skeletons in the closet

robin89

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  1. robin89
     
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    Morgan si affacciò alla vetrata che dava sulla sala-riunioni. Cameron era sola dentro la stanza, aveva appena finito di parlare con Jayne insieme ad Hotch del suo futuro. Stava con la schiena al muro e un piede poggiato alla parete mentre caricava e scaricava ritmicamente la sua pistola. Derek entrò e le andò incontro con passo deciso, lei alzò lo sguardo poi riprese il suo “lavoro”, le tolse la pistola dalle mani e l’appoggiò alla scrivania.
    - Tranquillo, a te non ti uccido.
    - Non scherzare.
    Le scostò i capelli osservando i segni rossi che aveva ancora al collo poi si appoggiò alla parete con una mano appena sopra la spalla della ragazza continuando a guardarla male. Quando Morgan faceva così vuol dire che stava iniziando la guerra pensò.
    - Sei ancora arrabbiato con me?
    - No. Sono furioso. È diverso.
    - Allora mettiti in fila non sei l’unico.
    Derek sbattè violentemente la mano sul muro a un soffio dal suo viso, lei chiuse gli occhi e trattenne il respiro.
    - Accidenti Cameron smettila di sdrammatizzare sempre! Hai idea di quante volte hai rischiato la vita in quattro giorni?
    Lei teneva la testa bassa e non rispose, così le alzò il mento con un colpetto con le dita.
    - Guardami quando ti parlo –alzò gli occhi con un’espressione imbronciata mentre lui scosse la testa.
    - No. Non ne hai idea perché per te è tutto un gioco stupida ragazzina!
    - MA TI VUOI CALMARE? Sono viva e vegeta non mi è successo niente! So badare a me stessa e smettila di prendertela con me!
    Finì la frase e si ritrovò con la faccia girata da un sonoro schiaffo, si portò la mano alla guancia sinistra senza voltarsi.
    - E questo per cos’era?
    - Perché sei solo una presuntuosa. Sai perché non ti è mai successo niente? Perché c’è sempre qualcuno che arriva in tempo a salvarti. Non è certo merito tuo se sei ancora qui. Sai che ti dico? Certe volte spero che ti succeda qualcosa perché l’unico modo per farti aprire gli occhi è che ci sbatti la testa !
    Ron scuoteva la testa non credendo ad una sola parola - Non lo pensi davvero.
    In quel momento entrò Emily, sentì subito di aver tagliato un’atmosfera tesa.
    - Ragazzi stiamo per partire.
    - Arriviamo subito.
    Restarono nuovamente soli, Derek si girò verso Ronnie con aria stanca e sospirò mentre lei lo guardava come un cane bastonato, stava per dire qualcosa ma Ronnie uscì dalla stanza seguendo Emily, cercò di fermarla per un braccio ma lei si liberò bruscamente.

    Vedeva Mallard parlare con il resto della squadra, si girò verso di lei vedendola arrivare.
    - Possiamo parlare?
    - No.
    - Cameron! – Emily la chiamò prima che raggiungesse l’ascensore, Ron tornò indietro lentamente tenendosi faccia a faccia con Mallard.
    - Okay, lei per me non esiste, ringrazi solo che ho mirato alla spalla. Fine della storia – poi si rivolse alla squadra – non stavamo partendo? Allora andiamocene da qui.
    Si girò e raggiunse nuovamente l’ascensore sotto i loro sguardi interdetti.

    Sul jet

    Cameron era seduta di fronte a Reid ed Emily con a fianco JJ, infondo al piccolo aereo Morgan era solo con le cuffie con uno sguardo ancora tutto tranne che sereno.
    - Com’ è finita con Jayne? – le chiese Reid vedendola sovrappensiero.
    - Non verrà accusata, è stata difesa personale, in più le faranno tutti i controlli che dimostreranno le violenze e le aggressioni poi comincerà un programma in un centro per tossico-dipendenti. Lo stesso dove sono stata io.
    - Era quello che volevi no?
    - Si – mugugnò.
    - Allora perché fai quella faccia?
    Fece spallucce – questioni in sospeso con qualcuno.

    Restò ancora a lungo ferma a guardare fuori dal finestrino ripensando a quegli ultimi giorni e a tutti i punti da riordinare. Quando si decise di prendere in mano la situazione si alzò dalla poltroncina e si diresse al posto dov’erano seduti Hotch e Rossi, quest’ultimo la vide arrivare e capendo le sue intenzioni si alzò.
    - Vado a prendere un caffè – disse superandola con una mano nella spalla della ragazza.
    Hotch la guardò sedersi nella poltrona di fronte.
    - Ti devo parlare - cominciò lei.
    - Anche io, ma parla prima tu - i toni erano leggeri e pacati.
    Ron puntò gli occhi su un punto fisso dell’aereo, come se le parole da cercare fossero scritte lì.
    - Mi dispiace, per tutto. Per i casini che faccio, per renderti tutto più difficile e nonostante tutto mi difendi sempre… io non ti do niente in cambio, se non il mio atteggiamento arrogante e presuntuoso. Non meriti tutto questo da me. Scusa - per una volta aveva lasciato il suo orgoglio da parte e ne approfittò per chiarire con lui .
    - Già. Ti darei volentieri quattro schiaffi certe volte.
    La ragazza ridacchiò immaginandosi la scena.
    - Sei libero di farlo se vuoi, Morgan me li da’ per tenermi a bada.
    - Spero per te non ci sia l’occasione. Da quando sei con noi è la prima volta che chiedi scusa a qualcuno.
    - Lo so, ma non ti montare la testa - alzò gli occhi verso i suoi e abbozzò un timido sorriso - Per te faccio un’eccezione oggi. Ora tocca a te, prometto che non replicherò.
    - Bene - tornarono entrambi seri - Sei sempre stata sincera con me Cameron, l’ho capito quando ho letto la tua scheda personale, non mi hai mai nascosto nulla. D’ora in poi ogni volta che tu hai bisogno aiuto, che sia un consiglio legale, che faccia parte del caso o meno pretendo che me ne parli prima. Questa è l ‘ultima volta che fai le cose di testa tua, non m’importa se sei stata abituata a cavartela da sola nella tua vita, qui non lo fai. È un ordine. E un'altra cosa, non t’immedesimare mai con qualcuno coinvolto nel caso.
    Ron si era fatta piccola piccola sotto le sue parole.
    - La verità è che non ho mai avuto niente da perdere.
    - Beh, ora ce l’hai, dunque datti una regolata.
    Rossi stava tornando verso di loro, Hotch e Ron si scambiarono le ultime battute.
    - Vai a dormire un po’, c’è ancora tempo prima di arrivare. E domani avrai un bel rapporto da scrivere e io un lungo colloquio.
    Si alzò lasciando il posto a Rossi mentre dava un ultimo sguardo al suo capo - grazie.

    Hotch fissava la figura della ragazza addormentata in una posizione scomposta sdraiata su due sedili. Si sentì osservato da Rossi e anticipò ogni battuta.
    - Quella ragazza mi sta facendo impazzire.
    - Strano, ho sempre pensato fossi già un po’ pazzo.
    - Ho paura che non abbia ancora toccato il limite.
    - Perché non la rinchiudi in ufficio con la Strauss?
    - Pessima idea, non oso immaginare come andrebbe a finire.
    - Io un’idea ce l’avrei, meglio non dirla – finì Rossi sorridendo.
     
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  2. robin89
     
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    NOTE : Un ringraziamento tutto speciale ad Unsub che da questo capitolo in poi ha collaborato a quattro mani con me :wub:




    Cameron stava appena finendo di scrivere il rapporto, seguì con lo sguardo Hotch mentre percorreva il corridoio che portava dall’ufficio della Strauss al suo, aveva un’aria stanca e spossata, si alzò silenziosamente e lo raggiunse. Lui era ancora in piedi mentre sistemava dei fogli sulla scrivania, si girò quando sentì chiudersi la porta, nessuno aveva bussato. Si guardarono un momento prima che qualcuno iniziasse il discorso.
    - Ho finito di scrivere il rapporto, direi che è più lungo del solito – finì ironica.
    - Grazie mettilo pure sulla scrivania.
    Non aveva il coraggio di chiederglielo visto che non c’era da fantasticare molto sulla risposta, ma lo fece lo stesso - Com’è andata con la Strauss?
    Lui sospirò guardandola e scuotendo la testa - Sai cosa pensa di te Leane?
    - Sì – poi si schiarì la voce - l’ha scritto nelle motivazioni per il test psicologico – disse abbassando la testa.
    - “Soggetto mentalmente instabile, violento e pericoloso per se stesso e per la squadra”. Il suo pensiero non è cambiato di una virgola.
    - Lo pensi anche tu? Non metterei mai in pericolo qualcuno di voi.
    - Se lo pensassi non saresti qui adesso, io e Collins abbiamo un gran mal di testa. Comunque il fatto che tu metta in pericolo la tua vita e quella degli altri è abbastanza palese.
    - Ecco non bastava Morgan ….
    - Leane sono stanco di ripetertelo, qui ogni uno è responsabile dell’altro, non esiste “io”. Siamo una squadra e come tale deve funzionare.
    - Sono io che rischio, non voi.
    - Vogliamo parlare del caso di Los Angeles quando abbiamo dovuto inseguirti per non farti ammazzare? Oppure del tuo primo caso, quando stavi sparando ad una macchina in corsa e Reid ha dovuto attraversare la strada saltandoti addosso per non farti investire? Se vuoi posso continuare.
    - No, basta così. Non è certo mia intenzione far rischiare la vita a qualcuno, soprattutto a voi, piuttosto mi farei ammazzare.
    - È proprio questo che mi preoccupa Leane, che non ti rendi conto di quando superi il limite.
    Abbassò la testa e non rispose poggiandosi alla poltrona di pelle.
    - Abbiamo convinto di nuovo la Strauss a non farti andare via, questa è l’ultima volta.
    - Okay,cercherò di controllarmi –si avvicinò alla porta ma lui la richiamò.
    - Leane non ho finito, sei sospesa per due giorni.
    - Ho l’impressione che dovrei ringraziarti per questo.
    - È il minimo.
    Restò col peso su una gamba mentre tamburellava con le dita sul mobile, incerta sulla prossima domanda.
    - Posso chiederti una cosa? Rispondimi sinceramente.
    - Certo.
    - A proposito delle pessime scelte, visti i risultati.
    - Le mie sono sempre state ottime scelte Cameron, non mi son pentito di nulla.
    Ron sorrise timidamente e si fermò ad una voglia che non trattenne dal chiedere.
    - Mi abbracci adesso? Per favore?
    Hotch le rispose con uno di quei rari sorrisi che le facevano scogliere il cuore.
    - Sai che sei anche una gran ruffiana?
    - Lo so - Ron gli si buttò addosso e gli circondò le braccia al collo, lui rispose con altrettanto affetto. Chiuse gli occhi e si lasciò cullare in quel raro momento, ora che c’era non voleva staccarsi. Per la prima volta si rese conto che adesso aveva qualcosa da perdere e non avrebbe permesso a nessuno di distruggere quello che si stava creando nella sua vita. Avvicinò la bocca all’orecchio mentre non credeva neanche lei a cosa stava per dire.
    - Grazie papà.
    Lui la staccò da sé delicatamente riprendendo le loro posizioni poi le sorrise di nuovo allo sguardo stralunato di lei - Non chiamarmi papà ,mi fai sentire vecchio.


