel momento che me ne sono andato via di corsa – detto questo proruppe in un'altra fragorosa risata.
    Spencer si sentì un verme. Quando Derek, che era il miglior amico di Sarah, aveva espresso dei dubbi lei aveva difeso la loro relazione a spada tratta dicendo all’amico di farsi i fatti proprio. Lui non aveva agito nello stesso modo, anzi aveva rinfacciato a Sarah quello che JJ gli aveva detto!
    - Morgan… tu e Emily litigate spesso?
    - Siamo due caratteri focosi… se mi passi l’eufemismo…
    - Come fai a farti perdonare da lei?
    - Quanto grossa l’hai combinata ragazzino?
    - Le ho detto che JJ la riteneva non adatta a me e… - arrossi al ricordo di quanto fosse stato perfido – le ho detto che forse aveva ragione.
    - Allora tu sei proprio scemo! DIO! Come si fa a dire una cosa del genere alla propria ragazza? Lei come ha reagito?
    - E’ scoppiata in lacrime… ho cercato di fare pace con lei e lei dice di avermi perdonato, però…
    - Spencer, tu la ami?
    - Si – ammise lui diventando rosso in volto.
    - Bene, allora cerca di ricordare sempre che Sarah è speciale! Devi prenderti cura di lei. Non troverai neanche tra un milione di anni un’altra ragazza cosi!
    - Lo so… tu che sei un esperto… come… come si fa a… fare la pace?
    Derek sorrise con aria furba.
    - Vuoi che lei dimentichi quello che le hai detto?
    - Si! Certo!
    - Allora sturati bene le orecchie e prendi appunti mentali!
    Mano a mano che Morgan gli spiegava cosa fare Spencer sentiva il rossore sulle guancia aumentare di intensità. Lui? Fare una cosa del genere? Non sapeva neanche da che parte cominciare…
    - Hai capito bene?
    - Credo di si… ma dici che… insomma a lei…
    - Fidati! Sperimentato! – gli strizzò un occhio – Se non riesci a fare pace neanche cosi vuol dire che non c’è più niente da fare.
    Reid non era sicuro di riuscirci, ma per amore di Sarah ci avrebbe provato.

    Spencer entrò con passo deciso nell’ufficio di Garcia.
    - Novità?
    - Ancora niente purtroppo! La ricerca è molto più difficile del previsto. Non risulta in nessuno degli elenchi che ho visionato finora. Ma io non mi arrendo! – detto questo girò la sedia fino ad avere Reid di fronte – Ansioso di risolvere il caso, eh?
    - Scusa che vorresti dire? E perché fai quel sorrisino?
    - Sarah mi ha detto tutto! – rispose l’informatica con quella sua risata che la rendeva inconfondibile – Ehi! Mi auguro di essere fra gli invitati!
    Spencer arrossì all’affermazione di Penelope.
    - Lei… ti è sembrata felice della cosa?
    - Scherzi! Piccolo federale, sarai anche un genio e un ottimo profiler ma le donne proprio non le capisci!
    - Scusami?
    - Sei l’unico qui che non si è reso conto che per Sarah il sole sorge e tramonta con te! – rispose lei con una strizzatina d’occhio.
    - Non è sempre cosi… - ammise lui – Sarah ti ha mai detto niente di noi? Voglio dire… di quello che lei prova per me?
    - Vuoi un consiglio, zuccherino… io chiederei alla sua migliore amica!

    Già… la sua migliore amica… Emily era alla sua scrivania e lavorava al caso.
    - Prentiss? Hai un momento?
    - Certo Reid, dimmi.
    - Veramente… vorrei parlarti in privato.
    Emily lo guardò con aria interrogativa. Poi si alzò e lo precedette verso l’archivio. Spencer ricordava anche troppo bene quello che era successo lì solo il giorno prima. Sentiva ancora il sapore delle labbra di lei, il tepore del suo corpo… ma ora era lì per chiarirsi le idee una volta per tutte.
    - Allora? – chiese Prentiss.
    - Sarah… ti ha mai… parlato di noi?
    - Vuoi dire del fatto che le hai chiesto di sposarti?
    - Ti ha mai detto cosa prova per me?
    - Reid, sei l’unico che non sa che è innamorata pazza di te! Sarebbe capace di uccidere chiunque osasse solo alzare lo sguardo su di te nel modo sbagliato – scherzò lei con un sorriso dolce.
    - E tu pensi che… insomma… che io sia quello giusto per lei?
    - Non sono cose che mi riguardano. Se la mia amica è felice con te non sta a me dare giudizi.
    Rimase stupito della risposta. Sarah e Emily erano come sorelle, eppure lei non si permetteva di avere un’opinione riguardo il rapporto fra lui e la ragazza.