    Ronnie stava attraversando il parcheggio con lunghi passi veloci, le uscì un piccolo sorriso ripensando alla situazione appena passata,c’era solo un altro punto da chiarire ma ci avrebbe pensato il giorno successivo. Mano a mano che si avvicinava alla macchina intravide una figura che al buio non riusciva a distinguere, sembrava aspettare lei. Quando riconobbe la professoressa Collins rallentò di colpo e sbuffò roteando gli occhi. Riprese a camminare lentamente dopo una pausa di qualche secondo, detestava incontrarla in quelle situazioni, quando era appena uscita da uno dei suoi casini e doveva fare i conti con le conseguenze. Peccato ci pensasse sempre solo dopo averli fatti, ora le aspettava un’altra ramanzina. Collins si girò e per un attimo si guardarono, si sentiva sempre di più in imbarazzo, non voleva guardarla negli occhi, voleva solo affondare la testa sotto la sabbia e cambiare strada. Ma Ron era tremendamente orgogliosa specialmente con lei, non sopportava di doversi sentire una delusione un’altra volta, alzò di nuovo le barriere di difesa circondandosi di orgoglio e presunzione, come una maschera che celava il suo reale stato d’animo le andò incontro a testa alta.
    - Professoressa - pronunciò con diffidenza.
    Sarah si limitò a chiudere gli occhi e scuotere la testa.
    - Senta, so già cosa sta per dirmi, quindi le faccio risparmiare tempo – Ron come al solito preferiva giocare in attacco.
    - Sei sicura di sapere cosa sto per dirti? – Collins infilò le mani in tasca e guardò altrove – Non credo proprio, Leane, non questa volta.
    Cameron rimase spiazzata, di solito la professoressa reagiva con un sermone che non finiva più e la guardava dritta negli occhi con lo sguardo di ghiaccio. Invece ora sembrava amareggiata e non in vena di farle discorsi sulla responsabilità, sull’essere ponderati, sulla necessità di saper lavorare in squadra e tutte quelle altre menate che tirava fuori in quei frangenti.
    - Sai una cosa Leane, stavolta non ho proprio niente da dirti – finalmente la guardò negli occhi, ma si girò per andarsene – Quando sarai abbastanza matura da parlare con me sai dove trovarmi.
    Ronnie fu assalita da un brutto presentimento. Quello sguardo e il fatto che non volesse fargli la ramanzina non rientravano nella loro routine. Improvvisamente fu assalita da una paura a cui non sapeva dare nome.
    - Professoressa?
    Ma Sarah era già salita in macchina per andarsene. Ronnie rimase immobile mentre guardava l’auto allontanarsi.
     
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  3. robin89
     
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    Non riusciva ad addormentarsi,si girava e rigirava nel letto mentre ripensava alla reazione della sua ex professoressa. Di sicuro quella era l’ultimo tipo di conversazione che si sarebbe aspettata, non si preoccupava quando le urlava in faccia una ramanzina, ma quando non lo faceva. Forse questa volta aveva davvero esagerato pensò. Guardò l’orologio,erano le due di notte, scivolò dal letto e si mise qualcosa di comodo per guidare, in quei momenti aveva bisogno solo di una persona.
    Arrivò davanti alla porta e suonò il campanello, aspettò che si aprì mentre guardava le chiavi della macchina girare nella sua mano,non si erano ancora rivolti la parola dopo la sua sfuriata a Berkeley.
    La porta si aprì facendole alzare gli occhi, si trovò davanti Derek in maglietta e boxer neri con un’aria decisamente sveglia e poco assonnata. Si appoggiò con la spalla all’orlo del portone guardandola di sbieco e incrociò le braccia.
    - Ron, a quest’ora dovresti essere a letto sai?
    - Non riesco a dormire e ho bisogno di te – lei lo guardava come un gattino in attesa di coccole – facciamo pace? Sai che odio parlare al telefono.
    Lui scosse la testa spostandosi.
    - Entra.
    Si sedette all’angolo del divano protetta dai due schienali, sollevò la gamba sinistra sotto l’altra mentre lui prese posto di fianco.
    - Sono un’idiota.
    - Su questo non ci sono dubbi, con la Strauss com’è andata?
    - Sono sospesa per due giorni, penso che passerò 48 ore al poligono.
    - Ti è andata anche troppo bene per tutto quello che hai combinato.
    - Già, non è questo il problema, è la professoressa Collins.
    - Sarah? Ti ha fatto la solita ramanzina?
    - No, è questo il punto, non mi ha voluto parlare, mi ha solo detto “quando sarai abbastanza matura da parlare con me sai dove trovarmi”, credo di aver esagerato questa volta.
    - Si, hai decisamente toccato il fondo e te ne sei accorta,spero, dovrei prenderti a schiaffi più spesso .
    - Pensavo fosse una carezza – chiuse gli occhi a fessura mentre lui sorrise.
    - E il tuo problema è che non hai il coraggio di fare il primo passo con lei. Giusto?
    - Mi piace quando mi leggi nella mente.
    - Sai cosa penso?
    - Mi ricordo bene cos’hai detto l’ultima volta.
    - Che devi smetterla di comportarti così, sei stata straviziata da quando sei nell’Unità, ti permetti di fare quello che vuoi e non è permesso a nessuno, sai che Hotch e Sarah non possono difenderti per sempre. Se continui a giocare con questo lavoro prima o poi finisce male e non te ne renderai neanche conto. Insomma Sarah ha sempre fatto i salti mortali per te non lo capisci? Cosa ti costa dirle grazie per una volta?
    Ron girò la faccia e si sentì gli occhi pungersi di lacrime mentre rimuginava sull’effetto di quelle parole. Derek si limitò ad avvicinarsi e le fece affondare la testa nel suo petto mentre le carezzava la nuca, lei adorava quel gesto, glielo faceva sempre quando piangeva. Si accoccolò ancora di più nel divano e le diede il tempo di sfogarsi, si era tenuta quelle lacrime per troppo tempo.
    - Sei proprio una stupida ragazza Ronnie. Se continui così mi allaghi la casa.
    Riuscì a strapparle una risata così Ronnie si sollevò lentamente dal suo abbraccio, lui le asciugò gli ultimi rigagnoli con le mani sul viso e finì col darle una pacca sulla guancia mentre lei lo guardava smarrita.
    - Scusa – cercò di balbettare.
    - Non è a me che devi dirlo.
    Sospirò mentre si alzava e restarono sull’uscio – posso anche andare a dormire ora.
    - Tutto qui il mio aiuto?
    - Avevo bisogno che mi ricordassi un’altra volta quanto sono stupida, grazie per essere la mia coscienza cattivo ragazzo.
    - Sono sempre il tuo migliore amico ricordatelo.
    - Lo so, e io sono la tua, ricordatelo.
    - Buonanotte combina guai.
     
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  4. robin89
     
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    NOTA: ma quanto mi piace questo capitolo :D

    Ronnie stava attraversando il grande giardino che portava all’Accademia dell’FBI., si ricordò di quante volte aveva percorso quei corridoi quando frequentava le sue lezioni fino a un anno e mezzo prima, arrivò davanti all’aula e aspettò dietro la porta che finisse anche quella mattinata. Guardò una seconda volta le lancette dell’orologio in pelle marrone che portava al polso, ormai doveva finire da un momento all’altro, era impaziente ma estremamente calma allo stesso tempo, molto strano.
    Finalmente la porta si spalancò ed uscirono una serie di giovani ragazzi che si lanciavano nei commenti più disparati sulla professoressa, Ron scosse la testa mentre le passavano di fianco schivandola, lei al suo tempo entrava e usciva dall’aula senza guardare in faccia nessuno e senza perdere tempo nelle loro inutili chiacchiere, i suoi compagni dal canto loro la consideravano una snob che li guardava dall’alto verso il basso e le stavano alla larga il più possibile. Quei ragazzini non facevano altro che criticare tutto e tutti non li sopportava, se provavano a farle qualche battuta gli bastava il suo sguardo per lasciarla perdere di nuovo.
    Uscì l’ultimo ragazzo e s’infilò dentro l’aula chiudendo la porta alle sue spalle restando sola con la professoressa Collins. Sarah si girò verso di lei incontrando uno sguardo tutt’altro che provocatorio e arrogante poi riprese a riordinare la scrivania mentre Ron le andava più vicino, girò gli occhi verso il posto che occupava ai suoi tempi e sospirò.
    - Non ho mai sopportato quei ragazzini, a me piacevano le sue lezioni. Ero sempre in prima fila.
    - Non basta mettersi in prima fila per diventare dei profiler – Sarah continuava a riordinare la scrivani senza degnarla di uno sguardo – Occorre molto altro: determinazione, acume, empatia, una buona dose di coraggio…
    - Quello ne ho fin troppo – Ron cercava di stemperare l’atmosfera con la sua ironia ma con scarsi risultati.
    - C’è qualcosa che ti manca per diventare una profiler, la cosa più importante.
    - Io sono già una profiler!
    - No, tu non sei una profiler.
    Sarah finalmente alzò lo sguardo su di lei e Ron si trovò a fare un passo indietro. Non aveva mai visto un tale carico di ira nello sguardo della sua ex professoressa. Lo sguardo di ghiaccio della Collins era ormai qualcosa di noto a tutti, quegli occhi verdi erano il ritratto della freddezza e della totale assenza di interesse nei confronti del mondo esterno, non certo quella rabbia sorda che ora era tutta rivolta verso Leane.
    - Tu non sei una profiler, tu lavori nella B.A.U. il che, mia cara, è una differenza abissale – Sarah fece lentamente il giro della scrivania – Vuoi sapere cosa sei mia cara? Il mio più grande errore, ecco cosa sei! Quello che ti impedisce di essere una profiler è il fatto di saper lavorare con un team, tu ti limiti a fare quello che ti passa per la testa senza mai preoccuparti degli altri.
    - Cosa? Professoressa io…
    Sarah sbatté la mano aperta sulla scrivania facendola sussultare.
    - Tu, piccola incosciente, hai messo a repentaglio la mia famiglia e questa è la sola cosa che non tollero – una calma glaciale scese improvvisamente sul volto della donna – Per quanto mi riguarda non interverrò più in tuo favore. Non capisco neanche cosa io abbia visto in te.
    Dicendo così si voltò per prendere la borsa ed era pronta a lasciare lì la sua ex allieva, fonte continua di delusioni.
    - Non dica cosi!
    - Hai mai pensato alle persone che ti sono accanto? Ti sei mai fermata a riflettere che con il tuo comportamento nuoci a persone che ti vogliono bene? – si girò di nuovo verso Ron con il viso rigato di lacrime – Hai mai pensato cosa provano Derek, Spencer o Emily quando tu parti in quarta e loro hanno paura di non riuscire ad aiutarti?
    - Mi dispiace – Ron non riusciva a dire altro, non aveva mai visto la Collins così umana nelle sue reazioni.
    - Ti dispiace? Sai cosa vuol dire consolare il proprio marito, perché ha paura di non avere i riflessi abbastanza veloci la prossima volta? Sai cosa vuol dire cercare di far capire a Derek che i tuoi errori sono solo tuoi e lui non ne è responsabile? – Sarah si mise a sedere con la testa fra le mani – Ci sono cose che tu non sai, cose che non puoi prevedere.
    - Perché parte dal presupposto che non me la sappia cavare da sola? – ora era Leane che cominciava ad arrabbiarsi.
    - Sai niente dal caso Brunet?
    - No, mai sentito.
    - Io ero con Derek e Spencer, avevamo fatto tutto secondo manuale. Niente colpi di testa, niente azioni avventate. Sai come è finita?
    - Ehm… - ora Ron era in visibile imbarazzo, sentiva che quello che sarebbe seguito non le avrebbe fatto piacere.
    - Io sono quasi morta sotto gli occhi del mio migliore amico e dell’uomo che amo. Sono usciti distrutti da quella storia e c’è voluto più di un anno perché si riprendessero completamente. Immagina cosa succederebbe se ti capitasse qualcosa, prova a pensare a loro prima che a te stessa e al tuo stupido orgoglio – Sarah si alzò per accostarsi alla sua ex allieva – Prova a pensare a tutto questo e poi dimmi cosa faresti tu al mio posto.

    Un colpo di pistola le avrebbe fatto meno male di quelle parole. Ron si girò altrove cercando di ignorarla, le venne un nodo alla gola ma non riuscì a trattenere le lacrime, non l’aveva mai umiliata così. Era frustrata e infuriata allo stesso tempo, si ritrovò suo malgrado a pensare a tutto quello che Sarah le aveva detto e poi prese la sua decisione su quello che doveva dire.
    - Mi dispiace, io.. – la guardò con occhi gonfi di lacrime che traboccavano di rabbia - a questo punto non so nemmeno perché faccio questo lavoro! L’ultima cosa che voglio è far soffrire qualcuno! Quella è anche la mia famiglia adesso, io non ne ho mai avuta una. Parto in quarta sperando di risolvere tutto da sola senza far rischiare niente agli altri, sono sempre vissuta in mezzo ai casini per me è normale mettermi in prima fila e rischiare tutto per proteggerli. Io morirei ogni istante per salvare la vita ad ognuno di loro, lei non ha la minima idea di cosa sono capace come diavolo glielo devo dimostrare! Lei non sa un’accidenti di me! – Ron aveva alzato ancora di più la voce fin quasi urlare – Sa che le dico? Ha ragione. Io Cameron Leane sono una stramaledetta orgogliosa testarda ed egoista! E non sono il suo più grande errore, non lo sarò mai! Sono la migliore profiler che abbia mai addestrato e non troverà nessun altra come me!
    Si girò immediatamente per andare via raggiungendo velocemente l’uscita – Leane! –Sarah la chiamò ma senza risultati, Ron uscì dall’aula sbattendo violentemente la porta con un boato.
    Si attaccò al muro e cominciò a piangere istericamente e con singhiozzi, più che un pianto sembravano urla. Voleva andare il più lontano possibile da lì ma non riusciva ad allontanarsi ad un palmo dalla porta. Sentì un lento cigolio e vide Sarah pararsi di fronte a lei. Ron scivolò con la schiena fino a sedersi per terra come per nascondersi, si maledì per essersi fatta vedere in quello stato.
    - Alzati.
    - La Strauss ha perfettamente ragione a pensare quelle cose – Ron era in totale pallone adesso, era in preda ai sensi di colpa e la voce era rotta dal pianto - Perché mi ha fatto entrare nell’unità? Cosa aveva visto in me? Perché non mi ha fatto cacciare al primo sbaglio? Perché ha continuato a difendermi per un anno e mezzo? Perché non mi rendo conto del male che faccio? Perché tutto quello che penso sia giusto è il mio più grande errore? Non riesco neanche ad ammettere di essere la causa di tutto questo! Come faccio a continuare così?