    La tappa successiva fu nell’ufficio di Hotch. Non bussò neanche. Entrò e sbatté la porta in modo plateale.
    Aaron alzò lo sguardo.
    - Reid! Ti sembra il modo?
    - Sarah mi ha detto che hai provato a trasferirla e poi a baciarla – disse lui chinandosi sulla scrivania.
    - E’ stato prima…
    - Adesso tu stai zitto e ascolti! Non mi interessa quando è stato o quanto tu sia fisicamente più forte di me. Se ci proverai di nuovo ci sarà una poco dignitosa rissa all’interno del bureau. Chiaro?
    - Non succederà mai più. Giuro – Hotch era letteralmente allibito dal fatto che quelle parole uscissero dalla bocca del mansueto Reid.

    Ed ora l’ultima fermata. Dopo avrebbe potuto mettere la parola fine alla lite della sera prima con Sarah.
    Bussò alla porta e apri piano.
    - Spence! Entra pure.
    - JJ, dobbiamo parlare.
    - Dimmi – la bionda agente sembrava sorpresa.
    - Riguarda quello che ci siamo detti l’altro giorno…
    - Su cosa?
    - Io e Sarah. JJ io ti voglio bene, ma… - prese un profondo respiro – se ti permetterai ancora di dire qualcosa contro di lei, per quanto io tenga a te e ad Henry, sarò costretto ad interrompere qualsiasi rapporto che non sia quello meramente professionale con te!
    JJ lo fissò attentamente. Si, era veramente diventato l’uomo che prometteva di essere. Un uomo che difendeva il suo amore anche dagli amici! Si alzò e fece il giro della scrivania.
    - Ti giuro che non succederà mai più. Te lo detto: se tu sei felice io sono felice per te. Perdonami, non avevo capito quanto lei fosse importante. E Spence?
    - Si JJ?
    - Mi piacerebbe molto farvi da testimone quando arriverà quel giorno.
    Spencer sorrise e abbracciò l’amica.
    - Non potrebbe essere nessun’altro… JJ, un ultima cosa.
    - Dimmi.
    - Quando Sarah tornerà in ufficio… chiedile scusa!
    Jennifer si scostò e guardò Spencer in volto.
    - Lei sa?
    - Si, è stato un mio errore, ma…
    - Le telefono subito!
    - No, aspetta che torni in ufficio.
    - Si, sarà meglio chiarire di persona. Ti prometto che mi farò perdonare, Spence.

    Erano seduti sul divano. Avevano parlato tutto il pomeriggio. Lui era preoccupato per l’S.I. ed era rimasto stupito quando Sarah gli aveva rivelato la relazione tra lei e Spencer Reid. Non sembrava arrabbiato, ma lei percepiva che lui non approvava del tutto la scelta che lei aveva fatto.
    - So che lui è eccezionale. Nessuno può saperlo più di me, ma…
    - Non ci sono ma. Non ti ho chiesto il permesso. Lui sa che qualcuno a favorito la mia carriera ma non sa chi o perché. Ieri abbiamo avuto il nostro primo litigio per questo… non voglio più litigare con lui.
    - Se la vostra storia va avanti ci saranno ancora litigi, è naturale.
    - Io e Spencer non litighiamo mai.
    - Da quanto state insieme?
    - Più di un anno ormai. Lui… mi ha chiesto di sposarlo.
    - Perché non mi hai mai parlato di voi due?
    Lei si limitò a guardarlo.
    - Sarei un bugiardo se ti dicessi che non sono preoccupato. Ma devo ammettere che il ragazzo ha ottimi gusti in fatto di donne.
    - Anche tu li hai avuti, no? – disse lei con un sorriso.
    - Già…
    - Voglio dirgli la verità su di noi.
    - Non credi che possa turbarlo?
    - Prima o poi scoprirà chi mi ha raccomandato e allora le domande ricominceranno a giragli per quel cervello iperattivo. Non voglio che lui viva nel dubbio che lo abbia ingannato. Non sono queste le basi per un futuro insieme.
    - D’accordo, ma… voglio dirglielo io.
    Sarah guardò l’orologio.
    - Se ti fermi ancora un po’ potrai dirglielo subito.
    - Hai vinto… però… cucino io.
    - Sei sempre stato un cuoco migliore di me – riconobbe lei.