    - Alzati! – le ripeté Sarah.
    Ron si sollevò lentamente alzandolo sguardo su quegli occhi verdi. Sarah scuotendo la testa prese Ronnie sotto braccio, trascinandola verso il suo ufficio privato. Una volta entrate, la fece sedere e le allungò una scatola di fazzoletti.
    - Tu credi che nessuno possa capirti, credi che nessuno sappia cosa hai passato – Sarah si mise a sedere con aria stanca – Credi che io non sappia, come hai detto tu, “un accidenti”, giusto?
    - Sapere cosa c’è nel mio passato e vivere nella mia pelle sono due cose diverse – Leane aveva assunto un’espressione imbronciata.
    - Secondo te cos’è che io non posso capire del tuo passato?
    - I miei genitori litigavano sempre, casa mia era un vero inferno! Un pazzo psicopatico li ha uccisi e ciliegina sulla torta sono stata tossico-dipendente per quattro anni!
    - Quando avevo diciassette anni mia madre e Richard Collins ebbero un incidente d’auto. Un guidatore ubriaco li aveva presi in pieno. Richard è morto sul colpo, mia madre è rimasta in coma per otto lunghi anni prima di lasciarci.
    - Non è la stessa cosa! I suoi genitori litigavano? Si odiavano?
    - Richard non era mio padre – ammise Sarah chiudendo gli occhi – Lui e mia madre si erano separati perché lui era sterile. Durante quel periodo mia madre ha conosciuto un uomo a cui si era legata sentimentalmente, quando ha scoperto di essere rimasta incinta il mio padre biologico le ha suggerito che avrebbe fatto meglio a tornare con il marito. Io l’ho scoperto dopo la morte dell’uomo che avevo sempre chiamato papà.
    Cameron la guardò ancora più arrabbiata.
    - Ok, lei sa come ci si sente ad avere un passato familiare difficile. Ma non mi venga a dire che capisce come mi sono sentita quando…
    - Quando cosa, Leane? – Sarah si controllava le unghie con aria annoiata – Credi che io sia sbucata dal nulla con degli amici e un marito? Quello che ho avuto dalla vita me lo sono sudato, mia cara.
    - SA COSA VUOL DIRE ESSERE STUPRATA? – come prevedibile Cameron era esplosa senza pensare a quello che stava per dire - Sa cosa vuol dire quando pensi che l’unico modo per dimenticare la tua schifosa vita sia fare uso di droga? Sa cosa vuol dire rischiare di morire per overdose? NON NE HA LA MINIMA IDEA!
    - Ho avuto una relazione per tre lunghi anni. Ero incinta, mi ero resa conto che lui era un maniaco del controllo e che avrebbe fatto di tutto per chiudermi in casa con relativa prole. Ho abortito, l’ho lasciato ed ero pronta a tornare a Washington. Quando gliel’ho detto lui ha pensato bene di stuprarmi, minacciando che se ne avessi fatto parola con qualcuno mi avrebbe rovinato la carriera.
    Ronnie la guardò scuotendo la testa. Come poteva rivelare certe cose rimanendo placidamente seduta a studiarsi le mani?
    - Vuoi sapere qualcos’altro, Leane? Io sono diventata una profiler per stare vicino al mio padre biologico, vuoi sapere come è andata a finire? Finito l’addestramento, visto che ero così brava sarebbe stato imbarazzante spiegare perché non ero entrata in un team, quindi mi ha sbattuto a Lione in Francia. Vuoi sapere cosa vuol dire rifiuto? – finalmente la guardò, con ironia alzò un sopracciglio – Vuoi sapere cosa vuol dire dover sottostare ad un ricatto?
    - Di cosa sta parlando? – ormai Ronnie si era persa dietro tutte quelle rivelazioni.
    - Sono riuscita a tornare a Quantico perché mi avevano proposto un patto. Io entravo nel team di Hotch, spiavo i suoi membri e trovavo il modo di distruggere le loro carriere ed in cambio sarei potuta rimanere qui. Ti credi ancora tanto speciale, agente Cameron Leane? Credi ancora che nessuno sappia cosa hai passato nella tua vita? – Sarah si appoggiò allo schienale della poltrona e la studiò con disinteresse.
    Le due donne rimasero un attimo così a guardarsi, studiando il proprio “nemico”.
    - Ci sono voci su di lei – cominciò Cameron.
    - Odio dover dare spiegazioni, ma visto che insisti a non voler abbassare la testa. Bene signorinella, tanto per chiarire: Jason Gideon non è stato il mio amante, è mio padre – prima stoccata data con maestria, si gustò per un momento lo sguardò stupito della sua antagonista – l’agente dell’Interpol con cui avrei avuto una relazione è l’uomo che mi ha violentato; Aaron Hotchner era il mio supervisore, ma non siamo mai stati amanti, anche se a lui sarebbe piaciuto; Derek Morgan, punto primo è il mio migliore amico, punto secondo ha una relazione felice e non la metterebbe in gioco per un po’ di sesso. Altre domande impertinenti?
    C’era una domanda che frullava nella testa di Ronnie da un po’ di tempo, i suoi colleghi si erano sempre rifiutati di rispondere.
    - Perché la Strauss non mi caccia a pedate? Perché quando lei prende le mie difese, il capo sezione fa marcia indietro?
    - Erin Strauss è mia zia. Vuoi parlare di rapporti familiari controversi? – posò le mani sulla scrivania e si sporse verso di lei – Non esiste che tu continui a pensare di essere l’unica ad aver sofferto, l’unica con un passato tremendo alle spalle. Anch’io non ho avuto una vita facile e, a essere del tutto sincera, quando sono entrata nella squadra ero esattamente come te. Testarda, egoista ed orgogliosa fino alla nausea.
    Cameron scosse la testa girando la faccia - Come ha fatto a cambiare?
    - Se li reputi veramente la tua famiglia, c’è un unico modo di dimostrarlo. E’ così che io sono cambiata.
    - Cioè?
    - Fidati di loro. Essere una famiglia vuol dire appoggiarsi gli uni agli altri, non avere timore di mostrare le proprie debolezze, ma soprattutto pensare prima al male che si potrebbe fare a qualcuno di loro e solo dopo decidere come comportarsi. Credi di riuscire a farlo? Oppure le tue erano solo belle parole?
    Sarah si alzò e si mise in piedi di fronte a Cameron, che fu costretta a piegare il collo per poterla guardare.
    - Io non so come si fa a fidarsi, non so se ne sono in grado.
    - Il primo passo è diventare effettivamente membro della “nostra” famiglia – suggerì Collins.
    - Vuol dire che non ne faccio ancora parte? – Ronnie si sentì gelare a quel sottinteso che metteva in dubbio la sua appartenenza al team.
    - Se ti faremo entrare, tu prometti di cambiare per il loro bene? Ce la farai a essere meno impulsiva e pensare prima a loro?
    Cameron annuì con foga.
    - Loro sono già la mia famiglia.
    - Bene – Collins si girò ad afferrare la giacca e la borsa – Allora ti tratterò come tratterei chiunque di loro, per te va bene?
    - Come faccio a diventare membro della famiglia a tutti gli effetti?
    Sarah era già sulla porta.
    - Primo passo per essere della famiglia è la cena a casa mia il venerdì sera ed io devo passare ancora a fare la spesa. Quindi: smuovi quel culo e mi vieni a dare una mano o fai la lavativa e ti inventi una scusa come fa Derek?
    Cameron restò imbambolata a guardarla sull’uscio, non si aspettava certo una proposta del genere dopo quella discussione accesa. Stava pensando cosa rispondere girandosi nella sedia dondolando una gamba, poi si decise provando a esporre un timido sorriso.
    - Pensavo fosse più difficile. Credo che potrei farlo.
    - Bene, allora andiamo.
    Sarah stava già uscendo, Ron si alzò immediatamente e raggiunse la porta.
    - Un attimo!
    L’ex professoressa si girò nuovamente, Cameron era in piedi di fronte a lei ed evitava di guardarla mentre picchiettava le dita nelle braccia incrociate.
    - Beh ti sei mangiata la lingua all’improvviso?
    - Non siamo poi così diverse, volevo solo dirle grazie – gli erano uscite quelle parole come palle di cemento.
    - Ci voleva così tanto? – non rispose e la seguì lungo il corridoio.
     
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  5. robin89
     
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    L’accompagnò nel negozio come le aveva “ordinato”, restò terribilmente imbarazzata per tutto il tempo e cercò di nasconderlo con sorrisi abbozzati mentre chiacchieravano sui loro rapporti con Derek, Ron le raccontò anche nei dettagli i loro violenti scontri affettivi.
    Quando finirono tutte quelle commissioni Ronnie le disse che avrebbe preferito passare prima a casa sua per darsi una sistemata, così si diedero l’appuntamento per le sette a casa Reid. Non aveva la minima idea di cosa l’aspettava così si vestì come avrebbe fatto in qualunque altra occasione escludendo i suoi adorati anfibbi: maglioncino leggero a mezze maniche con dei bottoni dorati lungo la scollatura a U, dei manicotti neri fino al polso che liberavano le mani ornate di anelli argentati, jeans celesti attillati e stivali di pelle al ginocchio rigorosamente neri e tacco 12, i capelli color mogano sciolti a metà schiena con una lunga frangia-ciuffo.

    Spense il motore del SUV e restò ferma in macchina dando uno sguardo al portone che l’aspettava, erano le sette meno dieci, non voleva entrare subito così si perse per un po’ nei suoi pensieri meditando su quante cose erano cambiate da quando era entrata nell’Unità. Si ricordò il suo primo giorno di lavoro, era stata presentata alla squadra da cinque minuti e aveva già litigato con Garcia, in quell’occasione ebbe anche il suo primo scontro con Derek che prese subito le difese dell’informatica alla vista di quella ragazzina altezzosa, “senti ragazzina se vuoi restare qui scendi dal piedistallo che non sei nessuno per rispondere così a uno di noi, tantomeno a lei!”. Le sfuggì un sorriso al ricordo, ora lui era il suo migliore amico e Garcia aveva iniziato a tempestarla di nomignoli.
    Era entrata nel team a 24 anni con tutta la determinazione che poteva avere, non per trovare amici o instaurare altro tipo ti rapporti, tantomeno si sarebbe mai immaginata che si sarebbe creato tutto questo, lentamente la diffidenza nei loro confronti sparì col tempo e consolidò un rapporto particolare con ognuno di loro. Si era creata la sua prima vera famiglia e adesso la sua “nemica numero uno” l’aveva invitata a farne parte partecipando alle loro ordinarie “cene di famiglia”, solo qualche ora prima si stavano sbranando e ora anche il loro rapporto prendeva una piega pacifica. Forse il mondo sta girando al contrario pensò, non riusciva ancora a credere che la sua vita era quella adesso. Si chiese se era disposta a fare dietrofront con il suo carattere per tenersi stretto tutto questo, ma Ronnie odiava ragionare, seguiva sempre l’istinto e lo fece anche ora così scese dalla macchina e raggiunse il portone di casa Reid, non era ancora riuscita a immaginarsi cosa le sarebbe aspettato quella sera. Notò che la macchina di Morgan era già lì, suonò il campanello e aspettò impaziente che qualcuno l’aprisse, all’improvviso le venne in mente una delle frasi che le aveva detto Sarah poco prima: “SE ti faremo entrare”, e se gli altri non la volevano nella loro famiglia? Se la vedevano solo come un’amica? Come una collega da tenere a bada e niente più? Le prese il panico mentre attendeva, ormai era troppo tardi per perdersi di nuovo in quella confusione mentale.
    La porta si aprì e si trovò davanti un uomo che non conosceva con in braccio un bambino di circa due anni.
    - Tu devi essere la famosa Cameron Leane – interloquì lui spostandosi per farla entrare – Sarah ci aveva avvertiti che avremmo avuto un ospite in più stasera. Prego accomodati.
    Ron entrò titubante all’interno della bella casa in stile Tudor. L’ingresso era ampio e arredato con gusto, sulla sinistra si apriva una stanza da cui provenivano voci allegre e risate. All’improvviso spuntò fuori da lì la professoressa Collins vestita come mai Leane si sarebbe aspettata. I lunghi capelli neri erano sciolti invece che stretti in un austero chignon o una sobria coda come d’abitudine, dei jeans e una maglietta nera avevano sostituito i severi tailleur su misura e anche il viso era diverso. Non la solita espressione accigliata e contrariata, ma un sorriso raggiante e un’espressione serena la trasformavano da fredda megera a ragazza briosa. Ronnie si trovò a chiedersi quale delle due fosse la vera Sarah Collins e di quale delle due si era innamorato il suo collega.
    - Ben arrivata, sei puntualissima – Sarah si fece avanti e la invitò a togliersi il giubbotto – Lui è mio padre, Jason Gideon.
    Ronnie si trovò suo malgrado a guardare stupita l’uomo che aveva sentito nominare così spesso in accademia, prima, e all’unità, dopo. Quando Collins le aveva rivelato la vera natura del loro legame nel pomeriggio non vi si era soffermata più di tanto, ma ora che si trovava davanti uno dei più noti profiler dell’F.B.I. tutto era diverso. Sarah nel frattempo aveva preso in braccio il bambino moro che continuava a fissarla con i suoi occhioni verdi, occhi troppo particolari per non fare il collegamento con la madre.
    - Lui invece deve essere…
    - Mio figlio Christopher – rispose la donna con un sorriso dolce mentre stringeva il bambino a sé.
    - Papà! – urlo il piccolo girandosi verso l’uomo che stava percorrendo il corridoio e agitandosi nelle braccia della madre – Papà!
    - Eccomi Chris – Spencer prese in braccio il bambino senza esitazioni, il quale, vista accontentata la sua richiesta, gorgogliò felice.
    Ron assisteva alla scena interdetta, sembrava di assistere ad uno di quei telefilm con quelle famigliole felici ma del tutto finte. Un sorriso ironico le piegò le labbra, era sicura che anche i Reid nascondessero chissà quali tormenti all’interno di quelle mura. Fu riscossa dai suoi pensieri cattivi da Spencer che aveva poggiato una mano sulla spalla della moglie.
    - Tesoro, credo che dovresti controllare il forno – poi si girò verso Cameron con uno dei suoi sorrisi disarmanti – Benvenuta, vieni, raggiungiamo gli altri.
    Seguì Reid attraverso l’arco alla sinistra dell’ingresso e si ritrovò in un ampio salone con un cammino acceso, con due divani, alcune poltrone e grandi cuscini sparsi sul pavimento. Sul fondo della sala era collocato un grande tavolo apparecchiato. Ron fece il conto mentale dei posti, sarebbe mancato qualcuno quella sera. Davanti al camino le apparve la seconda scena inaspettata. Il suo grande amico Morgan aveva afferrato Emily per i polsi e le aveva portato le braccia dietro la schiena, non si era accorto del loro ingresso tutto preso a baciare la collega con trasporto.
    - Ehi, voi due, prendetevi una stanza! – Sarah era apparsa da una porta vicino al grande tavolo e lì osservava divertita.
    - Sentimi, ciuffo buffo – le rispose Derek lasciando andare la sua “preda” – Tu dopo quello che mi hai detto poco fa, sei l’ultima che mi può dare un consiglio del genere!
    - Sarah! – Spencer era diventato tutto rosso – Non gli avrai mica detto….
    - Perché doveva rimanere un segreto? – Prentiss scoppiò a ridere vedendo la faccia porpora di Reid.
    Tutti presero posto sui divani, mentre Ron era rimasta ancora spiazzata dalla scena del bacio fra Morgan e Prentiss. Collins le si avvicinò e le posò una mano sul braccio, intuendo la causa del suo turbamento.
    - L’ultimo arrivato paga pegno – disse decisa – Quindi ora vieni ad aiutarmi in cucina con l’insalata.
    La trascinò letteralmente via dalla sala e la fece entrare nella grande cucina in stile moderno. Chiuse la porta alle proprie spalle e rimase ferma a guardare le emozioni passare sul viso della sua ex allieva.
    - Non lo sapevi? – al cenno negativo di Ron, sospirò – Derek non te ne aveva mai parlato?
    - No, neanche Emily – Cameron sentì l’amaro in bocca – Evidentemente non faccio parte della famiglia.
    - Non sei un granché come profiler, se non avevi ancora capito – Sarah le passò un braccio intorno alle spalle – Su non fare quella faccia, nessuno di noi ne parla mai apertamente, è qualcosa di sottinteso.
    Leane la scostò brusca e si mise a guardare fuori dalla finestra. Si sentiva tradita, né Morgan né Prentiss le avevano mai fatto cenno che il loro fosse qualcosa di più di un legame fra colleghi.
    - Sai, a volte è difficile parlare di certe cose – Sarah si accostò al lavandino e cominciò a lavare l’insalata – Cerchiamo di mettere più distanza possibile fra la nostra vita privata e il nostro lavoro. Inoltre il protocollo parla chiaro, quindi anche se certe cose esistono non se ne può parlare.
    - Ma credevo che io e Morgan…
    - Non farti venire strane idee in testa, ragazzina! Tu e Derek siete amici, il fatto che non ti abbia mai parlato della sua relazione con Emily non vuol dire che non ti consideri un’amica.
    - Allora perché non ne ha mai fatto parola? Non si fida di me?
    - Derek è un tipo… lo so che sembra assurdo – si interruppe Collins sorridendo – Lui è molto riservato sui suoi sentimenti. Ci conosciamo da anni, siamo amici, siamo stati fianco a fianco in molte irruzioni eppure non mi ha mai detto che mi vuole bene. Lo conosco e quindi non mi serve che lo dica per sapere che è vero. Dovrebbe essere così anche per te.
    Leane si mise a riflettere su quelle affermazioni. Effettivamente Morgan non aveva mai detto apertamente neanche a lei che le voleva bene, era qualcosa di sottinteso.
    - Un’ultima cosa e poi non torneremo più sull’argomento – Sarah si stava asciugando meticolosamente le mani.
    - Cosa professoressa Collins?
    - Mi correggo: due cose. Punto uno: non andare più a sfogarti da Derek in piena notte, Emily è un po’ stufa di doversi nascondere in camera dopo che tu hai interrotto qualcosa come la notte scorsa – Ron divenne tutta rossa capendo che la sua visita a Morgan era stata alquanto “indiscreta” – Punto due: smettila con quello stupido “professoressa Collins” visto che non ascolti mai quando ti parlo.
    - E come dovrei chiamarla?
    - Sarah andrà benissimo. Almeno io mi sentirò autorizzata a prenderti a calci invece che farti ramanzine che tanto non ascolti – Collins le strizzò un occhio mentre sorrideva divertita.
    Ron fece spallucce senza cambiare espressione.
    - Va bene, allora io sarò Ron o Ronnie come fanno tutti, se devi prendermi a calci non farlo per cognome – scosse la testa mentre le usciva un sorriso - tra calci e schiaffi di Derek sono messa proprio male qui – la guardò e scoppiò a ridere per la prima volta con la sua nuova improbabile amica.
    Ron si destreggiava decisamente con poca abilità nelle istruzioni di cucina che le dava Sarah, la guardò con fare interrogativo alle prese con tutti quegli attrezzi.
    - Non sai cucinare vero?
    - Diciamo che riesco a non morire di fame quando non ordino al “tutto pronto”.
    Sarah sospirò.
    - Ti dovrò insegnare anche quello, ragazzina.
    Smorzò il sorriso che le provocò quando sentì la porta aprirsi.
    - Volete aiuto fanciulle? – Derek finì la frase con un sorriso smagliante.
    - No, io ho finito – Ron si morse la lingua troppo tardi, non si era accorta di quanta acidità aveva messo nella voce, lasciò il panno ed uscì dalla stanza lasciandoli soli.

     
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  6. robin89
     
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    NOTA: mmm che capitolino :shifty:

    Si era fermata sull’orlo della porta del salotto, osservava persa nei suoi pensieri Emily e Reid seduti nel divano alle prese con il piccolo Christopher. Non riusciva neanche a guardarla dopo quello che le aveva detto Sarah riguardo le sue incursioni notturne da Derek. Cercò di convincersi delle sue parole, era ovvio la considerasse un’amica, anche se non gli aveva mai detto ti voglio bene apertamente gliel’aveva dimostrato più volte in tutto quel tempo e poi neanche lei era brava con le parole preferiva passare ai fatti. Il modo di Derek di dirle che le voleva bene era sbatterla al muro con un paio di schiaffi e urlarle una ramanzina.
    Ma perché lasciarla fuori dalla sua vita privata allora? Nemmeno Emily gliene aveva mai fatto parola, dopo tutte quelle volte che Ron si era confidata con lei non si aspettava di sentirsi esclusa anche da lei. Ok, il protocollo parlava chiaro ma questo non cambiava il fatto che voleva sentirselo dire in faccia non scoprirli in un angolo ad amoreggiare! Stava entrando in un circolo vizioso poi le tornò il dubbio che l’aveva assalita prima di entrare “forse è vero, loro mi considerano solo una semplice amica da consolare quando ce n’è bisogno e una collega da tenere a bada, se facessi parte della famiglia non mi avrebbero nascosto nulla”.
    Quante altre cose avrebbe scoperto di quelle persone che pensava di conoscere? Aveva assistito alla trasformazione drastica della sua ex professoressa stile dott. Jekyll e mr. Hyde e il loro rapporto sembrava andare incontro ad un’amicizia, chi gliel’avrebbe mai detto? In questo momento si sentiva più vicina a lei che a Derek ed Emily e soprattutto avrebbe dovuto frenare quella linguaccia in cucina, sì, controllarsi lei, sarebbe stato un evento da festeggiare. Se prima di entrare in quella casa era confusa di quella situazione adesso non sapeva più dov’era e chi aveva di fronte.
    Persa in quella confusione mentale non si accorse che un uomo le si era affiancato e la guardava incuriosito da un po’.
    - Mi avevano detto che eri una tipa tosta, non una musona pensierosa.
    Tornò all’improvviso alla realtà scossa da quella voce misteriosa e si trovò di fronte a uno sguardo dolce e concentrato.
    - Oggi è solo un’eccezione, in realtà non sono così musona.
    - Lo spero. Il nostro lavoro è fin troppo cupo per esserlo anche fuori.
    - Già.
    Quell’uomo la faceva sentire in soggezione, un conto era sentirne parlare un altro trovarselo di fronte e parlargli.
    - Posso indovinare?
    - Cosa?
    - Ti stai chiedendo qual è il tuo posto in mezzo a loro.
    Gli girò subito gli occhi come una bambina colta con le mani nel sacco. Venne assalita da una strana sensazione a cui non era abituata, di fronte a lui si sentiva sentire un libro aperto che non riusciva a chiudersi.
    - Decisamente essere circondata da profiler ha i suoi svantaggi. È la prima volta che me lo chiedo – riportò gli occhi al salotto e sospirò.
    - Non troverai la risposta così facilmente, dunque non ti ci fasciare la testa prima di essertela rotta. Tu perché sei diventata una profiler?
    Lei alzò le spalle come se la risposta fosse ovvia.
    - Un po’ come tutti penso, un passato difficile, qualche trauma qua e là e si finisce per dare la caccia ai cattivi. No?
    - Sì, più o meno è così per tutti.
    Quando mai si sarebbe immaginata di essere così imbarazzata di fronte a qualcuno, di solito era lei che teneva sotto controllo gli altri e ora quel potere era sparito nel nulla.
    - Qual è la tua specialità?
    - Crimini sessuali.
    Ora si chiese quali conclusioni poteva trarre su di lei dopo quella risposta. Cercò di mettere una barriera di diffidenza mentre lo guardava. Quell’espressione di lui era come una calamita, non riusciva a distogliere lo sguardo dal suo, per quanto cercasse di mantenere le distanze le sembrava di conoscerlo da tempo.
    Sentirono dei passi dietro di loro, Ron si voltò e ritornò velocemente a Gideon, lui le mise una mano sulla spalla con un gesto affettuoso.
    - Quando trovi la risposta fammelo sapere.