    Quando Spencer entrò nell’appartamento sentì un profumino invitante arrivare dalla cucina. Sarah uscì dalla porta e si frappose fra lui e quel locale della casa. Aveva un bicchiere di vino in mano e un’espressione allegra sul volto. Sembrava che tutto si fosse appianato. Portava quel vestitino nero dalla gonna ampia che lui adorava e i capelli tenuti fermi da un cerchietto. Sembrava che si fosse vestita apposta per lui.
    - Bentornato.
    - Tutto a posto? – disse lui dopo averla baciata.
    - Si.
    - Allora? Mi dirai tutto?
    - Non credo che tocchi a me…
    - Sarah! Stamattina avevi promesso!
    - Infatti! Ho promesso che avresti saputo tutto. Non che te lo avrei detto io.
    - Cosa? Come?
    - Abbiamo un ospite a cena…
    - Chi?
    Una figura uscì dalla cucina. Spencer rimase senza fiato. Era l’ultima persona che si sarebbe aspettato di vedere in casa di Sarah. Non sapeva neanche che si conoscessero.
    - Ragazzo, credo proprio che io e te dovremmo fare una lunga chiacchierata
    - Gideon…

    Continua…
     
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    Capitolo XIV: Felice ritorno?

    Jason e Spencer parlarono per tutta la sera. Sarah ascoltava in silenzio mentre Gideon rivelava il “loro segreto”. Si fece promettere da Reid che non avrebbe detto niente a nessuno, neanche ai suoi colleghi del team. Quella era una faccenda privata che non riguardava il bureau o il resto della squadra. Spencer annuì serio.
    - Capisco, Gideon. Non preoccuparti, manterrò il segreto a qualsiasi costo.
    - Domani verrò in ufficio. Voglio aiutarvi. Non posso lasciare Sarah nei guai…
    - E se gli altri cominciassero a fare domande? Voglio dire… sono due anni che te ne sei andato senza una parola. Hai dato le dimissioni e sei sparito. Come giustificherai il tuo ritorno per aiutarci in questo caso.
    - Sarah è stata una delle miei allieve più promettenti e io ho sempre avuto un debole per lei. In realtà il nostro rapporto davanti agli altri è stato molto simile a quello fra me e te. Non troveranno niente di strano nel fatto che io voglia aiutare la mia pupilla.
    - Dici che non troveranno niente di strano nel fatto che ti sei precipitato a Washington di punto in bianco?
    Sarah prese la parola per la prima volta da quando Jason era uscito dalla cucina.
    - Veramente non direi che si è precipitato… in fin dei conti è qui già da due mesi…
    - Senti un po’ ragazza a proposito, si può sapere come facevi tu a sapere dove mi trovavo e come rintracciarmi?
    - Tu non approveresti certe cose – disse le con uno sguardo furbo.
    - Sarah!
    - Ok. Mi sono introdotta nella banca dati della società della tua carta di credito… è stato facile sapere che avevi un appartamento vicino Dupont Circle.
    - Dico io! Ma lo sai che è illegale?
    - Solo se ti beccano. E sai che sono un hacker troppo in gamba per farmi beccare con le dita nella marmellata – rispose lei facendogli l’occhiolino – A proposito… mi spieghi come facevi a conoscere il mio indirizzo visto che io non ti ho mai detto di aver cambiato appartamento un anno fa?
    - Ehm… ho chiesto ad un vecchio amico che lavora ancora nell’F.B.I. di trovarmelo, giusto nel caso tu avessi bisogno di me…
    - E cosi Rossi sa che sono la tua “pupilla”, eh?
    - Come fai a sapere che è stato Rossi? – chiese Spencer.
    - Semplice… Rossi una volta mi a “accennato” che Jason era stato il mio istruttore quando ero in accademia e mi ha chiesto che tipo di rapporto avevamo. Uno più uno fa due.
    - Ragazzi, odio parlare con due geni – disse Gideon scuotendo la testa.
    Scoppiarono tutti e tre a ridere. Poi Sarah cominciò a sparecchiare e andò in cucina per lavare i piatti permettendo a Spencer e Jason di parlare in privato. Sapeva che l’argomento della loro conversazione sarebbe stata lei… non le sembrava il caso di assistere.
    - Reid ora dobbiamo fare un altro tipo di discorso.
    - Lo immagino. Tu… tu sei contrario… al mio legame con Sarah, giusto?
    Il più anziano sospirò e guardò quel ragazzo che per lui era stato come un figlio.
    - Proprio contrario no, però… tengo tantissimo a tutti e due e vorrei vedervi felici. Credo che la mia remora sia dovuta al fatto che ormai sono un pessimista. E se vi lasciaste? Io come mi dovrei comportare? A chi di voi due dovrei rinunciare?
    Spencer rifletté sull’affermazione di quell’uomo che era stato un padre per lui, molto più del suo padre biologico.
    - Non farti sentire da lei. Sarebbe capacissima di fare una scenata dicendo che le decisioni in merito alla sua vita le prende da sola e non ha bisogno del permesso di nessuno per vivere a modo suo – disse Spencer con un sorriso.
    - Vedo che conosci bene il suo “caratterino”… comunque non potrei volere niente di meglio per voi due – disse l’anziano profiler stringendo la spalla del giovane.