    Cameron si sentì afferrare per un braccio in modo delicato, girandosi trovò due occhi verdi che la guardavano divertiti. Collins aveva un sorriso furbo stampato sul volto e guardò Gideon facendogli un cenno con il capo.
    - La cena è pronta, appena Hotch e Jack arrivano possiamo metterci a tavola – annunciò tutta soddisfatta.
    - Garcia e JJ? – chiese Ron, non rendendosi bene conto perché la sua ex professoressa non le lasciava il braccio.
    - JJ e Will avevano un altro impegno. Kevin mi ha telefonato dicendo che voleva portare Penny a cena in un locale carino. Quindi siamo solo noi – disse Sarah senza allentare la presa – Mentre aspettiamo… Emily, vogliamo lasciare i maschietti da soli?
    Prentiss fece un segno di intesa a Sarah e si avviò fuori della sala. Sarah cominciò a trascinare Cameron in quella direzione sotto lo sguardo divertito del resto del team.
    - Ehi Ronnie, se cominciano a mordere e graffiare fai un urlo! – le disse Derek appoggiato alla porta della cucina visibilmente divertito dalla situazione.

    Fu trascinata in quella che sembrava una sala da musica. C’era solo un pianoforte a coda e una poltrona piuttosto grande. Emily apparve poco dopo con un vassoio, tre bicchieri e una bottiglia di quello che sembrava liquore piuttosto forte.
    Sarah lasciò finalmente il braccio di Ronnie e si affrettò a chiudere la porta, mentre Prentiss molto tranquillamente posava il tutto sul pianoforte. Senza dire una parola cominciò a versare dosi generose del liquido ambrato nei bicchieri, Collins ne afferrò uno e si mise a sedere sullo sgabello dello strumento.
    Emily dal canto suo prese i rimanenti bicchieri e si avvicinò a Leane porgendogliene uno.
    - Mi spiegate cosa sta succedendo? – continuava a guardare le due donne brune non afferrando il senso di quella specie di rapimento.
    - I nostri cari maschietti – cominciò a spiegare Sarah – in questo momento stanno parlando di te, non credo tu voglia assistere. Specialmente quando arriverà Aaron a metterci il carico sopra.
    - Decisamente è una situazione che io troverei sgradevole – convenne Emily sistemandosi sulla poltrona e facendo l’occhietto alla povera Ronnie.
    - Quindi è una specie di salvataggio?
    - Più o meno – ammise Sarah cominciando a suonare – Inoltre sono convinta che ci siano un sacco di domande che ti stanno frullando in testa sul team e i rapporti che intercorrono fra di noi. Io e Emily siamo le più indicate a sciogliere qualsiasi dubbio tu abbia.
    - Posso veramente farvi tutte le domande che voglio? – una luce divertita era apparsa negli occhi dell’irrequieta profiler – E voi risponderete anche a quelle più… indiscrete?
    Prentiss e Collins si scambiarono un’altra occhiata e si misero a ridere.
    - Ti devo cinque dollari, Sarah – Emily sorrise portandosi il bicchiere alle labbra.
    - Perché? – chiese Cameron tornando seria.
    - Aveva detto che avresti esordito così. Nessuno capisce le persone meglio della nostra Sarah – Emily era decisamente di buonumore – Allora queste domande? Scommetto che per indiscrete intendi molto “piccanti”.
    - Non sono così piccanti… perché Morgan ti chiama ciuffo buffo? – si avvicinò al piano e cominciò a scrutare Collins.
    - Quando sono entrata nell’unità ero molto diversa. Diciamo che il mio look era un po’ sopra le righe.
    - Un po’ sopra le righe? Quei capelli cortissimi e quel lungo ciuffo rosso erano qualcosa di… allucinante – sbottò Emily facendo roteare gli occhi – Per non parlare di quei vestiti attillati che lasciavano poco spazio all’immaginazione.
    - Eri una specie di punk? – Ronnie era alquanto perplessa.
    - Sì, inoltre mi vesti in modo appariscente, ma c’era qualcuno a cui non dispiaceva affatto potermi fissare il lato B – ammise Sarah imperturbabile.
    Emily scoppiò a ridere di nuovo, portandosi una mano davanti alla bocca. Aveva le lacrime agli occhi, persa in chissà quale ricordo. Cameron sorrise torva, aveva un’idea precisa di cosa stessero parlando le due e voleva dimostrare di non essere una sprovveduta.
    - Immagino che per Reid, ora che siete sposati, sia molto più agevole perdersi in quel tipo di osservazioni.
    - Non stavamo parlando di Spencer – Sarah cercò in tutti i modi di non farlo, ma alla fine scoppiò a ridere anche lei – Che tu ci creda o no, il tuo supervisore non è sempre così serio e inappuntabile come te lo immagini.
    - Hotch? Hotch ti guardava il culo? – Ron era allibita alla rivelazione che il serio e composto Hotch si lasciasse andare a certi “passatempi”.
    - E’ un uomo. Cosa ti aspetti? – le chiese Sarah recuperando in parte la serietà – Tutto qui? Non vuoi sapere altro? Mi aspettavo qualcosa di molto più impegnativo e imbarazzante.
    - Volete l’imbarazzo? – Leane era decisa a fare arrossire quelle due che non la smettevano di ridere – Cosa è che hai detto a Morgan e Prentiss che ha messo cosi in imbarazzo Reid?
    Finalmente le due amiche avevano smesso di ridere e si guardarono un momento incerte. Emily distolse lo sguardo il più velocemente possibile, mentre Sarah tornava a suonare il piano.
    - Domanda imbarazzante? – fu il turno di Cameron di ridacchiare divertita.
    - Per fortuna non ho più rivisto il vecchio appartamento di Reid – disse Emily guardando il fondo del bicchiere – Non potrei più guardare l’isola della cucina nello stesso modo adesso…
    - Tutto qui? – Leane voleva mostrarsi più disinibita delle due donne more – Reid e Collins hanno fatto sesso nella cucina del vecchio appartamento di lui? Pensavo chissà che…
    - Non è quello che mette in imbarazzo Spencer…
    - Allora cosa?
    - Lo mette in agitazioni il fatto di dover ammettere che è lì che è stato concepito Christopher… almeno credo – Sarah si portò un dito alla guancia e alzò gli occhi al cielo – Ma ora che ci penso ci sono almeno un altro paio di posti in quell’appartamento che potrebbero essere stati usati per quello scopo…
    Emily alzò la testa verso l’amica con uno sguardo preoccupato. Quando Sarah esordiva così qualcuno finiva sempre per diventare color peperone.
    - Che differenza fa? – chiese Cameron non riuscendo a capire dove stesse andando a parare la sua ex insegnante.
    - Nessuna, credo. Certo non sono mica io che ci abito lì.
    Leane si sentì stranamente in agitazione. Guardò Emily interrogandola con gli occhi. L’appartamento dove viveva ora glielo aveva trovato lei. Era carino, a poca distanza dall’accademia ed estremamente conveniente economicamente. Si chiese chi ci vivesse prima di lei.
    - Che intendete dire? – chiese cercando di ingoiare, temendo di aver intuito la risposta.
    - In fin dei conti sei tu che usi quella cucina adesso, per te fa differenza?
    Come immaginato da Prentiss, Leane divenne di tutti i colori dell’arcobaleno.
    Chiuse gli occhi e nascose il viso tra le mani non sapendo più da che parte girarsi - ODDIO CHE SCHIFO! -
    Emily e Sarah scoppiarono nuovamente a ridere vedendo l’amica sprofondare nell’imbarazzo.
    - Dai Ronnie è stata pura passione infondo – Emily continuava a sbellicarsi con la sua complice che guardava divertita la ragazza.
    Ron cercava di scrollarsi di dosso l’imbarazzo, tolse le mani dal viso e guardò preoccupata le due aguzzine mentre, prese il suo bicchiere dal tavolino e bevve il liquido rimanente in un solo sorso sotto gli occhi incerti delle profiler, posò gli occhi su quel pezzo di vetro vuoto e aspettò che scese fino allo stomaco.
    - Vi ricordate il periodo che me ne sono andata dopo Los Angeles?
    - Si certo, quello che c’entra ora? – chiese Emily non capendo il filo logico.
    - L’isolotto della cucina era il mio angolino preferito quando stavo ubriaca – finì la frase e cominciò a ridere seguita nuovamente a ruota dalle altre. In testa le balenavano le immagini di Sarah e Reid che facevano sesso in ogni angolo del suo appartamento.
    - Come faccio a dormire in quel letto adesso?
    - Già, quel letto… io eviterei anche la doccia e il divano se fossi in te - Sarah riacquisì lo sguardo trasognato di ricordi mentre continuavano a ridersi in faccia.
    - Ronnie, se fossi in te non mi siederei più da nessuna parte lì dentro – Emily aveva le lacrime agli occhi.
    Ronnie riprese il controllo e stava tornando seria, o meglio si preparava alla sua vendetta, guardò il bicchiere che si girava tra le mani – Questa me la paghi Emily Prentiss – alzò un sopracciglio malizioso verso Sarah che sembrava aver capito dove stesse andando a parare.
    Emily riprese il suo bicchiere e se lo portò alle labbra – Avanti, tutte qui le tue domande – le disse tranquilla iniziando a sorseggiare mentre Sarah componeva un simpatico motivetto al piano.
    - Derek ti ha sbattuta sul divano o sul tavolo la notte scorsa?
    Sarah smise di suonare di colpo, Emily spalancò gli occhi e le andò di traverso il liquore cominciando a tossire mentre Ronnie si portava una mano alla bocca visibilmente divertita – Ops, scusa l’indelicatezza, sai ogni tanto perdo il controllo.
    - Emily te la sei cercata questa, infondo è colpa nostra se l’abbiamo trascinata qui – Sarah ricominciò a ridere con Ron ripensando alla sfacciatezza della ragazza.
    Adesso era Emily in preda all’imbarazzo, Sarah doveva aver avvertito Ron che la sua visita era stata abbastanza indiscreta la scorsa notte e non solo quella.
    - Vuoi davvero che risponda? – le chiese riprendendo il controllo.
    - No, per carità non voglio conferme, non riuscirei più a sedermi su quel divano!
    - E fai bene! – le rispose Sarah lasciando il resto all’immaginazione, ripresero a ridere tutte e tre quando sentirono bussare. Entrò Morgan che non aveva la minima idea di cosa stessero parlando.
    - Hotch e Jack sono arrivati poco fa quindi se volete siamo pronti – si girò verso Cameron che si asciugava le lacrime - Ronnie ti hanno fatto qualcosa?
    - Niente che non abbia restituito – gli rispose facendo l’occhiolino a Sarah.
    - Sei arrivato in tempo – continuò Emily – portala via.
     