    Verso le dieci Jason si alzò dicendo che ormai si era fatto tardi e lui doveva andare a dormire per essere in piena forma il giorno dopo.
    Sarah e Spencer lo accompagnarono alla porta. Jason diete un bacio sulla fronte di Sarah e strinse la mano a Spencer.
    - Reid, prenditi cura di lei – lo sguardo di Gideon lasciava intendere che non si riferiva solo a quella notte.
    - Non chiedo di meglio – rispose lui con un sorriso.

    Chiusa la porta e inserito l’antifurto Sarah non si girò verso di lui. Spencer avvertiva tensione nella postura della ragazza.
    - Sarah, cosa c’è?
    - Sei arrabbiato?
    - Perché dovrei esserlo?
    - Perché non ti ho mai detto niente di me e Jason.
    Lui le si avvicinò e l’abbraccio da dietro spingendo il corpo di lei contro la parete.
    - Capisco le tue ragioni. Dopo quello che ti ho raccontato di come mi fossi sempre considerato “speciale” per Gideon e di come mi sono sentito dopo il suo abbandono… hai cercato di non ferirmi ed inoltre credo che questa sia una cosa privata che riguarda solo te e lui. Scusami.
    - Per cosa?
    - Per aver insistito tanto. Da oggi in poi non ti forzerò più a parlarmi dei tuoi segreti, è giusto che tu me ne parli solo quando ti sentirai pronta.
    - Non ci sono altri segreti Spencer. Questo era l’unico. Per me è difficile parlarne, specialmente con te. Nessuno dovrà sapere. Mai!
    - Te lo giurò… però ora…
    - Ora?
    - Credo sia venuto il momento di fare la pace.
    Lei cercò di voltarsi verso di lui, ma Spencer la teneva immobilizzata contro la parete. Sentì la mano destra di lui scendere lungo la morbida gonna ampia e fermarsi appena oltre il bordo.
    Lentamente cominciò a risalire la pelle delle gambe di lei.
    - Cosa stai facendo?
    - Shhhhh.
    Sentiva la mano di lui farsi spazio fra le sue cosce nude e poi le dita si insinuarono sotto gli slip leggeri. E poi…
    - O mio dio! Cosa… cosa stai…
    Il fiato le si mozzò in gola mentre lui continuava la sua esplorazione. Con la mano libera le scostò i capelli e cominciò a baciare e leccare il collo e la spalla di lei. Le sue dita si fecero dolcemente largo in lei e Sarah sentì le ginocchia cederle. Spencer la strinse più forte facendola rimanere in piedi mentre continuava a giocare con il suo corpo. Sarah sentiva il fiato farsi corto, le risultava difficile respirare mentre lui la toccava in quel modo. La stanza si riempi dei gemiti soffocati di lei, mentre lui continuava il suo “lavoro”. Poi quando sentì che ormai lei era pronta, tirò con decisione gli slip che si strapparono e andarono a posarsi fra i loro piedi.
    Sarah non riusciva a capire cosa stava succedendo. Era travolta da tutte quelle sensazioni. Spencer non aveva mai fatto una cosa del genere… mentre cercava di recuperare il controllo il rumore della zip dei pantaloni di lui la fece sussultare. Ma cosa diavolo…? Prima che lei riuscisse a formulare il pensiero il ragazzo la stava penetrando senza che la mano destra abbandonasse la sua postazione.