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  7. robin89
     
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    NOTA: siamo arrivati alla fine spero vi sia piaciuta e che piaccia il finale. Unsub facciamoci un applauso image


    Raggiunsero la sala da pranzo che pullulava di maschi; intravide Hotch nel divano e le venne in mente l’immagine di lui che guardava il fondoschiena di Sarah, si chiese se l’avesse fatto anche con lei con tutti quei jeans incollati alla pelle che indossava sempre. Guardò Reid e ripensò al suo isolotto in cucina.. non era il momento di evocare anche le immagini di Derek su quel divano. Come detto dalle due ragazze poco prima, il soggetto del loro discorso era proprio Ronnie.
    - SARAH! – Jack corse incontro alla donna abbracciandole saldamente una gamba, mentre Collins gli scompigliavi i capelli con un gesto affettuoso.
    - Ecco il mio Hotchner preferito – si inginocchiò per poter guardare il bambino negli occhi – Allora, piccolo federale, come va? Preso qualche cattivo ultimamente?
    - E’ il mio papà che prende i cattivi! Lui è l’eroe – disse il bambino tutto contento tornando a rifugiarsi nelle braccia del padre.
    Dalla sua postazione scrutava Ronnie che rimaneva ferma sulla porta del salone. Improvvisamente gli occhi del bambino parvero illuminarsi di una sorta di comprensione.
    - E’ quella la ragazza cattiva che fa arrabbiare tutti? – disse indicando la povera Cameron che sgranò gli occhi.
    - Direi proprio di sì – rispose Sarah oltrepassando la ragazza e dirigendosi verso la cucina – Se vi volete accomodare la cena è pronta.
    Cenarono in allegria continuando a chiacchierare del più e del meno. L’unica che non partecipava alla conversazione era Leane, persa in un mondo tutto suo. Ronnie continuava a chiedersi come aveva fatto fino a quel momento a ritenersi parte della famiglia. Era evidente che ignorava molte cose dei suoi colleghi. Le cene del venerdì sera, la relazione di Morgan e Prentiss, il “passatempo” del suo capo. Possibile che le fossero sfuggiti tanti dettagli? Oppure loro avevano fatto di tutto per non metterla a parte delle loro vite private? Non si fidavano? Stava per andare nuovamente nel pallone quando fu scossa gentilmente da una mano.
    Reid le sorrideva con uno sguardo divertito negli occhi nocciola.
    - Siamo così noiosi che ti devi rifugiare in un mondo tutto tuo? – le chiese con voce dolce.
    - No, ecco… mi stavo chiedendo… ma Rossi? – preferì andare su un argomento non impegnativo.
    - Abbiamo perso Dave per strada – sospirò drammatica Sarah – Almeno finché non avrà concluso con la moglie numero quattro.
    - Non lo capisco proprio – intervenne Gideon – Dopo tre fallimenti, mi sembra evidente che il matrimonio non faccia per lui.
    - Tu non fai testo – lo redarguì la figlia – Ti sei fermato al matrimonio numero uno e credo sia meglio sorvolare sui risultati. Almeno David non si arrende, è un guerriero nato… anche se secondo me ha sbagliato il tipo di crociata.
    Tutti scoppiarono a ridere alla battuta. Ronnie strinse gli occhi notando qualcosa di strano. Hotch non aveva staccato gli occhi di dosso a Sarah per tutto il tempo, ma non le rivolgeva mai la parola. Inoltre, mentre tutti anche in ufficio la chiamavano Sarah, lui si ostinava a chiamarla Collins. Decisamente era successo qualcosa fra quei due, ma lei non sapeva esattamente cosa.
    Interrompendo il flusso dei suoi pensieri notò la padrona di casa che si alzava per sparecchiare, seguita prontamente da Emily. Andando contro ogni suo più ferreo principio sull’uguaglianza dei sessi, decise di fare uno strappo alla regola e di aiutare a rassettare. Mentre entrava in cucina si rese conto che Reid portava anche lui la sua dose di piatti e che si era prontamente posizionato davanti al lavandino.
    - Non mi dire che lavi i piatti? – era decisamente la sera delle grandi sorprese – Non ti ci vedo a fare il bravo maritino che da una mano in casa.
    - Vuoi scherzare? – intervenne Sarah mentre afferrava un telo per asciugare i piatti che le venivano passati – Dovresti vederlo con il ferro da stiro in mano, sembra non abbia fatto altro per tutta la vita. Un uomo da sposare! Ops… già fatto!
    Spencer si girò verso la moglie che rideva e la spruzzo con un po’ di acqua. Quei due sembravano veramente affiatati nella vita privata. Quelle rare volte che li aveva visti insieme lungo i corridoi dell’accademia, Cameron avrebbe giurato che erano prossimi al divorzio. Sempre seri e composti, non si sfioravano neanche e si comportavano come due professionisti.
    In quel momento fece il suo ingresso Morgan che continuava a guardarsi in giro.
    - Gentili signore, lavapiatti – continuava a girare per la cucina in cerca di qualcosa.
    - Ehi pelatone – lo prese in giro Collins – E’ inutile che cerchi, tanto non l’ho preparato.
    - Perfida!
    - Ingordo!
    - Regina delle nevi!
    - Pollice non opponibile!
    - So che c’è, dove l’hai nascosto.
    Sarah usò il canavaccio per darlo sul sedere di Derek che prontamente si voltò verso di lei con aria di sfida. Emily e Spencer continuavano a ridere sotto i baffi, mentre Sarah aveva un’aria serissima e Morgan sembrava contrariato.
    - Sarah Erin Collins Reid, non mi far perdere altro tempo! Dove l’hai messa!
    - Se cerchi la tua dignità, mio caro, credo che tu l’abbia persa un sacco di tempo fa.
    - Spiritosa – Morgan incrociò le braccia e cominciò a battere un piede indispettito – Vuoi farmi soffrire, vero?
    - Uffa! Lo sai che a volte sei insopportabile, mi chiedo Emily come faccia. Visto come chiedi le cose io ti romperei la testa ogni due minuti.
    - Con lei uso un’altra tecnica – rispose il moro strizzandole l’occhio.
    - Tipo?
    Morgan si fece serissimo, unì le mani al lato del viso, chinò leggermente il capo e cominciò a sbattere le palpebre in modo ostentato.
    - Smettila, mi fai senso – Sarah fece una smorfia di disgusto – Nel frigorifero, ma ora levati di torno.
    - Ma cosa stai cercando? – Cameron finalmente si riscosse e provò a capire il senso di quella scena fra i due.
    - Sta cercando il dolce questo brutto ingordo! – Collins tirò lo straccio sulla schiena di Derek che placidamente tirava fuori dal frigo una torta.
    - Carenza di affetto. Di solito supplisco in altro modo, ma visto che veniamo continuamente interrotti… - si voltò verso Cameron con una smorfia.
    - MA LA VOLETE FARE FINITA! – Leane era diventata rossa come un peperone, mentre i quattro scoppiavano a ridere.
    In tutta risposta Ronnie aspettò che tornassero seri per lanciare la sua frecciatina. Socchiuse gli occhi in un sogghigno maligno mentre guardava la sua preda.
    - Se avessi saputo che ve la facevate da tempo avrei avuto la delicatezza di non presentarmi a casa tua nel cuore della notte per oltre un anno!
    Nella stanza calò il silenzio, non sapevano se ridere o prenderla sul serio.
    - Oh oh, colpito e affondato – Sarah ruppe l’atmosfera voltandosi verso di loro, Emily e Derek non sapevano che dire, lui finì di prendere la torta e l’appoggiò delicatamente sul ripiano continuando a guardarla. Neanche Ron sapeva cosa dire adesso, c’era solo uno scambio di sguardi tra tutti loro aspettando che qualcuno reagisse. Derek alzò le spalle storcendo il collo da un lato – Ronnie …
    Cameron guardò Sarah e Reid per un momento poi uscì dalla cucina lasciandoli senza parole. Si fermò vicino al tavolo da pranzo mentre guardava Gideon chiacchierare con Jack tutto entusiasta. Si voltò sentendosi osservata e trovò Reid con in braccio Christopher che la scrutava. Lo guardò sorridendo perdendosi in quegli occhioni verdi e gli carezzò una guancia, poi alzò i suoi su quelli del padre.
    - Complimenti dott. Reid hai sfornato proprio un bel bambino.
    Chris la indicò con un dito girandosi verso il padre che sorrise a entrambi.
    - Quella è Ronnie, mi raccomando non farla mai arrabbiare.
    - Non farti condizionare Chris – poi guardò in attesa Reid - Posso prenderlo in braccio?
    - Certo, ricordati solo che non è un S.I. e non è un sospettato - Lei gli fece la linguaccia provocando una risata del piccolo poi allungò le braccia mentre glielo passava delicatamente.
    Chris la guardava curioso con occhi vispi, lei ritornò sul padre riprendendolo ad accarezzargli i boccoletti neri.
    - Secondo te ho esagerato prima? - lui alzò le spalle senza togliere gli occhi dal figlio.
    - Non più del solito, insomma, certo hai fatto calare il gelo ma non preoccuparti, lo sanno come sei fatta.
    - Già, solo che rovino sempre tutto, no?