    Sentiva il piacere scuoterla dall’interno mentre le spinte di lui si faceva più decise.
    - Spencer – sussurrava appena il suo nome.
    Sentiva la bocca di lui giocare con il suo collo e le spinte farsi sempre più veloci e profondo. Sentiva la mano di lui giocare con il suo piacere e poi furono le stelle.
    Si ritrovarono inginocchiati e ansanti. Lui ancora appoggiato alla schiena di Sarah le cingeva la vita con entrambe le braccia e le baciava delicatamente la spalla. Lei non capiva esattamente cosa fosse successo. Chi era quello sconosciuto? Spencer non si comportava cosi. Non aveva mai fatto niente di neanche lontanamente simile! E poi il modo in cui l’aveva toccata… un pensiero si fece largo.
    - Spencer? Sei stato con un’altra?
    - Ti amo – disse lui mentre tratteneva una risata – Pace fatta?
    - Vuoi dire che quando litighiamo questo è il sistema per fare pace?
    - Non ti piace?
    - Dovremmo litigare più spesso.
    Scoppiarono tutte e due a ridere. Spencer si ripromise di ringraziare Derek per il consiglio e le “istruzioni”.

    Più tardi erano abbracciati nel letto e lui le carezzava la schiena con una mano.
    - Deve essere stata dura per te andare in Francia.
    - Non la presi molto bene all’epoca. Ora capisco perché lui preferì mandarmi cosi lontano.
    - Come sono i vostri rapporti ora?
    - Beh… da allora ci siamo tenuti in contatto, anche se saltuariamente. Non gli avevo mai detto niente di noi.
    - Perché?
    - Temevo che non approvasse che il suo pupillo prediletto frequentasse una come me…
    - Sarah… cosa pensi che avrebbero detto i tuoi genitori di me?
    - Mia madre ti avrebbe adorato all’istante – disse lei mentre si tirava su con il gomito per guardarlo negli occhi – Mio padre… beh… lui era molto protettivo, ma alla fine ti avrebbe voluto bene, anche solo per il fatto che mi rendi felice.
    - Cosa provi riguardo a Gideon e al vostro passato?
    - Sai… all’inizio non capivo perché lui avesse rinunciato alla possibilità di una vita “normale” per seguire la sua carriera.
    - E adesso?
    - Adesso ho capito perché lui aveva scelto il profiling. Non per la carriera, ma perché quando sei un profiler rimani tale per tutta la vita… per le persone come noi è una missione. Siamo eroi senza gloria e combattiamo una battaglia persa. Ma qualcuno deve pur farlo.
    Lui la strinse a se. C’era verità in quello che lei aveva detto, ma era una cosa anche immensamente triste. Le loro vite si riducevano a questo. Una battaglia continua. Nessuno avrebbe ricordato i loro nomi, ma se avessero salvato almeno una vita ne sarebbe valsa la pena.

    Continua…
     
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