    - Allora rimetti le cose a posto se ti fa sentire in colpa.
    Chris si voltò verso il profiler allungando le braccia così lo riprese nuovamente tra le sue lasciando quelle di Ron. Reid le sorrise dolcemente e sorpassandola le diede un colpetto sulla guancia con la mano, lei gli sorrise di risposta e lo guardò sedersi tra Hotch e Gideon.
    Non voleva rientrare in cucina così si sedette nel divano di fronte ammirando la casa aspettando che qualcuno uscisse.
    Non ci volle molto, lo vide arrivare e restò con la testa bassa. Sentì il divano sprofondare quando le si sedette di fianco.
    - Ne vuoi un po’? – Derek le allungò un piatto con una grande fetta di torta.
    - Grazie, ho bisogno di addolcirmi - Ne prese un pezzo e lo guardò tra le mani disinteressata.
    - Scusa per prima, non volevo essere acida.
    - Tranquilla, ci ho fatto l’abitudine.
    - Comunque quando hai carenza di affetto prendimi in considerazione – si guardarono e cominciarono a ridere, le avvicinò il viso con il braccio e le diede un bacio sulla guancia.
    - Stupida.
    L’atmosfera fu interrotta dal rumore concitato di qualcuno che correva e da una porta che veniva sbattuta. Il suono inconfondibile di conati di vomite fece girare tutti verso il bagno. Reid mise Chris per terra e si alzò di scatto.
    - Sarah?
    - No, decisamente no – la padrona di casa apparve sulla porta della cucina con due tazze di caffè in mano – Rilassati, non dovrai tenermi la fronte. Credo che l’ingrato compito tocchi a qualcun altro oggi.
    Così dicendo si voltò verso Derek che si diresse di gran carriera verso il bagno di servizio, continuando a borbottare “glielo avevo detto, ma lei fa sempre di testa sua”. Sarah e Spencer si scambiarono un sorriso complice, dopo di che lei si avvicinò a Ronnie che continuava a fissare in direzione dei rumori che si stavano attenuando. Le fece segno di accomodarsi sui cuscini sparsi davanti al camino acceso e le passò una delle tazze.
    - Ma che diavolo? – cominciò la ragazza – Indigestione?
    - Un’indigestione lunga nove mesi mia cara – sussurrò Collins fissando la tazza.
    - Prentiss?
    - Già.
    - Ma come?
    - Non credevo di doverti anche fare educazione sessuale – rispose ironica puntando gli occhi verdi nei suoi per poi fissare gli uomini fermi vicino al tavolo – Smettetela di fare quelle facce. Conoscete il patto, no?
    - Finché non ce ne parlano loro, noi non sappiamo niente – rispose rassegnato Hotch – A quanto pare Jack, Henry e Chris avranno presto compagnia.
    Gideon e Reid scoppiarono a ridere con uno sguardo che era tutto un programma. In quel momento Derek e Prentiss fecero il loro ingresso. Lei era chiaramente ancora sotto sopra e lui la aiutò a sedersi vicino al tavolo, prendendole subito un bicchiere d’acqua.
    Ronnie puntò i suoi occhi su Collins, aveva uno sguardo pieno di astio. Si sentiva esclusa e la cosa la mandava in bestia. Si ricordava di quando Sarah aveva sostituito JJ per un breve periodo, anche allora si era sentita così. Possibile che lei avesse il potere di farla sentire sempre una bambina? Decisamente non era un membro della famiglia.
    - Altre gradite sorprese? – il tono acido era tornato senza che lei riuscisse a mordersi la lingua in tempo.
    - Nella famiglia ci sono due donne incinta. Per il resto niente di nuovo sotto il sole – Sarah era imperturbabile come al solito.
    - Anche tu? – chiese Hotch.
    - Beh? Sono una donna sposata, cosa c’è di strano? Chris ormai ha due anni e mezzo. Ci sembrava arrivato il momento di ingrandire la famiglia.
    - Hotch, dobbiamo parlare – iniziò Derek – Spero che la metterai dietro una scrivania ora.
    - Io non voglio starci dietro una scrivania – sbottò Emily visibilmente offesa – JJ è rimasta con noi fino alla fine della gravidanza.
    - Sì, ma lei non faceva irruzione con noi – la redarguì Hotch severo – Quindi tu, da brava, starai dietro una scrivania fino alla fine della gravidanza. Punto.
    La discussione intorno al tavolo continuava, ma Sarah se ne disinteressava continuando a guardare il fuoco. Cameron, dal canto suo, continuava a fissarla cercando di capire cosa le frullasse in testa.
    - Sarà sempre cosi? – chiese alla fine dando voce ai suoi pensieri – Sarò sempre l’ultima a sapere le cose?
    - Vedrai che spesso il venerdì sera escono un sacco di novità – le rispose la donna – A volte spiazzano anche me, figurati. Credo che sia normale in una famiglia, ci sono sempre dei segreti che nessuno conosce.
    - Tu prima hai detto “SE ti faremo entrare nella famiglia”…
    - Beh, sei sulla strada per entrare. Cosa vuoi fare? Rimani sulla porta o farai ancora dei passi in avanti?
    Ron distolse lo sguardo cercando la risposta più giusta da dare. Voleva disperatamente sentirsi una di loro, una di famiglia. Pensò a tutti i membri del team e si disse che voleva bene ad ognuno di loro. Sì, avrebbe cercato di camminare in avanti per superare la soglia, non voleva rimanere ferma sulla porta e spiare la vita che si svolgeva all’interno.
    - Io credo…
    Fu interrotta dall’arrivo di Chris. Il bambino camminava sicuro, con quella buffa andatura dei bambini piccoli e si dirigeva spedito verso di loro. Si fermò accanto alla madre e le afferrò una ciocca di capelli, mentre i suoi occhi verdi non si spostavano da quella che per lui era un’estranea.
    - Parla molto poco – constatò guardando Sarah – Si limita sempre a fissare le persone?
    - Non farti ingannare, Ronnie. Mia zia una volta ha detto che ricorda molto me alla sua età. Non parla molto, ma a quegli occhi non sfugge niente. Credo che Chris si renda perfettamente conto di quello che gli succede intorno.
    - Un altro piccolo genio? – l’ironia di Ron sorprese per prima lei stessa.
    - Spero di no. Vorrei che la sua infanzia fosse diversa da quella mia e di Spencer.
    - E’ stata dura?
    - A volte, ma è il nostro passato che ci ha portato fino qui. Quindi non rimpiango niente.
    - Ehi Chris – si rivolse direttamente al bambino – Sei contento di avere un fratellino o una sorellina?
    Il bambino la studiò ancora un po’, poi con pigliò deciso le puntò contro un dito paffuto e si girò verso la madre.
    - Lavoro… papà? – chiese incerto.
    - Sì tesoro. E’ una collega di papà – rispose Sarah tornando a guardare la sua ospite.
    Il bambino si staccò dalla madre e si avvicinò ancora di più a Ronnie. I suoi grandi occhi verdi tradivano curiosità ed incertezza.
    - Lavoro papà – ripeté più convinto e le posò le paffute manine sul viso – Lavoro papà.
    - Sì – Cameron era intenerita da quel bambino così strano – io lavoro con il tuo papà.
    Il bambino parve riflettere un momento su quell’asserzione e poi il viso gli si illuminò in uno sorriso felice. Cominciò a carezzare il viso di Leane come trasognato.
    - Lavoro papà… CHIA… bella chia!
    Ronnie si rese conto che il bambino la stava chiamando “zia” e sentì un groppo in gola.
    - Beh Ron – disse Spencer divertito – a quanto pare sei stata adottata.



    Washigton D.C. – Università Georgetown

    Era il suo ultimo giorno di sospensione, erano passati tre giorni dal giorno della cena e aveva avuto parecchio tempo per riflettere su tutti gli ultimi avvenimenti. Si era svegliata presto e si era fatta una bella corsa in macchina con la musica a tutto volume come faceva sempre, guidò per tutto il tempo con un braccio fuori dal finestrino, alla radio c’era una delle sue canzoni preferite : Dont’ panic dei Coldplay e ora più che mai quelle parole erano perfette per incorniciare i suoi pensieri.
    Parcheggiò il SUV e s’incamminò lungo i viali, era così tranquillo e rilassante passeggiare tra quegli alberi intorno alla stradina.
    Si fermò davanti all’entrata poggiando la schiena su una macchina, cominciò a giocherellare con le chiavi tra le mani spiando ogni tanto la porta.
    Quando lo vide uscire si girò meglio sul lato per trovarselo di fronte, lui alzò lo sguardo sentendosi osservato.
    - Cameron Leane – gli si illuminarono gli occhi e sorrise mentre le andava incontro – cosa ti porta da queste parti?
    Ronnie lo accolse con un largo sorriso che le faceva risaltare l’espressione degli occhi.
    - Ho trovato la risposta.


    E quando mi chiederanno se ciò che scelsi, fu per me giusto o sbagliato, lascerò che sia il mio sorriso a rispondere.


    FINE


    SPOILER (click to view)
    visto che senza musica non vivo e quando scrivo lo faccio a ritmo di una canzone, vi lascio il link della canzone che accompagna la storia: www.youtube.com/watch?v=MKJ2DBmjuEk


     
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